INFORMAZIONIPietro CeliMinistero dello Sviluppo Economico (e Comunicazioni) - MISE Istituzioni e Pubblica Amministrazione Centrale Ruolo: Direttore Generale per l%ap%internazionalizzazione Area: Top Management Pietro Celi |
INFORMAZIONIPietro CeliMinistero dello Sviluppo Economico (e Comunicazioni) - MISE Istituzioni e Pubblica Amministrazione Centrale Ruolo: Direttore Generale per l%ap%internazionalizzazione Area: Top Management Pietro Celi |
(Adnkronos) - "Non so se la bellezza salverà il mondo, ma per me è balsamo e quiete". In questa frase, pronunciata con la voce calma di chi ha passato una vita a misurare la luce, c'è tutto Mimmo Jodice, uno dei più grandi fotografi italiani del secondo Novecento, morto all'età di 91 anni. E' stato protagonista di una stagione irripetibile della fotografia italiana, quella in cui l'obiettivo non serviva solo a documentare, ma a capire, a sentire, a prendere posizione. Dopo diversi lavori di impronta socio-antropologica sulla realtà della sua Napoli, la sua ricerca si è focalizzata sul mito antico delle civiltà mediterranee ('Isolario mediterraneo', 2000) e sugli spazi urbani, oniricamente deprivati della presenza umana ('Città visibili', 2006). Nato il 29 marzo 1934 a Napoli nel Rione Sanità, figlio di un'Italia povera e indomita, Domenico 'Mimmo' Jodice aveva imparato presto che il vedere è una forma di resistenza. La fame, l'ingiustizia, la fatica di vivere nei vicoli di Napoli furono le prime lezioni di composizione: insegnarono a guardare, e poi a raccontare, ciò che gli altri non volevano vedere. Negli anni Cinquanta si avvicina per caso alla fotografia. Non aveva studi accademici: autodidatta, curioso, mosso da una fame di immagini più che di pane. Nei primi esperimenti degli anni Sessanta - quelli presentati da Lucio Amelio, tra i fermenti dell'arte concettuale napoletana - la fotografia diventa linguaggio puro, spazio di libertà. Collabora con Andy Warhol, Joseph Beuys, Sol LeWitt, Michelangelo Pistoletto, Jannis Kounellis: artisti che, come lui, credevano che l'arte potesse cambiare la percezione del reale. Fu allora che Jodice cominciò a pensare la fotografia come un'arte autonoma, non ancella della pittura né semplice strumento di cronaca. "Volevo che la fotografia entrasse nell'Accademia come il disegno o la scultura", raccontava. E ci riuscì: dal 1970 al 1994 insegnò fotografia all'Accademia di Belle Arti di Napoli, dove fondò la prima cattedra italiana della disciplina. Per generazioni di studenti fu maestro e compagno di cammino, uno che portava i ragazzi per strada "a educare lo sguardo alla luce", a eliminare il superfluo fino a far emergere la forma pura delle cose. Ma la sua storia non è solo quella di un artista, è quella di un uomo che ha creduto nella fotografia come strumento di giustizia. Negli anni Settanta, con la moglie Angela, militante e compagna di vita, pubblica riviste come 'Il cuore batte a sinistra' e 'Fabbrica e città', denunciando lo sfruttamento, lo scempio edilizio, la miseria delle periferie. Jodice fotografava "per cambiare il mondo". Le sue immagini - i vicoli, gli operai, i bambini del colera - sono colpi di luce e di pietà, mai di retorica. Poi arrivò la delusione: "Dopo dieci anni di impegno capii che nulla stava cambiando. Mi distrusse. Per un anno non fotografai più". Da quella crisi nacque la seconda vita di Jodice. Quando tornò a scattare, il suo sguardo si era spostato dentro di sé. 