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(Adnkronos) - Ipertensione, si cambia. Le nuove linee guida sulla pressione alta della Società europea di cardiologia (Esc), appena pubblicate dopo un anno da quelle della Società europea dell'ipertensione (Esh), introducono una novità destinata ad avere un impatto su medici e i pazienti italiani. Innanzitutto perché allargano di quasi 10 milioni la platea degli italiani a rischio. Se oggi in Italia vivono circa 18 milioni di ipertesi, molti dei quali non perfettamente controllati, secondo le nuove linee guida salgono a 25-28 milioni i cittadini da attenzionare. Accanto agli 'ipertesi' veri e propri (valori da 140/90 mmHg in su), da curare contrariamente ai 'normotesi' (da 120/70 mmHg in giù), i cardiologi europei accendono infatti i riflettori su una nuova categoria: quella delle persone 'con pressione elevata' (massima fra 120 e 139 mmHg, minima fra 70 e 89 mmHg). A questa svolta - l'epilogo di un 'divorzio' fra Esc e Esh, che fino al 2018 avevano siglato congiuntamente le linee guida europee sull'ipertensione - è dedicata un'intera sessione del 125esimo Congresso nazionale della Società italiana di medicina interna (Simi), in programma a Rimini da oggi 11 ottobre a domenica 13. "Adottando la nuova classificazione della Società europea di cardiologia - spiega Giovambattista Desideri, segretario della Simi e ordinario di Medicina interna e Geriatria all'università Sapienza di Roma - le persone da attenzionare in quanto ipertese o con pressione elevata diventano molte di più, più o meno la metà dell'intera popolazione. Basti pensare che, secondo i dati del 'Progetto cuore' dell'Istituto superiore di sanità, la pressione media della popolazione italiana nella fascia di età 35-74 anni è di 132/77 mmHg: valori inquadrabili per l'appunto come pressione elevata" per l'Esc. "In realtà - precisa Desideri - si tratta di una categoria di pressione che è sempre stata molto attenzionata dagli internisti, perché l'ipertensione non è mai un fenomeno 'on-off', un interruttore, ma un parametro biologico con una relazione lineare e continua con gli eventi cardiologici. Il rischio di ictus e infarto, in altre parole, non scompare improvvisamente sotto i 140/90 mmHg di pressione. Le nuove linee guida Esc fanno dunque una distinzione in 3 gruppi", riassume lo specialista: "Quello certamente da trattare (gli ipertesi, sopra 140/90 mmHg); quello certamente da non trattare, ma da seguire nel tempo (i normotesi, sotto 120/70 mmHg); quello da attenzionare (gruppo con pressione elevata) ed eventualmente da trattare", valutando di volta in volta le caratteristiche della persona. "Se i pazienti con pressione elevata presentano un profilo di rischio cardiovascolare aumentato per presenza di diabete, dislipidemia, sovrappeso/obesità, insufficienza renale, pregresso infarto e altro ancora, oppure desunto dalle carte del rischio cardiovascolare - chiarisce Desideri - allora c'è l'indicazione al trattamento, pur non rientrando nella categoria degli ipertesi". Ma le linee guida dell'Esh invece cosa dicono? La Società europea dell'ipertensione non parla di 'pressione elevata', ma di 'pressione normale-alta' o 'pre-ipertensione' (130-139 mmHg di massima, 85-89 mmHg di minima), una categoria comunque da attenzionare ed eventualmente da trattare. "Con le linee guida Esc 2024, dunque - puntualizza il segretario Simi - a cambiare, più che il concetto, è il 'wording' che diventa più sensibilizzante. Con la definizione di paziente con pressione elevata viene alzato il livello di attenzione su questi soggetti ancora non ancora francamente ipertesi, ma da inquadrare con attenzione, considerando il loro rischio cardio-vascolare in maniera più strutturata, per decidere se iniziare comunque un trattamento antipertensivo". Quanto ai target da raggiungere con la terapia, i cardiologi europei indicano un valore di "120-129, ma più spostato verso il 120". Un atteggiamento definito dalla Simi "più aggressivo". Anche se "naturalmente - rimarca Desideri - nel caso del paziente anziano o del fragile è prevista una maggiore cautela. In questo caso, la nuova parola d'ordine dell'obiettivo terapeutico è Alara (As Low As Reasonably Achievable), cioè il valore quanto più basso ragionevolmente raggiungibile in quella particolare persona. Un concetto che introduce una personalizzazione negli obiettivi pressori da raggiungere col trattamento in relazione alle specifiche caratteristiche del singolo individuo, secondo un approccio gestionale che da sempre è proprio dell'internista". Quanto al tipo di trattamento, Esc ed Esh concordano: entrambe raccomandano di "utilizzare le associazioni pre-costituite, cioè una pillola che contiene 2 o 3 principi attivi", per "semplificare la vita del paziente e migliorare l'aderenza terapeutica". "La maggiore enfasi posta dalle nuove linee guida Esc sulle condizioni di pressione arteriosa borderline - commenta Giorgio Sesti, presidente della Simi - rientra nella visione che una efficace prevenzione primaria deve essere in grado di identificare e trattare i fattori di rischio cardio-metabolici il più precocemente possibile con un approccio globale (olistico). L'internista è pertanto la figura di specialista capace di prendersi cura di persone con molteplici fattori di rischio cardio-metabolici, di eseguire una corretta profilazione del rischio di eventi clinici, di valutare se vi sono segni iniziali di danno di organo e di trattare i diversi fattori di rischio valutando le interazioni dei farmaci e scegliendo le migliori strategie terapeutiche alla luce delle preferenze e delle attitudini delle persone".
