INFORMAZIONIRoberto Babini Cattaneo |
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(Adnkronos) - Dal primo agosto, se confermati, i nuovi dazi Usa del 30% sui prodotti europei minacciano di colpire settori strategici dell'economia Ue. Il provvedimento, annunciato da Donald Trump per correggere lo "squilibrio commerciale" a svantaggio degli Usa, rischia di colpire duramente esportazioni per centinaia di miliardi. L'Ue, che nel 2024 ha scambiato beni e servizi con gli Stati Uniti per 1.680 miliardi di euro, teme ripercussioni sistemiche e prepara contromisure. "Rimaniamo pronti a continuare a lavorare per raggiungere un accordo entro il 1 agosto. Allo stesso tempo, adotteremo tutte le misure necessarie per tutelare gli interessi dell'Ue, inclusa l'adozione di contromisure proporzionate se necessario", ha fatto sapere la Commissione europea in un comunicato in cui "prende nota" della lettera inviata dal presidente degli Stati Uniti. I Paesi che risentiranno di più delle nuove misure I dazi del 30 per cento sulle importazioni di prodotti da Paesi Ue negli Stati Uniti sono identici, ma il peso sui diversi Paesi è diverso. L'Irlanda, campione dell'industria farmaceutica europea grazie ai vantaggi fiscali garantiti agli investitori che versano in tasse solo il 15 per cento contro il 21 per cento previsto negli Usa, è il Paese che risentirà di più delle nuove misure, insieme alla Germania che vende agli Stati Uniti automobili, siderurgia e macchinari. L'Italia, come la Francia, è in seconda linea, secondo una analisi di Afp. L'Irlanda quindi ha un surplus commerciale con gli Stati Uniti di 86,7 miliardi di dollari (sul surplus di 235,6 miliardi di dollari complessivo Ue), generato proprio dai prodotti dei grandi gruppi farmaceutici americani che vi si sono stabiliti, come Pfizer, Eli Lilly e Johnson & Johnson, e anche tecnologici, fra cui Apple, Google e Meta. La Germania, come prima economia dell'Ue, è particolarmente sotto pressione, in ragione della sua dipendenza dalle esportazioni, con un surplus commerciale con gli Usa di 84,8 miliardi di dollari. Il cancelliere Friedrich Merz aveva citato esplicitamente come settori che l'Ue avrebbe dovuto proteggere nel corso dei suoi negoziati con gli Usa l'automotive, la chimica, la farmaceutica, i macchinari e l'acciaio. L'Italia e la Francia, con surplus commerciali con gli Usa rispettivamente di 44 miliardi di dollari e 16,4 miliardi, potrebbero essere in seconda linea. In entrambi i Paesi saranno colpiti l'agroalimentare, i prodotti vitivinicoli e l'auto. In Francia sono anche esposti i settori dell'aeronautica - un quinto delle esportazioni verso gli Usa, il lusso, i vini e il cognac. Fra i Paesi europei, anche l'Austria e la Svezia hanno un surplus commerciale, rispettivamente di 13,1 miliardi e 9,8. Farmaceutica: i prodotti farmaceutici rappresentano la principale voce dell’export europeo verso gli Stati Uniti, pari al 22,5% del totale nel 2024. Per ora sono esentati dai dazi annunciati, ma il settore rimane in allerta. Alcune aziende hanno già cominciato a rafforzare la produzione sul suolo americano, mentre chiedono all’Ue una semplificazione delle regole per restare competitive in un contesto globale sempre più instabile. Automotive: il comparto automobilistico europeo è tra i più esposti: nel 2024 l’Ue ha esportato negli Stati Uniti circa 750.000 veicoli per un valore di 38,5 miliardi di euro. A guidare l’export sono soprattutto i marchi tedeschi come Bmw, Mercedes, Porsche e Audi. Il mercato americano rappresenta quasi un quarto del fatturato di Mercedes, che vi produce anche Suv destinati all’export. Intanto, Volkswagen ha già registrato un forte calo delle consegne negli Usa dopo le prime ondate di dazi. Aeronautica: l’industria è già soggetta a dazi del 25% su acciaio