(Adnkronos) - E' un compito "difficile", ma doveroso assistere Filippo Turetta. Al ventiduenne che ha confessato l'omicidio "efferato, gravissimo" dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin bisogna garantire una pena giusta, restando negli argini della legalità ed uscendo dal populismo del "buttare via la chiave". E' questo il compito che la difesa si è pone. Nell'arringa di oltre tre ore, davanti alla corte d'Assise di Venezia, l'avvocato Giovanni Caruso, che insieme alla collega Monica Cornaviera assiste l'imputato, ha ricordato ieri la funzione "rieducativa" della condanna e come l'ergastolo sia "una pena vendicativa, inumana e degradante" che va inflitta "con cautela" se si è di fronte a un ragazzo. La difesa non cerca scuse: Turetta ha ucciso, ha privato della vita la ragazza che era diventata la sua "ossessione". L'11 novembre del 2023 ha tolto alla studentessa di Vigonovo "sogni, speranze, progetti e un futuro radioso". Ha "agito in preda all'emotività, in uno stato di un'alterazione emotiva, con concitazione", il suo agire "non è crudele" e non è premeditato. "Il pm Andrea Petroni ha detto in requisitoria che questo è un caso di scuola della premeditazione, dissento: non lo è, non c’è premeditazione". C’è "intermittenza" nelle azioni dell'insicuro imputato, il suo procedere ondivago "è piuttosto un vediamo come va". Se la lista creata quattro giorni prima del femminicidio in cui sono appuntate le cose necessarie (coltelli, nastro, sacchi neri, mappe stradali), modificata fino a poche ore prima di accoltellarla, cancellata subito dopo essersi disfatto del corpo di Giulia Cecchettin gettandolo vicino al lago di Barcis, rappresenta per la pubblica accusa la prova della premeditazione, per l'avvocato Caruso "è una fantasia di agiti violenti. Denota davvero un proposito chiaro quella verso l'omicidio?". Turetta "era letteralmente ossessionato da Giulia, un'ossessione che lo portava a tenere una contabilità ossessiva dei comportamenti, delle abitudini e delle relazioni di Giulia. Che l'imputato avesse un comportamento petulante, oserei dire insopportabile, è fuori discussione" ammette il legale Caruso che, però, esclude l'aggravante degli atti persecutori (stalking) che necessita di uno stato d'ansia e paura perdurante e grave. Questo è un amore "tossico” dove la vittima "intelligente e solare, con un enorme spessore umano" lascia il ragazzo "timido, insicuro, che marca il territorio", ma Giulia Cecchettin "non cambia le sue abitudini di vita. Se avesse avuto paura per la sua incolumità avrebbe dato appuntamento lei al suo futuro omicida? Se avesse avuto paura non si sarebbe fatta accompagnare dalle amiche? Giulia non ha paura di Filippo Turetta, quando lei dice 'mi fai paura' si riferisce alla paura che lui si faccia del male" sostiene il difensore. L'imputato - incapace di gestire le proprie emozioni e una relazione affettiva - tiene ancora la testa bassa in aula ed è pronto al fine pena mai. "Davvero credete che voglia evitare l'ergastolo? - si chiede il difensore -. Dico una cosa un po' triste, ma l'unico ambiente in cui Filippo Turetta può incrociare umanità ed essere considerato un essere umano sono i compagni di cella perché vivono di un’umanità compromessa. La società non è pronta oggi per ospitare Filippo Turetta, questa è la realtà ed è giusto così. La pena significa tempo e lui è consapevole che gran parte della sua vita la trascorrerà in carcere". Per lui la difesa chiede di riconoscere le attenuanti generiche ed escludere le aggravanti. L'unica possibilità per far venir meno l’ergastolo. In subordine di considerare equivalenti attenuanti e aggravanti. La sentenza è in programma il 3 dicembre.
