(Adnkronos) - Sono stati fermati dai poliziotti i due presunti autori della violenta rapina al distributore di carburante di via Domenico Fontana, nel quartiere Arenella di Napoli. I due ragazzi devono rispondere di tentata rapina aggravata e duplice tentato omicidio. La rapina è avvenuta nella serata di venerdì in via Domenico Fontana. Secondo la ricostruzione, poco prima delle 20, tre persone hanno tentato di mettere a segno una rapina ai 2 dipendenti del distributore di carburanti, ma i due - un 63enne e un 67enne, entrambi napoletani - hanno reagito. Nella colluttazione, i due benzinai sono stati feriti con un'arma da taglio. Trasferiti in codice rosso all'ospedale Cardarelli, fortunatamente i due benzinai sono stati medicati e già dimessi, anche se con una prognosi rispettivamente di 30 e 20 giorni per ferite agli arti.
(Adnkronos) - In un’economia globale sempre più segnata da instabilità e tensioni commerciali, il ruolo dell’export manager ha subito una trasformazione profonda e irreversibile. Quello che fino a pochi anni fa poteva essere considerato un presidio operativo legato alle vendite internazionali è oggi un nodo strategico fondamentale per la sopravvivenza e la crescita delle imprese. Le dinamiche protezionistiche, l’irrigidimento dei regimi doganali, l’adozione di dazi straordinari e misure di controllo all’esportazione ancora più rigide rendono l’accesso ai mercati esteri più complesso. Le imprese italiane che vogliono competere nei mercati internazionali non possono più affidarsi a modelli statici. Serve una nuova visione, in cui competenze doganali, capacità strategiche, aggiornamento normativo e soft skills siano integrate in modo coerente. L’export del futuro sarà sempre più sfidante, ma anche ricco di opportunità per chi saprà affrontarlo con strumenti nuovi. La trasformazione è già in atto e riguarda tutti, come confermano esperti e operatori. “Gli export manager e i responsabili doganali delle aziende attive nel commercio internazionale - evidenzia Sara Armella, direttore scientifico di ARcom Formazione e presidente Commissione Dogane & Trade Facilitation-Icc Italia - si trovano oggi a operare in un contesto fortemente instabile, in cui misure protezionistiche, dazi straordinari, clausole contrattuali gravose e barriere non tariffarie rappresentano fattori di rischio quotidiano. A ciò si aggiunge la nuova riforma del diritto doganale che richiede un ulteriore salto qualitativo nella gestione dell’import-export poiché introduce rilevanti novità in materia di contrabbando, rendendo indispensabile per le imprese che operano a livello globale l’aggiornamento dei propri modelli di business e l’adozione di procedure di mitigazione dei rischi". "In questo scenario, è fondamentale dotarsi di competenze specialistiche in materia di diritto doganale, trade compliance e fiscalità internazionale, per strutturare processi aziendali capaci di prevenire sanzioni, contenziosi e ritardi doganali, ma anche per cogliere le opportunità offerte dalla rete di accordi preferenziali stipulati dall’Unione europea. Una corretta pianificazione doganale e l’ottenimento dello status di Operatore economico autorizzato (Aeo), ad esempio, possono determinare un vantaggio competitivo significativo, in termini di affidabilità, semplificazioni e accesso agevolato ai mercati esteri", sottolinea. Investire oggi nella formazione - prosegue - è una scelta strategica per garantire la continuità operativa dell’impresa e tutelare i margini di profitto in un’economia globale sempre più frammentata e complessa. Per questo, con ARcom Formazione abbiamo scelto di lanciare la prima Masterclass ‘Trade War: come gestire l’Export’, per fornire alle imprese italiane un percorso formativo avanzato, interdisciplinare e immediatamente operativo, capace di integrare le funzioni aziendali coinvolte nell’export (legale, logistica, vendite e acquisti) attraverso un approccio strategico e conforme agli standard internazionali”. L’evoluzione dello scenario globale sta influenzando in modo significativo la professione legale, soprattutto in ambito internazionale. La crescente volatilità determinata da nuove politiche tariffarie, controlli all’export e riforme normative non è più un’eccezione, ma una condizione strutturale con cui aziende e consulenti devono imparare a convivere. In questo contesto, anche il ruolo dell’avvocato d’impresa deve mutare paradigma: non più solo interprete delle norme, ma parte attiva nella strategia di mitigazione del rischio, come osserva Valentino Durante, responsabile del dipartimento di diritto internazionale dello studio legale Casa & Associati: "L’incertezza è ormai una condizione strutturale e non più eventuale, complessa perché significa mutare