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(Adnkronos) - Altre quattro bare con i resti di altrettanti ostaggi morti consegnati da Hamas a Israele. E' questo, in ordine di tempo, l'ultimo aggiornamento da Gaza arrivato ieri sera, quando i feretri sono stati trasferiti prima nella base delle Idf nella Striscia per poi varcare il confine israeliano, dirette verso l'Istituto Nazionale di Medicina Legale di Tel Aviv per le procedure di identificazione, che potrebbero durare anche due giorni. Nel mezzo, una piccola cerimonia in loro memoria officiata da un rabbino militare. Seguito nelle prime fasi dalla Croce Rossa, il rilascio è avvenuto nella tarda serata di ieri dopo l'annuncio di Hamas sulla nuova consegna. Annuncio arrivato in seguito alla decisione di Israele di chiudere il valico di Rafah, limitando così il quantitativo di aiuti umanitari per la Striscia fin quando non saranno stati riconsegnati tutti i restanti corpi dei rapiti che ancora si trovano a Gaza e che, secondo Tel Aviv, sono in possesso di Hamas. Che però prenderebbe tempo ritardando la consegna rispetto a quanto previsto dagli accordi del piano di pace. Il movimento palestinese, ha spiegato infatti il Cogat, l'ufficio del governo israeliano che coordina le attività nei territori, "ha violato l'accordo riguardo alla consegna dei resti degli ostaggi tenuti nella Striscia di Gaza" e per questo "come risultato, la leadership politica ha deciso di imporre una serie di sanzioni all'accordo umanitario che era stato raggiunto". Così, il Cogat ha annunciato che a partire da oggi, "solo a metà del numero concordato di camion, 300, verrà permesso di entrare a Gaza". Inoltre tutti i 150 camion di aiuti dovranno essere "dell'Onu o Ong umanitarie, con nessun coinvolgimento del settore privato". "Nessun tipo di carburante o gas sarà fatto entrare nella Striscia, a parte quello per le specifiche necessità relative alle infrastrutture umanitarie", si legge ancora nel comunicato. Il Comitato internazionale della Croce Rossa ritiene tuttavia che servirà tempo - giorni o settimane - prima che Hamas restituisca le salme di tutti gli ostaggi deceduti, come stabilito nei 20 punti del piano Trump per "la fine del conflitto a Gaza", che prevede anche la riapertura del valico di Rafah. La motivazione sta nella difficoltà di trovare i resti tra le macerie dell'enclave palestinese, martellata da due anni di operazioni militari israeliane scattate in risposta all'attacco del 7 ottobre 2023. Intanto, prima della consegna dei quattro corpi, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha per lanciato un avvertimento ad Hamas. "Tutti i venti ostaggi sono tornati, un grande peso è stato sollevato, ma il lavoro non è finito", ha scritto il tycoon su Truth Social, sottolinenando che tutti i resti degli ostaggi morti "non sono stati restituiti come promesso". "La fase due inizia proprio ora", le parole del presidente americano, che ha poi ammonito Hamas sul disarmo. "Se non cedono le armi - le parole del presidente -, li disarmeremo noi", e questo "succederà in modo rapido e forse violento. Sanno che con me non si scherza", l'avvertimento del leader Usa al movimento palestinese. Intanto i corpi di 45 palestinesi deceduti trasferiti da Israele al Complesso Medico Nasser di Khan Younis non sono stati identificati, ha spiegato alla Cnn il reparto di medicina legale dell'ospedale. Non è ancora chiaro dove, quando o come siano morti, ma intanto il ministero della Salute palestinese a Gaza ha affermato che Israele non ha fornito un elenco dei nomi delle salme. Il ministero ha quindi ipotizzato che Israele conosca i nomi, ma si rifiuti di fornirli, o che Israele abbia recuperato i corpi durante la ricerca di ostaggi israeliani e non ne abbia accertato l'identità. Tutti i corpi sono arrivati alla struttura con mani e gambe ammanettate, ha affermato l'ospedale. I resti erano conservati in celle frigorifere in Israele e recavano un numero di identificazione, anziché un nome, secondo l'ospedale. L'ospedale ha affermato che chiederà aiuto alle famiglie delle persone scomparse per identificarli.
