(Adnkronos) - Lunedì 20 gennaio la Corte costituzionale è chiamata a pronunciarsi sull'ammissibilità della richiesta di sei referendum popolari su temi di grande rilevanza politica, sociale ed economica: Autonomia, cittadinanza e lavoro. Alle 9.30 i giudici costituzionali si riuniranno a Palazzo della Consulta in Camera di consiglio cosidetta 'partecipata', cioè nella sontuosa Sala di udienze pubbliche ma a porte chiuse, alla presenza esclusiva di comitati promotori ed alcune associazioni interessate al referendum, sia contrarie che favorevoli. Quindi, finita la discussione, la Corte prenderà la decisione ed emetterà sentenza, secondo quanto si apprende nello stesso pomeriggio di lunedì (avrebbe tempo fino al 10 febbraio). A decidere su temi che sono stati al centro del dibattito pubblico da mesi sarà una Corte in formato ridotto, composta da 11 giudici invece che 15, cioè dal numero minimo legale richiesto per poter deliberare. Non si è infatti trovata la quadra a Montecitorio martedì scorso quando il Parlamento si è riunito per la tredicesima volta in seduta comune per l'elezione dei 4 giudici mancanti di nomina parlamentare che dovranno sostituire Silvana Sciarra (decaduta nel novembre 2023), Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti, eletti il 16 dicembre 2015 e decaduti il 21 dicembre 2024. Prima di approdare a Palazzo della Consulta, la regolarità del procedimento e dei requisiti formali di richiesta dei sei referendum (numero di firme, validità delle firme, documentazione e modalità di raccolta delle firme) è stata valutata dalla Corte di cassazione. L'Ufficio centrale per i referendum del Palazzo di Giustizia si è pronunciato dopo la sentenza della Corte costituzionale (192/2024) sull'autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario (depositata lo scorso 14 novembre) ed il 12 dicembre ha ritenuto conformi a legge tutte le richieste di referendum a parte una delle due del pacchetto Autonomia, relativa all’abrogazione parziale della stessa legge n. 86 del 2024. La palla quindi è passata a Palazzo della Consulta dove lunedì prossimo sarà esaminata l'ammissibilità dei quesiti referendari, cioè la loro compatibilità con i requisiti richiesti dalla Costituzione per questo tipo di iniziativa popolare. I giudici costituzionali dovranno valutare, tra l’altro, se i quesiti ledono la libertà di voto dell’elettore garantita dall’art. 48 della Costituzione. Sono intellegibili? Sono chiari? Non sono contraddittori? Costringono o non costringono l'elettore a dire sì, o no, a un intero 'pacchetto' di domande, impedendogli di rispondere in modo differenziato all’una o all’altra domanda contenuta nel 'pacchetto'? Il referendum sull'Autonomia differenziata Il referendum contro l'Autonomia differenziata è il più dibattuto ed osteggiato. Proposto da partiti di opposizione e associazioni civili, da Cgil, Uil, dai consigli regionali di Campania, Sardegna, Toscana, Puglia ed Emilia Romagna contro il dl Calderoli, approvato nel giugno 2024, in due quesiti che proponevano rispettivamente l'abrogazione totale della legge e l'abrogazione parziale della medesima, approda a Palazzo della Consulta in un unico quesito, quello che chiede l'abrogazione totale del della legge 86. In un'unica ordinanza la Corte di cassazione aveva infatti dichiarato lo scorso dicembre non conforme a legge la richiesta di abrogazione parziale mentre aveva dato il via libera al quesito per l'abrogazione totale. L'ordinanza della Cassazione era arrivata dopo la sentenza della Corte costituzionale sulla legge Calderoli ed è stata secondo alcuni giuristi un implicito riconoscimento da parte della Suprema Corte che la Consulta con la sentenza 192 non ha smantellato la legge: se la sentenza della Corte costituzionale avesse modificato sostanzialmente i principi ispiratori del dl Calderoli o il contenuto essenziale dei precetti in esso contenuti la Cassazione avrebbe infatti dovuto impedire il procedimento referendario (come stabilì la stessa Corte costituzionale in una sentenza del 1978) per entrambi i quesiti. Ma l'opposizione politica e sindacale alla legge è ferma. Il Comitato promotore del referendum per l'abrogazione dell'autonomia differenziata, guidato dal presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick, sostiene che "il dl Calderoli spaccherà l’Italia in tante piccole patrie, aumenterà i divari territoriali e peggiorerà le già insopportabili diseguaglianze sociali, a danno di tutta la collettività e, in particolare, di lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, giovani e donne". Contestati anche i criteri scelti per definire i lep (livelli essenziali delle prestazioni) che potrebbero creare diseguaglianze. La legge è stata inoltre accusata di avere esautorato le Camere che potevano solo prendere o lasciare, punto su cui la Corte costituzionale si è espressa ribadendo che il Parlamento deve avere un ruolo fondamentale nel procedimento di formazione e approvazione delle leggi. "Volete Voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, 'Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione'?" è il quesito. I giudici costituzionali dovranno decidere se viola l'articolo 48 della costituzione: E' chiaro? E' omogeneo? Ha cioè una ratio unitaria che non costringe l'elettore a dire