(Adnkronos) - Le contraddizioni e i paradossi dell'economia in Russia, ma anche la sua sostanziale tenuta, fin dall'invasione dell'Ucraina, hanno un nome e un cognome. Non è quello più scontato di Vladimir Putin ma quello di Elvira Nabiullina, Governatore della Banca centrale russa. L'economista ha una formazione e una storia personale che, da subìto, l'hanno messa nella scomodissima posizione di dover salvare con i pochi strumenti a disposizione un castello di carte, fatto di inflazione galoppante, sanzioni occidentali, squilibri sempre più consistenti nei fondamentali, occupazione e qualità della vita dei cittadini russi in costante calo. Fino a oggi, Nabiullina ha giocato la sua partita imponendo un utilizzo razionale della politica monetaria, ricorrendo al reiterato aumento dei tassi di interesse, fino all'attuale 21%, per contrastare la corsa altrimenti incontrollabile dei prezzi. L'elemento significativo, fino a oggi, è stata la tenuta di un patto non scritto che le ha consentito, nonostante la propaganda e il malumore di oligarchi e militari, di mantenere una rotta coerente con una navigazione difficile ma all'interno degli schemi della dottrina economica. Un patto che Putin ha onorato non per una apertura di credito senza condizioni, e neanche per una particolare simpatia verso Nabiullina, ma perché l'andamento della guerra in Ucraina, e la convinzione di poter arrivare a una vittoria sul campo, gli consigliavano quel minimo di cautela necessario a conservare un sistema economico provato ma con una prospettiva di ripresa tecnicamente possibile nel medio periodo. Nabiullina, del resto, è stata fino a oggi l'unica persona alla quale Putin ha riconosciuto la competenza e il peso specifico che le hanno consentito di rimanere al suo posto, praticamente senza facoltà di dimissioni, nonostante la voce più volte dissidente, a partire dalla valutazione sull'opportunità di invadere l'Ucraina. Oggi quel patto sembra essere saltato. Nonostante la Banca centrale russa avesse già anticipato la necessità di alzare ancora i tassi di interessi, continuando a imprimere alla politica monetaria la spinta restrittiva indispensabile per evitare che l'economia venisse travolta dalla concomitante morsa di inflazione fuori controllo e crescita negativa, Nabiullina ha alzato bandiera bianca e si è fermata. Troppo forte, evidentemente, la pressione esercitata su di lei attraverso l'apparato di Putin dalle oligarchie che con la guerra si stanno continuando ad arricchire, partendo dai giganti dell'acciaio, dell'alluminio e di tutta l'industria delle armi. La decisione di uniformarsi alle richieste, o meglio alle imposizioni del Cremlino, è scritta nella nota della banca centrale che ha deciso di lasciare invariato il costo del denaro. L'inflazione di fondo è salita tra ottobre e novembre al 10,9%, soglia molto rilevante considerando anche che le stime ufficiali sono già molto più basse rispetto a quelle dei pochissimi organismi indipendenti che ancora hanno accesso ai dati in Russia, ma si è scelto di non muoversi di conseguenza. Ulteriore conferma della svolta è arrivata dalle parole di Putin, durante la conferenza 'fiume' di fine anno. Due i messaggi chiave: "La guerra fa bene all'economia" e "ci sono altre strade per contrastare l'inflazione che non siano l'aumento dei tassi di interesse". Putin che si fa economista, e che di fatto sconfessa il Governatore Nabiullina, può essere un passaggio chiave per leggere le prossime mosse del Cremlino. Le conseguenze possono essere significative non solo per gli sviluppi della guerra in Ucraina ma anche per la postura che la Russia potrà assumere nello scenario internazionale anche nel post guerra con Kiev. Una Russia definitivamente consegnata all'economia di guerra, senza una possibile riconversione in termini ragionevoli delle scelte strategiche e di produzione, avrebbe una sola possibilità di sopravvivenza con Putin al potere: continuare a fare guerre su tutti i fronti possibili. Per questo i segnali di questi giorni sono particolarmente negativi e per questo la sorte di Elvira Nabiullina, che è riuscita finora a conservare il suo posto e un livello sufficiente di autonomia per incidere, avrà un peso significativo sull'equilibrio precario dell'economia russa e sulle residue speranze di una 'normalizzazione' della politica del Cremlino nel post Ucraina. (Di Fabio Insenga)