il proprio paradigma di riferimento sia a livello professionale, che come elemento partecipativo delle scelte di mitigazione del rischio di impresa". "Sul piano professionale, la consapevolezza della volatilità del contesto - avverte - ci spinge a prediligere una struttura del contratto più flessibile e più cooperativa, contribuendo a mitigare le spinte all’azzardo o alle pressioni derivanti dalle posizioni di forza temporanee. A livello consulenziale, significa invece capire che la parte legal è ormai stabilmente legata alla comprensione dei mutamenti geopolitici globali e delle sue ricadute giuridiche, come nel caso delle norme transnazionali doganali e delle regole di export control, rispetto alle quali la logica del team multidisciplinare è ormai una necessità diffusa e non più una semplice opzione presente nel solo territorio delle grande imprese o dei grandi studi legali”. Ma l’evoluzione non è solo normativa. È soprattutto culturale e professionale. “L’export manager moderno deve dominare supply chain, automazione, strumenti digitali e contesto geopolitico, oltre a saper leggere i dati in chiave strategica. Il problema? Figure così complete sono rarissime. Il mercato chiede professionisti ibridi, ma il sistema formativo è ancora fermo a un export ‘da fiera’. Senza una rivoluzione culturale e formativa, continueremo a rincorrere le sfide globali con strumenti del passato”, fa notare Alberto Stecca, ceo di Silla Industries, azienda italiana dell’e-mobility. Questa dissonanza tra domanda e offerta di competenze è oggi uno degli ostacoli principali alla crescita dell’export Made in Italy. Alcuni settori, come il tessile e la moda, stanno vivendo in modo particolarmente accentuato l’impatto di questa trasformazione. “Nel fashion, il ruolo dell’Export Sales Manager sta vivendo una profonda evoluzione: è una figura che oggi si trova ad affrontare un panorama in rapida evoluzione, dove si intersecano una serie di fattori: pressioni ambientali, nuove normative doganali, tensioni geopolitiche, digitalizzazione e cambiamento delle abitudini di consumo. Oggi questa figura deve essere in grado di gestire una supply chain sostenibile e tracciabile, interpretare correttamente regolamenti in costante aggiornamento, trend di consumo, padroneggiare strumenti digitali e piattaforme e-commerce, e cogliere i segnali di trasformazione nei comportamenti dei consumatori globali", afferma Luigi Castellani, presidente di Suitex International, punto di riferimento da oltre 40 nella ricerca e selezione del personale nei settori del fashion, design e beauty. "In questo settore non basta più esportare un prodotto: occorre costruire una relazione di valore con il cliente, valorizzare l’identità del brand all’estero e saper presidiare i mercati con visione strategica. Ogni azienda ha peculiarità organizzative e obiettivi diversi: per questo è essenziale che l’Export Manager sia capace di inserirsi in modo coerente, flessibile, con un approccio su misura e una forte attitudine al cambiamento. Senza dimenticare poi la crescente importanza delle soft skills. Le conoscenze tecniche ed organizzative sono imprescindibili ma poi c’è tutto il resto che amplifica e rende vincente l’operatività dell’Export Sales Manager. In questo momento l’unicità di ogni selezione è ancora più importante ed evidente”, conclude.
(Adnkronos) - La Cina è tra i grandi protagonisti della transizione energetica. Con la rivoluzione verde fatta di fotovoltaico, eolico, mobilità elettrica e nucleare, è la nazione che spende di più per promuovere l’economia verde con 1.600 miliardi di dollari spesi solo negli ultimi due anni e l’obiettivo di emissioni zero entro il 2030. “La Cina considera lo sviluppo verde come la via per la modernizzazione - ha sottolineato nel corso del suo intervento al Festival dell’Energia di Lecce l’Ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Italia Jia Guide - La Cina ha costruito il più grande e dinamico sistema di energia rinnovabile al mondo e che rappresenta il 56% del totale nazionale”. Di fronte al disimpegno climatico di alcuni Paesi è essenziale che “Cina e Europa rafforzino la propria collaborazione, guidando la governance climatica attraverso una relazione stabile e di lungo termine”. Oltre al rafforzamento della collaborazione tra Europa e Cina, l’ambasciatore ha sottolineato altri due punti importanti da esplorare per la transizione verde: la difesa del multilateralismo nel mantenere la giusta rotta nella governance climatica, e la promozione da parte di Europa e Cina di una globalizzazione verde. “Nell’anno in cui ricorre il decennale dell’accordo di Parigi, il Paese è pronto per collaborare e approfondire la cooperazione sull’economia verde”, ha detto.