'Vedute di Napoli' (1980) segna la svolta: la città appare deserta, senza uomini, sospesa in una dimensione metafisica. È la Napoli dell'attesa, "deserta, triste, angosciante, ma anche misteriosa e bellissima". Da allora, le sue fotografie diventeranno luoghi del silenzio, spazi dove il tempo si ferma per lasciare parlare la memoria. La parola 'Attesa' ritorna spesso nel suo lessico. Non è rassegnazione, ma tensione: "tendere a", come suggerisce l'etimologia latina. In quell'attendere, Jodice trovava la speranza che il mondo potesse ancora cambiare, anche solo attraverso la contemplazione. Le statue greche del ciclo "Anamnesi", i templi di Mediterraneo, le nature morte di Eden: tutto in Jodice è movimento interiore, passaggio tra passato e presente, sogno e realtà. Ogni fotografia è un ponte invisibile tra l’uomo e ciò che resta. Nonostante la fama internazionale - le mostre al Philadelphia Museum of Art, al Louvre, alla Maison Européenne de la Photographie, al Museo di Capodimonte, al Mart, al Masp di San Paolo del Brasile - Jodice è rimasto sempre napoletano, nel senso più alto e tragico del termine: legato alla sua terra come a una madre dolente. Napoli per lui non è mai stata sfondo, ma interlocutrice, corpo vivo da interrogare e da amare. "È una città che non finisce mai di morire e di rinascere", diceva. Nel 2003 ricevette il Premio Antonio Feltrinelli dell'Accademia dei Lincei, primo fotografo a ottenerlo; nel 2006 fu insignito della laurea honoris causa in Architettura dall'Università Federico II di Napoli. Ma la consacrazione definitiva arrivò con le grandi retrospettive: nel 2007 espone alla Fondazione Forma di Milano l'importante retrospettiva "Perdersi a guardare - Trenta anni di fotografia in Italia" che verrà poi esposta l'anno successivo ad Arles e di cui l'Editore Contrasto pubblica il libro omonimo in italiano, inglese e francese. Il Museo d'arte contemporanea di Napoli (Madre) nel 2016 dedica la grande retrospettiva sul lavoro del fotografo dal titolo "Attesa 1960-2016". E infine "Senza Tempo" alle Gallerie d'Italia di Torino, curata da Roberto Koch con un documentario di Mario Martone. In quelle ottanta fotografie - esposte dal 29 giugno 2023 al 7 gennaio 2024 - scorreva mezzo secolo di sguardi, sperimentazioni, solitudini. Era un testamento visivo, e anche una confessione. Jodice parlava poco, ma sapeva ascoltare e, soprattutto, guardare. "Le mie fotografie sono i miei pensieri", ripeteva. In effetti, la sua opera sembra un lungo dialogo con se stesso e con la luce. Il bianco e nero di Jodice non è mai contrasto netto: è vibrazione, respiro, coscienza. Ogni scatto è una soglia, come se la macchina fotografica fosse un luogo di meditazione. La sua Napoli, come il suo Mediterraneo, vive in un tempo che non è più storico, ma interiore. Le rovine classiche, i volti di pietra, i porti sospesi in una calma innaturale raccontano una civiltà scomparsa e insieme ancora presente, un Sud che è luogo dell’anima. È questo, forse, il segreto della sua grandezza: avere restituito all’Italia un’immagine di sé lontana dai cliché, tragica e luminosa, ferita e immortale. Nel suo ultimo libro, "Saldamente sulle nuvole" (Contrasto, 2023), scritto con Isabella Pedicini, Jodice ripercorre la sua vita con la tenerezza di chi si sente parte di un sogno più grande. Parla di Angela, della sua compagna di sempre, e del figlio Francesco, anch’egli fotografo. Parla della povertà e della libertà, delle illusioni e delle attese. "Forse - scrive - le fotografie più belle sono quelle che ancora devo fare, chiuse in una busta Ferrania". Oggi quella busta resta sigillata, ma la sua eredità continua a svilupparsi nella memoria collettiva. (di Paolo Martini)
