INFORMAZIONILivorno Calcio A.S. srl Sport, Intrattenimento e Benessere Ruolo: Addetto Stampa Area: Communication Management Paolo Nacarlo |
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(Adnkronos) - Ogni anno in Italia 120mila persone sono colpite da ictus, ma solo 6 su 10 (dal 50 al 70%) accedono alle Stroke Unit, le unità specializzate nel trattamento di questa patologia, a causa della distribuzione insufficiente e non uniforme sul territorio nazionale. Arginare questa situazione è uno degli obiettivi dello Stroke Action Plan for Europe (Sap-E), che si prefigge di permettere al 90% dei pazienti l'accesso a cure specializzate per l'ictus entro il 2030. Le Unità in Italia oggi sono 208: il 52% si trova al Nord, mentre Sud e Centro ne accolgono rispettivamente solo il 22 e il 26%. Dell'accesso alle Stroke Unit, oltre che di monitoraggio e qualità dei trattamenti, si è discusso recentemente a Sofia, durante il National Coordinators Meeting del Sap-E, a cui, per l'Italia, hanno partecipato Paola Santalucia, Ettore Nicolini, Paolo Candelaresi, Simona Sacco e Francesca Romana Pezzella, per presentare le attività intraprese nel nostro Paese per raggiungere gli obiettivi definiti nel Piano europeo. "Il mancato accesso dei pazienti alle Stroke Unit in Italia è un problema che è fondamentale risolvere rapidamente, per questo come Associazione italiana ictus (Isa-Aii) stiamo lavorando con grande impegno alla stesura dello Stroke Action Plan fo Italy (Sap-I), una versione nazionale del riferimento europeo, il Sap-E - spiega Santalucia, presidente di Isa-Aii - Il Piano italiano, in linea con quello europeo, avrà come obiettivo necessario l'accesso di almeno il 90% dei pazienti colpiti da ictus alle Stroke Unit, contro il 50-70% circa che registriamo oggi. Una volta ufficializzato, il Sap-I rappresenterà le linee guida di riferimento della Società e indirizzerà le azioni dei professionisti sanitari che si occupano di ictus. Toccherà temi che vanno dalla prevenzione al trattamento in acuto, fino alla riabilitazione". Tra gli obiettivi ci sono: "Una maggiore informazione al cittadino riguardo i rischi della malattia, con maggiore consapevolezza del ruolo di fattori di rischio modificabili come l'ipertensione arteriosa - elenca Santalucia - un'educazione e sensibilizzazione all'importanza del rapido riconoscimento dei segni, anche con campagne di sensibilizzazione e il coinvolgimento di scuole e Regioni; il miglioramento della catena del soccorso, dalla chiamata alle centrali operative del 118 fino all'arrivo negli ospedali 'pronti' al trattamento del paziente con ictus, con riduzione dei tempi di trattamento e miglioramento degli esiti. Specifica attenzione è data anche ai piani di riabilitazione post-ictus e alla vita dopo l'ictus”. E' importante "che pazienti e familiari ricevano informazioni approfondite riguardo le possibilità riabilitative - aggiunge Santalucia - definire protocolli regionali e il corretto indirizzo in strutture riabilitative di almeno il 40% delle persone colpite da ictus. Puntiamo poi a effettuare monitoraggi di qualità in ospedali e altri servizi sanitari, fino anche a un anno post evento. Perché tutto ciò avvenga è necessaria un'intesa forte con le istituzioni, a partire dalla finalizzazione del riconoscimento della Dichiarazione di azione del Sap-E da parte del ministero della Salute, come è già avvenuto in 14 altri Paesi della Comunità europea: un impegno comune nella lotta contro l'ictus è un primo passo per garantire che entro il 2030 tutti i 53 Paesi europei possano condividere piani nazionali che abbiano una base comune e obiettivi chiari per affrontare un comune nemico ad altissimo impatto epidemiologico, sociale ed economico". "L'incontro con le altre realtà europee in occasione del National Coordinators Meeting è stato uno stimolo per promuovere attivamente in Italia azioni mirate al raggiungimento degli obiettivi sfidanti del Sap-E - sottolinea Nicolini, ricercatore presso