(Adnkronos) - Lando Norris e il 'segreto' per la pole position al Gran Premio di Monaco. Il pilota della McLaren ha fatto segnare il miglior tempo in qualifica, oltre che il record della pista, e partirà dalla prima posizione della griglia a Montecarlo. L'inglese ha raccontato di non aver passato un periodo facile, soprattutto a livello psicologico, con prestazioni molto incostanti in pista nonostante la miglior macchina del circuito a disposizione. Norris si è infatti visto scavalcare nella classifica Piloti dal compagno di scuderia Oscar Piastri, ora primo a quota 146 e con 13 punti di vantaggio. Lando però sembra aver ritrovato stabilità e concretezza proprio a Monaco, e tra i segreti della sua pole da record c'è anche il distacco dell'ultimo periodo dai social media. Più volte il pilota McLaren aveva infatti mostrato di soffrire le tante critiche che piovevano su di lui dopo ogni gara, tanto da cadere anche in depressione a causa della pressione e dei tanti commenti negativi postati online. Norris ha quindi deciso di prendersi una pausa da ogni social network, limitando la sua presenza e postando foto su Instagram soltanto nei weekend di gara. "Ci sono molti fattori che hanno contribuito alla mia pole position", ha rivelato Norris dopo le qualifiche di Montecarlo, "sicuramente il distacco dai social è uno di questi".
(Adnkronos) - Due italiani su tre si sentono ceto medio, ma più della metà teme che i propri figli staranno peggio. Più di otto su dieci non vedono riconosciuto il valore delle proprie competenze nel reddito. E oltre il 70% chiede meno tasse sui redditi lordi. E' il ritratto del ceto medio italiano che emerge dal 2° rapporto Cida-Censis 'Rilanciare l'Italia dal ceto medio. Riconoscere competenze e merito, ripensare fisco e welfare', commissionato da Cida, la Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità, e presentato oggi durante un convegno tenutosi alla Camera dei Deputati, aperto con i saluti istituzionali del Capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, Paolo Barelli e gli interventi del vice presidente del Consiglio e ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani e del viceministro dell'Economia e delle finanze, Maurizio Leo. Hanno portato i loro contributi Gabriele Fava, presidente Inps, Renato Loiero, consigliere del Presidente del Consiglio, e i deputati Elena Bonetti, Luigi Marattin, Annarita Patriarca e Walter Rizzetto. “Il Rapporto fotografa una frattura profonda: il ceto medio è il Punto di Tenuta del Paese, ma oggi vive un paradosso insostenibile. È troppo ricco per ricevere aiuti, troppo povero per costruire futuro. Colpito dal fisco, escluso dal welfare, ignorato nei riconoscimenti. Eppure, resiste: investe nei figli, tiene in piedi famiglie e territori con una generosità silenziosa. Ma quanto può sopportare ancora? E soprattutto, possiamo permetterci di non ascoltarlo? Se non si restituisce dignità economica a chi ogni giorno regge l’Italia, il rischio è uno solo: spezzare definitivamente il patto sociale su cui si fonda la nostra democrazia”. E' il grido d’allarme e insieme la richiesta di una scelta politica netta che arriva da Stefano Cuzzilla, riconfermato oggi alla guida di Cida dall’assemblea nazionale, che ha eletto anche i vicepresidenti Marco Ballarè, Antonello Giannelli e Guido Quici. Un capitale culturale forte, ma senza ritorno economico. Questa la contraddizione centrale che emerge dal nuovo rapporto Cida-Censis: il ceto medio italiano non si definisce attraverso il reddito, ma attraverso l’identità culturale. Il 66% degli italiani si riconosce nel ceto medio, e per oltre il 90% ciò che conta davvero è il sapere, il livello di istruzione, le competenze acquisite. Ma questi valori – pur costituendo il fondamento identitario – non trovano più riscontro nella realtà economica. L’82% degli italiani che si autodefinisce di ceto medio denuncia che il merito non viene riconosciuto, che il capitale culturale non si traduce in una giusta retribuzione. E' qui che si apre una frattura decisiva: tra capitale umano e capitale economico. E quando il riconoscimento non arriva, il motore si spegne: ciò che era spinta verso l’alto diventa semplice sopravvivenza. Negli ultimi anni, oltre la metà degli italiani che rappresentano l’ossatura sociale del Paese ha visto il proprio reddito fermo, mentre più di uno su quattro lo ha visto calare. Solo il 20% dichiara un miglioramento. Ma più che arretrare, il ceto medio oggi galleggia senza prospettiva. Anche i consumi riflettono questo stato: il 45% li ha già ridotti, e la maggioranza teme ulteriori tagli nel prossimo futuro. Non è solo una condizione economica, è un malessere sociale diffuso che svuota di speranza il futuro. Un futuro che, sempre più spesso, il ceto medio non riesce più a immaginare dentro i confini del Paese. Il 50% dei genitori appartenenti al cuore produttivo del Paese ritiene che i figli staranno economicamente peggio, e il 51% auspica che cerchino opportunità all’estero, segnando il sorpasso definitivo del 'mito dell’altrove' sul sogno di mobilità sociale interna. Nonostante ciò, il ceto medio continua a investire: il 67% delle famiglie di ceto medio con figli conviventi sostiene spese straordinarie per garantire un futuro ai figli, mentre oltre il 41% aiuta economicamente figli e nipoti, confermandosi come primo ammortizzatore sociale del Paese. Tra i pensionati della fascia di riferimento del rapporto Cida-Censis, il 47% aiuta regolarmente figli o nipoti, e il 66% ha finanziato o finanzierà almeno una spesa straordinaria. Questa 'generosità silenziosa' è sempre più sotto pressione. Solo il 52% si sente protetto da reti di welfare; gli altri oscillano tra ansia, incertezza e vera e propria insicurezza. E il risparmio, da sempre uno dei tratti distintivi del ceto medio, si erode: il 46% ha ridotto la capacità di accantonare risorse, e il 44% prevede un peggioramento nei prossimi tre anni. Quando la fiducia nel futuro si incrina, cresce il bisogno di protezione: ma è proprio qui che il sistema mostra le sue crepe più profonde. Solo il 18% giudica sufficiente il welfare pubblico. Di fronte a questa percezione di inadeguatezza, cresce la corsa al welfare integrativo: il 45% possiede una polizza sanitaria o un fondo pensione e circa il 36% vorrebbe che il contratto collettivo del settore in cui lavora prevedesse la sanità integrativa. Il rischio è una nuova disuguaglianza: tra chi può permettersi una protezione privata e chi resta scoperto.
