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(Adnkronos) - Le speranze di una tregua tra Israele e Hezbollah appaiono ancora lontane dal concretizzarsi. Secondo fonti informate a Beirut, citate dai media arabi, l'attuazione della risoluzione 1701 dell’Onu, che prevede la cessazione delle ostilità lungo il confine libanese-israeliano, rimane "più vicina ai desideri che alla realtà". Da parte sua, l’amministrazione Usa, secondo un rapporto del Wall Street Journal, vede il conflitto come un'opportunità per minare il potere di Hezbollah in Libano. Amos Hochstein, consigliere Usa per gli affari energetici, ha suggerito a leader arabi che l'indebolimento di Hezbollah con gli attacchi israeliani potrebbe essere sfruttato per sbloccare lo stallo politico del Libano e facilitare l'elezione di un nuovo presidente. Tuttavia, l’Egitto ed anche il Qatar hanno avvertito gli Stati Uniti che questa strategia è rischiosa, ritenendo irrealistico e pericoloso tentare di destabilizzare Hezbollah in questo momento, temendo che potrebbe innescare nuovi conflitti settari nel paese dei cedri, come già accaduto in passato. Secondo le fonti a Beirut, sostiene il quotidiano panarabo Al-Sharq Al-Awsat, le difficoltà si manifestano a più livelli. A livello internazionale, il Consiglio di sicurezza dell’Onu è paralizzato dalle divisioni tra i membri permanenti, soprattutto a causa delle tensioni tra Russia e Stati Uniti e il deterioramento delle relazioni con la Cina. L'Europa è apparsa incapace di svolgere un ruolo efficace, e premier israeliano Benjamin Netanyahu, con il suo linguaggio trionfalistico e la determinazione a modificare gli equilibri nella regione, ha subito smorzato i tentativi diplomatici della Francia innescando una crisi diplomatica con il presidente Emmanuel Macron sulla questione della fornitura delle armi. Dal lato di Hezbollah, la situazione appare altrettanto complicata. Un cessate il fuoco unilaterale sul fronte libanese rischierebbe di confermare che il movimento sciita ha commesso un grave errore strategico aprendo un nuovo fronte di guerra, mossa non sostenuta dalla maggioranza libanese. Ciò potrebbe intaccare gravemente la sua immagine di “forza di resistenza” indebolendo anche l'influenza dell'Iran, che considera il sud del Libano una pedina cruciale nei suoi piani geopolitici. Inoltre, nonostante l'appoggio espresso dal vicesegretario generale di Hezbollah Naim Qassem al ‘fratello maggiore” Nabih Berri, il presidente del parlamento libanese, per i suoi sforzi di mediazione, ciò non implica che Hezbollah sia disposto a consentire una piena attuazione della risoluzione 1701. Le fonti libanesi prevedono un ulteriore inasprimento del conflitto prima che si possa raggiungere un minimo di realismo tra le parti. L'esercito israeliano continua a operare con forza, evocando immagini simili a quelle dei bombardamenti su Gaza. Molti osservatori ritengono cruciale monitorare attentamente l'evolversi delle relazioni tra Washington e Teheran, soprattutto in vista di una possibile risposta israeliana diretta contro l'Iran. Secondo quanto sostiene un editoriale del quotidiano indipendente libanese Annhar pubblicato nella versione online, la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ''è collassata'' e il Libano ha bisogno di una risoluzione ''più forte'' perché ''l'attuale guerra tra Israele e Hezbollah non finirà nello stesso modo in cui è finita quella del 2006''. Annhar rimarca che ''l'ultima guerra, 18 anni fa, si è conclusa con un accordo internazionale-regionale che prevedeva che Hezbollah non avrebbe più provocato Israele, né minacciato la sicurezza dei suoi confini settentrionali. L'accordo è stato tradotto con la risoluzione 1701 emessa dal Consiglio di Sicurezza il 12 agosto 2006, dopo la quale i combattimenti si sono fermati ed entrambe le parti hanno stipulato una lunga tregua, che si è conclusa in pratica l'8 ottobre 2023''. Ma ''la verità è che la tregua è prevalsa per quasi due decenni, favorendo un grande sviluppo sociale ed economico delle popolazioni del sud'', mentre ''Hezbollah rafforzava la propria capacità militare nel cuore delle aree che avrebbero dovuto essere libere da armi e militanti'', sottolinea l'editoriale. ''E' vero che Israele ha violato la risoluzione centinaia di volte violando lo spazio aereo libanese, ma è anche vero che Hezbollah ha continuato a svuotare la risoluzione del suo contenuto pratico, arrivando al punto di attaccare sistematicamente il Unifil'', aggiunge il quotidiano. ''Anche se chi resta al comando di Hezbollah scommette sul fatto di ristabilire un certo equilibrio con gli israeliani'', lo scenario ''sarà legato alla grande decisione che deve essere presa a livello internazionale e regionale riguardo al destino di Hezbollah come organizzazione militare. Il partito come entità politica e sociale è fuori discussione. Il problema sono le armi e il suo ruolo militare e di sicurezza al livello regionale'', ha concluso.
