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Coppa Italia, oggi Inter-Venezia 5-1 - La partita in diretta

(Adnkronos) - L'Inter scende in campo in Coppa Italia. I nerazzurri sfidano oggi, mercoledì 3 dicembre, il Venezia a San Siro negli ottavi del torneo. La squadra di Chivu è reduce dalla vittoria contro il Pisa, battuto 2-0 nell'ultima giornata di campionato grazie alla doppietta di ...

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Gender pay gap pesa ancora, esperti a confronto sulla direttiva Ue sulla trasparenza salariale

(Adnkronos) - Il gender pay gap in Italia resta una distanza difficile da colmare. Gli ultimi dati dell’Osservatorio Inps lo certificano con chiarezza: nel 2024, nel settore privato non agricolo, le donne hanno percepito in media 19.833 euro, contro i ...

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A2A presenta il primo Piano di Transizione Climatica, verso il Net Zero al 2050

(Adnkronos) - A2A ha presentato oggi il suo primo Piano di Transizione Climatica che definisce target, leve operative e strumenti finanziari per guidare il percorso di decarbonizzazione del Gruppo verso l’obiettivo del Net Zero al 2050. Il documento strategico, pensato ...

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Coppa Italia, oggi Inter-Venezia 5-1 - La partita in diretta

(Adnkronos) - L'Inter scende in campo in Coppa Italia. I nerazzurri sfidano oggi, mercoledì 3 dicembre, il Venezia a San Siro negli ottavi del torneo. La squadra di Chivu è reduce dalla vittoria contro il Pisa, battuto 2-0 nell'ultima giornata di campionato grazie alla doppietta di Lautaro Martinez. Il Venezia invece ha sconfitto 3-0 il Mantova nell'ultima giornata di Serie B. Calcio d'inizio alle 21. Inter-Venezia sarà trasmessa in diretta televisiva e in esclusiva, in chiaro, su Italia 1. Il match sarà disponibile anche in streaming su Mediaset Infinity e sul sito web di SportMediaset. La vincente di Inter-Venezia affronterà la vincente di Roma-Torino ai quarti di finale.

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Gender pay gap pesa ancora, esperti a confronto sulla direttiva Ue sulla trasparenza salariale

