RICERCA PROFESSIONISTI
RISULTATI RICERCA PROFESSIONISTIOrdina i risultati per
9537 record trovati.
|
RISULTATI RICERCA PROFESSIONISTIOrdina i risultati per
9537 record trovati.
|
(Adnkronos) - Una nuova iniziativa - Progetto Ristoranti - dedicata alle bottiglie riserva del brand Vecchia Romagna che coinvolgerà oltre 30 ristoranti in tutta Italia con cene esperienziali dove abbinamenti gastronomici d'autore verranno accompagnati da degustazioni guidate dal mater blendere Antonio Zattoni. Saranno protagoniste Vecchia Romagna Riserva Tre Botti - un blend di pregiati distillati invecchiati in tre botti differenti, dal gusto ricco e intenso - e Vecchia Romagna Riserva 18 - un blend di distillati invecchiati 18 anni in preziose botti di Rovere e affinato in botti che hanno ospitato vino Amarone della Valpolicella -. Quello tra italiani e ristoranti è un binomio indissolubile che batte crisi e inflazione: i consumi fuori casa lo scorso anno si sono attestati sui 92 miliardi di euro (contro gli 83,5 miliardi del 2022) con una crescita significativa per i ristoranti di fascia alta (+12%). Tra i fattori che guidano la tendenza positiva per la ristorazione c’è proprio la premiumizzazione, sostenuta da una crescente ricerca da parte dei consumatori della qualità e di esperienze uniche. Proprio al mondo della ristorazione guarda Vecchia Romagna con il Progetto Ristoranti. “Oggi i consumatori ricercano sempre di più esperienze di gusto nel fuori casa - spiega Daniele De Angelis, head of marketing core brands di Gruppo Montenegro – e puntare sulla ristorazione si sta rivelando per il Brand una scelta vincente. Con il Progetto Ristoranti per la prima volta Vecchia Romagna guarda a questo segmento con l’obiettivo di far scoprire, attraverso un vero e proprio viaggio sensoriale, l’eccellenza delle due Riserve di Vecchia Romagna e la loro capacità di abbinarsi perfettamente alle creazioni di chef rinomati”.
(Adnkronos) - Amway, azienda leader globale nel settore della vendita diretta, rende nota l’edizione 2023 dell’Amway global entrepreneurship report (Ager), il più completo e longevo studio dedicato all’imprenditorialità nel mondo. La ricerca, condotta su un panel di 15.000 persone in 15 Paesi tra i quali l’Italia, come unico rappresentante del mercato europeo insieme alla Germania, rileva un interesse evidente per l'idea di imprenditorialità anche grazie ad una nuova considerazione del lavoro da subordinato derivata dal post pandemia. I risultati del campione italiano, in linea con i dati globali, dimostrano come nella top 5 delle opportunità di business più stimolanti, oltre alla vendita tradizionale (49% di desiderabilità da parte degli intervistati), vi siano gig work (42%), social selling (41,5%), freelancing (38,5%) e direct selling (36,5%), professioni che abbracciano in toto le nuove necessità del 'new normal' tra cui la flessibilità e l’autonomia. “Mai nessun altro studio ha analizzato in modo così approfondito l'atteggiamento nei confronti dell'imprenditorialità come l'Amway global entrepreneurship report", afferma Melodie Nakhle, managing director Amway Esan (Europe, Southern Africa, Australia e New Zealand). "I risultati mostrano come le persone siano più pronte che mai a intraprendere un'attività imprenditoriale, evidenziando la necessità di promuovere un ambiente favorevole alla loro continua crescita. Aver inserito nella ricerca l’Italia come uno degli unici due paesi europei, sottolinea l’importanza del mercato italiano per Amway. La Vendita Diretta si allinea alle nuove priorità dei lavoratori – che si tratti di donne, uomini, giovani che si affacciano al mondo del lavoro o professionisti con esperienza – offrendo indipendenza, dinamicità e flessibilità. Queste qualità definiscono il ruolo degli Incaricati alle vendite, che vengono riconosciuti sempre più come imprenditori di successo". Il 41% degli intervistati della ricerca Ager dichiara di essere interessato ad avviare una propria attività considerando tre principali opportunità di business: l’e-commerce, la vendita diretta e la vendita tradizionale. In particolare, è significativo sottolineare la