(Adnkronos) - Israele ha detto sì all'intesa con Hamas che però l'ha rifiutata. Ad affermarlo il premier israeliano Benjamin Netanyahu, aggiungendo che non lascerà Gaza. "Abbiamo accettato l'accordo, l'intesa quadro dell'inviato speciale statunitense Steve] Witkoff, e successivamente la versione modificata suggerita dai mediatori: l'abbiamo accettata, Hamas l'ha rifiutata", ha sottolineato Netanyahu in un messaggio video postato su X, contestando le critiche secondo cui lui e il suo governo stanno ostacolando un accordo, e accusando i media in lingua ebraica "di fare sempre eco alla propaganda di Hamas e di sbagliarsi sempre". "Cosa vuole Hamas? Vuole rimanere a Gaza. Vuole che ce ne andiamo, così da potersi riarmare, così da poterci attaccare ancora e ancora. Non lo accetterò", ha detto ancora il premier israeliano. "Farò di tutto per restituire i nostri ostaggi. Sto incontrando le famiglie, conosco le difficoltà che stanno attraversando, la loro sofferenza. Sono determinato a riportare a casa gli ostaggi", ha quindi aggiunto. ”Sono anche io a favore di un accordo - ha continuato, commentando i sondaggi - ma non vi dicono [nel questionario] l'altro lato della medaglia. Cioè, questi sono sondaggi manipolati, fuorviano sempre l'opinione pubblica. Non chiedono: volete un accordo per il rilascio degli ostaggi, che lasci Hamas al suo posto? Così che possa ripetere i suoi crimini di stupri, omicidi, rapimenti e invasioni? No. Altrimenti, i risultati sarebbero l'esatto opposto”. Sono oltre 40 i palestinesi rimati uccisi nei raid aerei israeliani sferrati oggi contro la Striscia di Gaza secondo l'agenzia per la difesa civile a Gaza, aggiornando il suo precedente bilancio. Tra i bersagli colpiti un mercato e un punto di distribuzione dell'acqua. Secondo quanto riferito dal portavoce Mahmud Bassal, almeno 43 persone sono state uccise negli ultimi attacchi, 11 delle quali in un mercato a Gaza City. Otto bambini figurano tra le 10 vittime di un attacco con drone contro un punto di distribuzione dell'acqua nel campo profughi di Nuseirat, nella parte centrale di Gaza, ha affermato ancora Bassal. Le Forze di Difesa israeliane hanno dal canto loro ammesso di aver colpito per errore oggi il punto di distribuzione dell'acqua per un malfunzionamento. "Questa mattina è stato condotto un attacco mirato contro un esponente dell'organizzazione terroristica Jihad Islamica nella zona centrale della Striscia di Gaza. A causa di un malfunzionamento tecnico del munizionamento, il colpo ha raggiunto un'area distante decine di metri dall'obiettivo previsto", hanno dichiarato le Idf in una nota citata dal Times of Israel. "L'incidente è attualmente oggetto di indagine. Siamo a conoscenza di segnalazioni riguardanti vittime nell'area a seguito dell'accaduto e stiamo esaminando i dettagli", ha aggiunto l'esercito israeliano.