(Adnkronos) - Il gender pay gap in Italia resta una distanza difficile da colmare. Gli ultimi dati dell’Osservatorio Inps lo certificano con chiarezza: nel 2024, nel settore privato non agricolo, le donne hanno percepito in media 19.833 euro, contro i 27.967 euro degli uomini, con una differenza di circa il 29%. Una forbice che non accenna a restringersi e che anticipa l’urgenza di un cambio di passo, anche alla luce della nuova Direttiva europea 2023/970, destinata a entrare in vigore dal 2026. Di fronte a un divario che resta strutturale, la nuova cornice europea punta a scardinare le asimmetrie retributive con strumenti di trasparenza e obblighi che coinvolgeranno direttamente i datori di lavoro. La direttiva introduce infatti un insieme articolato di misure che ridefinirà il modo in cui le imprese costruiscono, comunicano e rendicontano le proprie politiche retributive, chiedendo alle aziende un ripensamento profondo dei processi interni e dei criteri con cui vengono stabiliti salari, avanzamenti e ruoli. Boris Martella, Counsel di Norton Rose Fulbright, sottolinea come “la direttiva Ue 2023/970, che dovrà essere adottata dagli Stati membri entro il 7 giugno 2026, imporrà l’adozione di sistemi retributivi trasparenti e non discriminatori, con l’obiettivo di garantire la parità salariale tra donne e uomini per lo stesso lavoro o per lavori di pari valore ed evitare trattamenti salariali differenti non giustificati da criteri oggettivi". "In particolare, le aziende - chiarisce - dovranno garantire una maggiore trasparenza nelle retribuzioni, sin dalla pubblicazione degli annunci, prevedendo sistemi retributivi basati su criteri oggettivi e neutri rispetto al genere, nonché rivedendo i processi di selezione e promozione, mappando i ruoli secondo criteri chiari e oggettivi, predisponendo policy retributive conformi e pianificando attività di rendicontazione periodica sul gender pay gap". "Al contempo, la direttiva - prosegue - riconosce diritti di informazione alle rappresentanze sindacali, nonché ai singoli lavoratori, al fine di rendere il sistema maggiormente partecipativo e trasparente. Le aziende, pertanto, dovranno revisionare e aggiornare le proprie policy e adottare una serie di misure volte al rispetto dei suddetti principi, la cui violazione sarà soggetta a specifiche sanzioni. Tuttavia, il corretto adempimento di tali obblighi non presuppone la mera adozione di atti formali, ma richiede una profonda rivoluzione culturale che preveda la sensibilizzazione dei soggetti coinvolti e l’effettivo superamento dei vecchi sistemi retributivi e di carriera, spesso troppo oscuri e reconditi, con l’introduzione di sistemi chiari, oggettivi e conoscibili da tutti gli interessati, per garantire davvero una parità di trattamento indipendentemente dal genere”. L’esigenza di rendere misurabile, trasparente e giuridicamente certo il concetto di “lavoro di pari valore” è centrale anche per Giulietta Bergamaschi, managing partner di Lexellent, che ricorda come il principio della parità di retribuzione sia attualmente ostacolato dalla mancanza di trasparenza nei sistemi retributivi e dalla mancanza di certezza giuridica sul concetto di lavoro di pari valore. “I datori di lavoro - commenta - potranno retribuire in modo diverso i lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore solo sulla base di criteri oggettivi, neutri sotto il profilo del genere e privi di pregiudizi come le competenze, l’impegno, le responsabilità e le condizioni di lavoro. Il principio della parità retributiva contempla sia lo stipendio sia le componenti complementari e variabili della retribuzione. La direttiva auspica una trasparenza nei livelli retributivi e nelle progressioni di carriera e invita i datori di lavoro a essere proattivi agendo nel rispetto delle misure sulla trasparenza retributiva per affrontare la natura sistemica della discriminazione retributiva. Sarà