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(Adnkronos) - Vladimir Putin ha a disposizione poco più di 6 mesi per tentare una spallata nella guerra con l'Ucraina, la Russia rischia di andare in crisi sul campo di battaglia. Mosca deve fare i conti con la prospettiva di una carenza di uomini e mezzi che potrebbe avere effetti rilevanti a partire dal prossimo anno sul campo di battaglia. L'analisi del Washington Post evidenzia che un aumento della pressione sugli invasori, in questo momento, potrebbe produrre conseguenze e spingere il presidente russo verso una soluzione negoziale del conflitto. In questo quadro, spicca però l'orientamento mostrato nelle ultime settimane dagli Stati Uniti. Il presidente americano Donald Trump, dopo l'ultimo colloquio telefonico con Putin, non ha premuto l'acceleratore sull'adozione di nuove sanzioni nei confronti di Mosca e ha scelto una linea diversa rispetto all'Unione Europea. Washington, in base a messaggi e dichiarazioni del presidente, sembra intenzionata a prendere le distanze dal conflitto, considerato una 'questione europea'. "Non avremmo dovuto farci coinvolgere", ha detto Trump in diverse occasioni nell'ultima settimana. Le trattative per arrivare ad un cessate il fuoco non decollano e la guerra continua. Secondo gli analisti a cui fa riferimento il Washington Post, senza un'intesa che ponga fine alle ostilità e senza un "robusto" sostegno occidentale, la guerra "probabilmente continuerà lentamente a svilupparsi con un trend favorevole alla Russia nel 2025". I progressi di Mosca, si spiega in un report dell'U.S. Defense Intelligence Agency presentato al Congresso, "stanno rallentando e arrivano con grandi perdite di uomini e mezzi". Da febbraio 2022, "la Russia ha perso almeno 10.000 mezzi terrestri, compresi 3.000 tank, oltre a 250 aerei ed elicotteri e a oltre 10 navi". Nel corso dell'ultimo anno, la Russia ha conquistato solo lo 0,6% di territorio ucraino. Per farlo, ha dovuto sacrificare circa 1.500 tra morti e feriti ogni giorno. Sul terreno, diventa sempre più complesso sfondare difese ucraine che nelle zone nevralgiche possono contare sull'impiego costante di droni a corto raggio. "La Russia non riesce a conquistare territori e la situazione è sostanzialmente questa dalla fine della controffensiva ucraina" del 2023. "Mosca ha a disposizione 3 soldati per ogni soldato ucraino e ha un rapporto ancor più favorevole in termini di armi: non è ancora abbastanza", osserva una fonte ucraina. La Russia, in base alle cifre del WP, produce 200 nuovi tank ogni anno ma continua a dipendere fortemente dal ricorso a mezzi dell'epoca sovietica. All'inizio del conflitto, Mosca poteva contare su circa 13.000 carri: questo arsenale, secondo esperti occidentali, sarà totalmente esaurito nel giro di pochi mesi. Senza una tregua, è probabile che la Russia cercherà di sfruttare nelle prossime settimane le condizioni generali ancora vantaggiose. I movimenti di truppe nell'area del Donetsk lasciano ipotizzare un'offensiva estiva, per cercare di sfondare le linee ucraine. Anche in caso di successo immediato, però, sarebbe complesso capitalizzare in maniera stabile: mancherebbero uomini e mezzi per consolidare il controllo in eventuali nuovi territori. Il blitz, però, potrebbe offrire ulteriori carte da giocare al tavolo dei negoziati. Già ora il Cremlino rivendica le regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia, che in realtà sono solo parzialmente controllate.
(Adnkronos) - "Parliamo di welfare generativo, un nuovo modello che va incontro a tutti compreso il ceto medio. Il welfare generativo vuole creare benessere, vuole migliorare la qualità di vita sotto tutti i profili, in tutte le sue dimensioni". A dirlo è Gabriele Fava, presidente Inps, durante la presentazione del 2° rapporto Cida-Censis 'Rilanciare l'Italia dal ceto medio. Riconoscere competenze e merito, ripensare fisco e welfare'. "Partiremo dai giovani - aggiunge Fava - perché la strategia unica, vera, solida e da seguire è l'aumento della base occupazionale e contributiva. In questa maniera riusciremo a far ritornare benessere e sostenibilità, non soltanto nel sistema pensionistico, ma nel sistema Paese in generale". Infine un approfondimento sul ceto medio: "Il ceto medio è importantissimo. Oggi siamo qui per ascoltare e raccogliere tutte le varie istanze alle quali vogliamo rispondere. Una risposta arriverà dalla nuova alleanza col tessuto produttivo, perché è il tessuto produttivo che crea nuova occupazione, sana, chiara, legale. Da qui si creano futuri nuovi contribuenti e contributi che porteranno a un maggior equilibrio del sistema economico nazionale".