sì, o no, a un intero 'pacchetto' di domande? Un interrogativo quest'ultimo che potrebbe essere decisivo ai fini del verdetto di ammissibilità o inammissibilità e centrale nel dibattimento del Comitato lunedì prossimo dal momento che è stata la stessa Corte nella sentenza 192/2024 sull'Autonomia differenziata a scrivere al punto 29.1: "Le censure relative all’intera legge vanno dichiarate inammissibili .......riguardo a una legge contenente molte norme eterogenee". Referendum sulla Cittadinanza Promosso da diverse organizzazioni, tra cui Più Europa, il referendum sulla cittadinanza propone di modificare le leggi relative all’acquisizione della cittadinanza italiana e chiede il "dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana". L’Ufficio Centrale per il Referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato il quesito conforme. "Abbiamo fiducia nella Corte Costituzionale perchè siamo convinti delle ragioni di questo referendum, ma sappiamo anche che il momento dell'ammissibilità è sempre imprevedibile. Questa è una Corte che arriva a un momento importante senza plenum e con il minimo dei membri per cui possa lavorare. Noi siamo molto convinti della solidità di questo referendum", diceva giovedì scorso Riccardo Magi in una conferenza stampa alla Camera, discorrendo del quesito al vaglio della Corte: "Volete voi abrogare l’articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza?". Il testo del quesito, temono i promotori, potrebbe risultare critico ai fini dell'ammissibilità per la cosidetta manipolatività. Spesso infatti nella giurisprudenza costituzionale gli interventi eccessivamente manipolativi, che trasformano quindi un referendum abrogativo in propositivo, sono dichiarati inammissibili. Ma secondo i promotori, "la disposizione che risulterebbe dall'espunzione di alcune parole è una disposizione già presente nel tessuto normativo perché in realtà la misura dei 5 anni di residenza è oggi adottata per talune categorie di stranieri maggiorenni, anche apolidi, rifugiati, si tratta solo di estenderla a tutti". "E' un requisito abbastanza ordinario comune. Previsto in altri ordinamenti". Insomma, secondo i promotori "questo referendum non serve a introdurre una norma nuova ma ad estendere a un numero maggiore di persone un requisito già previsto per altre categorie per chiedere la cittadinanza". I 4 Referendum sul Lavoro Sul tema lavoro sono quattro i quesiti che arrivano a Palazzo della Consulta: tre per abrogare alcuni punti del Jobs Act, riforma del lavoro introdotta nel 2014; uno sul tema sicurezza che mira ad abrogare le norme che limitano la responsabilità dell'impresa appaltante in caso di infortuni sul lavoro. Le proposte referendarie sono state promosse dalla Cgil e da una vasta rete di associazioni laiche e cattoliche. Questi i quesiti di referendum abrogativo inerenti al Jobs act: “Contratto di lavoro a tutele crescenti - disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione”, per ripristinare la possibilità di reintegro nel posto di lavoro per i licenziamenti illegittimi, secondo quanto previsto dall'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. “Piccole imprese- Licenziamenti e relativa indennità: abrogazione parziale”, per estendere l'articolo 18 alle Piccole Imprese ed applicare le tutele contro i licenziamenti illegittimi anche alle aziende con meno di 15 dipendenti. “Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi”, per reintrodurre l'obbligo di indicare una motivazione specifica per l’utilizzo di contratti a tempo determinato. Infine per quanto riguarda lo scottante tema della sicurezza sul lavoro, i promotori chiedono "abrogazione" dell'"esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrice", cioè l'eliminazione della norma per cui l’impresa committente può evitare di assumersi la responsabilità per i danni legati ai possibili rischi determinati dalle aziende appaltatrici o subappaltatrici. (di Roberta Lanzara)
(Adnkronos) - Ogni anno, LinkedIn offre a lavoratrici e lavoratori l’opportunità di ampliare le proprie skill rendendo disponibili corsi di formazione gratuiti e aiuta chi è alla ricerca di un nuovo lavoro a orientarsi tra le diverse opportunità anche grazie alla lista dei 'Lavori in crescita', ossia le professioni che hanno visto un incremento maggiore negli ultimi 3 anni, pubblicata da LinkedIn Notizie. Ma quali sono in Italia i lavori inseriti nella top 10? Ecco la lista completa. 1.Consulente di viaggio (può essere indicato anche come travel consultant o agente di viaggio); 2.Ingegnere dell'intelligenza artificiale (può essere indicato anche come artificial intelligence engineer o machine learning engineer); 3.Hr administrator (può essere indicato anche come hr admin); 4.Addetto prenotazioni (può essere indicato anche come reservation agent); 5.Liquidatore sinistri (può essere indicato anche come claims specialist); 6.Cyber security engineer (può essere indicato anche come ingegnere della cybersicurezza); 7.Event specialist (Può essere indicato anche come event coordinator); 8.Responsabile acquisti (può essere indicato anche come procurement buyer o procurement specialist); 9.Technical sales specialist; 10.Specialista marketing e comunicazione (può essere indicato anche come marketing and communication specialist).
