(Adnkronos) - Arrestato in Germania un 22enne siriano che stava pianificando un grave attacco contro lo Stato tedesco motivato da convinzioni jihadiste. Lo ha annunciato un portavoce della procura di Berlino, spiegando che sono state sequestrate attrezzature idonee a fabbricare una bomba. La polizia lo ha arrestato nel quartiere di Neukölln a Berlino della capitale tedesca nella giornata di ieri, e oggi dovrebbe comparire in tribunale. Il portavoce della procura non ha fornito ulteriori dettagli sul possibile obiettivo dell'attacco pianificato. Secondo il tabloid Bild, l'obiettivo sarebbe dovuto essere una località di Berlino. Il portavoce ha aggiunto che per effettuare l'arresto è stata dispiegata un'unità della Squadra operazioni speciali (Sek) della polizia, che solitamente entrano in azione pesantemente armate. L'arresto del ventiduenne siriano accusato dalla polizia di star preparando un attentato di matrice jihadista mostra che "la minaccia terroristica in Germania, sebbene spesso astratta, rimane elevata", dichiara il ministro dell'Interno tedesco, Alexander Dobrindt, spiegando che il sospetto si trovava in Germania dal 2023 e che le sue attività, "che suggerivano preparativi per un attacco, sono state rilevate in tempo". La Germania negli ultimi mesi ha visto diversi attacchi con coltello, oltre ad attacchi con motivazioni jihadiste e di estrema destra che hanno fatto risaltare la necessità di ulteriori misure di sicurezza. Berlino rimane sotto vigilanza costante, specialmente dopo l'attacco jihadista del 2016 a un mercatino di Natale, quando un camion ha investito una folla, uccidendo 12 persone.
(Adnkronos) - “Il sud sta dando concreti segnali di ripresa. Con l’aumento di investimenti, export, innovazione e occupazione, oggi il Mezzogiorno traina l’economia nazionale”. Lo ha affermato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega al Sud, Luigi Sbarra, intervenuto questa mattina all’assemblea nazionale di Federmanager, rivendicando le azioni del governo: “il potenziamento delle infrastrutture strategiche, Agenda Sud, il programma Ricerca Sud e la Zes Unica, fulcro di una politica industriale efficace e concreta, con incentivi agli investimenti, semplificazioni e una visione triennale di stabilità”. E rivolgendosi ai manager presenti in sala ha detto: “Il successo del Mezzogiorno passa anche da quel capitale umano e professionale che trasforma la visione in risultati concreti”. "Il Sud presenta dinamiche economiche molto interessanti. Negli ultimi tre anni il Mezzogiorno cresce più del resto del Paese, ripartono gli investimenti, aumenta il Prodotto interno lordo, cresce l'occupazione soprattutto nella componente a tempo indeterminato. Non si tratta di un miracolo, ma questo secondo noi è il frutto di scelte e di politiche pubbliche efficaci, mirate, reali, che il governo di Giorgia Meloni ha messo in campo a favore del Mezzogiorno". Ha continuato poi conversando con Adnkronos/Labitalia a margine dell'assemblea. "E tutto ciò dimostra che in presenza di investimenti mirati, efficaci, con una visione, il Sud è pronto a ripartire. Oggi rappresenta il vero motore della crescita economica dell'intera comunità nazionale". Riguardo alla manovra ha sottolineato: "E' una manovra molto seria che coniuga il controllo, la sostenibilità dei conti pubblici con misure significative, che mette in campo, per quanto riguarda i salari, un sostegno forte alle imprese, alla famiglia, al Fondo sanitario nazionale, al Sud" "In modo particolare evidenzio la soddisfazione che la Zes Unica viene rifinanziata con uno stanziamento di 2,3 miliardi, la cifra più alta dalla istituzione ad oggi. Si programma una copertura finanziaria per i prossimi tre anni, si allungano i tempi per consentire agli investitori di presentare documentazione per avvenuto investimento". "Però oltre alla Zes Unica la legge di stabilità sostiene l'impresa, transizione 5.0, il rifinanziamento della Sabatini, dei contratti istituzionali di sviluppo. Quindi c'è una decisa volontà di sostenere processi importanti di crescita e di sviluppo del Paese e del Mezzogiorno in modo particolare". Ha concluso