(Adnkronos) - Milano capitale europea della cultura del lavoro ospiterà il prossimo 18/20 novembre 2025 la diciassettesima edizione del Forum Hr-People & culture 2025 presso l’Università Iulm di Milano. Il Forum riunirà oltre 3.000 partecipanti, 380 speaker, tra direttori hr, ceo, accademici e leader dell’innovazione. 12 programmi in due giornate composte da talk show, keynote, workshop ed executive roundtable che si terranno in sei sale in parallelo: quattro a porte aperte e due a porte chiuse. Per la prima volta, il Forum Hr-People & culture ospiterà una sala internazionale con interventi in lingua inglese da parte di C-Level hr da tutta Europa, che sarà trasmessa in diretta sul sito www.comunicazioneitaliana.tv nelle due giornate dell’evento. Il tema guida 2025 – 'Co-intelligenza' – rappresenta l’incontro tra intelligenza umana e intelligenza artificiale, tra efficienza tecnologica e valore umano. Un cambio di paradigma: dal 'gestire le risorse' al 'valorizzare le persone', dalla performance individuale all’intelligenza collettiva. Fabrizio Cataldi, founder di Comunicazione Italiana afferma: “La nostra missione è connettere intelligenza umana, tecnologia e valori per progettare il futuro del lavoro”. L’evento è organizzato da Comunicazione Italiana, principale ecosistema italiano di C-Level Executive e decision maker che connette oltre 6.000 Speaker, executive e professionisti, attraverso eventi, media e progetti relazionali che promuovono innovazione, sostenibilità e leadership umanocentrica. Il Forum vede la collaborazione di oltre 84 Partner. Main Media Partner: Adnkronos. Main Partner: Indeed, Pluxee Italia. Official Partner: Adequat, B2You Altroconsumo, Babbel for Business, Busuu, Carol, Cornerstone OnDemand, CVing, Gility, Howay, Jointly, nCore Hr, Salesforce, Remote, Unobravo, XMetaReal, WellMakers by Bnp Paribas. Content Partner: Adp, Alveria, Axerta, Blue Health Center, British Council, Consecution Group, Corporate Benefits, Digit’Ed, Digital Attitude, Edenred Italia, Elty (DaVinci Salute), Eudaimon, GoodHabitz, HumanX (Selexi), Initial (Rentokil Initial), iSapiens, Klaaryo, Liane – LianeCare, Partner & Partners Holding Group, Qipo, Scs Consulting, Six Seconds Italia, Skillvue, Vitality+, Walà, Welfare Nest. Forum Partner: 6Unico!, Asterys, Awair, AssessFirst, Bonoos, Certiquality, Cesop Hr Consulting Company, Competence, goFluent, Jobify, Kekyjob, La Luna del Grano, Ldp Automation, Percinque, Pipeline, PlanEat, ProfessionAI, Radical Hr, Risorse Professional, Sales Line, Simundia, Skillsincloud, Sli, Smart Info, Syllog, Talentware, The language Grid, Telepass Business, The Appointment Consulting, Top Employers Institute, Twenix, Vip District, Volocom, Waddi, WellDone Italia, Wellhub, WordWorks.
(Adnkronos) - "Sono fiducioso che ci sia una reale e consistente inversione di tendenza o quantomeno un incremento di attenzione da parte dei nostri governanti sul tema dei rischi naturali, ambientali ed antropici ed in particolare sul cosiddetto dissesto idrogeologico". Così Domenico Calcaterra, responsabile scientifico Fondazione Return (collegamento), intervenendo all’appuntamento Adnkronos Q&A, 'Sostenibilità al bivio', questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma. "La nostra fondazione è un ecosistema che da tre anni si occupa in maniera continuativa, nell'ambito delle misure finanziate dal Pnrr, di rischi - spiega - Partiamo dalla trattazione delle singole tipologie di pericolosità, gli esempi sono quelli classici per il nostro paese che purtroppo risente degli effetti della quasi totalità delle pericolosità naturali ed antropiche, pensiamo a frane, alluvioni, terremoti, eruzioni, il degrado ambientale nelle sue varie forme, ad esempio l'inquinamento, per creare dei modelli, tenendo ben presente quanto sta accadendo sotto i nostri occhi e quello che potrebbe nei prossimi anni e nei prossimi decenni accadere in termini di cambiamento climatico". "Il nostro obiettivo è quello di fornire al Paese degli strumenti che, aggiornati allo stato dell'arte, possano servire a migliorare la gestione dei rischi intervenendo con delle soluzioni più adeguate, più efficaci", conclude.