il Dipartimento di Neuroscienze umane all'università di Roma Sapienza - I passi in avanti fatti negli ultimi anni sono stati notevoli. Per esempio, rispetto al 2021, sono disponibili 10 nuove Stroke Unit in grado di effettuare trombectomie meccaniche, l'intervento più efficace in caso di ictus, che permette una riduzione importante delle disabilità causate dalla patologia. Molte delle persone colpite presentano infatti invalidità più o meno gravi, come paralisi, difficoltà motorie e del linguaggio. Tra i disturbi più comuni c'è la spasticità, che colpisce il 20% dei pazienti a 3 mesi dall'evento. E' un problema che riguarda una grande fetta della popolazione, non solo gli anziani: sono infatti 12mila gli under 55 colpiti ogni anno da questa patologia. E' quindi importante intervenire sulla fetta di persone che alle Stroke Unit ancora non può accedere, e siamo fiduciosi che il Sap-I ci guiderà verso questo scopo". "Il ricovero in Stroke Unit è il primo trattamento per il paziente con ictus, ischemico o emorragico che sia - osserva Candelaresi, responsabile della Stroke Unit dell'Aorn Cardarelli di Napoli e membro della Commissione per le certificazioni delle Stroke Unit della Eso - La Stroke Unit", grazie a elevata specializzazione, "permette di ridurre morte e dipendenza. L'obiettivo del Sap-I dovrà essere anche quello di tracciare delle linee di indirizzo nazionali per misurare gli esiti. E' fondamentale che tutti parlino la stessa lingua, utilizzando le stesse misure di esito, per uniformare i dati e permetterne il confronto. La frammentazione attuale dei dati sanitari in Italia, le enormi diversità interregionali e, addirittura, inter-ospedaliere, ostacolano la possibilità di misurare univocamente gli esiti e di conseguenza generalizzare i risultati. Avere una piattaforma unica che consenta di omogeneizzare le misure di esito è la base comune su cui costruire il futuro". "Il Sap-E sta accelerando, grazie all'impegno di tutti i coordinatori nazionali, per poter garantire ai cittadini europei la possibilità di combattere l'ictus cerebrale e le sue temibili conseguenze - aggiunge Pezzella, segretario Isa-Aii e co-chair Stroke Action Plan for Europe di Eso, European Stroke Organisation - Ricordiamo anche che i costi sanitari legati a ogni paziente sono molto alti e, nel prossimo futuro, le stime indicano un possibile aumento di persone colpite, anche a causa degli stili di vita scorretti. Garantire a sempre più pazienti una rapida presa in carico e un'adeguata riabilitazione per aumentare la sopravvivenza e ridurre le disabilità è un obiettivo che prende sempre più forma, grazie al gruppo eccezionale che sta lavorando al Piano. La disomogeneità di cura è un fenomeno purtroppo presente in Italia, ma sul quale siamo pronti a intervenire". "Le persone colpite da ictus in Europa sono oltre 1 milione - conclude Sacco, presidente Eso - ed è proprio considerando le stime di aumento per i prossimi anni che nel 2018 abbiamo lanciato lo Stroke Action Plan for Europe. In Europa molti governi hanno già aderito all'Action Plan e stanno mettendo in atto e monitorando politiche per ridurre l'impatto della patologia sia a livello individuale che sociale. Il monitoraggio degli esiti e dei servizi mostra che le strategie proposte sono valide e percorribili. L'adattamento dell'Action Plan nella sua versione italiana serve a facilitare che nel nostro Paese siano implementati i servizi e le strategie che ancora mancano. Siamo ad un buon livello, ma è necessario un ulteriore impegno per garantire equità nei servizi e il raggiungimento di standard di eccellenza. Gli obiettivi sono facilmente raggiungibili. L'impegno delle società scientifiche e di tanti operatori c'è. Auspichiamo in un analogo impegno del Governo nazionale e delle istituzioni regionali per poter garantire un'adeguata prevenzione e cura per questa patologia, e per raggiungere gli standard di altre nazioni europee che hanno già dei piani nazionali per l'ictus”.