(Adnkronos) - La 12esima edizione di Digitalmeet sarà presente in tutte le regioni italiane. Il professore Alessandro Sperduti, direttore del centro interdipartimentale ricerca dell’Università di Padova, 'Human Inspired Technologies Research Center–HIT', delegato dalla rettrice Daniela Mapelli a presentare l’evento, ha illustrato, assieme all’ideatore di Digitalmeet Gianni Potti, il programma dell’edizione 2024. “Sono centinaia gli eventi che saranno proposti, in tutta Italia – ha spiegato Sperduti -, ma per l’edizione di quest’anno, per sottolineare l’importanza del traguardo raggiunto da DIGITALmeet, come Unipd abbiamo organizzato 12 eventi molto particolari e concentrati tra il 23 e il 25 ottobre”. Si parte con “la seconda rivoluzione quantistica” poi sarà la volta dei robot e “dell’interpretazione” del loro comportamento e delle decisioni. Molto atteso anche l’incontro sulla trasformazione digitale nelle università dal titolo: 'verso un campus del futuro'. Altro ambito tra realtà e virtuale è quello della salute e della telemedicina. Il pomeriggio del 23 ottobre sarà proposto il tema dell’ingegneria e dell’intelligenza artificiale dedicati al corpo umano. Teorie ed esperienze per il benessere. Sempre nel corso dei giorni caldi di Digitalmeet, l’Università patavina proporrà esperienze di Metaverso per l’industria, visite al Neutral Access Point del Nord Est e incontri sulla domotica e cybersecurity. Al caffè Pedrocchi, la mattina del 25 ottobre è previsto un incontro su Digital marketing e comunicazione al quale seguirà una discussione sui pregiudizi nei testi generati dalle macchine riferiti alla parità di genere. E ancora, un evento su AI e innovazione per la salute dei più piccoli e la presentazione dei risultati di uno studio su come l’intelligenza artificiale è trattata nei quotidiani italiani: un’analisi del discorso dei media sui temi della digitalizzazione e IA. Tanti i relatori e gli esperti che si susseguiranno: dal fisico Paolo Villoresi al docente di automatica Alessandro Beghi, da Emanuele Menegatti, ordinario di robotica a Mauro Conti, professore di cybersecurity. Per la 12esima edizione torna l’Uomo al centro: il focus di quest’anno è infatti incentrato su come le nuove tecnologie (AI, metaverso, blockchain) impattano sul capitale umano. Gianni Potti, fondatore della kermesse, ha ribadito che l’obiettivo strategico è rendere obbligatorio l’insegnamento, già dalle elementari, del digitale. “Siamo troppo indietro sulla alfabetizzazione digitale – ha detto presentando il programma 2024 – e continuiamo ad esserlo. Bisogna fare uno scatto per pareggiare i Paesi più avanti di noi”. Potti ha poi ringraziato i tanti volontari “ambassador”, comitato scientifico, digital evangelist che, sparsi per tutta Italia, proporranno iniziative ed eventi, e soprattutto lavoreranno “includere” persone di età, culture, competenze differenti, traghettando tutti noi nel nuovo mondo digitale. Poi ha ricordato che “il mercato dell'Intelligenza Artificiale, in Italia, nel 2023 è cresciuto del 52% raggiungendo il valore di 760 milioni di euro. Le dimensioni del mercato mondiale dell'intelligenza artificiale raggiungono 184 miliardi di dollari nel 2024. Il mercato AI mondiale continuerà poi la sua ascesa per toccare gli 826,7 miliardi entro il 2030 (+28 annuo), ma si stima che circa 20 milioni di lavoratori in Ue perderebbero il posto di lavoro a breve termine se non si prendono rapidamente delle precauzioni, vista la velocità di sviluppo dell'intelligenza artificiale. Lo spettro riguarda dai manager ai consulenti, agli avvocati e agli specialisti di marketing. Nessuno ha la sfera di cristallo, ma è ragionevole pensare che si creeranno tantissimi posti di lavoro, almeno altrettanti di quelli perduti, così come in ogni rivoluzione industriale. Nella lista di carriere future possiamo indicare: specialisti in intelligenza artificiale (ai), esperti di cybersecurity, tecnici di manutenzione per veicoli a guida autonoma, consulenti di benessere digitale, agricoltori verticali, designer di realtà virtuale (vr) e aumentata (ar)”.