e alluminio e del 10% sui prodotti finiti, come gli aerei. Airbus e Boeing avevano chiesto a giugno, al salone di Le Bourget, la rimozione delle barriere doganali per salvaguardare l’equilibrio del mercato globale, ma la nuova stretta rischia di aggravare i costi di produzione e frenare gli ordini transatlantici. Cosmetici: anche i profumi e i cosmetici europei, in particolare francesi e italiani, sono nel mirino. L’Oréal ha realizzato negli Stati Uniti il 38% del suo fatturato 2024 e importa gran parte dei suoi prodotti di lusso (Lancôme, Armani, Yves Saint Laurent). Il gruppo valuta un potenziamento della produzione locale, ma non esclude rincari sui prezzi al consumo per far fronte alla nuova imposizione fiscale. Lusso: per il settore, il rischio è di veder eroso un mercato fondamentale: Lvmh ottiene un quarto del proprio fatturato dagli Usa, il 34% per vini e liquori. Bernard Arnault ha auspicato una soluzione negoziata e proposto persino una zona di libero scambio transatlantica. Hermès aveva assorbito i precedenti dazi del 10% aumentando i prezzi, ma un +30% potrebbe rendere i suoi iconici prodotti inaccessibili per parte della clientela americana. Agroalimentare: potrebbe essere il settore più colpito in assoluto, soprattutto italiano e francese. Coldiretti parla di una "mazzata" per il Made in Italy: con i nuovi dazi, i rincari arriverebbero al 45% per i formaggi, al 35% per i vini e al 42% per conserve e marmellate. Anche la viticoltura francese lancia l’allarme: gli Usa rappresentano il primo mercato estero, con esportazioni per 3,8 miliardi di euro nel 2024.
(Adnkronos) - L’export della filiera legno-arredo chiude il primo trimestre 2025 all’insegna della stazionarietà rispetto allo stesso periodo del 2024 con un -0,4% complessivo, come risulta anche dal confronto fra marzo '25 e marzo '24 con un + 0,1%, per un valore complessivo di 4,7 miliardi di euro. Con 2,5 miliardi di euro l’area Ue27 si conferma il primo mercato di riferimento per il nostro export con un -0,2%, mentre le esportazioni verso i Paesi extra Ue27 crescono dell’1,7% e raggiungono quota 690 milioni di euro. Il macrosistema arredamento ha registrato un -1,1% con 3,4 miliardi di export, con un rallentamento più spiccato per le cucine (-8,3%) e l’ufficio (-9,8%) mentre il macrosistema legno fa + 1,6% per un valore pari a 1,25 miliardi di euro, per il buon andamento (+9,7%) di prodotti e finiture d'arredo per l'edilizia. Per la filiera, alcuni segnali positivi arrivano dai mercati extra-Ue, in particolare dagli USA che toccano un +3% nel cumulato gennaio-marzo dopo che gennaio-febbraio aveva registrato un -0,1%, forse nel tentativo di anticipare l’applicazione dei dazi annunciati da Trump, che proprio ieri ha firmato l'ordine esecutivo che estende la scadenza dal 9 luglio al primo agosto. Anche Uk ed Emirati Arabi Uniti confermano dinamicità nei primi mesi del 2025, mentre sul mercato Ue sono Spagna e Portogallo a distinguersi con dati in crescita. Sul fronte delle importazioni spicca il dato della Cina, che tocca quota +25% (marzo ’25 su marzo ‘24), mentre il cumulato del trimestre arriva addirittura a un +38,2%. Sono queste le principali evidenze che risultano dai dati elaborati dal Centro studi di FederlegnoArredo su dati Istat e che fotografano l’export del primo trimestre di un settore che, come tanti altri, è “costretto a stare alla finestra" in attesa di capire davvero che cosa succederà in tema di dazi e quale sarà la strada che Trump intende percorrere. "Come accade ormai da quasi un anno a questa parte, per motivi diversi fra loro, ma tutti altamente complessi - commenta Claudio Feltrin, presidente di Federlegnoarredo - riuscire a immaginare anche il futuro più prossimo è davvero impossibile, ma il dato evidente è che mentre siamo in balia