(Adnkronos) - Gian Luca Sghedoni, tramite il family office Napura, da lui fondato e guidato, annuncia l’acquisizione di Litokol spa, azienda riconosciuta a livello globale per l’eccellenza tecnica dei suoi sistemi professionali per la posa della ceramica. L’operazione ha visto l’acquisizione delle quote da Daniela Cottafavi, azionista di riferimento e figlia del fondatore Luciano Cottafavi e da alcuni manager dell’azienda. Questa operazione strategica rappresenta un passo decisivo per ridefinire il futuro del settore, introducendo un approccio visionario che combina creatività scientifica e talento personale. “L’assunzione del totale controllo di Litokol - sottolinea Sghedoni - dimostra il grande impegno e coinvolgimento, mio e dei miei figli. Costruire un nuovo campione industriale è la mia sfida principale. In Litokol ho individuato una realtà imprenditoriale di eccellenza, focalizzata su ricerca tecnologica e forte di alti profili professionali. Il mio obiettivo è quello di sviluppare un ambizioso progetto di crescita”. “I miei figli Jacopo e Riccardo sono al mio fianco e insieme vogliamo ripartire all’insegna della gentilezza, dell’etica e dei valori verso tutti gli stakeholder. Il capitale umano è alla base della nostra visione aziendale per creare valore,” continua Sghedoni. “L’acquisizione di Litokol è un atto di fiducia verso il futuro del settore della posa di superfici che, per troppo tempo, è rimasto privo di innovazione. Il nostro obiettivo è creare un ambiente dove creatività scientifica e talento individuale possano prosperare, generando soluzioni che ridefiniscano gli standard”. Litokol sarà un hub di idee rivoluzionarie, un punto di incontro tra scienza dei materiali, intelligenza artificiale e creatività umana. Sarà un luogo in cui ricercatori, progettisti e artigiani potranno collaborare per sviluppare soluzioni che uniscano performance tecniche e un impatto ambientale senza precedenti. Tra i principali obiettivi: sviluppare materiali di posa altamente innovativi, ottimizzati per performance, sostenibilità e durabilità; esplorare l’applicazione di tecnologie avanzate, come nanomateriali e rivestimenti smart; promuovere un modello di innovazione aperta, collaborando con università, centri di ricerca e professionisti del settore. “Il coraggio di sognare e la voglia di innovare sono i pilastri del nostro progetto. Vogliamo costruire un futuro in cui la tecnologia e il capitale umano siano al servizio di un progresso autentico,” ha concluso l’imprenditore. “La cessione a Gian Luca Sghedoni - ha dichiarato Daniela Cottafavi - rappresenta per me il miglior futuro che potessi immaginare per l’azienda per garantirle prospettive solide. Questo accordo è quello che abbiamo voluto e perseguito con determinazione in questi mesi, grazie allo spirito di unione e a un sodalizio che io e Gian Luca abbiamo portato avanti con tenacia e convinzione. Siamo stati una squadra, uniti dallo stesso obiettivo”. Litokol spa, nata nel 1968 a Rubiera nel distretto ceramico, è un’azienda riconosciuta a livello globale per l’eccellenza tecnica dei suoi sistemi professionali per la posa della ceramica con un’expertise esclusiva nelle tecnologie a base epossidica e poliuretanica con brevetti internazionali. Gian Luca Sghedoni, 57 anni, sposato, tre figli. Entrato in Kerakoll nel 1988 all’età di 21 anni, quando l’azienda fatturava 11 milioni di euro, l’ha guidata portandola ai 500 milioni del 2019, quando lasciò l’azienda, per insanabili divergenze di vedute con gli attuali azionisti sulla gestione aziendale e sulla nomina di Andrea Remotti come AD. E’ stato insignito nel 2008 del premio Ernst & Young 'Imprenditore dell'Anno, nel 2014 ha ricevuto dal Presidente della Repubblica il premio Leonardo Qualità Italia. Grande appassionato di arte contemporanea e design.
