(Adnkronos) - Interrogando i motori di ricerca, c'è l'imbarazzo della scelta: una lunga lista di siti web e post social che propongono interventi di chirurgia plastica ed estetica in Turchia, rispondendo diretti alle prime domande che si farebbe un aspirante cliente dall'estero: prezzi (aggiornati al 2025, con raffronto delle fasce di costo rispetto ad altri Paesi), sicurezza 'garantita', pacchetti viaggio, migliori cliniche di Istanbul, migliori chirurghi plastici, guide al 'turismo sanitario' dei trattamenti estetici in queste mete. "Il fenomeno degli interventi all'estero è in crescita, interessa principalmente proprio la Turchia e in secondo luogo l'Albania. Ed essendo sempre più numerose le persone attratte, sono in crescita anche le complicanze che stiamo registrando, per un fatto matematico", conferma all'Adnkronos Salute Giuseppe Giudice, professore ordinario di Chirurgia plastica all'università degli Studi di Bari, direttore dell'Unità operativa complessa di Chirurgia plastica e Centro grandi ustionati del Policlinico di Bari, e referente del Registro delle complicanze da interventi di chirurgia estetica all'estero della Sicpre (Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva-rigenerativa ed estetica). Un registro nato proprio per monitorare e per "raccogliere in modo scientifico dati finora mai misurati". In un paio d'anni è stato impostato e avviato il lavoro, e ora cominciano ad emergere i primi risultati, a delinearsi alcuni trend. "Gli interventi che maggiormente vengono eseguiti all'estero? Sono le mastoplastiche additive e riduttive, le rinoplastiche, le lipoaspirazioni e le addominoplastiche", elenca Giudice. La Sicpre ha anche lavorato alla sensibilizzazione dei pazienti sui rischi. In estate è stato lanciato un video. Il messaggio: "Un intervento di chirurgia estetica non è una vacanza. Scegliere di farsi operare all'estero può sembrare conveniente", si scandiva nella clip, ma significa per esempio "controlli post-operatori difficili o assenti, nessuna assistenza in caso di complicanze". Parole che oggi risuonano attuali. L'esperto, sulla base delle informazioni preliminari che stanno emergendo dal registro, spiega: "Sono episodi numerosi quelli che censiamo, e possono essere più o meno gravi. In generale, le complicanze possono verificarsi ovunque e per qualsiasi tipo di intervento, anche se poi ha maggiore enfasi quando succede per un intervento di estetica che, almeno sulla carta, viene visto come 'non indispensabile'. E fra le situazioni osservate ci sono anche quelle più estreme". Come testimonia l'ultimo caso di cronaca, la morte dell'imprenditrice 56enne Milena Mancini a Istanbul dopo un intervento estetico in una clinica privata turca. "Sicuramente all'estero la questione complicanze può diventare più difficile da gestire - evidenzia Giudice - Le più frequenti che vengono segnalate? Ho visto pazienti che presentavano necrosi cutanee a livello mammario o a livello dell'addome con decorsi molto lunghi ed esiti cicatriziali deturpanti. Non situazioni pericolose per la vita, ma per guarire necessitano di più interventi anche chirurgici e azioni correttive da parte di noi specialisti italiani". Le conseguenze "possono essere anche più serie. Di recente è capitato per esempio che una paziente rientrata dall'estero dopo una lipoaspirazione ha avuto una sepsi ed è finita in rianimazione, ha rischiato la vita". Ci può essere insomma un coefficiente di rischio aggiuntivo per chi va a operarsi all'estero. "Le pazienti possono presentare un problema una volta dimesse, 5-7-10 giorni dopo l'operazione, e magari lo stesso medico che le ha sottoposte all'intervento chirurgico dice loro di rivolgersi ai nostri ospedali. Già qui si ha un primo problema - ragiona Giudice - Il carico di queste complicanze, poi, finisce per ricadere sul nostro sistema sanitario nazionale che si trova a coprire le spese" degli interventi correttivi, "gestire l'occupazione di posti letto e delle sale operatorie" che riduce lo spazio per i pazienti trattati in Italia. "Un altro lato negativo delle complicanze per chi viene operato all'estero è che molte volte le pazienti vengono mandate via in tempi brevissimi e affrontano viaggi aerei, rientrano in un'altra nazione. Quindi non vengono attentamente monitorate né seguite nell'immediato post operatorio. Anzi facilmente vengono scaricate, mandate al pronto soccorso. Quando invece l'ideale sarebbe riconoscere e trattare subito le complicanze che possono anche fisiologicamente insorgere e che ci auguriamo tutti restino una percentuale molto minima". Il problema, continua lo specialista, "non è la complicanza in sé, non è neanche l'intervento. Ci possono essere chirurghi buoni e meno buoni ovunque, come ovunque possono esserci strutture adeguate e meno adeguate. E' la scelta dei pazienti che è cruciale. Talvolta ci si fa attrarre dal low cost. E in questo momento, oltre a italiani che offrono prezzi ridotti perché operano in condizioni non adeguate, c'è il tema di nazioni come la Turchia e l'Albania che hanno già in partenza costi più bassi dei nostri". Il rischio, però, è che certe pubblicità allettanti poi si rivelino ingannevoli. "Il problema - conclude Giudice - resta voler fare per forza determinati tipi di interventi estetici, non strettamente necessari, e volerli fare subito e al costo minore. Scelte che rischiano di essere sconsiderate e di portare verso strutture e soprattutto professionisti non idonei".
