(Adnkronos) - Novak Djokovic nella storia. Il tennista serbo ha vinto oggi, sabato 24 maggio, il centesimo titolo della carriera trionfando nell'Atp di Ginevra. Nole ha battuto in rimonta in tre set il polacco Hubert Hurkacz con il punteggio di 5-7, 7-6 (2), 7-6 (2). Djokovic diventa così il terzo giocatore di sempre a raggiungere questo traguardo, raggiungendo lo lo statunitense Jimmy Connors, primo in questa speciale classifica con i suoi 109 tornei vinti e lo svizzero Roger Federer, che ne ha conquistati 102. Ora Djokovic, numero sei del ranking Atp, volerà a Parigi per partecipare al Roland Garros, dove al primo turno sfiderà lo statunitense Mackenzie McDonald. Nole ha utilizzato Ginevra per riprendere confidenza con la racchetta in vista del secondo Slam della stagione dopo l'Australian Open, vinto da Jannik Sinner e da cui il serbo era stato costretto a ritirarsi in semifinale, tra le polemiche, a causa di un problema fisico.
(Adnkronos) - "Il nostro sistema fiscale, ce lo dicono Ocse e Banca d’Italia, penalizza il lavoro dipendente, soprattutto nelle fasce medio-alte. Un dirigente in Italia paga aliquote che altrove si applicano solo a chi guadagna quattro volte di più. Non è equità. E un disincentivo al merito. Accogliamo le proposte del Ministero dell’Economia sul taglio delle tasse per i ceti medi. Ma l’attesa non è più un’opzione. Il percorso va accelerato. Chiediamo una riforma fiscale all’altezza del tempo che stiamo vivendo. Una riforma che alleggerisca la pressione sul lavoro dipendente, che valorizzi chi crea occupazione e competenze, e che riconosca il ruolo strategico della dirigenza italiana come leva di competitività, coesione e progresso". A dirlo il presidente Cida, Stefano Cuzzilla intervenendo alla presentazione del 2° rapporto Cida-Censis 'Rilanciare l'Italia dal ceto medio. Riconoscere competenze e merito, ripensare fisco e welfare'. "Non possiamo più accettare - sottolinea - che chi investe in previdenza complementare, sanità integrativa, formazione e innovazione venga penalizzato da un sistema che taglia detrazioni e benefici in base a soglie di reddito nominale, scollegate dalla realtà economica di chi ogni giorno contribuisce al benessere del Paese. Difendere il ceto medio e chi lo guida significa anche difendere il risparmio, che è da sempre il caposaldo di questa fascia: un patrimonio non solo economico, ma anche culturale". "Tra le priorità da affrontare - avverte - c’è anche un altro nodo strategico: la questione del tetto agli stipendi nel settore pubblico e in ambiti ad alta funzione istituzionale. Una soglia rigida e generalizzata rischia di produrre una pericolosa emorragia di competenze in settori nevralgici per la tenuta del Paese: magistratura, forze armate, pubblica amministrazione, sanità, università, enti di ricerca". "Se le migliori professionalità, soprattutto tra le nuove generazioni, sono spinte - ribadisce il presidente Cuzzilla - a cercare altrove riconoscimento e prospettive, a perdere è l’interesse generale. Serve una riflessione concreta, che superi l’approccio ideologico, per valorizzare il capitale umano e garantire al Paese istituzioni all’altezza delle sfide che lo attendono". "Continuare a considerare i pensionati - ha aggiunto - solo come un costo è miope. I pensionati rappresentano un gigantesco giacimento di competenze ed esperienza, oltre che di welfare. Con l’espulsione indiscriminata dal mercato del lavoro, rischiamo di impoverire definitivamente il sistema. Serve una nuova visione: che riconosca il diritto alla libertà di lavoro, che valorizzi i percorsi senior, che costruisca una previdenza davvero accessibile e sostenibile. Non per generosità, ma per intelligenza collettiva".
