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(Adnkronos) - Strage di civili a Gaza City. Almeno 21 palestinesi sono morti e altri 30 feriti, per lo più donne e bambini, in un attacco israeliano al porto, scrive Haaretz, citando il ministero della Salute di Gaza. Secondo quanto riportato dai palestinesi, l'attacco ha colpito un'area che non era sottoposta ad ordine di evacuazione. In giornata, decine di raid aerei israeliani hanno colpito la Striscia di Gaza e i quartieri orientali densamente popolati di Gaza City, tra cui Shujaiya, Tuffah e Zeitoun, provocando lo sfollamento di centinaia di famiglie palestinesi, scrive la Bbc, citando fonti locali. Le squadre di soccorso hanno recuperato i corpi di cinque persone, mentre decine di civili feriti sono stati trasportati all'ospedale Al-Ahli. Secondo quanto riferito, uno degli attacchi ha colpito una scuola a Zeitoun, che aveva dato rifugio alle famiglie sfollate. Le cinque vittime sono state colpite durante un attacco al campo di Al Shati, a ovest della città di Gaza. Le Forze di Difesa Israeliane avevano precedentemente ordinato ai residenti di abbandonare ampie zone della Striscia di Gaza settentrionale, in previsione degli attacchi. La maggior parte degli sfollati durante la notte si era spostata verso ovest, all'interno di Gaza City, anziché nella regione meridionale, come ordinato dalle Idf. Ma le Nazioni Unite condannano i recenti ordini di evacuazione israeliani che coprono la parte settentrionale e centrale di Gaza, denunciando il fatto che la popolazione palestinese viene stipata in aree sempre più ridotte, non attrezzate per una popolazione così numerosa, già sfollata innumerevoli volte durante la guerra. Circa 150mila persone sono state colpite dal solo ordine di evacuazione dell'Idf di domenica, comprese le famiglie che alloggiano in rifugi per civili già sfollati, ha dichiarato il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric durante un briefing. "Le persone vengono spinte in aree sovraffollate dove già si trovano migliaia di altre persone. Questi spazi sono privi di ripari, acqua e sistemi fognari, per non parlare delle strutture mediche", ha affermato. Intanto il Primo Ministro Benjamin Netanyahu volerà a Washington per incontrare il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca lunedì prossimo, secondo quanto riferito da un funzionario israeliano ai media ebraici. Non c'è alcuna conferma immediata da parte della Casa Bianca in merito al viaggio, che sarebbe il terzo di Netanyahu a Washington da quando Trump è tornato in carica nel gennaio 2025. Lo riporta il Times of Israel. ''Israele è pronto ad ammorbidire alcune delle sue posizioni nel tentativo di raggiungere una bozza di accordo per il rilascio degli ostaggi e un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza che sia accettabile anche per Hamas'', scrive il giornalista Barak Ravid su 'X' citando un alto funzionario israeliano a condizione di anonimato e aggiungendo che Israele ''non accetterà un impegno preventivo secondo cui il cessate il fuoco temporaneo porterà alla fine della guerra''. Ravid ricorda che ''la richiesta di Hamas di un impegno a porre fine alla guerra è il principale punto di contesa tra le parti''. Quindi, spiegano funzionari israeliani, ''allo stato attuale non vi sono indicazioni che Hamas sia disposta a stipulare un nuovo accordo con Israele che garantisca un cessate il fuoco di 60 giorni senza ricevere garanzie sulla fine della guerra". Secondo un alto funzionario israeliano citata da Ravid, ''non abbiamo problemi a modificare alcune disposizioni dell'accordo. Hamas vuole la certezza che la guerra finirà e non la otterrà. Ma fino alla soglia della certezza, siamo disposti a essere flessibili".
