(Adnkronos) - Novità per l'Assegno unico universale con la manovra 2026, con un aumento delle somme destinate alle famiglie che hanno diritto al contributo. "L'Assegno unico e universale è un contributo economico mensile che vede come beneficiarie tutte le famiglie con figli a carico: fino ai 21 anni, se in formazione o con reddito inferiore a 8.000 euro; senza limiti di età per i figli con disabilità", ricorda all'Adnkronos/Labitalia l'avvocata Lilla Laperuta, esperta di Diritto del lavoro e contratti pubblici. "La novità ora è che con la manovra finanziaria 2026 l'Assegno unico universale subirà una serie di modifiche che comporteranno un incremento medio di circa 10 euro al mese per famiglia, con aumenti anche più consistenti per chi, grazie ai nuovi criteri, rientrerà in una fascia Isee più bassa", aggiunge. "Il primo intervento - spiega Laperuta - riguarda la scala di equivalenza Isee, che dal 2026 includerà maggiorazioni aggiuntive a vantaggio dei nuclei con più figli. I nuovi coefficienti saranno: +0,10 per due figli; +0,25 per tre figli; +0,40 per quattro figli; +0,55 per cinque o più figli. Queste maggiorazioni aumentano il 'peso' dei figli nel calcolo dell’Isee, determinando così un valore complessivo più basso. Un Isee ridotto significa accesso a importi più elevati dell’Assegno unico e ad altre prestazioni sociali agevolate". "Il secondo cambiamento - avverte - riguarda la prima casa: la soglia di esclusione dal patrimonio immobiliare sale da 52.500 a 91.500 euro, con una maggiorazione di 2.500 euro per ogni figlio a partire dal secondo. In pratica, chi possiede la casa in cui vive — soprattutto le famiglie con più figli — beneficerà di una riduzione media dell’Isee fino a 3.300 euro. Anche le maggiorazioni legate alla presenza di figli con meno di 21 anni subiranno piccoli incrementi nel 2026: 122,7 euro (120,6 nel 2025) per i non autosufficienti; 111 euro (109,1 nel 2025) per i figli con disabilità grave l’importo salirà a 111 euro (contro i precedenti 109,1). In caso di disabilità media, la maggiorazione sarà di 99,4 euro (da 97,7), mentre alle madri con meno di 21 anni spetterà invece un incremento di 23,4 euro, di poco superiore ai 23 euro dello scorso anno". "Restano poi - continua l'esperta - le integrazioni variabili in base all’Isee: per i figli successivi al secondo, la cifra oscillerà da 99,4 euro per le famiglie con Isee più basso fino a 17,5 euro per quelle appartenenti alla fascia più alta (nel 2025 erano rispettivamente 97,7 e 17,2). Infine, il bonus destinato al secondo percettore di reddito ammonterà a 35 euro per la fascia Isee minima, con un importo progressivamente decrescente per gli scaglioni superiori)". "Dal 2026 - ricorda - l’Assegno unico sarà articolato in tre fasce Isee aggiornate. Fascia A: fino a 17.520 euro (rivalutata); Fascia B: tra 17.520 e 46.000 euro; Fascia C: oltre 46.000 euro. Gli importi mensili aumenteranno in base alla rivalutazione Istat: importo massimo da 201 a 204,4 euro; importo minimo da 57,5 a 58,5 euro". "Molte famiglie - fa notare - cambieranno fascia: circa il 5% di quelle attualmente in fascia B passeranno in fascia A, mentre oltre il 10% delle famiglie in fascia C scenderanno in fascia B. In totale, una famiglia su due con Isee attivo trarrà beneficio da almeno una delle due modifiche. Secondo le stime di Inps e Upb (Ufficio parlamentare di bilancio) chi scenderà di fascia potrà ottenere fino a 15–20 euro in più al mese per figlio. Ad esempio, una famiglia con due figli e Isee di 26.200 euro riceverà 321 euro mensili (contro i 315 del 2025), beneficiando anche di un abbassamento dell’Isee di circa 2.000 euro grazie al nuovo criterio di valutazione della prima casa. Per ricevere correttamente l’importo aggiornato sarà necessario presentare la nuova Dsu entro il 30 giugno 2026. In caso contrario, da marzo l’assegno verrà erogato in misura minima e gli arretrati saranno corrisposti automaticamente una volta aggiornato l’Isee". "Un’altra buona notizia - avverte Lilla Laperuta - proviene dal fronte giurisprudenziale. Con la sentenza del 29 ottobre 2025, n. 28627 la Corte di Cassazione ha affrontato una questione di particolare rilievo sociale e giuridico: il riconoscimento del diritto all’assegno per il nucleo familiare in favore di un minore convivente con la nonna, unica figura in grado di assicurarne il sostentamento economico e materiale. Il caso trae origine dal ricorso proposto dall’Inps contro una sentenza della Corte d’Appello di Lecce, la quale aveva confermato quanto già riconosciuto in primo grado alla ricorrente: il diritto a percepire l’assegno per il nucleo familiare. La Corte territoriale aveva infatti accertato che il nipote, privo di adeguato sostegno da parte dei genitori, conviveva stabilmente con la nonna ed era a suo carico". "La Suprema Corte - spiega - nel respingere il ricorso dell’Inps, ha precisato che il requisito della 'vivenza a carico' non coincide né con la semplice convivenza né con una totale dipendenza economica, ma implica la prova di un mantenimento continuativo e prevalentemente a carico del richiedente. Tale prova, pur dovendo essere rigorosa, può essere fornita anche attraverso presunzioni e valutata dal giudice di merito, la cui decisione non è sindacabile in Cassazione se non in presenza di gravi vizi motivazionali". "Nel caso concreto - commenta - la Corte ha valorizzato diversi elementi: la convivenza stabile del minore con la nonna, il ruolo esclusivo di quest’ultima nel suo mantenimento, l’assenza del padre e la mancanza di redditi significativi da parte della madre. Ha inoltre evidenziato che 'il quadro fattuale è di tale univocità da rendere assolto il canone probatorio richiesto', sottolineando come la nonna, titolare di pensione, provvedesse in modo costante e continuativo al sostentamento del nipote".