fondamentale la formazione per le persone della funzione Hr su parità di retribuzione, valutazione e classificazione del personale”. Un’altra leva decisiva riguarda la conoscenza interna dei livelli retributivi. Gaspare Roma, partner di De Berti Jacchia, osserva che la direttiva “rafforza la tutela antidiscriminatoria in materia di parità salariale, introducendo specifici obblighi informativi in capo ai datori di lavoro, al fine di consentire ai lavoratori non solo di avere libero accesso (in modo chiaro e trasparente) ai dati retributivi in azienda, ma anche di poter comprendere i criteri, oggettivi e condivisi, per la determinazione delle politiche salariali aziendali". "Le imprese, dunque, dovranno in primis effettuare una mappatura interna dei loro livelli salariali, per valutare possibili aree di disuguaglianze, introducendo anche idonei strumenti per garantire la trasparenza informativa in favore dei lavoratori e delle loro rappresentanze sindacali”, rimarca. Se la direttiva fornisce un quadro normativo, la sua piena attuazione passa dalla trasformazione culturale delle organizzazioni. Secondo Daniele Arduini, ceo & co-founder di Kampaay, partner tecnologico per l’event management, “i dati Inps fotografano una realtà che richiede un cambio di passo culturale, prima ancora che normativo". "La direttiva Ue del 2026 sulla trasparenza salariale - continua - sarà uno strumento necessario, ma le aziende innovative non possono aspettare una legge per riconoscere il valore delle persone". "In Kampaay - ricorda - viviamo una situazione particolare, figlia del nostro Dna ibrido. Siamo una realtà tecnologica, un settore storicamente a trazione maschile, che opera nel mondo degli eventi, dove la presenza femminile è fortissima. Questo incontro tra mondi diversi ha creato un ecosistema dove l'equilibrio di genere non è stato imposto da quote rosa o calcoli a tavolino, ma è emerso come conseguenza naturale della ricerca del talento". "Oggi la nostra popolazione aziendale - fa notare - è a prevalenza femminile e, dato ancora più rilevante, questo si riflette nei ruoli decisionali. Escludendo i founder, la maggioranza del nostro Management Team (Head of) è composta da donne che guidano dipartimenti strategici. Per noi la parità salariale non è un esercizio di stile, ma una logica di business: retribuiamo l'impatto e la complessità del ruolo, non il genere di chi lo ricopre. In un'azienda in forte crescita come la nostra, dove spesso convivono funzioni molto diverse tra loro, dallo sviluppo software al creative management, la sfida è proprio quella di mantenere un allineamento retributivo basato sul valore generato. Ed è quello che facciamo ogni giorno: garantire che a parità di impatto corrisponda parità di trattamento, creando un ambiente dove la leadership femminile è la norma, non l'eccezione". A ricordare la profondità del cambiamento necessario è anche Laura Basili, co-founder insieme a Ilaria Cecchini di Women at Business, piattaforma innovativa di matching professionale al femminile, per la quale i dati Inps sono “lo specchio di un Paese che continua a sottovalutare il talento femminile". "Se oggi le donne guadagnano quasi il 30% in meno degli uomini, significa - avverte - che c’è ancora un enorme potenziale inespresso, una ricchezza che l’Italia non sta mettendo a valore. La direttiva europea sulla trasparenza salariale è un passo importante, ma non basterà una norma a colmare il divario se non cambia l’atteggiamento culturale dentro le aziende e nella società. Per Women at Business, la vera sfida sta nel superare i pregiudizi che la generano: riconoscere il lavoro delle donne, sostenere i loro percorsi di carriera, favorire leadership inclusive e ambienti in cui il merito sia davvero ciò che conta. La parità retributiva è una responsabilità collettiva e una condizione necessaria perché l’Italia possa crescere, innovare e competere”.