(Adnkronos) - Nel 2023 in Italia sono stati realizzati nuovi risparmi energetici per oltre 3,6 Mtep, pari ai consumi elettrici complessivi del Lazio e della Toscana. Il risparmio è stato generato grazie a progetti avviati dal 2021 con il supporto delle misure per ottemperare agli obblighi della Direttiva europea sull’efficienza energetica ed equivale al 92% dell’obiettivo fissato per il solo 2023 dal Pniec. È quanto emerge dal 13° Rapporto annuale Enea sull’efficienza energetica, presentato oggi nel corso di un convegno a Roma. Complessivamente, risulta ancora preponderante il traino delle detrazioni fiscali (circa 2 Mtep pari a una quota del 56,2% dei risparmi totali 2023). Oltre a queste misure, la riduzione dei consumi di energia finale è attribuibile alla crescita dei Certificati Bianchi che ha raggiunto il 28% rispetto al 2022, spingendo il dato cumulato a 0,6 Mtep, agli incentivi per la mobilità sostenibile (0,4 Mtep) e al Conto Termico (0,3 Mtep). Sono risultati in aumento anche i risparmi energetici conseguiti nell’ambito dei progetti realizzati attraverso i Fondi di coesione, con un risparmio di energia finale di circa 31,8 ktep/anno al 2023. Da segnalare il ruolo giocato dalle campagne di sensibilizzazione che hanno coinvolto quasi 14 milioni di cittadini per quanto concerne il settore residenziale. La stima dei risparmi indotti dai cambiamenti nei comportamenti di consumo, da parte di individui e imprese, è pari a oltre 0,1 Mtep. “L’efficienza energetica rappresenta la chiave per raccogliere alcune delle sfide più urgenti del nostro tempo e raggiungere i traguardi disegnati dall’Unione Europea che, grazie al pacchetto legislativo Fit for 55 e alle Direttive Efficienza Energetica (Eed III) e Prestazione Energetica degli Edifici (Epbd IV), si distingue come leader globale della transizione energetica - commenta il direttore generale Enea Giorgio Graditi - Alla luce delle vulnerabilità delle filiere energetiche globali, è fondamentale sfruttare le potenzialità offerte dall’innovazione, puntando sulle tecnologie emergenti e sulla digitalizzazione, che consente un monitoraggio in tempo reale delle emissioni e l’ottimizzazione dei consumi”. Per i soli interventi di efficientamento energetico avviati nell’anno, il confronto tra 2023 e 2022 evidenzia una flessione dei risparmi conseguiti tramite i meccanismi di detrazione fiscale, sia per SuperEcobonus (-21,2%) che per Ecobonus (-20,4%). Rimane sostanzialmente stabile il contributo del Bonus Casa che con i soli interventi attivati nel 2023 ha consentito risparmi pari a 71 ktep (-0,9%). Sul fronte dell’efficienza energetica negli usi finali, un notevole contributo è arrivato dalle aziende con l’avvio il 5 dicembre 2023 del terzo ciclo di audit energetici obbligatori per le grandi imprese e quelle energivore. Secondo i dati gestiti da Enea, sono pervenute 10.241 diagnosi da 5.797 soggetti obbligati, di cui il 44% sono grandi imprese, il 40% Pmi energivore ed il 16% grandi imprese energivore. Rispetto a dicembre 2019, che ha segnato l’avvio del secondo ciclo di diagnosi energetiche obbligatorie, le grandi imprese energivore che hanno adempiuto all’obbligo sono aumentate del 19%, mentre le grandi imprese sono diminuite dell’11%. I circa 9mila interventi di efficientamento energetico effettuati hanno prodotto un risparmio pari a 0,5 Mtep. “I dati incoraggianti presentati nel Rapporto sono il risultato del peso sempre più rilevante assunto nel Paese dall’efficienza energetica. Questo grazie al consolidamento delle attività di formazione e informazione, ma anche allo sviluppo di metodologie e banche dati che hanno evidenziato il ruolo di primo piano assegnato all’Enea nel coinvolgere attivamente istituzioni, imprese, e cittadini”, sottolinea la direttrice del dipartimento Enea di Efficienza energetica Ilaria Bertini.