(Adnkronos) - Paolo Maldini e Daniele De Rossi hanno molto in comune. Una grande carriera da calciatori, consegnata per scelta identitaria a una sola maglia, Milan e Roma; una presenza importante nel mondo del calcio alimentata dalla leggenda che rappresentano, il primo da dirigente, il secondo da allenatore. Hanno in comune anche la frattura con le proprietà americane delle loro società, sempre il Milan e la Roma, che li hanno allontanati dalla loro nuova vita professionale per la stessa ragione: un presunto, eccessivo, coinvolgimento emotivo considerato un ostacolo all’esecuzione della visione imprenditoriale e sportiva che si vuole portare avanti. Due contesti diversi, due profili diversi, lo stesso macroscopico errore di valutazione firmato da Gerry Cardinale e Dan Friedkin. In uno studio pubblicato da Harvard Business School, l’amministratore delegato del Milan Giorgio Furlani ha parlato della scelta di fare a meno di Paolo Maldini: "È stata una decisione storica quella di lasciarlo andare, per quello che ha significato per il club e per la sua autorevolezza. Ma se volevamo realizzare la visione che Gerry aveva per il club dovevamo cambiare e andare avanti". Per realizzare una visione, si è scelto di sacrificare l’uomo che ha portato lo scudetto al Milan e che avrebbe continuato a fare calcio assecondando le sue conoscenze, le sue capacità e la storia che rappresenta. Oggi il Milan arranca lontano dalla lotta scudetto, dentro una confusione gestionale che rischia di trasformarsi in una crisi strutturale. I danni prodotti dalla scelta di Dan Friedkin di esonerare Daniele De Rossi dopo appena 4 giornate di campionato sono ancora più pesanti per la Roma, che si è arrotolata in una crisi tecnica, societaria e ambientale che ha pochi precedenti nella sua storia. Ancora oggi sembra inspiegabile una scelta arrivata troppo presto e senza una ragione plausibile, con un veto incrollabile all’ipotesi del ritorno in panchina di un allenatore al quale era stato affidato un contratto triennale. Anche per De Rossi, è stata fatta trapelare la stessa versione: troppo emotivo, troppo coinvolto. Ma anche, evidentemente, troppo competente per accettare scelte discutibili e contrarie all’identità romanista. Un errore, quello che le due proprietà di Milan e Roma hanno condiviso, che affonda le sue radici nella cultura manageriale americana, sicuramente più orientata a un approccio industriale e numerico, o algoritmico, rispetto alla cultura europea, più orientata alla valorizzazione delle risorse umane. Ma anche un errore che si salda con un equivoco di fondo, la presunzione di voler considerare l’industria del calcio come una qualsiasi altra industria. Non è così, da molti punti di vista. Il primo, e il più evidente, è il peso della competenza specifica, della conoscenza tecnica e ambientale del contesto. Pretendere di isolare e magari estirpare la componente emotiva, ovvero la complicata alchimia di passione, appartenenza e cultura, vuol dire svuotare un progetto della sua anima principale, la connessione tre le persone, che resta un asset fondamentale del prodotto calcio. A Roma l'errore di valutazione è costato una stagione e soprattutto una frattura che rischia di compromettere irreversibilmente il rapporto tra proprietà e tifoseria che le scelte precedenti, da Mourinho allo stesso De Rossi, avevano cementato. A Milano, si è bruscamente rescisso il legame con la storia, in gran parte vilipesa anche con le meste celebrazioni dei 125 anni di vita del club. E' calcio ma c'è anche dentro la strategia imprenditoriale. Perché i risultati passano anche dall'identità e dalla cultura che la deriva quantistica, fatta di algoritmi e software, non può archiviare. E passano dalla competenza tecnica e della personalità che uomini come Paolo Maldini e Daniele De Rossi avevano messo al servizio di Milan e Roma. Ora vanno ritrovate, in qualche modo. (Di Fabio Insenga)
(Adnkronos) - “Ringrazio la signora Bracco per aver voluto firmare con il ministero degli Esteri questo accordo così importante per far conoscere meglio la nostra lingua attraverso la Fondazione, la nostra cultura e attraverso le scuole italiane. Poter utilizzare la nostra lingua come ponte e come strumento di contatto ha un grande rilievo economico”. Lo ha detto il ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani in occasione della firma dell’accordo con la Fondazione Bracco grazie al quale il progetto Diventerò nel mondo, ideato dalla Fondazione per sostenere la formazione di giovani studenti, varcherà i confini italiani ed arriverà nel 2025 nelle scuole italiane statali di Zurigo, Parigi, Barcellona, Madrid, Atene, Istanbul, Addis Abeba, e, a seguire, in più di 40 scuole paritarie diffuse nei cinque continenti. “Questo accordo rientra anche nella strategia che ho avviato per dar vita alla giornata dell’italofonia l'anno prossimo, per usare la nostra lingua come strumento di pace, ma anche come strumento di presenza rafforzata italiana nel mondo - spiega - Questo accordo permetterà di aiutare le nostre scuole a fare importanti passi in avanti in questa direzione”. “Vorremmo che il maggior numero di persone leggesse in italiano. L'obiettivo è quello di utilizzare la lingua italiana in settori scientifici, non solo letteratura ma anche scienze, favorendo tutti i giovani che si occupano di discipline che rappresentano in futuro una grande opportunità. Ringrazio veramente tanto la dott.ssa Bracco per aver accolto con favore l'idea di un accordo che credo avrà ottimi risultati”, conclude il ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale.
(Adnkronos) - “Questo fantastico impianto fotovoltaico è molto innovativo e unisce la tecnologia alla bellezza del luogo, è stato realizzato in tempi record da Acea e soprattutto da Areti, società del gruppo Acea, per garantire anche al Vaticano questa transizione energetica che diventa ormai ineludibile per tutto il nostro pianeta''. Lo afferma Barbara Marinali, presidente di Acea, durante l'inaugurazione ai Musei Vaticanii della nuova copertura vetrata fotovoltaica del Cortile delle Corazze. ''E' un impianto composto da 235 pannelli fotovoltaici ad altissima prestazione ed è stato realizzato grazie al coordinamento di Areti insieme ad una serie di ditte fornitrici e subappaltatrici in una armonia che ha consentito di realizzare tutto in sei mesi conciliando la realizzazione di questa infrastruttura con le visite dei turisti, che non sono state mai interrotte durante questo periodo. Una sfida che abbiamo accolto e che siamo contenti di aver portato a termine, collaborando con il Governatorato, con la Direzione infrastrutture e con tutte le strutture della città del Vaticano''. ''Questo è il primo passo di un tassello di iniziative che, insieme al Gruppo Acea, la città del Vaticano si accinge a realizzare per avere una completa transizione verso una Net Zero Economy all'interno di questo piccolo ma grande Stato. E' difficile integrare e trovare spazi dove realizzare infrastrutture fotovoltaiche in luoghi già fortemente costruiti e antropizzati. Questo è un esempio straordinario di come in un'infrastruttura che già esisteva si può pensare, immaginare e realizzare un impianto che si compenetri con un'infrastruttura già esistente. La sfida, qui e nelle città, è trovare spazi dove realizzare la transizione con infrastrutture compatibili con l'esistente”.