(Adnkronos) - Equita conferma il giudizio Buy su WeBuild - con prezzo obiettivo a 4,10 euro - motivandolo con la convinzione che il gruppo non subirà impatti a causa dei nuovi dazi statunitensi, anzi il cambiamento delle politiche statunitensi può rilanciarne le attività. Attualmente il business del Nord America rappresenta circa il 12% dei ricavi del Gruppo. Il report dell'investment bank ricorda come la pipeline commerciale di Webuild si presenta variegata con numerose opportunità in Italia, Australia, Arabia Saudita e Nord America. Negli ultimi anni l'azienda ha ridotto i rischi delle sue operazioni, che ora sono quasi interamente situate in paesi a basso rischio ma nei prossimi anni potrebbe considerare alcune opportunità in paesi come Turchia e Israele. Secondo il report di Equita l'attenzione resta focalizzata su progetti che garantiscono buona redditività e generazione di cassa e la domanda di infrastrutture rimane alta in tutti i principali mercati di Webuild. L'investiment bank - fra le attività - segnala come Webuild sia "interessata a entrare nel settore idrico" ed abbia "presentato una proposta per due impianti di dissalazione in Sicilia, per i quali si è in attesa di una decisione politica". Complessivamente, conclude il rapporto, il gruppo si trova in una posizione solida per affrontare le sfide future e sfruttare le opportunità globali, grazie a una strategia ben definita e a una presenza consolidata nei mercati chiave.
(Adnkronos) - “Oggi in aula magna vediamo la presenza del Comune di Milano, di Regione Lombardia e di Assolombarda perché le scoperte del professor Hiroshi Amano non solo hanno rivoluzionato la scienza,ma sono scoperte che hanno impattato sulla vita di tutti i giorni in modo significativo. Non capita spesso di avere studiosi che riescono a coniugare alla grande scienza un impatto sulla vita quotidiana che avviene in tempi molto rapidi” conclude Orlandi. Così Marco Emilio Orlandi, prorettore vicario dell’università degli studi di Milano Bicocca in occasione della consegna della laurea honoris causa al professor Hiroshi Amano, scienziato di fama internazionale e premio Nobel per la Fisica nel 2014 per l’invenzione dei Led a luce blu. Il professor Amano, attualmente direttore del Center for Integrated Research of Future Electronics e professore presso l’Institute of Materials and Systems for Sustainability dell’Università di Nagoya, ha, con le sue scoperte, reso più efficiente ed economica l’illuminazione. “Siamo molto contenti che il professor Hiroshi Amano abbia accettato la laurea honoris causa in Scienze e Nanotecnologie per la Sostenibilità per i risultati che ha ottenuto, non solo come scienziato, ma anche per l’utilità delle scoperte che ha fatto. La quantità di studenti venuti ad ascoltarlo dimostra l’importanza di questa giornata” conclude Orlandi.
(Adnkronos) - Non solo la Marmolada, il ghiacciaio simbolo delle Dolomiti. Nei prossimi decenni potrebbero ridursi, fino a sparire, anche gli altri ghiacciai di queste montagne. A sostenerlo uno studio realizzato dall'Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e dall'Università Ca' Foscari Venezia, appena pubblicato sulla rivista The Cryosphere. Hanno collaborato alla ricerca il Comitato Glaciologico Italiano, la Società Meteorologica Alpino-Adriatica, l'Arpa Veneto, il Servizio geologico di Danimarca e Groenlandia, l'Università tecnica della Danimarca, l'Università Roma Tre e l'Università del Quèbec a Montreal. "Le Dolomiti sono state oggetto di numerosi studi in ambito geologico, geomorfologico e sulla biodiversità. Tuttavia, i ghiacciai di questa regione sono spesso rimasti ai margini dell'esplorazione scientifica, ad eccezione del ghiacciaio della Marmolada, il più esteso della zona - spiega Renato R. Colucci, ricercatore del Cnr-Isp e coautore del paper - Nonostante le informazioni sui ghiacciai delle Dolomiti fornite dalle due edizioni dei catasti dei ghiacciai italiani del 1962 e del 2015, i dati disponibili in merito alla loro evoluzione nel corso del tempo sono stati finora estremamente frammentari, e spesso sono stati solo qualitativi, soprattutto per quanto riguarda le loro variazioni di volume. Il nostro è il primo lavoro a presentare una stima pluridecennale (dagli anni '80 al 2023) della variazione topografica e del bilancio di massa degli attuali ghiacciai montani presenti nelle Dolomiti". Un risultato raggiunto in due step: per il periodo dagli anni '80 al 2010 è stata impiegata la tecnica Structure from Motion (Sfm) applicata ad immagini aeree storiche; dal 2010 al 2023 invece si è fatto uso anche di immagini con droni (Uav) e acquisizioni Light Detection and Ranging (Lidar) da elicottero, che hanno permesso un'elevata risoluzione e accuratezza. Al 2023, ultimo anno preso in esame dallo studio, si contavano 9 ghiacciai, anche se la frammentazione del ghiacciaio della Marmolada in 4 corpi glaciali distinti, porta il numero totale a 12. "L'area totale di questi ultimi 12 ghiacciai è passata da poco più di 4 km quadrati negli anni '80 a poco meno di 2 km quadrati oggi, con una perdita del 56%, di cui il 33% dal 2010 - precisa Andrea Securo, dottorando dell'Università Ca' Foscari Venezia e coautore dello studio - Complessivamente abbiamo riscontrato una diminuzione della superficie topografica media dei ghiacciai di 28,7 metri dal 1980 al 2023, di cui il 33% tra il 2010 e il 2023. Il ghiacciaio che ha subito la riduzione maggiore è quello della Fradusta, che ha visto una diminuzione di spessore medio di 50 metri ed una riduzione areale del 90%". I dati sulle temperature sono stati elaborati per lo studio assieme ad Arpa Veneto che ha quantificato un aumento di +2.0°C, circa +0.5°C per decade negli ultimi 40 anni. Al contempo i dati mostrano anche un certo aumento delle precipitazioni nevose ma solo in alta quota, fenomeno che, avvertono i ricercatori, non è stato sufficiente a colmare la maggiore fusione dovuta a estati sempre più lunghe e più calde. In conclusione, lo studio mette in luce che in tutta l'area, il 66% dell'intera perdita di volume è attribuibile al solo ghiacciaio della Marmolada. "Oggi le aree di accumulo dei ghiacciai delle Dolomiti si trovano al di sotto della linea di equilibrio glaciale alpina, un indicatore del fatto che, nel giro di pochi decenni, questi ghiacciai scompariranno o si frammenteranno in piccoli corpi glaciali senza dinamica. Il loro destino appare purtroppo inevitabile anche assumendo una stabilizzazione del clima sui valori medi degli ultimi 30 anni (1991-2020)", concludono gli autori.