RICERCA PROFESSIONISTI
RISULTATI RICERCA PROFESSIONISTIOrdina i risultati per
4167 record trovati.
|
RISULTATI RICERCA PROFESSIONISTIOrdina i risultati per
4167 record trovati.
|
(Adnkronos) - "C’è qualcosa di molto provinciale nello zelo con cui i tifosi italiani di Trump (Salvini e Conte, il primo soprattutto) hanno festeggiato la vittoria del loro beniamino d’oltreoceano. Ed è probabile che, a copione rovesciato, altrettanto avrebbe magari fatto il Pd. Come se l’affermazione degli uni o degli altri avesse il magico potere di rovesciare le sorti dei nostri periclitanti affari di casa. Il fatto è che la geopolitica è un’altra cosa. E gli interessi nazionali, tornati di prepotenza in primo piano, non sempre seguono il filo delle affinità ideologiche. Così, è assai probabile che Trump si appresti a imporre dazi che le nostre imprese esportatrici pagheranno assai cari. E anche la ricorrente minaccia di accollare ai paesi europei spese militari fin qui non troppo onerose inevitabilmente finirà per pesare sulle nostre disastrate finanze pubbliche. Come dire che un conto sono le bandiere di principio e un altro sono le conseguenze economiche. E se per le prime è fin troppo facile fare festa, sulle seconde ci sarebbe invece da riflettere in modi meno emozionali di quelli di cui sopra. Ora, è possibile che all’atto pratico Trump si riveli meno ostico di come si annuncia. Ma è evidente che il carico di promesse offerte agli elettori a stelle e strisce in cambio del loro voto è piuttosto oneroso e richiede che sia qualcun altro a pagare il conto. Ed è piuttosto ovvio che quel qualcuno siamo soprattutto noi europei -di tutti i colori politici che si possano immaginare. Staremo a vedere. Nel frattempo sarà il caso che anche noi dedichiamo qualche attenzione in più al cortile di casa. Cominciando col decidere qual è la nostra casa. E cioè se sia preminente l’interesse nazionale o quello europeo. Sarà su questo versante, infatti, che si deciderà largamente il nostro destino. E qui però cominciano le complicazioni, anche in casa nostra. Poiché le due armate elettorali approntate in questi anni mostrano di avere idee assai diverse a questo riguardo. Laddove a destra l’europeismo di Tajani, Meloni e Salvini (in ordine decrescente) è assai variegato, per usare un dolce eufemismo. E laddove a sinistra, tra M5S e Pd, e poi dentro lo stesso Pd, le posizioni sono le più diverse. Un arcobaleno di differenze che sta minando, questo sì, il nostro stesso interesse nazionale. Ci restano un paio di consolazioni, nel frattempo. La prima riguarda l’Europa. Che appare sempre lenta a mettersi in moto e talvolta perfino deludente. Ma che in compenso ha mostrato anche di recente di saper reagire alle situazioni più critiche con una inaspettata prontezza di riflessi. Vedi la scelta dell’euro, all’indomani della riunificazione tedesca. E vedi il Pnrr all’indomani dell’emergenza Covid. Come a dire che spesso e volentieri ci si impantana nell’ordinaria amministrazione di noi stessi. Ma che quando invece di ordinario non c’è più nulla capita di trovare le forza e le risorse per far fronte alla straordinarietà di certe sfide. La seconda consolazione riguarda noi, il nostro paese. Che siamo abituati a lamentarci dell’Europa con disinvoltura e superficialità fin tanto che ci rivolgiamo ai nostri cari dai palchi dei comizi. Ma che poi, non appena assumiamo responsabilità di governo, ci affrettiamo a prendere atto che l’unica via per non finire in fuori gioco è quella di aderire a quelle regole comunitarie che abbiamo appena finito -del tutto improvvidamente- di maledire assieme ai nostri elettori più scalmanati. Staremo a vedere. Sulla carta il voto americano ci promette serie difficoltà. Ma qualche volta sono proprio le difficoltà più estreme che fanno riaffiorare quelle virtù politiche che fino a un attimo prima erano nascoste chissà dove. C’è da sperare che questa sorte possa toccare anche agli alleati scontenti e preoccupati del nuovo presidente americano" (di Marco Follini)
(Adnkronos) - “Per quanto riguarda l'immigrazione, a mio modo di vedere, è possibile ed auspicabile un'integrazione qualificata. Quindi, laddove oggi registriamo una richiesta o un fabbisogno del tessuto produttivo, in tal senso, se manca manodopera qualificata, la andiamo a intercettare e a integrare nel tessuto produttivo, in modo chiaro e regolare”. E’ quanto affermato dal presidente dell’Inps, Gabriele Fava, sul tema immigrazione, durante il panel intitolato ‘Approfondire e ispirare Pensioni, child penalty, gender pay gap. È possibile una nuova alleanza fra generi e generazioni?’, nel contesto della nona edizione italiana di Elle Active! 2024 ‘Il forum delle donne attive, 101 Modi per lavorare meglio’, la due giorni organizzata presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, in svolgimento dal 9 al 10 novembre, con l’obiettivo di dar voce e spazio a chiunque desideri impegnarsi e avere un approccio attivo a favore di pari opportunità di genere e diversity in ambito lavorativo: donne e uomini di diverse generazioni ed esperienze che con i propri atteggiamenti e comportamenti possono favorire o contrastare la diffusione di visioni stereotipate del femminile e del maschile. “E’ necessario stimolare il lavoro regolare e andare contro quello irregolare. Da questo punto di vista, l'Inps è in prima linea e a tal fine sto introducendo personalmente un nuovo concetto di vigilanza, più matura, non meramente repressiva, ma collaborativa verso le imprese che vogliono fare impresa in modo sano”, conclude.
