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(Adnkronos) - Nessun '6' né '5+1' al concorso di oggi, venerdì 20 giugno, del SuperEnalotto. Centrati, invece, tre '5' che vincono 41.402,50 euro ciascuno. Il jackpot per il prossimo concorso sale a 16.4 milioni di euro. La schedina minima nel concorso del SuperEnalotto prevede 1 colonna (1 combinazione di 6 numeri). La giocata massima invece comprende 27.132 colonne ed è attuabile con i sistemi a caratura, in cui sono disponibili singole quote per 5 euro, con la partecipazione di un numero elevato di giocatori che hanno diritto a una quota dell'eventuale vincita. In ciascuna schedina, ogni combinazione costa 1 euro. L'opzione per aggiungere il numero Superstar costa 0,50 centesimi. La giocata minima della schedina è 1 colonna che con Superstar costa quindi 1,5 euro. Se si giocano più colonne basta moltiplicare il numero delle colonne per 1,5 per sapere quanto costa complessivamente la giocata. Al SuperEnalotto si vince con punteggi da 2 a 6, passando anche per il 5+. L'entità dei premi è legata anche al jackpot complessivo. In linea di massima: - con 2 numeri indovinati, si vincono orientativamente 5 euro; - con 3 numeri indovinati, si vincono orientativamente 25 euro; - con 4 numeri indovinati, si vincono orientativamente 300 euro; - con 5 numeri indovinati, si vincono orientativamente 32mila euro; - con 5 numeri indovinati + 1 si vincono orientativamente 620mila euro. E' possibile verificare eventuali vincite attraverso l'App del SuperEnalotto. Per controllare eventuali schedine giocate in passato e non verificate, è disponibile on line un archivio con i numeri e i premi delle ultime 30 estrazioni. Estratta la combinazione vincente del concorso di oggi del SuperEnalotto: 34, 67, 76, 77, 86, 90. Jolly: 40. SuperStar: 43.
(Adnkronos) - Nel 2024 i lavoratori domestici con almeno un contributo versato all’Inps sono stati 817.403, in flessione per il terzo anno consecutivo (-3% rispetto al 2023). Dopo gli incrementi registrati nel biennio 2020-2021, dovuti alla regolarizzazione spontanea legata al lockdown e al decreto sull’emersione di rapporti di lavoro irregolari (dl n. 34 del 19/05/2020 – decreto 'Rilancio'), si registra tra il 2021 e il 2024 una perdita di circa 158mila lavoratori. È il dato che emerge dall’Osservatorio Lavoratori Domestici, presentato stamane durante il convegno 'Il lavoro domestico in Italia: una risorsa strategica per il welfare e l’economia'. L’evento, organizzato da Inps con la partecipazione di Nuova Collaborazione (associazione nazionale dei datori di lavoro domestico), è stato aperto dai saluti della consigliera d’amministrazione dell’Istituto, Maria Luisa Gnecchi: “Colf e badanti sono una risorsa preziosa nel nostro sistema di welfare e la loro valorizzazione si inquadra in un processo di più ampia educazione previdenziale, in cui l’Inps non è solo spettatore ma parta attiva. Servono i versamenti contributivi nelle casse Inps e servono versamenti che siano collegati a salari dignitosi e regolari, che certifichino un’attività regolarmente assicurato”, ha affermato Gnecchi ribadendo l’importanza di rendere il riconoscimento del lavoro domestico il più semplice possibile. “Verosimilmente - ha concluso l’esponente del Cda dell’Istituto - nella categoria ‘colf’ mancano ancora tante iscrizioni: bisogna lavorare in questa direzione. Consci dell’esistenza di zone grigie: abbiamo molte persone, entrate alla metà degli anni ’90, che si avvicinano a pensioni da 200, 300 euro. Su questo dobbiamo operare. Ecco perché questa collaborazione è utile: sono felice di una partnership destinata a garantire meccanismi di supporto per chi assiste gli anziani, i nostri affetti, specie quelli non autosufficienti”. A seguire l’intervento del presidente di Nuova Collaborazione, Alfredo Savia, che ha evidenziato come il lavoro domestico non possa più essere considerato una questione privata: “è una realtà che coinvolge milioni di famiglie e lavoratori e