(Adnkronos) - Trentino Alto Adige primo con distacco, Marche e Toscana, a seguire, sul podio. Questo l’ordine di arrivo della tappa 2024 di avvicinamento agli obiettivi che l’Europa si è data per il 2030: target di riduzione delle emissioni di gas serra, crescita delle energie rinnovabili e miglioramento dell’efficienza energetica legati alla transizione ecologica insieme all’impegno per fronteggiare la crisi climatica. Il 'ranking' è la sintesi conclusiva del secondo Rapporto su regioni italiane e transizione ecologica realizzato in occasione della decima edizione di Circonomia, in programma ad Alba dal 22 al 24 maggio. Il Rapporto, curato da Duccio Bianchi, fondatore dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia, è elaborato sulla base di un set di 30 diversi indicatori green. Nell’indice sintetico riassuntivo si riconferma il primato del Trentino/Südtirol, primo già nel Rapporto dello scorso anno, seguito da Marche - seconde come nel 2024 - Toscana (era quinta lo scorso anno), Lombardia (terza lo scorso anno) e Veneto (quarta lo scorso anno). Toscana, Lombardia e Veneto hanno valori molto ravvicinati, ma ben distaccati dalle successive regioni. Due grandi regioni del nord, Piemonte ed Emilia Romagna, sono a metà del ranking. La coda della classifica è monopolizzata da regioni del sud. Le regioni che in più del 50% degli indicatori hanno prestazioni migliori della media nazionale sono Marche (nel 77% dei casi), Trentino Alto Adige (67%), Toscana (63%), Liguria e Lombardia (nel 57% dei casi), Veneto e Abruzzo (nel 53% dei casi). Le regioni prime in più indicatori sono il Trentino Alto Adige (8 indicatori) e il Lazio (6) mentre le regioni che si collocano all’ultimo posto in più indicatori sono la Calabria (7) e la Liguria (4). Le differenze sono significative soprattutto tra le macroregioni, benché con alcune eccezioni al loro interno: non tutte le regioni del Mezzogiorno o del Nord seguono un analogo trend, anche per specificità produttive o di storia socio-politica. In sintesi, le regioni del Mezzogiorno (ma non la Sardegna) hanno impatti pro capite inferiori alla media italiana, mentre sistematicamente più alti sono gli impatti relativi al Pil e quindi la produttività di uso delle risorse, così come generalmente sono inferiori le prestazioni sugli indicatori di risposta e di mitigazione. Le regioni del Nord hanno prestazioni opposte a quelle delle regioni del Mezzogiorno: un impatto pro capite generalmente superiore alla media nazionale, ma anche una produttività d’uso delle risorse superiore alla media nazionale e una elevata capacità di mitigazione e risposta soprattutto sugli indicatori di economia circolare, anche se con differenze regionali. Le regioni dell’Italia centrale hanno percorsi più diversificati, anche per la eterogeneità del sistema produttivo. Complessivamente si tratta di regioni che si collocano sopra la media nazionale per impatti procapite e produttività d’uso delle risorse (con l’eccezione dell’Umbria) e anche per capacità di risposta e mitigazione (con l'eccezione del Lazio). “Dalla nostra ricerca esce un’immagine dell’Italia della transizione ecologica a chiaroscuri, con regioni all’avanguardia della conversione green e altre che arrancano. Serve uno scatto in avanti che coinvolga tutti i territori, solo così potremo essere al centro del green deal che non solo è indispensabile per fronteggiare la crisi climatica ma è una grande occasione di innovazione tecnologica e competitività economica. Come mostrano tanti esempi concreti, ‘convertire’ all’ecologia produzioni e consumi non è soltanto necessario per l’ambiente: è anche utilissimo a rendere più moderna e competitiva l’economia, a creare lavoro, a migliorare la vita quotidiana delle persone”, dice Roberto Della Seta, direttore del Festival.