(Adnkronos) - “Una giusta transizione energetica non avverrà mai se non prendiamo in debita considerazione la sostenibilità economica e sociale del processo e i risultati in termini di benefici per tutti gli stakeholder coinvolti lungo la filiera, tra cui comunità locali, investitori, aziende e governi. La transizione energetica, una 'giusta transizione' per Eni, non riguarda solo l'innovazione; è un impegno a trasformare il modo in cui produciamo e consumiamo energia, assicurando che nessuno venga lasciato indietro”. Così Luigi Ciarrocchi, direttore Ccus, Forestry & Agro-feedstock di Eni, al Forum Africa Green Growth a Ecomondo. Esempio di giusta transizione, spiega Ciarrocchi, sono le iniziative Agro-feedstock in Kenya che mirano a sviluppare un approvvigionamento sostenibile di materie prime di origine agricola per la produzione di biocarburanti. (VIDEO) Ad oggi, in Kenya, Eni ha già ultimato due impianti di lavorazione che producono olio vegetale da ricino, residui agroindustriali e forestali, coinvolgendo oltre 100mila agricoltori in 16 contee che coltivano ricino in aree degradate identificate dal ministero dell'agricoltura del Kenya, altre colture energetiche in rotazione come cartamo e crambe, e raccolgono residui forestali. Nell'ambito di queste iniziative, Eni ha avviato partnership con organizzazioni internazionali, come l'International Finance Corporation, il Fondo per il clima italiano del ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica italiano, Cdp e l'Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite (Ilo). "Stiamo supportando gli agricoltori kenioti - spiega Ciarrocchi - fornendo loro sementi di qualità e fertilizzanti, un accesso stabile al mercato, formazione e supporto tecnico, consentendogli di migliorare le rese ottenute in campo" e "creando benefici economici che rimangano all'interno del paese, fornendo una fonte affidabile di reddito per gli agricoltori, promuovendo la creazione di posti di lavoro e la diversificazione economica in quelle aree rurali, dove spesso la dipendenza dalle attività agricole tradizionali e di basso valore è elevata". Eni ha sviluppato un modello di integrazione verticale per la produzione di biocarburanti, focalizzandosi sulla produzione di olio vegetale da coltivazioni su terreni degradati e in rotazione, come previsto dalla Direttiva sulle energie rinnovabili (RED) dell'Unione Europea, e dalla valorizzazione di residui agroindustriali e forestali. La coltivazione è affidata ad agricoltori locali, che coltivano i propri terreni; l'estrazione dell'olio vegetale dalle materie prime avviene in impianti industriali realizzati da Eni o utilizzando quelli di terze parti, a seconda della disponibilità e della maturità industriale del Paese; i sottoprodotti di lavorazione vengono recuperati. "Nel complesso, le iniziative Agro-feedstock di Eni prevedono di coinvolgere oltre 700.000 agricoltori entro il 2027, principalmente in Africa, per rigenerare 1 milione di ettari di terreni abbandonati e degradati e contribuire alla sicurezza alimentare con la produzione di circa 1 milione di tonnellate di mangimi e fertilizzanti", dice Luigi Ciarrocchi, aggiungendo che "iniziative simili sono state avviate dal 2022 in Costa d'Avorio, Mozambico, Angola, Italia, Kazakistan e Vietnam".