(Adnkronos) - Valorizzare ogni goccia d’acqua trattata, trasformandola in risorsa ambientale ed economica. Con questo obiettivo Gruppo Cap accede al sistema internazionale dei water credit volontari basati sul riuso delle acque depurate. La green utility pubblica che gestisce il servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano è il primo gestore idrico in Italia ad avviare questa iniziativa, aprendo di fatto un nuovo capitolo per la finanza sostenibile applicata alle utility. Il progetto nasce in collaborazione con Hypercube, gruppo svizzero attivo nella tokenizzazione degli impatti ambientali che nel 2024 ha introdotto i Wtr, il primo sistema internazionale di water credit volontari, e con il supporto di Aon in qualità di advisor tecnico-strategico. In un contesto nazionale in cui solo il 4% delle acque reflue viene riutilizzato, a fronte di un potenziale stimato da Arera pari al 21%, Gruppo Cap è tra i principali promotori del riuso delle acque depurate, pratica che consiste nell’impiego delle acque reflue trattate per usi non potabili come irrigazione e industria. I 40 impianti del Gruppo trattano ogni anno 350 milioni di metri cubi di acque reflue, di cui il 45,4% viene riutilizzato. I depuratori operano anche come bioraffinerie: trattano oltre 80mila tonnellate di fanghi all’anno, trasformandoli in fertilizzanti, energia e risorse per l’agricoltura, in linea con un modello di economia circolare avanzata. I crediti originati da Gruppo Cap si basano nello specifico sulle acque depurate presso l’impianto di Bresso-Niguarda, dove una parte delle acque viene riutilizzata per l'irrigazione di Parco Nord Milano; qui, una condotta dedicata, che connette la rete di trasporto delle acque depurate al sistema di irrigazione del parco, consentirà di aumentare la capacità di riutilizzo fino a 500mila metri cubi all’anno, contro i 50.000 forniti attualmente. Queste risorse saranno destinate all’irrigazione dei prati e all’alimentazione di fontane e canali, migliorando l’efficienza nell’uso delle acque superficiali. L’intervento, realizzato grazie a un investimento di 250mila euro, riduce drasticamente il prelievo da falda valorizzando la risorsa idrica in un’ottica circolare, ambientale e sociale. A ogni metro cubo di acqua riutilizzata corrisponde un water credit Wtr, generato tramite tecnologia blockchain secondo i più rigorosi standard Esg (Csrd, Gri, Sdg Onu). Tali crediti possono essere acquistati da aziende water-intensive per ridurre o bilanciare la propria impronta idrica, in particolare la componente 'hard-to-abate', con un sistema trasparente e verificabile, che consente anche al cittadino di tracciarne l’origine e l’utilizzo. “In un contesto in cui l’acqua è sempre più una risorsa preziosa, Cap offre un esempio concreto di come la transizione ecologica possa passare anche da modelli economici e gestionali capaci di generare valore ambientale, sociale e finanziario. Con questo progetto Cap consolida il proprio ruolo di apripista a livello nazionale nel campo dell’innovazione ambientale. Siamo convinti che il riuso dell’acqua non sia solo una buona pratica, ma anche un’opportunità per creare valore sul territorio, ridurre la pressione sugli ecosistemi e sviluppare nuovi strumenti di finanza sostenibile”, dichiara Michele Falcone, direttore generale di Gruppo Cap. Il valore dei water credit emessi da Hypercube, nel corso del 2024, è cresciuto di oltre il 70% indicando un fortissimo interesse sia del settore pubblico, sia del settore privato verso l’adozione di strumenti che possano accelerare su larga scala l’implementazione di processi e iniziative orientate all’efficienza idrica. Oltre a valorizzare processi virtuosi già in atto, il sistema dei water credit prevede che parte delle risorse generate dalla vendita dei crediti venga reinvestita in nuove progettualità sul territorio lombardo, con l’obiettivo di rafforzare infrastrutture, promuovere il riuso e ampliare l’impatto ambientale sostenibile.