(Adnkronos) - L’agricoltura biologica in questi giorni è in primo piano nel dibattito europeo. La Corte dei Conti europea, infatti, ha posto l’accento su un nervo scoperto della politica agricola comune, in attesa di una riforma complessiva del sistema agricolo a cui sarà chiamata la nuova legislatura europea. La Fondazione Farming for Future "guarda con attenzione alla relazione della Corte perché ha messo a fuoco l’importanza di prevedere politiche di lungo respiro che tengano conto anche degli obiettivi ambientali e di mercato". La Corte, infatti, ricorda la Fondazione, "ha espresso preoccupazioni riguardo al sostegno di Bruxelles all’agricoltura biologica, evidenziando le carenze strategiche e l’assenza di obiettivi definiti per il 2030, in un mercato che rimane ancora confinato a una nicchia. In tale scenario, anche la PAC è stata posta sotto i riflettori della Corte, accusata di non soddisfare a pieno gli obiettivi ambientali e climatici dell'Ue, in particolare per quanto riguarda i piani nazionali. In risposta, la Commissione ha confermato il proprio sforzo nel perseguire gli obiettivi legati allo sviluppo dell’agricoltura biologica, nonostante i fattori esterni, come la guerra in Ucraina, che ne stanno rallentando il progresso". In questo contesto, partendo da un’analisi di ciò che serve per definire una politica agricola europea davvero efficace per sviluppare il settore primario, la Fondazione Farming for Future, nata con il supporto del CIB-Consorzio Italiano Biogas, offre una strada che si propone di integrare agricoltura, industria e ricerca attraverso un percorso condiviso con tutti gli attori chiamati ad attuarla. “La Fondazione si concentra sugli strumenti concreti che permettono all’agricoltura di abbattere le emissioni piuttosto che le produzioni, chiamando in causa tutti coloro che dovranno farsi carico della sfida.”, commenta la Presidente Diana Lenzi. “Se tutti siamo d’accordo con l’obiettivo di ridurre le emissioni e l’uso della fertilizzazione di sintesi, la ricetta per raggiungere questa sfida a mio avviso non risiede tanto ad esempio nell’estensione delle aree dedicate al biologico, ma in un cambio di paradigma nella gestione del suolo e nella filiera di produzione agricola che, come propone la Commissione, deve guardare tutto il percorso, dal campo alla forchetta”. Le sfide del settore primario sono molteplici e su più campi: quello alimentare, energetico e digitale. Come ogni “transizione multipolare” bisogna valorizzare tutte le risorse già esistenti per poter accelerare il percorso con il minor costo per coloro che devono attuarla. In questo senso, il modello proposto dalla Fondazione può essere letto da diverse angolazioni. Partendo da ciò che residua, ad esempio, dal processo di digestione anaerobica per la produzione di biogas e biometano otteniamo il digestato. Un sottoprodotto che ha dimostrato di essere un ottimo fertilizzante organico e di svolgere un ruolo cruciale per la fertilità dei suoli, che potrebbe fornire un supporto prezioso anche in agricoltura biologica. Per questo motivo nel monito della Corte, la Fondazione riconosce anche un richiamo all’impianto generale su cui la Farm to Fork pone la sua ratio. “La sfida per l’agricoltura biologica europea per svilupparsi efficacemente deve considerare le agricolture che si svolgono nei diversi Stati, proponendo misure che rappresentino davvero una sintesi delle esigenze, attraverso approcci replicabili. Partendo dall’esperienza italiana e dal modello che abbiamo costruito possiamo davvero ridurre le emissioni, preservando la competitività del settore. Il digestato, in questo senso, così come la diffusione di pratiche innovative che consentono di ridurre gli input per unità di prodotto finito, rappresentano una soluzione chiara. Con il lavoro della Fondazione che spinge sulla ricerca e sul trasferimento tecnologico e di esperienze in ambito agricolo, auspichiamo di poter diffondere e ampliare la voce degli agricoltori italiani affinché la prossima Commissione europea e il lavoro del nuovo Commissario Hansen portino a importanti passi in avanti e un cambio netto di rotta. Solo partendo da ciò che c’è e funziona si possono costruire politiche efficaci, volano per gli investimenti e per lo sviluppo. La riforma della PAC non è esclusa da questa riflessione. E’ fondamentale che l’agenda europea adotti una visione strategica di lungo periodo, che guardi ai diversi mercati a cui si rivolge l’agricoltura per costruire un settore efficiente ed equo, in grado di affrontare le sfide future”, conclude Lenzi.