(Adnkronos) - Nella giornata di oggi si è tenuto un incontro istituzionale tra Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari Italia, appartenente al sistema di Federturismo Confindustria ed il suo direttore Antonio Barreca, e Base Balneare e il commissario europeo al Turismo, Apostolos Tzitzikostas. Durante il colloquio è stata consegnata una memoria illustrativa ufficiale contenente le istanze del comparto balneare italiano in merito alla corretta applicazione della Direttiva Bolkestein e lo stato del contenzioso italiano approdato alle Sezioni Unite sul tema della scarsità della risorsa naturale. Il documento, elaborato da Assobalneari Italia e Base balneare, evidenzia la necessità di un approccio più equilibrato e realistico parte delle istituzioni europee, che tenga conto delle peculiarità storiche, economiche e sociali del modello balneare italiano e della tutela dei diritti acquisiti dai concessionari che da decenni operano e investono nel settore. Durante l’incontro, il Presidente di Assobalneari e l'Avvocato Nicolò Maellaro per Base Balneare hanno formalmente richiesto un tavolo di confronto con le istituzioni europee competenti, con l’obiettivo di individuare soluzioni normative che garantiscano certezza giuridica, continuità imprenditoriale e salvaguardia dell’occupazione lungo le coste italiane. "Abbiamo ribadito con forza - hanno dichiarato Licordari e Maellaro - che non si può applicaE'È fondamentale che l’Europa ascolti la voce dei territori e comprenda che il sistema balneare italiano così come quello degli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, rappresenta una risorsa strategica per l’economia del turismo nazionale, fatta di imprese familiari, lavoro, identità e presidio ambientale". Assobalneari Italia e Base Balneare auspicano che questo confronto possa essere il primo passo verso una nuova fase di dialogo e collaborazione con la nuova dirigenza politica dell’Unione Europea, affinché le future scelte in materia siano il frutto di una volontà politica consapevole e non delle scelte di oscuri tecnocrati che, con la loro influenza proveniente da loro ruolo di intoccabili, riescono ad indirizzare decisioni che sono più il frutto di pressioni di poteri forti a discapito dell’interesse comune, e che tengano conto della specificità e della sostenibilità del comparto balneare italiano e di quello degli altri Paesi che hanno le loro coste sul mar Mediterraneo, valorizzando coloro che nel corso degli anni hanno investito e creato occupazione inventando il modello di turismo balneare che oggi viene esportato come modello in altri Paesi del mondo.
(Adnkronos) - Il 67% dei giovani a livello globale è preoccupato per l'impatto del cambiamento climatico. Nonostante questa ansia, il 72% dei giovani intervistati ritiene che ci sia ancora tempo per affrontare i problemi causati dal cambiamento climatico. Sei su 10 a livello globale credono che acquisire competenze verdi offra nuove opportunità professionali e oltre la metà (53%) è desiderosa di svolgere lavori verdi. Ma solo il 44% dei giovani si sente dotato delle competenze necessarie (sebbene la percentuale salga al 54% nel Nord del mondo). Sono i dati del nuovo report pubblicato dal Capgemini Research Institute e da Generation Unlimited dell’Unicef, 'Youth perspectives on climate: Preparing for a sustainable future', che esplora le opinioni dei giovani sulla crisi climatica. Il report analizza la loro visione sull’importanza delle 'competenze green', il passaggio verso lavori più sostenibili e le modalità con cui aziende e governi possono collaborare con i giovani per promuovere l’impegno climatico. Secondo la ricerca, la maggior parte dei giovani è preoccupata per il cambiamento climatico: oltre i due terzi affermano di temere per il proprio futuro a causa della crisi climatica. Si tratta di un aumento rispetto al 2023, quando un sondaggio di Unicef Usa rilevava che il 57% dei giovani nel mondo soffriva di 'ecoansia'. L’ansia climatica è più diffusa tra i giovani del Nord globale (76%) rispetto a quelli del Sud globale (65%). È inoltre evidente il divario tra aree rurali e