(Adnkronos) - Trentino Alto Adige primo con distacco, Marche e Toscana, a seguire, sul podio. Questo l’ordine di arrivo della tappa 2024 di avvicinamento agli obiettivi che l’Europa si è data per il 2030: target di riduzione delle emissioni di gas serra, crescita delle energie rinnovabili e miglioramento dell’efficienza energetica legati alla transizione ecologica insieme all’impegno per fronteggiare la crisi climatica. Il 'ranking' è la sintesi conclusiva del secondo Rapporto su regioni italiane e transizione ecologica realizzato in occasione della decima edizione di Circonomia, in programma ad Alba dal 22 al 24 maggio. Il Rapporto, curato da Duccio Bianchi, fondatore dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia, è elaborato sulla base di un set di 30 diversi indicatori green. Nell’indice sintetico riassuntivo si riconferma il primato del Trentino/Südtirol, primo già nel Rapporto dello scorso anno, seguito da Marche - seconde come nel 2024 - Toscana (era quinta lo scorso anno), Lombardia (terza lo scorso anno) e Veneto (quarta lo scorso anno). Toscana, Lombardia e Veneto hanno valori molto ravvicinati, ma ben distaccati dalle successive regioni. Due grandi regioni del nord, Piemonte ed Emilia Romagna, sono a metà del ranking. La coda della classifica è monopolizzata da regioni del sud. Le regioni che in più del 50% degli indicatori hanno prestazioni migliori della media nazionale sono Marche (nel 77% dei casi), Trentino Alto Adige (67%), Toscana (63%), Liguria e Lombardia (nel 57% dei casi), Veneto e Abruzzo (nel 53% dei casi). Le regioni prime in più indicatori sono il Trentino Alto Adige (8 indicatori) e il Lazio (6) mentre le regioni che si collocano all’ultimo posto in più indicatori sono la Calabria (7) e la Liguria (4). Le differenze sono significative soprattutto tra le macroregioni, benché con alcune eccezioni al loro interno: non tutte le regioni del Mezzogiorno o del Nord seguono un analogo trend, anche per specificità produttive o di storia socio-politica. In sintesi, le regioni del Mezzogiorno (ma non la Sardegna) hanno impatti pro capite inferiori alla media italiana, mentre sistematicamente più alti sono gli impatti relativi al Pil e quindi la produttività di uso delle risorse, così come generalmente sono inferiori le prestazioni sugli indicatori di risposta e di mitigazione. Le regioni del Nord hanno prestazioni opposte a quelle delle regioni del Mezzogiorno: un impatto pro capite generalmente superiore alla media nazionale, ma anche una produttività d’uso delle risorse superiore alla media nazionale e una elevata capacità di mitigazione e risposta soprattutto sugli indicatori di economia circolare, anche se con differenze regionali. Le regioni dell’Italia centrale hanno percorsi più diversificati, anche per la eterogeneità del sistema produttivo. Complessivamente si tratta di regioni che si collocano sopra la media nazionale per impatti procapite e produttività d’uso delle risorse (con l’eccezione dell’Umbria) e anche per capacità di risposta e mitigazione (con l'eccezione del Lazio). “Dalla nostra ricerca esce un’immagine dell’Italia della transizione ecologica a chiaroscuri, con regioni all’avanguardia della conversione green e altre che arrancano. Serve uno scatto in avanti che coinvolga tutti i territori, solo così potremo essere al centro del green deal che non solo è indispensabile per fronteggiare la crisi climatica ma è una grande occasione di innovazione tecnologica e competitività economica. Come mostrano tanti esempi concreti, ‘convertire’ all’ecologia produzioni e consumi non è soltanto necessario per l’ambiente: è anche utilissimo a rendere più moderna e competitiva l’economia, a creare lavoro, a migliorare la vita quotidiana delle persone”, dice Roberto Della Seta, direttore del Festival.