(Adnkronos) - I dazi lanciati dal presidente Usa Donald Trump non frenano, almeno per il momento, la crescita dell'export di tecnologie elettrotecniche ed elettroniche da parte delle imprese italiane. E' quanto emerge dall'intervista di Adnkronos/Labitalia a Filippo Girardi, presidente Federazione Anie Confindustria. Come stanno impattando i dazi Usa sull’export italiano di tecnologie elettrotecniche ed elettroniche e quindi sul vostro settore di competenza? L'industria delle tecnologie elettrotecniche ed elettroniche non sembra avere risentito finora dei dazi Usa: nei primi 6 mesi del 2025 l'export italiano verso gli Usa è cresciuto di circa 12 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2024. Questa crescita fa seguito ad un quinquennio 2020-2024 con incrementi medi annui del 16% circa. A quanto è ammontato nel 2024 l'export e qual è l'andamento per questa prima parte del 2025? Nel 2024 le esportazioni italiane di elettrotecnica ed elettronica si sono attestate sui 27 miliardi di euro. Nella prima metà del 2025 si è registrato un indebolimento della dinamica esportativa, con un trend tendenziale negativo di circa tre punti percentuali. Si tratta di una fase di raffreddamento fisiologico, dopo anni di espansione sostenuta, che riflette anche il contesto di maggiore incertezza sui mercati globali e il rallentamento della domanda sui principali mercati di destinazione. Quali sono i prodotti che stanno soffrendo di più e che riscontrando un maggiore calo di export? All’interno del settore si osservano alcune differenze tra comparti nelle dinamiche esportative. Nel primo semestre dell’anno, nel confronto con il corrispondente periodo del 2024, si registrano delle flessioni più ampie per le tecnologie che si rivolgono al mercato delle infrastrutture di trasporto e alla generazione di energia elettrica da fonti tradizionali. Per l’Elettronica è la componentistica a mostrare maggiore sofferenza. Ci sono distretti in particolare difficoltà e quali? L’industria elettrotecnica ed elettronica non vede una presenza prevalente nel nostro Paese in veri e propri distretti produttivi. Tuttavia, la distribuzione delle imprese sul territorio nazionale evidenzia una maggiore concentrazione di unità produttive nelle regioni settentrionali, che sono poi quelle che, in questa fase, stanno mostrando i segnali di maggiore sofferenza. Con più dettaglio, le analisi ci mostrano che nel primo semestre del 2025 i maggiori cali tendenziali dell’export di elettrotecnica ed elettronica si registrano in Lombardia (-516 milioni di euro rispetto al primo semestre 2024), Trentino-Alto Adige (-306 milioni) e Friuli-Venezia Giulia (-242 milioni), territori fortemente orientati all’export e, quindi, più esposti al rallentamento della domanda internazionale. Come stanno reagendo le aziende? Le imprese di Anie stanno dimostrando una forte capacità di adattamento. Nonostante il quadro globale incerto, le tensioni legate ai dazi e il rallentamento di alcuni mercati, la crescita del settore resta sostenuta dai grandi processi di transizione in corso, energetica e digitale, che stanno generando una domanda strutturale di tecnologie avanzate. Gli investimenti in innovazione continuano ad essere i principali motori della competitività delle nostre imprese, che stanno rispondendo alle difficoltà globali puntando su efficienza, qualità e soluzioni ad alto contenuto tecnologico. Le aziende stanno cercando mercati alternativi? La diversificazione dei mercati rappresenta da sempre una leva strategica per le imprese del settore che, anche in un contesto complesso come quello attuale, mantengono alta l’attenzione verso nuove opportunità di sviluppo ed espansione. Le aziende del comparto hanno storicamente una forte vocazione internazionale e continuano a guardare con interesse a nuove aree di crescita, come il Medio Oriente, l’Asia e l’America Latina, dove si stanno sviluppando importanti programmi di investimento in infrastrutture energetiche, industriali e di mobilità sostenibile. In questo percorso, risultano ancora più strategiche le attività di promozione e di supporto all’internazionalizzazione che la Federazione porta avanti per accompagnare le imprese nella ricerca di nuove opportunità e nel consolidamento della loro presenza globale. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - La qualità del cibo “è sempre un argomento molto delicato. Il prodotto finito deve essere pulito, essere composto da materiali di qualità e deve dare al consumatore garanzie ‘di sostanza’”. Con queste dichiarazioni, Sauro Corzani, amministratore delegato burrificio Dalla Torre è intervenuto, oggi, alla XV edizione dello Human&Green Retail Forum 2025, ‘La dieta mediterranea come bussola del retail sostenibile’, presso la Fondazione Università degli Studi di Milano (UniMi). L’a.d. si sofferma anche sulle caratteristiche di sostenibilità della sua realtà produttiva: “Come industria Dalla Torre abbiamo sempre investito in sostenibilità, facendo attenzione ai trasporti, ai materiali utilizzati e dando priorità all’utilizzo di energia pulita - illustra - Usiamo al 100% energia pulita certificata”, conclude.