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A2A presenta il primo Piano di Transizione Climatica, verso il Net Zero al 2050

(Adnkronos) - A2A ha presentato oggi il suo primo Piano di Transizione Climatica che definisce target, leve operative e strumenti finanziari per guidare il percorso di decarbonizzazione del Gruppo verso l’obiettivo del Net Zero al 2050. Il documento strategico, pensato come strumento dinamico e trasparente, verrà aggiornato annualmente in parallelo e assoluto coordinamento con il Piano Industriale, così da riflettere costantemente l’evoluzione degli scenari energetici e macroeconomici. “La mitigazione dei cambiamenti climatici rappresenta una condizione imprescindibile per la stabilità dei sistemi ambientali, sociali ed economici. Dal 2000 a oggi, gli eventi climatici estremi hanno generato danni per oltre 3.600 miliardi di dollari e le stime indicano che i costi dell’inazione potrebbero raggiungere i 1.200 trilioni di euro, quasi il doppio degli investimenti necessari a rispettare gli Accordi di Parigi.” – ha dichiarato Roberto Tasca, Presidente di A2A - “In questo scenario, i piani di transizione climatica delle imprese rivestono un ruolo essenziale nella mobilitazione dei capitali: permettono di valutare preventivamente i rischi, individuare nuove opportunità di investimento, rafforzare la fiducia del mercato e favorire un migliore accesso al credito, contribuendo alla riduzione dei costi di finanziamento. Essi costituiscono inoltre la base delle strategie di finanza sostenibile, un ambito nel quale il nostro Gruppo è stato pioniere, con l’emissione del primo European Green Bond e del primo Blue Bond in Italia. Iniziative che confermano come la transizione verso modelli di business più responsabili possa generare valore finanziario per l’azienda e per tutti gli stakeholder''. “La crisi climatica richiede visione, coerenza e la capacità di agire con responsabilità nel lungo periodo. Affrontiamo questa sfida facendo leva sulle nostre competenze industriali, sull’innovazione tecnologica su cui stiamo investendo e su un modello di business che integra dimensione ambientale, economica e sociale.” - ha dichiarato Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato di A2A - “Il nostro obiettivo è chiaro: raggiungere il Net Zero su tutti gli Scope emissivi entro il 2050. Il Piano di Transizione Climatica chiarisce come intendiamo farlo, definisce tappe intermedie ambiziose e amplia la nostra visione oltre l’orizzonte del Piano Industriale al 2035, pur nella consapevolezza che, per gli scenari in grande cambiamento, dovremo costantemente aggiornare traiettoria e azioni. In questo quadro, abbiamo già previsto circa 7 miliardi di investimenti dedicati a specifiche leve di decarbonizzazione: 5 per la Transizione Energetica e 2 per l’Economia Circolare''. Il Piano si fonda su uno scenario energetico che prevede per l’Italia il raggiungimento della neutralità climatica nel 2050, con un ruolo rilevante delle tecnologie di cattura e stoccaggio della CO₂ (CCS) e una crescita della domanda elettrica legata all’elettrificazione dei consumi a cui si aggiunge il recente sviluppo dei data center. Nel Transition Plan l’upside di richiesta di energia da parte di questi hub digitali non è ancora stata fattorizzata; se le previsioni degli scenari nazionali più recenti verranno confermate, sarà necessario definire, dal prossimo aggiornamento, un nuovo approccio alla produzione elettrica che garantisca un carico baseload costante e sicuro. La strategia del Gruppo ruota attorno a due pilastri: 1. Elettrificazione dei consumi, sostenuta da un forte incremento delle fonti rinnovabili e dal contributo del gas naturale in impianti termoelettrici ad alta efficienza nel breve-medio periodo; 2. Economia circolare, attraverso la valorizzazione dei rifiuti e degli scarti come materia o energia, contribuendo così a una significativa riduzione delle emissioni del Paese. L’obiettivo finale è una riduzione di almeno il 90% della carbon footprint del Gruppo entro il 2050 rispetto al 2023, con compensazione delle sole emissioni residue tramite crediti di rimozione certificati. Il Piano conferma inoltre: riduzione del 50% delle emissioni dirette entro il 2035 e dell’80% entro il 2040 (rispetto al 2017); riduzione del 61% dell’intensità emissiva (gCO₂e/kWh) entro il 2035 (baseline 2017); azzeramento delle emissioni Scope 2 legate all’acquisto di energia entro il 2026; riduzione delle emissioni Scope 3 lungo la supply chain (-30%), nelle attività upstream dei vettori energetici (-60%) e nell’uso del gas da parte dei clienti (-22%) al 2035 (baseline 2023). La supply chain rappresenta una leva determinante del percorso: per questo il Gruppo ha avviato il progetto Scope 3, dedicato al supporto dei fornitori nell’implementazione di strategie di riduzione delle emissioni. Complessivamente, i circa 7 miliardi di capex al 2035 saranno allocati in particolare per: 3,4 miliardi allo sviluppo della produzione da fonti rinnovabili; 1 miliardo a soluzioni di cattura della CO2 per impianti Waste-to-Energy, recupero di calore industriale e dai data center per le reti di teleriscaldamento, elettrificazione della flotta dedicata alla raccolta rifiuti e sviluppo della produzione da bioenergie. Il Piano è sostenuto da strumenti di finanza sostenibile, come il primo European Green Bond del Gruppo e il primo Blue Bond in Italia. L’obiettivo è portare al 100% la quota di debito ESG entro il 2035 (attualmente all’82%). Elemento imprescindibile della strategia è la Just Transition: il Gruppo garantirà percorsi di reskilling e upskilling a tutto il personale coinvolto nelle attività che evolveranno nel contesto della decarbonizzazione, con programmi formativi dedicati e iniziative per attrarre nuove competenze. Parallelamente, A2A prosegue nel dialogo con i territori attraverso iniziative di ascolto, engagement e formazione rivolte a cittadini, imprese e scuole, promuovendo una transizione equa, inclusiva e condivisa.

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