(Adnkronos) - Proseguono le indagini sul caso di Aurora Livoli, la ragazza di 19 anni trovata morta nel cortile di un condominio di via privata Paolo Paruta, a Milano. I carabinieri della compagnia Milano Porta Monforte e del nucleo radiomobile, a cui sono state affidate le indagini, sono al lavoro per ricostruire attimo dopo attimo ciò che è accaduto nei momenti precedenti la morte della 19enne di Monte San Biagio e di risalire all'identità dell'uomo che appare insieme a lei in alcune immagini riprese dalle telecamere presenti nella zona vicina al luogo del ritrovamento. A quanto apprende l'Adnkronos, intanto, bisognerà attendere ancora qualche giorno per poter avere elementi che possano determinare l'effettiva causa della morte e se la ragazza abbia subìto o meno violenza sessuale: l'autopsia verrà effettuata il prossimo 2 gennaio. Con l'avvenuta identificazione della 19enne da parte della famiglia, occorre infatti attendere i termini di notifica per poter procedere.
(Adnkronos) - "I dati Inail sugli infortuni ad ottobre 2025 evidenziano una situazione assolutamente preoccupante, con un incremento anche dei casi mortali e con un aumento a doppia cifra delle malattie professionali. E proprio su quest'ultimo aspetto l'Inca, il patronato della Cgil, cerca di aiutare i lavoratori a prendere coscienza dei danni subiti sul posto di lavoro". Lo dice, in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, Sara Palazzoli, del Collegio di presidenza Inca Cgil con delega 'danni alla persona'. (VIDEO) "I lavoratori - spiega - non hanno coscienza che i danni subiti alla propria salute possano avere una derivazione lavorativa e, quindi, i decessi che ne derivano non vengono conteggiati nell'elenco degli infortuni sul lavoro. Con le nostre categorie, insieme alle rsu in generale cerchiamo far conoscere ai lavoratori i rischi che può comportare alla salute, in termini d malattie professionali". "Le malattie osseoarticolari - sottolinea - sono le più facili da individuare e riconoscere, così come quelle del sistema nervoso. Poi però ci sono le neoplasie professionali e proprio qui che, come Inca, cerchiamo di dare maggiore consapevolezza ai lavoratori dei rischi a cui sono esposti, soprattutto a non sottovalutare i sintomi e risalire al fatto che quel tumore derivi direttamente dall'attività lavorativa svolta per molti anni". "Una volta individuata la causa professionale del tumore - continua Sara Palazzoli - cerchiamo di tutelare il lavoratore grazie ai medici convenzionati che sono nelle nostre sedi, che lo accolgono ed esaminano la situazione. Si avvia il percorso del riconoscimento della neoplasia professionale attivando quelle prestazioni che vengono riconosciute dall'Inail. Attraverso il riconoscimento della malattia professionale possiamo anche attivare la rendita per i familiari nel caso in cui il lavoratore venga a mancare". "Sono troppe - osserva - le sostanze cancerogene a cui i lavoratori sono esposti; prendiamo anche, ad esempio, l'esposizione ai raggi solari che può portare l'epitelioma cutaneo. Una causa che può interessare tutti i lavoratori che svolgono lavori all'aperto, non solo gli agricoli o gli edili, ma anche un vigile urbano ad esempio". "Ci sono poi - continua - le malattie professionali derivanti dall'esposizione alle polveri del legno e delle vernici, coloranti, pesticidi, cioè le sostanze sono ancora tante e noi dobbiamo mettere in campo la corretta tutela per le lavoratrici e i lavoratori che si ammalano di lavoro. I nostri medici, i medici dei Patronati sono nelle condizioni. Attraverso un percorso di conoscenza di attivare quella quel percorso adeguato per il giusto riconoscimento, dal momento che subisco un danno per il lavoro che io svolgo".
(Adnkronos) - Sentimenti di ansia, sfiducia e rabbia nei confronti del futuro. Così l’emergenza climatica impatta sulla salute mentale e sul benessere psicologico, in particolare dei giovani italiani. È quanto emerge dall'indagine sull’ecoansia, condotta su un ampio campione di giovani italiani tra i 18 e i 35 anni, realizzata dall’Istituto Europeo di Psicotraumatologia e Stress Management (Iep) per conto di Greenpeace Italia e ReCommon, con la collaborazione di Unione degli universitari (Udu) e Rete degli studenti (RdS), e pubblicata sul Journal of Health and Environmental Research. I dati sono stati raccolti tra giugno e novembre 2024 con un questionario diffuso dalle associazioni studentesche in scuole e università italiane e online, compilato da 3.607 persone. Dalle risposte emerge che il 41% dei giovani intervistati associa il tema del cambiamento climatico a sentimenti di ansia per il futuro, il 19% a una sensazione di rabbia e frustrazione, il 16% ad impotenza e rassegnazione. Solo l’1% ha risposto affermando di sentirsi responsabile o di avere dei doveri nei confronti del Pianeta. Infine, per il 44% l’ansia generata dal cambiamento climatico ha un effetto negativo sul benessere psicologico nella vita di tutti i giorni. "Il cambiamento climatico non è solo un problema ambientale ma è diventato a tutti gli effetti una crisi emotiva e valoriale che interessa profondamente i giovani italiani, incidendo sul modo in cui immaginano il futuro, sulle decisioni quotidiane e persino sulle relazioni sociali - spiega Rita Erica Fioravanzo, presidente dello Iep - Per tutelare i giovani, dobbiamo riconoscere la gravità del loro disagio e affrontarlo insieme alle cause strutturali del cambiamento climatico". L'analisi evidenzia forti collegamenti tra l’ecoansia e un maggiore disagio psicologico generale, evidente non solo tra i giovani che sono stati colpiti direttamente da eventi climatici estremi, come alluvioni e ondate di calore, ma anche tra coloro che possiedono semplicemente una consapevolezza della minaccia climatica. Particolarmente colpiti risultano i giovani che vivono al Sud e nelle Isole, i quali presentano in media sia più preoccupazione per gli effetti della crisi climatica, sia in alcuni casi sintomi psicologici più intensi, come ad esempio insoddisfazione, ruminazione e ansia. Dall’analisi emerge che l'impatto del cambiamento climatico sul disagio psicologico è prevalentemente indiretto ed è mediato da tre fattori psicologici: l'ecoansia, il pessimismo nei confronti del futuro e, soprattutto, la mancanza di scopo nella vita. L’analisi delle risposte conferma la presenza diffusa di forte sfiducia, rabbia e frustrazione, sentimenti che sembrano prevalere nettamente sulla percezione della propria capacità individuale di poter contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici. "L’emergenza climatica incide drasticamente sulla nostra vita, con impatti ambientali già molto visibili. Questa indagine mostra che è anche una questione di salute mentale, che non possiamo continuare a ignorare - dichiara Simona Abbate della campagna Clima di Greenpeace Italia - Chiediamo al governo di riaccendere la speranza nel futuro agendo contro le cause della crisi climatica e facendo pagare ai suoi principali responsabili, le aziende del gas e del petrolio, i danni che stanno causando con le loro emissioni, oltre a garantire un supporto concreto alla salute delle persone, inclusa quella mentale, minacciata dagli effetti diretti e indiretti dei cambiamenti climatici".