(Adnkronos) - "La sentenza, tenendo ben conto del frastagliato quadro europeo, caratterizzato dalla compresenza di Paesi 'a salario minimo legale' e di Paesi - come l'Italia, la Danimarca e la Svezia - il cui sistema salariale è integralmente basato sulla contrattazione collettiva, conferma l’impostazione della direttiva. Si tratta di un scelta di fondo che risponde, sul piano sovranazionale, al principio di sussidiarietà orizzontale, che impone di privilegiare le fonti più vicine alla realtà da regolare, ricorrendo a quelle legali solo se strettamente necessario. E, sul piano costituzionale, almeno nella esegesi costituzionale italiana, al principio di libertà sindacale. Questi limiti attinenti al sistema delle fonti europee e nazionali, peraltro, non hanno impedito alla Corte di Lussemburgo di rigettare le rivendicazioni di sovranità politica svolte dai Paesi ricorrenti, affermando che ai Paesi come Danimarca e Italia, che definiscono i salari minimi esclusivamente tramite contratti collettivi, la direttiva 'non impone l’obbligo di introdurre un salario minimo legale né di dichiarare i contratti collettivi universalmente applicabili'. Il che assolve il Governo italiano dall’obbligo di introdurre la gran parte delle riforme la cui mancata adozione gli si imputa". Così, con Adnkronos/Labitalia, il giuslavorista e consigliere esperto del Cnel, Francesco Rotondi, sulla decisione della corte di giustizia dell'Unione Europea (Cgue) che ha respinto parzialmente, ma nelle sue parti più rilevanti, il ricorso presentato dalla Danimarca e dalla Svezia per ottenere l'annullamento integrale della direttiva 2022/2041 dell'Unione Europea sul salario minimo. Per Rotondi l'impostazione della direttiva "è mirante a rafforzare, con tecniche diverse, sia i sistemi 'a salario minimo legale', sia quelli 'a regime contrattuale', senza incidere sulla scelta del sistema da parte dei Paesi membri". Secondo Rotondi "agli Stati membri in cui sono previsti salari minimi fissati per legge è rivolta invece la parte della sentenza in cui, con chirurgica precisione, la Corte ha isolato dal contesto generale, per annullarle, due specifiche disposizioni della direttiva, che sono state ritenute troppo invasive delle competenze riservate ai Paesi Membri". "In effetti, premesso che il diritto degli Stati Membri esclude espressamente la competenza Ue in materia di retribuzioni e diritto di associazione, il ricorso -spiega il giuslavorista. mirava ad annullare l’intera direttiva che rappresenterebbe un'ingerenza diretta del diritto dell’Unione nella determinazione delle retribuzioni all’interno degli Stati membri'. La Corte non ha condiviso tale radicale impostazione, stabilendo che la norma europea si applica solo alle misure che comportano una 'diretta ingerenza del diritto dell’Unione nella determinazione delle retribuzioni'. Al contrario, la direttiva -continua il giuslavorista- mira a “migliorare le condizioni di vita e di lavoro nell’Unione, in particolare l’adeguatezza dei salari minimi per i lavoratori”, e pertanto esse sono state per lo più ritenute compatibili con la ripartizione delle competenze prevista dal Trattato". Secondo Rotondi "va soprattutto segnalato il rigetto del ricorso relativo all’art. 4 della direttiva, sul punto in cui la direttiva promuove la contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari. La Corte ha escluso, cioè, che l’obbligo per gli Stati membri con bassa copertura contrattuale (inferiore all’80%) di elaborare un 'piano d’azione per promuovere la contrattazione collettiva' costituisca un’ingerenza diretta nel 'diritto di associazione' o nelle retribuzioni", conclude.
(Adnkronos) - A2a estende l’orizzonte territoriale del Piano Strategico oltre i confini nazionali, puntando a una maggiore diversificazione geografica. Nell'aggiornamento del piano strategico al 2035 si prevede l'espansione in nuovi Paesi selezionati in base al potenziale di mercato e a criteri di rendimento e velocità di sviluppo, per ridurre il rischio di esecuzione e massimizzare il ritorno. ''Le iniziative di espansione -si sottolinea-saranno selezionate come alternative a progetti in Italia e a parità di investimento. I progetti saranno focalizzati sui settori chiave delle filiere Waste-to-Energy e Power, sfruttando le competenze distintive di A2A nel recupero di energia da rifiuti e nella generazione e valutando l’integrazione delle attività a monte e a valle. Questo approccio multi-filiera permetterà un percorso di crescita sostenibile all’interno dei Paesi selezionati. La strategia del Gruppo si basa su un modello di "anchoring platform", con un’internazionalizzazione che avverrà attraverso acquisizioni o partnership nelle filiere prioritizzate, seguita da uno sviluppo organico a step successivi per consolidare la presenza nel medio-lungo termine''.