(Adnkronos) - "Dal taglio del cuneo fiscale previsto in manovra i lavoratori ne escono ancora più poveri. E l'intervento sulle detrazioni fiscale va ad aggravare la loro condizione. Senza contare che non si fa nulla contro il lavoro sempre più precario, che porterà ad avere in futuro pensionati sempre più poveri". Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Paolo Andreani, segretario generale della Uiltucs, il sindacato di categoria Uil che rappresenta i lavoratori del terziario, turismo, commercio e servizi, spiega i punti che stanno alla base dello sciopero generale convocato per il prossimo 29 novembre da Cgil e Uil contro la manovra economica del governo. Secondo Andreani nel provvedimento del governo "ci sono alcune condizioni in particolare che secondo noi penalizzano, o piuttosto non aiutano, la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori che noi rappresentiamo. Ce n'è una ad esempio che riguarda il cosiddetto taglio del cuneo fiscale. Per come è congegnato i redditi fino a 8.500 euro, rispetto a 2024, avanzerebbero di un euro lordo. Un reddito attorno ai 20.000 euro perderebbe circa 300 euro lordi e un reddito fino a 35.000 euro perderebbe circa 760 euro all'anno. Questo non è un avanzamento delle retribuzioni", attacca il dirigente sindacale. E, secondo Andreani, non è finita qui. "Per come si va a tagliare le detrazioni -sottolinea- e avendo a riferimento il quoziente familiare del reddito, oltre complessivamente un milione di lavoratori, e ce n'è una parte anche ovviamente nel terziario, ne avrebbe un danno", sottolinea il leader della Uiltucs. E nulla, attacca il sindacalista, è stato fatto contro la 'piaga' del "lavoro povero, della discontinuità lavorativa. Noi per contrastarlo, per migliorare la situazione retributiva dei lavoratori, puntavamo alla detassazione degli aumenti contrattuali che abbiamo realizzato in questo periodo con i 15 rinnovi siglati. Avremmo potuto godere per un lungo periodo di un vantaggio molto più significativo rispetto al taglio del cuneo fiscale. E non ci siamo riusciti", sottolinea il sindacalista. E lo sciopero generale del 29 novembre è in corrispondenza con il Black Friday, il giorno dei grandi ribassi nel commercio. "Il Black Friday? I lavoratori che rappresentiamo lavorano nella vendita al dettaglio e nella grande distribuzione organizzata, come anche nell'e-commerce. Noi ci aspettiamo un'adesione significativa allo sciopero del 29 novembre, specie nei punti vendita della distribuzione organizzata, l'effetto sulle vendite lo vedremo dopo lo sciopero", sottolinea. E Andreani ricorda che il lavoro nel commercio "è una di quelle attività che seguono la liberalizzazione degli orari. Vengono svolte con l'apertura ininterrotta delle strutture e, a seconda della capacità di organizzarsi nel lavoro, ci sono molte persone, la grande maggioranza, che è costretta a lavorare i sabati e tutte le domeniche. E festività comprese. Questi lavoratori vengono pagati con percentuali orari e lievemente superiori. Ma qual è il tema? Si lavora il sabato, la domenica, orari su misura per le imprese, le imprese fanno fatturati e invece i salari sono bloccati", aggiunge. Per il dirigente sindacale infatti "i lavoratori dei comparti che rappresentiamo non se la passano bene. Anche perché sono settori nei quali, in particolar modo parliamo del terziario, del commercio, sono aumentati i profitti delle imprese in modo molto significativo, nell'ultimo biennio di oltre il 40%, mentre gli investimenti sono stati esigui, circa l'1,6%. E soprattutto non è stata redistribuita la redditività che è stata realizzata. Non si è fatta minimamente contrattazione di secondo livello e i lavoratori sono sempre più poveri", ribadisce. Andreani sottolinea come nel terziario "il contratto nazionale lo abbiamo rinnovato, ma dopo oltre 5 anni, quindi c'è stata una perdita del potere d'acquisto di oltre una mensilità. Non si è fatta minimamente contrattazione di secondo livello, le aziende non hanno distribuito ciò che hanno realizzato. Questo ha peggiorato ulteriormente le condizioni di lavoro delle persone, soprattutto sui salari. Tutto questo con una condizione di lavoro molto flessibile: quindi orari su misura per l'impresa, ma poco salario. E questo sta diventando anche il problema per il quale le imprese non trovano più risorse disponibili", sottolinea il sindacalista. Nel terziario, secondo Andreani, serve una svolta. "Noi ci siamo trasformati in un 'polmone occupazionale' con un 'degrado', per così dire, delle condizioni di lavoro e del salario perché la pubblica amministrazione, dovendo contenere le spese, applica contratti collettivi a basso contenuto economico. E anche l'industria, 'terzierizzando' utilizza una parte del terziario con contratti collettivi che anche in questo caso hanno condizioni economiche problematiche", sottolinea. In sostanza, lamenta Andreani, "il Paese ha un grande 'polmone occupazionale', prevalentemente giovani e donne, a cui si garantiscono condizioni salariali precarie e ci sono condizioni lavorative altrettanto precarie. Che vuol dire la povertà economica dell'oggi ma poi anche la povertà previdenziale del domani. Perché col sistema contributivo delle pensioni, essendoci poco salario, un 35enne di oggi sa che andrà in pensione a 74 anni con 1000 euro lordi, e un part-time, e ci sono oltre un milione di part-time, andrà in pensione con l'assegno sociale. Quindi ci dobbiamo preparare alla povertà previdenziale", avverte Andreani. Secondo il dirigente sindacale, "è un tema che purtroppo sarà sempre più preoccupante se noi non creiamo la condizione per qualificare il lavoro, dando un valore al lavoro e quindi incentivando la contrattazione collettiva e il lavoro di qualità. Perché si continua a dare contributi, a sostenere le imprese che non rinnovano i contratti? Perché si danno contributi a pioggia e non si danno, magari, alle imprese virtuose, che magari aumentano l'occupazione e si mettono nella condizione di avere la responsabilità sociale di impresa?, conclude Andreani.