richiede un impegno e risposte concrete in termini di legalità e responsabilità sociale". A giudizio di Savia, “è necessario costruire una strategia nazionale condivisa, fondata su incentivi mirati, tutele adeguate e, soprattutto, su percorsi formativi strutturati". "La formazione rappresenta una leva imprescindibile per garantire standard di qualità nell’assistenza a bambini, anziani e persone non autosufficienti e per valorizzare le competenze di chi, ogni giorno, svolge un ruolo delicato e fondamentale nella vita delle famiglie italiane. Come associazione datoriale, riteniamo indispensabile promuovere una cultura della legalità e della dignità nel lavoro, sostenere le famiglie con strumenti fiscali equi e duraturi e contribuire a politiche pubbliche capaci di riconoscere il valore sociale del lavoro di cura, sollevando le famiglie da una responsabilità che oggi ricade quasi esclusivamente su di loro", ha detto. Nel corso dell’evento è stato quindi analizzato il dettato dell’Osservatorio. In tal senso, il trend decrescente del numero complessivo dei lavoratori domestici evidenziato in apertura è più marcato tra i maschi (-7%) rispetto alle femmine (-2%), la composizione per genere evidenzia una netta prevalenza di femmine, la componente femminile nel 2024 è pari all’89%, livello che caratterizzava gli anni pre-pandemia; quella maschile è pari all’11%. In valore assoluto le donne sono 726.589 e gli uomini sono 90.814. Il Nord-Ovest è l’area geografica con il maggior numero di lavoratori (30,7%), seguita dal Centro con il 27,6%, dal Nord-Est con il 19,9%, dal Sud con il 12,2% e dalle Isole con il 9,6%. La regione con il maggior numero di lavoratori domestici è la Lombardia con 158.378 lavoratori (19,4%), seguita dal Lazio (14,1%), dalla Toscana (8,8%) e dall’Emilia Romagna (8,5%). In queste quattro regioni si concentra poco più della metà dei lavoratori domestici in Italia. La composizione dei lavoratori per nazionalità evidenzia una forte prevalenza di lavoratori stranieri (68,6% del totale) anche se si conferma una tendenza decrescente già iniziata nel 2022. La Lombardia con oltre 126 mila lavoratori è la regione con il maggior numero di stranieri, seguita dal Lazio (circa 92 mila) e dall’Emilia Romagna (circa 56 mila). In queste regioni la quota di lavoratori stranieri è pari all’80%, mentre in coda è la Sardegna con una quota pari al 18%. Nel triennio 2022-2024 il numero degli stranieri si è ridotto del -18%, la flessione dei lavoratori italiani è più contenuta, -13%. La variazione dei lavoratori del 2024 rispetto al 2023 è per gli italiani del -2,1%, per i lavoratori stranieri del -3%. La maggior parte dei lavoratori domestici proviene dall’Europa dell’Est, con 284.686 lavoratori, pari al 34,8% del totale; seguono i lavoratori di cittadinanza italiana con 257.067 unità pari al 31,4%, quindi quelli provenienti dal Sud America (8,5%) e quelli dall’Asia Orientale (5,8%). Nel 2024 la quota della tipologia di lavoro 'badanti' è stata del 50,5% superando per la prima volta la quota 'colf' (49,5%). La tipologia 'colf' è prevalente tra i lavoratori italiani e quasi tutti i lavoratori stranieri, ad eccezione di quelli provenienti dall’Europa dell’Est, dall’Asia Medio Orientale, dal Nord Africa, dall’America del Sud e Centrale, in cui prevale la tipologia 'badante'. Tra i lavoratori domestici la classe d'età “55-59 anni” è quella con la maggior frequenza, con un peso pari al 18,6% del totale, mentre il 25,7% ha un’età pari o superiore ai 60 anni e solo l’1,5% ha un'età inferiore ai 25 anni. L’analisi dei dati sulle retribuzioni nel 2024 conferma che, contrariamente a quanto accade per altre categorie di lavoro, le lavoratrici domestiche in media hanno una retribuzione più alta rispetto agli uomini, rispettivamente 7.800 euro contro 7.500. La retribuzione oltre che per sesso di differenzia anche per tipologia di lavoro, l’attività di badante presenta retribuzioni mediamente più alte del 29% rispetto all’attività di colf.