(Adnkronos) - L'Italia rischia di perdere il 20% delle spiagge al 2050 e il 45% al 2100. Le case di 800mila persone sono a rischio per innalzamento dei mari, inondazioni temporanee o permanenti, erosione, pressione demografica e urbanistica. Lo rileva il XVII Rapporto ‘Paesaggi sommersi’ della Società Geografica Italiana, presentato questa mattina a Palazzetto Mattei a Roma con un ampio corredo di dati, evidenze, proiezioni e analisi. I territori più a rischio sono in primo luogo l’Alto Adriatico e, in misura minore, la costa pugliese intorno al Gargano, diversi tratti della costa tirrenica tra la Toscana e la Campania, le aree di Cagliari e Oristano, e molte altre. A rischio sono anche la metà delle infrastrutture portuali, diversi aeroporti, più del 10% delle superfici agricole, buona parte delle paludi, delle lagune e le zone costiere cosiddette 'anfibie', a cominciare dal Delta del Po e dalla Laguna di Venezia. La crisi climatica avrà un impatto enorme, ad esempio, sulle aree agricole costiere con un’accelerazione dei processi di salinizzazione, che imporranno pesanti strategie di adattamento, e sui litorali urbanizzati. Secondo stime inedite - spiega Società Geografica Italiana - sono 800mila le persone che vivono in territori sotto il livello del mare atteso e che rischiano processi di ricollocazione o che dovranno essere protetti da difese costiere artificiali sempre più pervasive. Basti pensare che la fascia costiera non è solo la zona in Italia con la maggior percentuale di suolo artificiale e urbanizzato ma è anche un’area dove il consumo di suolo prosegue incessante. Il Rapporto evidenzia che l’Italia rischia di perdere circa il 20% e il 45% delle proprie spiagge al 2050 e al 2100 rispettivamente, con punte in Sardegna, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Campania. "Bonifiche, urbanizzazione, infrastrutturazione, abusivismo: abbiamo trasformato la fascia costiera, un ambiente dinamico e instabile, in una linea di costa rigida e quindi fragile e vulnerabile. È ora indispensabile un cambiamento profondo dei regimi di gestione e pianificazione costiera, oltre che una ineludibile ma affatto scontata presa d’atto della centralità della ‘questione coste’ e della necessità di una sua ricomposizione a scala nazionale", fa sapere Stefano Soriani, professore di Geografia economico-politica all’Università Ca' Foscari Venezia, che ha partecipato alla redazione del Rapporto. In questo quadro la crisi climatica agirà come 'moltiplicatore di stress', rendendo i problemi ancora più gravi, sia dal punto di vista ambientale sia da quello socioeconomico - evidenzia Società Geografica Italiana - Ciò rende non più rinviabile un dibattito ampio tra forze politiche, sociali e scientifiche sulla gestione sostenibile delle nostre coste. "Il rischio non è solo la perdita di spiagge o l’inondazione dei litorali di costa bassa, urbanizzati o meno, ma una sempre più pervasiva artificializzazione della linea di costa, con profonde implicazioni paesaggistiche e di aggravamento della vulnerabilità. L’unica alternativa è fare il contrario di quanto fatto fin qui: rinaturalizzare i litorali, per sfruttare la loro capacità di adattamento. Un percorso irto di ostacoli socio-politici, oltre che strutturali ed economici", spiega Filippo Celata, professore di Geografia economica e politica all’Università di Roma La Sapienza, che ha partecipato alla redazione del Rapporto. "Da quasi vent'anni la Società Geografica Italiana realizza, con i suoi Rapporti, approfondite analisi dei problemi del territorio italiano. Cerchiamo di non alimentare allarmismi e catastrofismi; al contrario, proviamo a proporre ai decisori politici un quadro equilibrato e, su quella base, possibili interventi di mitigazione dei problemi", dichiara Claudio Cerreti, presidente della Società Geografica Italiana. I dati chiave del rapporto. Artificializzazione costiera - Quasi un quarto del territorio entro i 300 metri dalla costa è coperto da strutture artificiali, con picchi allarmanti in Liguria (47%) e nelle Marche (45%). Erosione accelerata - L'Italia rischia di perdere fino al 45% delle spiagge entro il 2100, mettendo a rischio un patrimonio naturale e turistico inestimabile. Difese costiere - Barriere artificiali proteggono ormai più di un quarto delle coste basse, ma aggravano l'erosione e la vulnerabilità e saranno sempre più costose e meno efficaci. Pressione turistica e impatto economico - I comuni costieri offrono il 57% dei posti letto turistici, ma questo sviluppo incontrollato sta esacerbando la crisi. Salinizzazione dei terreni agricoli - Nell'estate del 2023, il cuneo salino ha risalito il Delta del Po per oltre 20 chilometri, minacciando l'agricoltura e la disponibilità di acqua potabile. Aree protette vulnerabili - Le aree protette, cruciali per la biodiversità, tutelano il 10% delle acque e delle coste italiane, ma raramente dispongono di un piano di gestione adeguato. Porti a rischio - Porti e infrastrutture connesse si estendono per 2.250 km e rischiano di essere pesantemente compromesse con gravi effetti sulla qualità dei sistemi logistici.