(Adnkronos) - Cresce la consapevolezza dell'importanza della transizione energetica e dei benefici che questa può portare all'ambiente, all'economia e alla società e cresce anche nei Paesi con economia a base fossile, come l'Azerbaigian e il Kazakistan. Tanto che il 64% degli intervistati azeri (più di Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e India) e il 53% in Kazakistan (più di Italia, Regno Unito, Stati Uniti e della stessa Cina) ritiene la transizione energetica cruciale per combattere il cambiamento climatico. E' quanto emerge dalla ricerca di Fondazione Maire - Ets, la Fondazione del gruppo Maire, società italiana di tecnologia e ingegneria, che lancia a Cop29 la seconda edizione dello studio condotto in collaborazione con Ipsos dal titolo 'Climate goals: winning the challenge of climate goals through the creation of skills and competences worldwide. Addendum 1: focus Azerbaijan - Kazakhstan'. L'edizione 2024 aggiunge Azerbaigian e Kazakistan, portando il panel totale a 12 Paesi (Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Algeria, Cile, Cina, India, Azerbaigian, Kazakistan) con 2000 interviste rivolte a un campione di popolazione altamente istruita e agli opinion leader. La ricerca, sponsorizzata da Nextchem e Tecnimont, società del gruppo Maire, mostra che la comunità internazionale è sempre più consapevole del fatto che la transizione energetica richiede nuove competenze per creare opportunità di business e di lavoro. In generale, lo studio rileva che gli intervistati credono nel valore a lungo termine e nell'impatto positivo della transizione energetica, nonostante le sfide e i costi percepiti a breve termine. I Paesi che si trovano ad affrontare una sfida importante nella transizione verso un'economia sostenibile, basata su soluzioni rinnovabili e circolari, sono quelli che avranno bisogno di maggiori investimenti nella formazione e nello sviluppo di competenze nei prossimi anni. In Azerbaigian, il 55% degli intervistati considera la transizione energetica una priorità, rispetto al 39% degli intervistati in Kazakistan, il che indica una crescente consapevolezza delle questioni ambientali e delle potenziali opportunità economiche che offrono, suggerendo un terreno fertile per future iniziative 'green'. Più nel dettaglio, in Azerbaigian (96%) e in Kazakistan (93%) gli intervistati hanno sentito parlare della transizione energetica: il 43% in Azerbaigian (più alto della Cina) e il 29% in Kazakistan (il tasso più basso dei 12 Paesi) ne ha 'molta familiarità'. Il 39% in Kazakistan e il 55% in Azerbaigian hanno dichiarato che la transizione energetica è una priorità, in linea con i paesi europei (e quasi uguale all'Italia), dietro a India, Turchia e Cina (65-70%). Nel breve periodo, poi, i costi supereranno i benefici per il 57% degli intervistati in Kazakistan e per il 31% in Azerbaigian (in linea con la Turchia). Sul fronte delle competenze, la formazione e l'aggiornamento sono fondamentali sia in Kazakistan che in Azerbaigian per oltre l'80% degli intervistati, più che in India (71%), Usa e Arabia Saudita (75%). Il 62% degli intervistati in Azerbaigian e il 58% in Kazakistan ritiene necessario accrescere l’abilità di risoluzione dei problemi mentre gli intervistati del Kazakistan hanno dichiarato che la soft skill più richiesta è il pensiero critico (68%) e che la presenza di professionisti qualificati per la transizione energetica dovrebbe essere aumentata (82%). Stando allo studio, il processo di transizione energetica richiede una sostanziale riqualificazione della forza lavoro sia in Azerbaigian che in Kazakistan. Il diffuso riconoscimento di questa esigenza, si manifesta con la necessità di una formazione superiore quanto ai temi legati alla transizione energetica. Le competenze richieste vanno dalle conoscenze tecniche alle cosidette soft skill. In Kazakistan, con le sue vaste risorse naturali e le infrastrutture energetiche esistenti, l'attenzione è rivolta soprattutto all'analisi e alla valutazione dell'impatto ambientale. In Azerbaigian, dove l'enfasi sulla diversificazione del settore energetico è sempre maggiore, lo sviluppo di competenze in materia di energia solare, eolica e altre fonti rinnovabili è fondamentale per la transizione del Paese verso un mix energetico più sostenibile. In Azerbaigian, il problem solving è considerato una priorità, poiché la transizione presenta diverse sfide che richiedono soluzioni innovative. In Kazakistan, le capacità di pensiero critico sono considerate essenziali per analizzare dati complessi, valutare approcci alternativi e prendere decisioni informate. Per Fabrizio Di Amato, presidente di Fondazione Maire e del gruppo Maire, "i risultati di questo studio su Azerbaigian e Kazakistan dimostrano che la transizione energetica è possibile in tutte le geografie con un approccio graduale, al quale contribuiscono tutte le soluzioni tecnologiche disponibili, tra cui anche il gas decarbonizzato. Spero che l’impegno della nostra Fondazione acceleri l’adozione di politiche pubbliche per implementare la formazione di competenze indispensabili a sostenere questo cambio di paradigma”.