(Adnkronos) - Fincantieri, uno dei principali gruppi al mondo nella cantieristica ad alta complessità, e il Gruppo Hera, tra le maggiori multiutility italiane operanti nei settori ambiente, energia e idrico, annunciano la costituzione di CircularYard S.r.l, la newco volta a realizzare, negli otto cantieri italiani di Fincantieri, un innovativo sistema integrato di gestione rifiuti, finalizzato anche alla loro valorizzazione in ottica di economia circolare. In futuro si prevede di allargare l’operatività della newco anche ad altri siti di Fincantieri localizzati all’estero. CircularYard, la nuova joint venture nata in seguito al Memorandum d’Intesa firmato a luglio 2024 - si legge in una nota congiunta - consolida ulteriormente l’impegno di Fincantieri verso pratiche industriali sempre più responsabili, contribuendo in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale, riducendo del 15% i rifiuti indifferenziati destinati allo smaltimento e promuovendo un’economia circolare negli stabilimenti produttivi. Grazie alla messa a disposizione di know-how e competenze specifiche da parte delle società del Gruppo Hera, CircularYard introdurrà soluzioni innovative e sostenibili, al fine di garantire maggiore controllo sui fornitori e promuovendo trasparenza, sicurezza e qualità lungo tutta la filiera. La compagine societaria di CircularYard è formata al 60% dal Gruppo Hera e al 40% da Fincantieri. Il Gruppo Hera sarà presente con Herambiente Servizi Industriali (Hasi) al 55% e Acr di Reggiani Albertino Spa (Acr) con il restante 5%, entrambe società controllate da Herambiente, tra i principali operatori nazionali nel settore ambiente e tra i primi sette in Europa. Il progetto avrà due fasi di sviluppo, con il fine ultimo di gestire quasi 100mila tonnellate l’anno di scarti industriali prodotte nei cantieri navali di Fincantieri e di incrementare del 15% le frazioni valorizzabili, in particolare ferro, legno, plastica e carta, già dal primo anno. In parallelo saranno studiati specifici interventi che permetteranno al modello di andare a regime grazie alla realizzazione di impianti avanzati, come, ad esempio, quelli per il trattamento e riuso delle acque o per il recupero del rame, e alla gestione ottimizzata dei rifiuti. “L’avvio della joint venture con un partner di assoluto valore come il Gruppo Hera - dice Pierroberto Folgiero, amministratore delegato e direttore generale di Fincantieri - aggiunge un tassello nel nostro ulteriore impegno per l’adozione di pratiche virtuose di economia circolare all’interno dei nostri cantieri. In linea con il nostro piano industriale sull’eccellenza operativa, CircularYard rappresenta un progetto che unisce know-how complementari e ci consente di applicare le migliori pratiche e l’innovazione tecnologica nella gestione e nella valorizzazione dei rifiuti e degli scarti di produzione. L’obiettivo ultimo è di perseguire nello stesso tempo i nostri target sulla sostenibilità ambientale e sull’efficienza dei processi nel segno di una crescita responsabile sia dal punto di vista della sostenibilità che della economicità confermando il ruolo di Fincantieri come azienda leader mondiale anche nell’adozione di nuovi modelli operativi nella cantieristica”. “Siamo orgogliosi di mettere al servizio del primo shipbuilder occidentale le nostre elevate competenze, l’eccellenza impiantistica e la pluriennale professionalità nel processo di gestione circolare dei rifiuti, per promuovere la rigenerazione delle aree urbane e industriali - afferma Orazio Iacono, amministratore delegato del Gruppo Hera - Acceleriamo il nostro percorso che porterà il Gruppo Hera a diventare il motore dell’economia circolare del tessuto industriale italiano, accompagnando le grandi aziende nel loro percorso di transizione ambientale con la riduzione degli scarti di produzione e la massima valorizzazione nel loro recupero”.