urbane: il 72% dei giovani che vivono in aree urbane e suburbane esprime preoccupazione per l'impatto dei cambiamenti climatici sul proprio futuro, contro il 58% delle aree rurali. Nonostante l’ansia climatica, i giovani ritengono che le competenze green siano fondamentali per costruire un futuro migliore: il 61% crede infatti che svilupparle possa offrire nuove opportunità di carriera. C’è un forte interesse nell’allineare un impiego retribuito ai propri valori legati alla sostenibilità ambientale: poco più della metà dei giovani (53%) a livello globale - e quasi due terzi (64%) nel Nord globale - si dichiarano infatti interessati a svolgere un lavoro green. “I giovani sono pienamente consapevoli delle sfide urgenti poste dal cambiamento climatico, ma è evidente che vogliono anche essere parte attiva della soluzione - ha dichiarato Alessandra Miata, Csr Director di Capgemini in Italia - Dobbiamo aiutarli a trasformare la loro passione in azioni concrete, investendo nelle competenze green. Questo report evidenzia quanto sia cruciale che imprese, governi e istituzioni educative collaborino per colmare il divario di competenze, valorizzare le voci giovanili e creare percorsi verso carriere green e di successo”. “I giovani stanno progettando soluzioni per il clima: stanno ideando e implementando risposte innovative ai problemi climatici che affliggono le loro comunità - ha affermato Kevin Frey, Ceo di Generation Unlimited presso Unicef - Green Rising, con la sua rete di partner pubblici e privati, supporta i giovani fornendo loro le competenze e le opportunità necessarie per agire in questo senso, creare imprese ecologiche, accedere a lavori sostenibili e sviluppare soluzioni green”. I giovani rappresentano una risorsa fondamentale per affrontare la crisi climatica, ma la transizione green necessita di professionisti adeguatamente formati. Tuttavia, meno della metà dei giovani a livello globale (44%) ritiene di possedere le competenze green necessarie per avere successo nell’attuale mondo del lavoro. Il divario è particolarmente marcato nelle aree rurali, dove i giovani sono ancora meno preparati rispetto ai coetanei dei centri urbani e suburbani. Le differenze sono significative anche a livello regionale: nel Sud globale, circa sei giovani brasiliani su dieci dichiarano di possedere competenze green, ma in Etiopia solo il 5% si sente preparato. Rispetto alla precedente ricerca del Capgemini Research Institute del 2023, i giovani di diversi paesi del Nord del mondo sono peggiorati nella propria conoscenza delle competenze green. Tra i giovani della fascia 16-18 anni in Australia, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, il riciclo e la riduzione dei rifiuti restano le competenze più diffuse. Tuttavia, la familiarità con il design sostenibile, l’energia sostenibile e i trasporti sostenibili è significativamente diminuita dal 2023. Nel Sud del mondo i giovani dimostrano maggiore conoscenza in ambiti come risparmio energetico e idrico, ma hanno meno familiarità con tecnologie climatiche, analisi dei dati e design sostenibile. La maggioranza degli intervistati (71%) concorda sul fatto che i giovani dovrebbero avere un ruolo importante nell’influenzare le politiche e le leggi ambientali. Tuttavia, molti ritengono che i leader politici e aziendali non stiano facendo abbastanza per contrastare il cambiamento climatico. Quasi due terzi dei giovani sentono il desiderio di parlare con i leader locali di azione climatica, ma meno della metà crede che le proprie opinioni vengano realmente ascoltate. Il report invita i decisori politici a sostenere i giovani nello sviluppo di soluzioni climatiche e di competenze green. Le raccomandazioni includono l’integrazione dell’educazione ambientale nei curricula, l’ampliamento dell’accesso a corsi di formazione, l’allineamento tra obiettivi climatici e strategie occupazionali giovanili. Le aziende, invece, potrebbero contribuire creando percorsi per lavori green, investendo in iniziative guidate dai giovani e includendo le loro voci nelle strategie Csr, Esg e climatiche per favorire la fiducia e l’innovazione sostenibile.