(Adnkronos) - L’università di Roma Tor Vergata traduce in azioni concrete l’intenzione di rendere la vita degli studenti migliore, anche dal punto di vista psicologico. Oggi infatti, presso l'auditorium Ennio Morricone – macroarea di Lettere e filosofia, è stato presentato il progetto Pro-Ben, dedicato alla promozione del benessere psicofisico degli studenti universitari. Il rettore Nathan Levialdi Ghiron sottolinea “Un progetto questo finalizzato alla realizzazione di percorsi volti all’inclusione e alla crescita personale, oltre che emotiva degli studenti. Nel contempo, si propone anche di prevenire e contrastare i fattori di rischio associati in generale al disagio psicologico. Il percorso accademico rappresenta sicuramente una sfida complessa e per molti aspetti stressante, spesso con ripercussioni negative sulla salute mentale e fisica degli studenti, incidendo sul loro risultato, sul rendimento accademico e sulla qualità della vita. Si intende avviare un ampio programma di screening, che sarà rivolto alla popolazione studentesca con l'obiettivo di valutare la diffusione e la grandezza del disagio psicologico”. Il progetto Pro-Ben, promosso dal Ministero dell'Università e Ricerca (Mur), guidato dall'Università di Roma Tor Vergata con i professori Alberto Siracusano e Cinzia Niolu, ordinari di Psichiatria. “Il progetto Pro-Ben – dichiara Siracusano - partito nel 2023 e finanziato dal Mur, prevede un costo totale, compresa la parte di incentivo delle discipline sportive, di 2.750.000 euro. Sono quattro i principi su cui si fonda: equità, inclusività, sostenibilità e accessibilità, cui si aggiungono i cinque obiettivi del progetto: lo screening, un modello condiviso, sensibilizzare ed educare, promuovere sia una lotta a ogni tipo di stigma che una cultura di rispetto e tolleranza. La richiesta di supporto psicologico è molto aumentata nel tempo e il covid, a livello europeo, ha causato l’insorgere di una serie di disturbi epidemiologicamente rilevanti”. La professoressa Niolu mette in rilievo le iniziative dei partner quali l’Accademia nazionale di danza e il Conservatorio di Santa Cecilia, legati alla comunicazione non verbale “Esiste anche la comunicazione del corpo, perché non sempre si riesce a comunicare attraverso le parole. Così come con la musica, che porta a integrazione, che è fondamentale per arrivare a una globalizzazione del tema del benessere psicofisico”. Pro-Ben vede il supporto di sei partner accademici e artistici (Università Roma Tre, Università di Cassino e Lazio Meridionale, Luiss Guido Carli, Campus Biomedico, Accademia Nazionale di Danza e Conservatorio Santa Cecilia), mirando a promuovere il benessere psicofisico, l'inclusione e la crescita personale degli studenti universitari del Lazio. Obiettivi chiave includono la prevenzione del disagio psicologico, la sensibilizzazione sui rischi delle dipendenze, e la creazione di un modello condiviso replicabile su scala nazionale. Il progetto si svolgerà nel Campus di Tor Vergata e nelle diverse sedi dei partner. Un obiettivo centrale è l'elaborazione del 'Modello Lazio', un sistema condiviso di intervento per il benessere psicologico, frutto della collaborazione tra il progetto 'Pro-Ben Lazio 2' (capofila: Tor Vergata) e 'Pro-Ben Lazio 1' (capofila: Sapienza). Questo modello integrerà i dati raccolti da entrambi i progetti per proporre strategie innovative e replicabili su scala nazionale. Numerose performance artistiche hanno arricchito l’incontro in un contesto aperto al coinvolgimento e all'attenzione verso le nuove generazioni. L'Accademia nazionale di danza presenta tre performance sulle note di Antonio Vivaldi, Ade di Nicola Bernalda, Michael John Trotta/Fabrizio De Andrè. Il Conservatorio di Santa Cecilia porta una Ensemble corpi acustici con un programma che prevede Bob Thiele - George David Weiss, What a Wonderful World, Johann Pachelbel, Canone. Infine dall'università di Cassino, è previsto l'ascolto di brani originali di prosa, musica e danza a cura degli studenti Unicas e lettura di un brano tratto dal romanzo pubblicato da uno studente con il supporto del Centro Universitario Teatrale. Proiettato anche lo short movie 'A domani', diretto da Emanuele Vicorito e prodotto da Giffoni Innovation Hub, Mad Entertainment e Gabbianella in collaborazione con il Comune di Napoli e l'Istituto Penale per minorenni di Nisida, con il progetto 'La voce dei giovani'.