(Adnkronos) - Tutto pronto per la nuova edizione del corso per diventare casari, organizzato dalla Scuola di formazione del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop, attraverso la società in house Mbc Service. Le lezioni inizieranno il prossimo 5 novembre e sono aperte le iscrizioni al percorso formativo, riconosciuto dalla Regione Campania, che consente di ottenere la qualifica di 'Addetto alle lavorazioni lattiero-casearie'. Solo 20 i posti a disposizione per un’iniziativa che rappresenta una concreta possibilità di futuro lavorativo nella filiera della mozzarella di bufala campana Dop (info e iscrizioni sul sito dedicato https://corsocasaro.mozzarelladop.it/). Il progetto prevede 250 ore di formazione. Le lezioni sono divise in una prima fase di teoria, a cui seguirà il periodo di pratica in laboratorio e infine lo stage nei caseifici. Si potranno apprendere nozioni di chimica e fisica, si imparerà anche come gestire una cagliata e si studieranno i processi di filatura e formatura. Il corso trasferisce, infatti, ai partecipanti le conoscenze tecnico-professionali per garantire la produzione di prodotti caseari, a partire dalla mozzarella di bufala, operando sull’intero processo di trasformazione del latte. L’addetto alle lavorazioni lattiero-casearie ha il compito di seguire l’intero ciclo produttivo: dal ricevimento della materia prima alla lavorazione della cagliata fino al confezionamento del prodotto. Al termine del corso è previsto un esame finale di idoneità. Ben 9 allievi su 10 hanno trovato un impiego nel settore lattiero-caseario dopo aver concluso il percorso. Nel panorama della formazione professionale, il corso organizzato dal Consorzio si distingue perché consente di entrare direttamente in contatto con i protagonisti del comparto della Bufala Dop, di avere a disposizione le migliori risorse professionali e di effettuare stage in una delle realtà socie dell’organismo di tutela. Inoltre, gli studenti 'diplomati' entreranno a far parte di un albo a disposizione delle aziende in cerca di personale. “Così il nostro Consorzio getta le basi per garantire un futuro a questa filiera e affrontare le tante sfide del mondo contemporaneo con strumenti adeguati. Siamo convinti che puntando sul binomio giovani-formazione potremo trasmettere una tradizione antica che deve sapersi rinnovare sempre”, commenta il presidente del Consorzio di Tutela, Domenico Raimondo.
(Adnkronos) - Regusto, brand della Società Benefit Recuperiamo Srl, partecipa alla 12° edizione del Salone della Csr e dell’innovazione sociale. Durante il panel dedicato allo spreco alimentare Paolo Rellini, Co-founder e Coo, ha presentato i risultati ottenuti e gli impatti generati da Regusto nel tempo. Regusto - si legge in una nota - è la prima piattaforma Esg blockchain per la lotta allo spreco che collega il più grande ecosistema circolare italiano, formato da oltre 650 aziende e più di 1.300 enti non-profit. Attraverso la piattaforma Regusto le aziende alimentari e non alimentari possono donare e vendere i propri prodotti, digitalizzando e tracciando l’attività in maniera trasparente. Per ogni transazione viene calcolato e monitorato l’impatto che si ottiene a livello sociale, ambientale ed economico nel territorio attraverso preziosi indicatori Esg. Gli indicatori vengono calcolati grazie ad algoritmi proprietari che si basano su standard di riferimento internazionali e conformi alle nuove norme europee sulla rendicontazione non finanziaria. Ad oggi il recupero attraverso la piattaforma ha permesso di salvare 13mila tonnellate di prodotti alimentari a rischio spreco, pari a 26 mln di pasti equivalenti, recuperati e distribuiti alle persone in stato di povertà alimentare grazie alla rete di enti non profit attivi in tutta Italia. A livello ambientale Regusto ha permesso di evitare l’emissione di 35mila tonnellate di CO2 grazie al mancato smaltimento del prodotto mentre a livello economico sono stati recuperati prodotti per un valore di 34 mln di euro. Solo nell’ultimo anno sono stati recuperate e distribuite 7.500 tonnellate di prodotti alimentari, con una crescita del 40% rispetto all’anno precedente. Nello specifico i prodotti della filiera agroalimentare più recuperati sono: ortofrutta (23%), prodotti a lunga conservazione (19%) e prodotti freschi, come latticini e carni, (17%). Rientrano nel recupero anche prodotti da forno, scatolame, salumi, salse spalmabili, legumi, ecc... Tra le aziende nel settore alimentare che hanno creato partnership sul recupero del potenziale spreco con Regusto: Esselunga, Parmacotto, Rovagnati. Tra gli enti non-profit che contribuiscono alla distribuzione dei beni recuperati ci sono Fondazione Banco Alimentare, Caritas e Croce Rossa. “Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Waste Watcher in Italia ci sono 6 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà, mentre ogni anno vengono sprecate 6 milioni di tonnellate di cibo - dice Paolo Rellini, Coo e co-founder di Regusto - Questo spreco non solo rappresenta una perdita enorme in termini economici e ambientali, ma soprattutto un'occasione mancata per aiutare chi non ha accesso al cibo. Attraverso la piattaforma blockchain Esg Regusto cerchiamo di rispondere a questo paradosso collegando il più grande ecosistema circolare italiano, composto da un network virtuoso di oltre 2000 aziende ed enti non-profit, attivi nel recupero e ridistribuzione dei prodotti a rischio spreco”.