(Adnkronos) - Nell'ultima intervista rilasciata ieri al podcast 'Lo Sperone', Giuseppe Salvatore Riina, figlio del Capo dei capi Totò Riina, ha difeso la figura del padre, "un uomo con la U maiuscola", che "non ha mai ordinato l'omicidio del piccolo Di Matteo" e che nulla ha avuto a che fare con la strage in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone. Parole che hanno provocato diverse reazioni indignate, ma che non sono nuove per il terzo dei quattro figli della coppia Totò Riina-Ninetta Bagarella le cui dichiarazioni, nel tempo, hanno sempre scatenato polemiche. Nato nel 1977, quando il boss di Corleone era già latitante da otto anni, 'Salvuccio' è stato arrestato nel 2002 e condannato a una pena a otto anni e 10 mesi per associazione mafiosa (il fratello Giovanni è stato arrestato nel 1996 ed è stato condannato all'ergastolo). Dopo il carcere, ha fatto un periodo di sorveglianza speciale tra il Veneto e l'Abruzzo e nel 2023 è tornato a vivere a Corleone. Il terzogenito di Riina non ha mai rinnegato né il padre né la sua famiglia che anzi ha celebrato nella biografia 'The house of Riina, family life' pubblicata nel 2016 e tradotta poi anche in inglese. "Quello che sono diventato lo devo ai miei genitori che non mi hanno fatto mancare nulla" ha scritto nel libro. Nel 2024 si è sposato, probabilmente in Spagna, con Elena ma la festa di nozze si è svolta nella sua Corleone, in un ristorante in contrada Piano Schiera. Presente tutta la famiglia, le sorelle Maria Concetta e Lucia e la madre Ninetta Bagarella, ad eccezione del fratello Giovanni all'ergastolo. Oggi Salvuccio vive in Spagna.
(Adnkronos) - Non basta la patente a punti per incrementare la sicurezza sul lavoro ma è necessario innalzare gli indicatori in materia richiesti alle aziende che partecipano agli appalti dei contratti pubblici, realizzando una sorta di 'filtraggio a monte' tra quelle che rientrano negli standard richiesti e quelle che invece non lo sono, senza aspettare la fase realizzativa degli appalti. E' la posizione dell'avvocato Gianluca Mazzei, esperto in materia di appalti e sicurezza sul lavoro, come spiega in un'intervista ad Adnkronos/Labitalia. "Il tema della sicurezza sul lavoro oggi in Italia è delicatissimo ed è veramente 'caldo', è inaccettabile -avverte Mazzei- il numero dei morti sul lavoro. A mio parere, le lacune in materia sono tante, ma ci sono anche le possibili soluzioni. Sulle lacune partiamo dal presupposto che il problema principale nasce a monte. Noi abbiamo un codice dei contratti pubblici che risale al 2023, aggiornato con un regolamento correttivo di dicembre 2024". "E per quanto riguarda il tema della sicurezza è stata introdotta la cosiddetta patente a punti, che è una sorta di 'carta d'identità' delle aziende, dove sono registrati tutti gli indicatori di un'azienda sana o meno dal punto di vista della sicurezza. È un indice che però troviamo solo in fase di esecuzione, non in fase di partecipazione. Quindi un'azienda comunque, anche con un rating basso a livello di sicurezza, può partecipare agli appalti pubblici. A mio parere, invece, bisognerebbe creare una sorta di 'filtraggio' delle aziende che partecipano, e a farlo dovrebbero essere proprio gli enti pubblici coinvolti", sottolinea. Secondo Mazzei, la strada la seguire è chiara: "Innanzitutto dovrebbero -spiega- essere richiesti di criteri di sicurezza molto elevati, come alcuni committenti fanno, tutelando molto sia imprese che lavoratori. Ci sono invece committenti che utilizzano dei facsimile sulla sicurezza, standard, che vengono pubblicati così come sono". Secondo l'esperto, la sicurezza sul lavoro non è inoltre incentivata dalla "massima partecipazione, e quindi dalla più ampia concorrenza tra le imprese". "Questo perché possono partecipare al mercato imprese che hanno requisiti altissimi, ma solo sulla carta. Poi invece nell'esecuzione, nella realizzazione dell'opera, vediamo imprese che fanno su subappalti su subappalti e tutto ciò ricade sulla qualità del lavoro e sulla sicurezza dei lavoratori che realmente realizzano l'opera, che comunque non hanno i dispositivi di protezione personali, o comunque lavorano in ambienti poco salubri e rischiosi per la loro salute. Purtroppo, ogni giorno ci sono morti sul lavoro e sembra la normalità, ma non dovrebbe esserlo", spiega ancora. Superare queste criticità, secondo Mazzei, è possibile intervenendo a monte, "ma non vedo la volontà di dialogo, servirebbe una maggiore cooperazione tra le parti in causa per il bene comune", puntualizza. Per l'esperto, anche sui controlli si potrebbe fare di più. "C'è una scarsa organizzazione, mi è capitato spesso che i controlli vengono fatti solo all'inizio o comunque solo su grossi cantieri. Sui piccoli e medi cantieri i controlli sono sporadici o comunque non sono così concreti che possano prevenire eventuali lacune dal punto di vista della sicurezza del lavoro", sottolinea. A parere di Mazzei, centrale è, quindi, incentivare le imprese a seguire la 'road map' in materia di sicurezza: "Incentiverei le aziende a investire sulla sicurezza con una normativa, non a fondo perduto, ma con contributi al 50-60% per spingere le imprese a formare il personale in materia. E poi spingerei sulla realizzazione di scuole di formazione sul territorio per formare gli operatori che poi agiranno sul campo. E inoltre, a mio, parere è fondamentale 'premiare' le aziende che investono in sicurezza, e farlo in fase di gara pubblica. Andrei quindi a valorizzare gli operatori economici che hanno un rating storico elevato aziendale a livello di sicurezza: li premierei dando dei punteggi superiori in modo tale di incentivarli a investire e quindi aggiudicarsi le commesse pubbliche". E secondo Mazzei le nuove tecnologie potrebbe supportare gli interventi in materia di sicurezza sul lavoro. "E' necessario rendere effettivo quello che è il processo di digitalizzazione, e quindi che tutte le stazioni appaltanti, tutti gli enti pubblici digitalizzino al 100% la documentazione delle aziende, creando uno storico, e in modo tale da poterle valutare in ottica di partecipazione e priorità", conclude.
(Adnkronos) - “Questo progetto nasce da una visione lungimirante di Luiss dieci anni fa e oggi entra in una nuova fase, con tecnologia avanzata a bordo delle auto elettriche e continuità nell’impegno per la sostenibilità. Gli studenti del 2025 sono sensibili ai temi ambientali e digitali e noi vogliamo tenerli vicino al flusso delle innovazioni della nostra società, offrendo loro strumenti concreti come auto elettriche, navette interne, supporto medico e sistemi intelligenti di gestione dei rifiuti, alimentando tutto con energia al 100% rinnovabile". Così Rita Carisano, direttore generale Luiss, in occasione del lancio del nuovo servizio di mobilità elettrica con Acea e Renault rivolto a studenti e docenti, presso il Campus Luiss di viale Romania. "Molte delle iniziative nascono anche dai suggerimenti degli studenti, che contribuiscono a rendere la vita universitaria più sostenibile e innovativa”, spiega. Il progetto include colonnine di ricarica alimentate da energia rinnovabile, sistemi digitali per la gestione della flotta e iniziative di sostenibilità ambientale e sociale, rafforzando il ruolo dell’Università come laboratorio di innovazione e attenzione ai giovani utenti.