(Adnkronos) - "Il compito di un’azienda non dovrebbe limitarsi a generare utili, ma creare valore per il territorio che la ospita, sostenendone la crescita economica e sociale attraverso un dialogo costruttivo con le istituzioni locali". E' questa la visione di Paola Veglio, amministratore delegato di Brovind, realtà del settore automazione industriale con sede a Cortemilia (Cuneo). L’imprenditrice ha raccontato all’Adnkronos/Labitalia un importante progetto cui sta partecipando, che mira ad avvicinare scuola e mondo del lavoro. "La nostra azienda - ha spiegato - opera in un piccolo territorio ed è molto propensa ad accogliere giovani talenti, per poterli formare e offrire loro opportunità di crescita professionale", prosegue Veglio. Un impegno reso ancora più urgente dalla carenza di lavoratori specializzati: secondo Unioncamere e Ministero del Lavoro, nel 2024 il 47,8% delle imprese fatica a trovare personale qualificato, un dato in aumento rispetto al 2023. A pesare sono il mismatch scuola-lavoro, la denatalità e l’invecchiamento della popolazione, oltre al 'grande spreco' dei giovani inattivi, che riguarda un quarto dei ragazzi tra 25 e 34 anni". "Impazzire per trovare lavoratori qualificati - ha sottolineato -è un lusso che il nostro Paese non può permettersi. Per questo è fondamentale avvicinare scuola e impresa: i giovani devono sperimentare concretamente cosa significhi lavorare in azienda. Stage e alternanza sono utili, ma non bastano: serve una presenza più costante dei ragazzi sul luogo di lavoro". "Nei giorni 23 e 24 ottobre, l’Iiss Piera Cillario Ferrero Alba di Cortemilia ospiterà un hackathon sponsorizzato da Brovind. L’azienda metterà a disposizione degli studenti il nuovo stabilimento produttivo, nato dalla ristrutturazione di un ex polo industriale dismesso di 33.000 mq. Alla gara parteciperanno 16 ragazzi di quinta superiore provenienti da quattro istituti del territorio (Cortemilia, Acqui Terme, Alba e Cairo Montenotte), divisi in squadre", ha chiarito l’imprenditrice. Il progetto verrà svelato il 23 ottobre: gli studenti lavoreranno come in una vera sfida aziendale, supportati da tutor d’eccezione. "Durante la prova, i ragazzi potranno contare sul prezioso supporto degli ingegneri Brovind, dei professori degli istituti coinvolti e del Politecnico di Torino che li guideranno nella programmazione gestionale ed economica, nell'operatività e R&S, fino all'utilizzo dell'intelligenza artificiale. Vincerà la squadra con il progetto più promettente. Supportare iniziative come questa è per me motivo di orgoglio: danno ai ragazzi un’occasione reale di confronto con il mondo del lavoro", commenta Veglio. La dirigente scolastica, Paola Boggetto, ha confermato che "la didattica challenge-based e l’hackathon sono modelli di apprendimento innovativi, che vanno oltre la lezione frontale e il semplice lavoro di gruppo. Il progetto risponde pienamente alle indicazioni della recente riforma degli istituti professionali che mira a rendere le scuole dei luoghi d’innovazione, dedicati alla sperimentazione e ricerca didattica. Queste idee diventano realizzabili anche grazie alla collaborazione del tessuto imprenditoriale locale; ci auspichiamo, quindi, che l’iniziativa possa ricevere in futuro il supporto di tante altre realtà aziendali. In questo modo, potremo offrire agli studenti nuove opportunità di apprendimento e di toccare con mano cosa significhi operare in un’azienda reale". Nei prossimi mesi Brovind aprirà le porte del nuovo impianto produttivo anche a un gruppo di studenti che, settimanalmente, durante l’orario scolastico, potranno lavorare in un laboratorio dedicato. "I ragazzi avranno la possibilità di portare avanti progetti visti sui libri, operando in un contesto sicuro e seguiti da docenti e personale aziendale. È un’occasione importante per superare il mismatch che ancora separa scuola e lavoro", ha concluso Veglio.
(Adnkronos) - "Il 92% degli intervistati, su un campione di 2000 persone, dice che la salute delle persone e quella del pianeta sono assolutamente interconnesse tra di loro. E tra gli obiettivi dell'Agenda 2030 mette al primo posto la salute e il benessere. Questo che cosa significa? Che la sostenibilità è entrata nella sfera del benessere quotidiano, cioè nel modo in cui mangiamo, ci muoviamo, lavoriamo, respiriamo". Così Paola Aragno, vicepresidente Eikon Sc intervenendo all’appuntamento Adnkronos Q&A, 'Sostenibilità al bivio', questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma, illustrando i dati di una ricerca di Eikon Sc per la Social Sustainability Week. "La sostenibilità non significa ridurre solamente le emissioni ma significa vivere meglio. L'economia circolare diventa strategica se ha una funzione anche sociale, per cui rigenera non solo le risorse ma la salute, le competenze, i valori", osserva. "Se andiamo a guardare anche ai giovani, cioè a quelli che saranno i nostri protagonisti della sostenibilità, della transizione, il 65% si sente coinvolto negli obiettivi dell'Agenda 2030 e il 70% dice che si sentirebbe più motivato a lavorare in un'azienda che tiene conto ed è molto attenta alla sostenibilità. Per cui i giovani vogliono delle aziende coerenti, a 360 gradi, capaci di unire impatto ambientale, ma anche benessere", conclude.