desiderabilità da parte agli under 35 con una percentuale che si attesta al 45%. Tra le motivazioni che inducono ad intraprendere questa strada si rileva per il 53% del campione la possibilità di fare della propria passione un lavoro, per il 45% la possibilità di essere indipendenti e non riportare a nessun responsabile, per il 42% l’autonomia nella gestione del tempo, per il 41% il desiderio di indipendenza economica e per il 39% un’opportunità di avere un guadagno extra. Focalizzandosi sui requisiti per intraprendere un’attività in proprio, il 40% degli intervistati ritiene di possedere le capacità necessarie. Nonostante la raccolta di capitali sia percepita come la principale barriera per l'avvio di un'impresa, il dato incoraggiante a livello Italia è che il 22% degli intervistati ritiene di avere le risorse economiche necessarie per avviare un'attività rispetto al 18% del 2019. Oltre a questo, nel nostro Paese, persistono anche fattori culturali come la paura di fallire: il 42% degli intervistati italiani infatti ritiene il fallimento un deterrente, una percentuale alta se si pensa che la media mondiale si attesta al 34%. Le forme emergenti di commercio suscitano grande attrattività nei possibili imprenditori italiani; in particolare, l'e-commerce e il digitale hanno registrato una crescita massiccia durante la pandemia Covid-19, tanto che la ricerca Ager rileva come il 73% si senta a proprio agio nell'acquistare prodotti attraverso i social media. Il 41% pensa inoltre che i social media siano la modalità migliore per promuovere la propria attività. L'interesse nei confronti di opportunità di reddito secondario crea un ambiente ideale per gli imprenditori di tutto il mondo: il 94% lo ritiene infatti del tutto normale e lo consiglierebbe ai conoscenti. Il 47% degli intervistati ritiene che avviare un'attività in proprio sia più allettante quando si conosce qualcuno che ha già esperienza sul campo, come normale è il coinvolgimento di amici e parenti nell’attività: il 54% ha amici o familiari che partecipano a opportunità di reddito. La ricerca dimostra quanto gli italiani siano alla ricerca di opportunità di reddito che si adattino alla loro vita e alla nuova normalità: il direct selling grazie alle sue caratteristiche intrinseche risponde a tutto questo. La prima edizione di Ager è stata lanciata nel 2010 come Amway european entrepreneurship report. Lo studio si è esteso poi a livello mondiale nel 2013 e ad oggi risulta come il più grande e più lungo studio dedicato alla propensione al lavoro. Nel 2023 sono state poste 10 domande in Canada, Germania, Hong Kong, India, Italia, Giappone, Cina continentale, Malesia, Messico, Singapore, Corea del Sud, Taiwan, Thailandia, Stati Uniti e Vietnam. Per lo studio, Amway si è avvalsa di Ipsos global advisor in collaborazione con Reputation economy advisors per fornire i principali risultati e approfondimenti di Ager.
(Adnkronos) - Aumenta il food waste nelle case degli italiani. Nel 2024 lo spreco di prodotti alimentari in Italia segna +45,6%: ogni settimana finiscono nel bidone della spazzatura 683,3 grammi di cibo pro capite (rispetto ai 469,4 grammi rilevati nell’agosto 2023). Sono alcuni dei dati dell’annuale presentazione del Rapporto Internazionale Waste Watcher 2024, ‘Lo spreco alimentare nei Paesi del G7: dall'analisi all'azione’, curata dall’Osservatorio Waste Watcher International-Campagna Spreco Zero, dall’Università di Bologna assieme a Ipsos che si è tenuta oggi presso lo Spazio Europa a Roma. Uno studio che vuole anche attirare l’attenzione del prossimo G7 Agricoltura sul tema del ‘fine vita’ dei prodotti alimentari. Nella top five dei cibi più sprecati troviamo frutta fresca (27,1 g), verdure (24,6 g), pane fresco (24,1 g), insalate (22,3 g), cipolle/aglio/tuberi (20 g), prodotti fondamentali della Dieta Mediterranea. Secondo lo studio, questi dati non solo indicano una cattiva gestione della spesa familiare con i relativi sprechi economici, ma evidenziano due aspetti: se da un lato si è registrato un relativo incremento dei consumi alimentari, dall'altro una parte della domanda si è concentrata su