(Adnkronos) - Si è svolto a Roma il 2° Forum italiano delle bioplastiche compostabili, organizzato da Assobioplastiche e dal Consorzio Biorepack: gli ultimi dati disponibili confermano, nell'ultimo biennio, per l’industria italiana delle bioplastiche una pesante inversione di tendenza mentre crescono e si consolidano le attività di riciclo dei manufatti giunti a fine vita con positivi impatti socio-ambientali. Dopo un decennio di crescita costante, infatti, tra il 2012 e il 2022, il fatturato complessivo - rivela un'analisi svolta da Plastic Consult - è sceso a 704 milioni di euro (-15% rispetto al 2023) nonostante i volumi siano leggermente superiori rispetto all’anno precedente (121.500 tonnellate, + 0,5% sul 2023). Il numero di aziende della filiera delle bioplastiche compostabili ha subito una lieve battuta d’arresto: sono attualmente 278, suddivise in produttori di chimica di base e intermedi (7), produttori e distributori di granuli (22), operatori di prima trasformazione (189), operatori di seconda trasformazione (60). In leggera diminuzione anche il numero di addetti dedicati (ovvero quelli che nelle aziende del comparto si occupano direttamente dei prodotti che entrano nella filiera delle bioplastiche compostabili): sono 2913, -2,2% rispetto all’anno precedente. Numeri decisamente più positivi invece riguardano le attività di riciclo organico delle bioplastiche compostabili, per le quali si conferma la tendenza alla crescita: nel 2024 il tasso di riciclo, al netto degli scarti, è stato infatti pari al 57,8% dell’immesso al consumo (47.511 tonnellate riciclate a fronte delle 82.246 immesse sul mercato). Un dato che si conferma superiore sia agli obiettivi di riciclo fissati per il 2025 (50%) sia per il 2030 (55%). Rilevante la crescita dei comuni e dei territori convenzionati con il consorzio Biorepack (passati in un anno dal 58,5 al 74,3% con un incremento di 15,8 punti percentuali) e della popolazione (attualmente superiore all’85%, 11 punti in più rispetto al 74,1% del 2023). Agli enti locali convenzionati sono stati riconosciuti corrispettivi economici per 12,7 milioni di euro (oltre tre milioni in più rispetto all’anno precedente) a copertura dei costi di raccolta, trasporto e trattamento degli imballaggi in bioplastica compostabile conferiti insieme ai rifiuti domestici. Uno scenario nel complesso, però, non rassicurante, secondo gli operatori. Preoccupa soprattutto l’arrivo sul mercato europeo di shopper e manufatti in bioplastica compostabile importati a prezzi troppo bassi. “Oggi acquistare un prodotto finito in bioplastica compostabile realizzato fuori dal mercato europeo costa meno che acquistare le materie prime necessarie per produrlo in Italia o in qualsiasi Paese europeo - spiega Luca Bianconi, presidente di Assobioplastiche - Le aziende extra Ue, prevalentemente asiatiche, beneficiano spesso di sovvenzioni pubbliche, manodopera a costi irrisori e normative meno stringenti di quelle europee. Tutto ciò rappresenta uno stress competitivo insostenibile per le nostre aziende. Fino a pochi anni fa, una quota significativa dei manufatti in bioplastica venduti in Europa era prodotta da aziende europee. Oggi questa percentuale si è progressivamente ridotta. Sebbene la capacità produttiva europea resti elevata, in diversi comparti è oggi sottoutilizzata”. "Tra i fenomeni distorsivi c’è quello, denunciato già da tempo, delle stoviglie 'pseudo riutilizzabili', che vengono commercializzate sfruttando una lacuna nella normativa Sup (Single Use Plastic) che, pur vietando il monouso, non ha specificato nel dettaglio i requisiti per poter definire riutilizzabile un manufatto, aprendo così la strada a un’elusione delle regole, in danno alle imprese legali - spiegano Assobioplastiche e Biorepack - Su questo punto l’Italia ha di recente notificato all’Ue una proposta tecnica di definizione dei manufatti riutilizzabili su cui si attendono i commenti. A ciò si associa anche il fenomeno degli shopper illegali che costituiscono più di un quarto dei sacchetti circolanti in Italia, a dieci anni dall’introduzione delle sanzioni". In questo contesto, "si inserisce un passaggio normativo cruciale: il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio (meglio noto come Ppwr, Packaging and Packaging Waste Regulation) che per le bioplastiche compostabili apre da un lato prospettive importanti, ma dall’altro impone tempistiche stringenti, di gestione complessa e sfidante. È fondamentale che l’Italia sfrutti appieno le potenzialità del Ppwr, notificando al più presto la lista delle applicazioni che dovranno essere realizzate in materiali compostabili, lista che dovrà entrare in vigore entro l’11 agosto 2026 , tracciando la strada per analoghe normative di altri Paesi Ue. Ciò contribuirebbe a dare un quadro di certezze agli operatori che producono e utilizzano gli imballaggi in questione e offrirebbe chiarezza ai consumatori, semplificando le attività di corretto conferimento dei rifiuti organici". “Per far funzionare un modello che ha già dimostrato la sua valenza economica e ambientale bastano poche regole, certe, chiare e fatte rispettare. Come consorzio di riciclo continueremo a impegnarci nel consolidamento degli obiettivi di riciclo, collaborando con tutti gli attori della filiera, a partire dall’industria del compostaggio, e chiudendo in maniera virtuosa il ciclo degli imballaggi compostabili”, commenta Marco Versari, presidente del Consorzio Biorepack.