(Adnkronos) - Parte da Brescia il primo servizio di car sharing a guida autonoma d'Europa: un'automobile che raggiunge da sola il potenziale cliente, gli permette poi di guidare fino a destinazione e riparte in autonomia verso un parcheggio, una stazione di ricarica o un nuovo utente. E' questo il futuro della mobilità urbana immaginato da A2a e Politecnico di Milano, che oggi a Brescia hanno fatto percorrere il primo chilometro a una Fiat 500 elettrica a guida autonoma. Il progetto, che è parte del programma di ricerca del Most (centro nazionale per la mobilità sostenibile), punta ad affrontare al tempo stesso il problema della congestione del traffico e la sfida della decarbonizzazione. La sperimentazione su strada pubblica è stata autorizzata dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e dal Comune di Brescia in base alle direttive del decreto ministeriale 'Smart Road'. Si tratta del primo test, da qui a fine novembre 2025 ne verranno effettuati altri uno/due al mese, su una vasta porzione del Comune di Brescia, che include il centro storico e i quartieri limitrofi. Ogni test sarà monitorato da un supervisore a bordo del veicolo - come previsto dal Dm70/2018 (Smart Road) - in grado di intervenire tempestivamente in caso di necessità, e da una control room dedicata, situata presso la sede A2a di via Lamarmora, che garantirà il monitoraggio delle operazioni in tempo reale. Una safety car inoltre accompagnerà i veicoli durante la circolazione per segnalare agli utenti della strada la sperimentazione di guida autonoma su strada pubblica in corso. “Crediamo che il progetto presentato oggi a Brescia rappresenti un passo importante nella definizione della mobilità urbana del futuro", ha detto l’ad di A2a Renato Mazzoncini, sottolineando che "le potenzialità della guida autonoma combinate a quelle del car sharing, possono favorire l’efficientamento degli spostamenti, la fluidità del traffico, un trasporto più sicuro e sostenibile e un progresso nella decarbonizzazione delle città". Dal momento che "nei centri urbani italiani vive oltre il 70% della popolazione, percentuale destinata a superare l’80% nei prossimi anni. Per una Life Company come A2a è dunque importante studiare soluzioni innovative e sostenibili, per contribuire a raggiungere la neutralità climatica, una partita che si gioca e si vince proprio nelle città. La nostra adesione al partenariato Most, uno dei cinque centri nazionali per la ricerca nato con fondi Pnrr e dedicato alla mobilità sostenibile, è stata fondamentale per la nascita di questa iniziativa". “Brescia si conferma terreno fertile per progetti pilota di rilevanza non solo nazionale. Lo siamo stati oltre cinquant'anni fa con il teleriscaldamento, poi con il termoutilizzatore e con la metropolitana leggera automatica. Oggi proseguiamo su questa strada con un’innovazione che pone Brescia come modello europeo per il futuro della mobilità urbana", ha dichiarato la sindaca Laura Castelletti. "Un’innovazione - ha aggiunto - che ha l’obiettivo di dar vita ad un servizio per i cittadini ampliando la gamma delle proposte per la mobilità sostenibile. Questo progetto è anche una leva straordinaria per la nostra candidatura a Green Capital europea: Brescia è una città che non smette di innovare e di investire in sostenibilità, è la nostra città europea.” “Questa sperimentazione rappresenta un fondamentale passo in avanti verso nuovi modelli di mobilità sostenibile, raccogliendo e mettendo a frutto anni di esperienze fatte dal Politecnico di Milano nell’ambito delle competizioni su pista di auto autonome, della 1000 Miglia edizione 2023 e 2024 e anche nell'ambito della ricarica wireless dei veicoli elettrici”, ha evidenziato il professor Sergio Matteo Savaresi del Politecnico di Milano. Per il presidente del Most Ferruccio Resta “questo progetto non è solo un esempio di eccellenza tecnologica, ma un’espressione delle potenzialità generate dall’integrazione di competenze multidisciplinari. Most rappresenta un modello di valore grazie a un approccio collaborativo che supera i confini tradizionali tra pubblico e privato nell’affrontare le sfide della mobilità. Questa capacità di mettere a sistema conoscenze eterogenee permette di accelerare il cambiamento, sviluppando soluzioni concrete che migliorino le città e la vita dei cittadini. È attraverso piattaforme come Most che l’Italia afferma il suo ruolo di laboratorio d’innovazione nella mobilità sostenibile a livello europeo”. L’iniziativa è stata promossa all’interno del partenariato Most, grazie alla collaborazione tra il team di ricerca e sviluppo di A2a e il gruppo di lavoro Aida (Artificial Intelligence Driving Autonomous) del Dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria del Politecnico di Milano. Parallelamente, insieme a Dipartimento di energia – sezione elettrica del Politecnico di Milano, è in corso lo sviluppo di una soluzione che completi l’esperienza di autonomous driving attraverso un sistema di ricarica wireless (Wpt) per veicoli elettrici. Il prototipo, con una potenza pari a 7 kW, è progettato per aumentare l’efficienza del servizio, eliminando la necessità dell’intervento umano anche durante la fase di ricarica della batteria. La soluzione integra un setup di hardware avanzato, composto da sensori di ultima generazione, attuatori, servizi di networking e unità di calcolo, con algoritmi di intelligenza artificiale progettati per imitare il comportamento di un conducente umano, garantendo elevati standard di precisione e sicurezza durante la guida. I veicoli possono operare a bassa velocità (fino a 30 km/h), consegnarsi agli utenti, parcheggiarsi autonomamente o dirigersi verso un altro cliente o una stazione di ricarica, riducendo significativamente i rischi e semplificando la gestione del servizio.