(Adnkronos) - ''Il ritiro degli emendamenti al decreto legge infrastrutture, che puntavano a introdurre la revisione ordinaria obbligatoria dei prezzi e regole più uniformi negli appalti di servizi e forniture, è una scelta che condanna al fallimento decine di aziende, con il conseguente rischio di perdita di migliaia di posti di lavoro, e minaccia la tenuta di settori cruciali per il funzionamento quotidiano del Paese''. È la denuncia della Consulta dei servizi, che riunisce 19 associazioni nazionali e 4 filiere, a seguito del ritiro delle proposte di modifica, nelle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera, ritenuti ''essenziali per garantire equità e continuità negli appalti pubblici''. ''Il settore dei servizi fatica a sostenere contratti pubblici che non riconoscono l’impatto reale dell’inflazione e dell’aumento dei costi'', spiega la Consulta dei servizi. La soglia del 5% per l’attivazione della revisione prezzi, abbassata correttamente al 3% per i lavori pubblici, ''è stata dimostrata come inefficace''. Inoltre, ''l’assenza di norme certe sulla revisione prezzi, per contratti pluriennali della durata di almeno 5 anni, in un comparto ad alta intensità di manodopera dove il costo del lavoro pesa in modo decisivo, ha un effetto diretto sulle politiche salariali''. ''Senza una revisione dei contratti in essere con la pubblica amministrazione, che tenga conto degli aumenti previsti dai rinnovi dei ccnl, si rischiano ricadute sul fronte occupazionale: o le imprese non saranno in grado di onorare gli appalti vinti e partecipare ai nuovi, o saranno costrette a ridurre drasticamente i costi, con effetti sulla qualità dei servizi e sulla dignità del lavoro'', spiega la Consulta dei servizi. ''Parlamento e Governo devono porre la giusta attenzione alle conseguenze che deriveranno dal vigente quadro normativo, che mette a rischio la tenuta economica e sociale di servizi pubblici essenziali, dalla ristorazione scolastica e ospedaliera alla vigilanza, dai servizi ambientali al welfare, dai quali dipende, per lo svolgimento di attività quotidiane di milioni di cittadini, la funzionalità stessa del Paese'', osserva la Consulta dei servizi. Si tratta di un settore che, spiega l'organismo, ''significa oggi 70 miliardi di euro, impiega un milione di persone ed è parte integrante della coesione sociale e del benessere dei cittadini. Ravvisiamo segnali allarmanti: si continua a chiedere ai servizi essenziali uno sforzo non più sostenibile, anche a costo di comprometterne la tenuta. Le ricadute sarebbero gravissime: riduzione della qualità dei servizi, perdita di posti di lavoro e chiusura di imprese qualificate''. ''Intendiamo proseguire con determinazione le nostre azioni di confronto attraverso l’interlocuzione istituzionale e pubblica'', assicura la Consulta. ''Ci rivolgiamo a Governo e Parlamento per richiamare l’attenzione sull’evidenza che, ogni giorno che passa senza una norma strutturale per la revisione dei prezzi, si consuma un danno economico e sociale. L’intera rappresentanza del comparto proseguirà nel portare in tutte le sedi istituzionali i rischi concreti che corre il sistema-sicurezza del Paese''. La Consulta auspica che il confronto con il Governo ''consenta di provvedere a correttivi non più rinviabili e costruire un quadro strutturale equo e sostenibile, capace di riconoscere il valore strategico dei servizi pubblici''.
(Adnkronos) - “Noi, come Comuni, siamo stati i primi a mettere a terra le potenzialità del Pnrr. Abbiamo realizzato nuove infrastrutture, molte di queste opere sono in corso ma siamo stati tra i primi ad aver rispettato le tempistiche e gli obiettivi del Pnrr”. Lo ha detto Vito Parisi, vicepresidente Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) con delega al trasporto pubblico locale a alla mobilità sostenibile, partecipando alla presentazione della terza edizione di ‘Eco Festival della mobilità sostenibile e delle città intelligenti’, che Anci patrocina, in programma il 16 e 17 settembre 2025 nel Centro Congressi di Piazza di Spagna a Roma. “Ora bisogna parlare di governance, perché c’è l’infrastruttura, ma ci serve un processo di pianificazione seria, che vada oltre i Pums, i Piani urbani di mobilità sostenibile di cui si sono dotati diversi Comuni. Servono delle agenzie di trasporto - aggiunge - con dei manager che gestiscono il trasporto pubblico, e questo deve avvenire in sede locale e pubblica, come quella dei Comuni. Mi auguro che questo fondo venga rimpinguato, perché le risorse non sono soddisfacenti, e che ci sia un ripensamento”. Le agenzie di trasporto dei medi e piccoli Comuni, rispetto a quelli metropolitani, sembrano aver già individuato modelli virtuosi che, spiega Parisi, potrebbero essere applicati anche alle grandi città: “Mi auguro che quanto prima ci sia una condivisione dei dati al riguardo. Purtroppo, oggi la domanda di trasporto pubblico è basata su un dato storico e non si tiene conto delle evoluzioni che ci sono state, di quello che accade all’interno delle stazioni ferroviarie o con lo sharing dell’automobile piuttosto che delle biciclette. È un sistema che si sta evolvendo, però è importante che la sua governance ritorni in una sede pubblica. L’auspicio è che tutto ciò diventi molto concreto, perché date le tendenze ormai prossime, come la guida autonoma e l’intelligenza artificiale, noi non possiamo subire un processo che rischia di essere nelle mani del privato”.