delle dichiarazioni del presidente Usa, continua anche il trend negativo dei principali Paesi che importano i nostri prodotti. Nella Top 10 continuano a calare Francia e Germania (rispettivamente -4,2% e -2,6%), mentre UK e Spagna registrano un +3,3% e un +7,4%; gli Emirati Arabi Uniti registrano la migliore variazione percentuale con un +11,1% per un valore totale esportato di 108 milioni di euro". "Un campanello d’allarme - spiega - arriva anche dal dato dell’import in Italia di prodotti cinesi, che abbiamo visto a marzo toccare il + 25%, anche se i dati Istat di aprile 2025 riportano per il mobile una flessione delle importazioni del 3,5%. Un piccolo segnale positivo? Lo capiremo nei prossimi mesi, ma l’avanzata del gigante cinese non deve farci stare troppo tranquilli. Non a caso, per il clima di fiducia espresso a maggio dalle aziende, il saldo dei giudizi sugli ordini (differenza tra giudizi sugli ordini alti e bassi) si attesta al -24,1%, in peggioramento rispetto al –20,2% di aprile. Da evidenziare, al contempo, che il 61,7% delle imprese dichiara comunque che gli ordini sono "normali", quindi in linea con le aspettative: dato che trova conferma anche nella produzione industriale del mobile, che nel periodo gennaio-aprile 2025 ha registrato un +5,4%". Considerando i cinque Paesi che in valore assoluto crescono maggiormente a gennaio-marzo 2025 troviamo oltre a Spagna, Usa ed Eau, il Marocco +55,6% (26° destinazione) e il Portogallo +25% (21° destinazione). Tra i cinque Paesi con il trend negativo peggiore troviamo Francia e Germania, che nella Top 10 perdono rispettivamente 35,5 milioni di euro e 13,5 milioni di euro; la Cina (12° destinazione) registra una flessione del 16,4% e l’Arabia Saudita del 13,5% (16°destinazione).
(Adnkronos) - “Noi, come Comuni, siamo stati i primi a mettere a terra le potenzialità del Pnrr. Abbiamo realizzato nuove infrastrutture, molte di queste opere sono in corso ma siamo stati tra i primi ad aver rispettato le tempistiche e gli obiettivi del Pnrr”. Lo ha detto Vito Parisi, vicepresidente Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) con delega al trasporto pubblico locale a alla mobilità sostenibile, partecipando alla presentazione della terza edizione di ‘Eco Festival della mobilità sostenibile e delle città intelligenti’, che Anci patrocina, in programma il 16 e 17 settembre 2025 nel Centro Congressi di Piazza di Spagna a Roma. “Ora bisogna parlare di governance, perché c’è l’infrastruttura, ma ci serve un processo di pianificazione seria, che vada oltre i Pums, i Piani urbani di mobilità sostenibile di cui si sono dotati diversi Comuni. Servono delle agenzie di trasporto - aggiunge - con dei manager che gestiscono il trasporto pubblico, e questo deve avvenire in sede locale e pubblica, come quella dei Comuni. Mi auguro che questo fondo venga rimpinguato, perché le risorse non sono soddisfacenti, e che ci sia un ripensamento”. Le agenzie di trasporto dei medi e piccoli Comuni, rispetto a quelli metropolitani, sembrano aver già individuato modelli virtuosi che, spiega Parisi, potrebbero essere applicati anche alle grandi città: “Mi auguro che quanto prima ci sia una condivisione dei dati al riguardo. Purtroppo, oggi la domanda di trasporto pubblico è basata su un dato storico e non si tiene conto delle evoluzioni che ci sono state, di quello che accade all’interno delle stazioni ferroviarie o con lo sharing dell’automobile piuttosto che delle biciclette. È un sistema che si sta evolvendo, però è importante che la sua governance ritorni in una sede pubblica. L’auspicio è che tutto ciò diventi molto concreto, perché date le tendenze ormai prossime, come la guida autonoma e l’intelligenza artificiale, noi non possiamo subire un processo che rischia di essere nelle mani del privato”.