(Adnkronos) - Si è chiusa con numeri da record la 19esima edizione di Rimini Wellness (29 maggio - 1 giugno), la manifestazione di Italian Exhibition Group dedicata al mondo del fitness e del benessere che ha riunito in 30 padiglioni della Fiera di Rimini oltre 350 brand espositori. Un bilancio in crescita per RiminiWellness 2025 che ha registrato un 32% di presenze in più rispetto alle oltre 100.000 dello scorso anno e con un importante +30% di pubblico dall’estero, con prevalenza delle presenze professionali. Numeri che si aggiungono ai 552 giornalisti accreditati, ai centinaia di servizi e dirette tv e radio, ai pezzi on line e alla massiccia presenza sui social. L'edizione numero 19 dell'evento dedicato ad attività fisica e benessere - secondo gli organizzatori - non ha tradito le attese. Migliaia di persone hanno affollato i padiglioni della fiera di Rimini - su una superficie di 190.000 metri quadrati tra aree indoor e outdoor - per partecipare agli allenamenti collettivi (oltre 2000 le ore complessive), visionare tutte le novità del settore, provare le discipline più innovative per restare in forma. E ancora: 80 gli appuntamenti tra convegni ed eventi - con approfondimenti anche su alimentazione, nutrizione, abbigliamento e servizi - e il coinvolgimento di più di 30 associazioni internazionali. Elemento distintivo del 2025 il patrimonio formativo di RiminiWellness, accessibile a professionisti sanitari, trainer, studenti e operatori del settore attraverso workshop, talk e momenti di know-how sharing. Tra i momenti di punta, il Forum su Sport e Sostenibilità con il contributo di partner come ministero dell’Ambiente, Nazioni Unite, Coni e Uefa, per una riflessione strategica sull’evoluzione dello sport in chiave 2030–2040. A RiminiWellness anche la presentazione di ricerche inedite quali 'Wellness, la classifica delle province italiane' realizzata in collaborazione con Il Sole 24 Ore; 'Studi di mercato sui consumatori di fitness in Italia', condotta da Les Mills con il contributo Ifo; 'I processi di invecchiamento e l’esercizio fisico' a cura della Federazione italiana fitness e l’Università San Raffaele di Roma. Appuntamento ora al 2026, con l'edizione del ventennale che si svolgerà dal 28 al 31 maggio.
(Adnkronos) - L’artigianalità sta lentamente scomparendo creando grossi problemi anche al nostro famoso Made in Italy. E' questo il grido di allarme che è stato lanciato durante la presentazione del libro di Maurizio Carucci 'Il saper fare italiano' edito da Over. Il dibattito avvenuto presso il Dida (Design campus) dell’Università di Firenze con la presenta di Giuliano Sanna, Nhrg, Maurizio Carucci, giornalista, Debora Giorgi, presidente del corso di laurea Tessile e Moda, Davide Turrini professore associato, ha sollevato uno dei problemi che sta facendo soffrire, in questo momento, una delle nostre eccellenze: il Made in Italy. Le cifre parlano chiaro. Secondo uno Studio di Altagamma Unioncamere nella moda il fabbisogno è di 75.000 unità e la stima di occupati nel 2028 è di 483.000 unità. Le imprese del mondo della moda mostrano difficoltà nel reperire il personale ricercato nel 50% dei casi, soprattutto per la mancanza di candidati. Sarti, ricamatori, orlatori, tagliatori artigianali, modellisti, prototipisti sono i profili maggiormente ricercati e le aziende della moda senza questi profili di alta artigianalità rischiano di non essere in grado di produrre. Ma la sparizione dell’artigianalità porta anche altre conseguenze come la perdita del patrimonio culturale immateriale, l’impoverimento dei centri storici, La conclusione è che in un’epoca in cui i consumatori cercano più prodotti unici, sostenibili e di qualità, l’artigianato può rappresentare una risorsa strategica per il futuro economico e culturale del paese, ma servono politiche mirate, una nuova mentalità imprenditoriale e un rinnovato rispetto per chi lavoro con le mani e il cuore.
(Adnkronos) - "L’indagine di Cittadinanzattiva e Engageminds Hub ha evidenziato con chiarezza che i cittadini chiedono informazioni più chiare e affidabili e che esiste una domanda forte e crescente di trasparenza. Solo una comunicazione basata su dati scientifici e verificabili potrà restituire al consumatore il ruolo attivo e consapevole che merita". Così Vincenzo Tapella, presidente dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile a margine dell’evento 'Nutrizione sostenibile e lotta agli sprechi' organizzato ieri a Roma da Cittadinanzattiva Aps. “Parlare di sostenibilità senza coinvolgere il cittadino in un percorso di consapevolezza significa perdere una parte fondamentale della sfida - ha proseguito Tapella - Troppo spesso assistiamo a campagne di disinformazione che generano allarmismi e decisioni sbagliate. L’esempio dell’olio di palma, demonizzato per anni, è emblematico. Il risultato? Scelte meno sostenibili e un’informazione sempre più confusa. Siamo grati a Cittadinanzattiva per averci coinvolto in questo progetto così rilevante. Promuovere la corretta informazione e sensibilizzare i cittadini su una nutrizione realmente sostenibile è un obiettivo comune che condividiamo pienamente. Il confronto aperto tra istituzioni, scienza, industria e cittadini è la strada giusta”. “La semplicistica demonizzazione dell’olio di palma non porta necessariamente vantaggi né nutrizionali né in termini di sicurezza o impatto ambientale. Inoltre, grazie alla sua stabilità, l’olio di palma consente di migliorare la shelf life degli alimenti, contribuendo così a diminuire lo spreco alimentare e riducendo la necessità di conservanti”, ha aggiunto. Sul piano ambientale, Tapella ha ricordato che "sostituire l’olio di palma può aumentare la pressione su altri ecosistemi. Un recente studio pubblicato dalla Fondazione EuroMediterranea per i Cambiamenti Climatici Cmcc ha confermato che sostituire l’olio di palma con oli alternativi potrebbe avere conseguenze ambientali non volute, tra cui un aumento della pressione sull’uso del suolo, della deforestazione e delle emissioni di gas serra. Serve un approccio olistico, scientifico e globale ed è cruciale garantire una produzione sostenibile per tutti gli oli vegetali e l’aderenza a standard di certificazione per catene di approvvigionamento sostenibili prive di deforestazione”. Tapella ha infine ribadito: “Circa il 95% dell'olio di palma che viene importato in Italia è un olio certificato Rspo, è importante che i cittadini ne siano ben consapevoli e comprendano perché è la migliore alternativa per il pianeta e per le persone. Per questo invitiamo le istituzioni e la società civile a lavorare insieme per promuovere una cultura del consumo consapevole”.