alimenti di qualità inferiore. Il 42% degli italiani individua la causa dello spreco familiare nel fatto di dover buttare la frutta e la verdura conservata nelle celle frigo perché una volta portata a casa va subito a male. O ancora, il 37% del campione intervistato sostiene di buttare via gli alimenti perché i cibi venduti sono già vecchi. Elementi critici si riscontrano anche nel comportamento dei consumatori. Più di un terzo degli italiani (37%) dimentica gli alimenti in frigorifero e nella dispensa lasciando che si deteriorino; solo il 23% è disposto a programmare i pasti settimanali; inoltre, il 75% non è disposto o non è capace di rielaborare gli avanzi in modo creativo per evitare di gettarli. “In Italia l'incremento dello spreco alimentare a livello domestico è preoccupante - spiega Andrea Segrè, direttore scientifico Waste Watcher International - Campagna Spreco Zero, Università di Bologna - Non solo per l’aumento percentuale rispetto all'analoga rilevazione di Wwi del 2023, ma soprattutto dalle cause che lo hanno determinato, fra le quali l’abbassamento della qualità dei prodotti acquistati in particolare dalle fasce della popolazione a reddito più basso. Gli italiani inoltre hanno ancora poca consapevolezza di come fruire al meglio gli alimenti disponibili, dalla conservazione alla pianificazione degli acquisti, dimostrando ancora una volta la necessità di intervenire a livello istituzionale sull'educazione alimentare. L'Italia può beneficiare delle buone pratiche che emergono dalle esperienze di contrasto dello spreco dagli altri Paesi del G7, tema che speriamo emerga dal summit di Siracusa il prossimo 26 settembre”. “Se l’aumento dello spreco preoccupa - commenta Lino Enrico Stoppani vicepresidente vicario di Confcommercio - occorre investire con maggiore convinzione sull’educazione alimentare resistendo alla tentazione di introdurre nuovi obblighi a carico delle imprese come suggerito in alcune delle proposte in corso di esame in Parlamento. Ormai tutti i ristoratori sono attrezzati per consentire ai clienti di portare a casa il cibo avanzato durante i pasti mentre, per incrementare le donazioni di cibo avanzato negli esercizi commerciali, la via maestra è la riduzione degli oneri burocratici e la riduzione della Tari”. “Lo studio presentato oggi fornisce dati e informazioni utili a individuare margini di miglioramento e possibili attività da sviluppare per ridurre sensibilmente lo spreco alimentare - spiega Simona Fontana, direttore generale Conai - In tutti i Paesi, del resto, sembra chiara una forte consapevolezza della necessità di adottare comportamenti virtuosi che possono avere ricadute concrete ed efficaci. Cultura, comportamento e stile di vita dei consumatori sono fattori che influenzano lo spreco alimentare: è su questi che bisogna agire, attraverso misure che possano far leva sull’educazione e sulla responsabilità di ciascuno di noi. Ma anche le imprese italiane stanno facendo molto: continuano a lavorare per proporre soluzioni di imballaggio che garantiscono il miglior equilibrio tra funzione e impatto ambientale, garantendo al prodotto una maggiore shelf life e proponendo soluzioni di pack meno impattanti sull’ambiente”. Per quanto riguarda la geografia nazionale emerge che il Sud e il Centro sono le aree dove lo spreco è maggiore con un +9% rispetto alla media nazionale (al Sud 747 g pro capite a settimana, al centro 744 g pro capite), mentre il Nord è relativamente più virtuoso con un -11% rispetto alla media nazionale (606,9 g pro capite). Sulle strategie per contrastare il fenomeno, gli italiani mostrano una disponibilità marcata a adottare comportamenti antispreco, con l'87% disposto a congelare i cibi e l’86% a utilizzare il cibo appena scaduto se ancora buono. Tuttavia, la disponibilità a donare cibo cucinato in eccesso (63%) e ad acquistare grandi quantità di cibo per surgelarlo (62%) è inferiore, suggerendo che le barriere pratiche o la mancanza di una rete adeguata a seguire tali pratiche potrebbero limitare l’adozione di queste strategie. Solo il 29% conserva il cibo avanzato cercando ricette creative per riutilizzarlo.