(Adnkronos) - Telemarketing molesto e martellante, addio. Dalla mezzanotte di oggi mercoledì 19 novembre è scattato infatti il blocco previsto dall'Agcom alle chiamate da parte dei call center effettuate attraverso finti numeri di telefono mobili dall'Italia, creati con la tecnica dello spoofing, cioè con quella tecnologia capace di modificare l'informazione che trasporta l’identità del chiamante, generando numeri telefonici del tutto identici a quelli dei cellulari italiani. A partire da oggi, spiega il Codacons, con il nuovo 'scudo' anti-spoofing le chiamate provenienti dall’estero che utilizzano una numerazione mobile italiana "subiranno una verifica tecnica immediata che consentirà di capire se quel numero esiste veramente, a chi è assegnato e dove è collocato. Il sistema infatti accerterà sia a quale operatore appartiene il numero chiamante, attraverso il database nazionale della portabilità, sia la posizione effettiva di quella numerazione, ovvero se la chiamata proviene legittimamente in roaming all'estero o se il numero è stato falsificato. Le telefonate che non supereranno tali controlli saranno automaticamente bloccate". Interessate dal provvedimento Agcom sono "le numerazione relative ai servizi mobili e personali specializzati, come ad esempio quelli satellitari o dedicate ai servizi di comunicazione tra dispositivi cosiddetti machine-to-machine, dall’altro prevede il blocco delle chiamate provenienti dall’estero per quegli operatori mobili che non hanno realizzato le misure (previste dalla delibera n. 106/25/Cons) che consentono di verificare se il numero chiamante corrisponde a un utente effettivamente in roaming internazionale. In conseguenza di tale blocco, il servizio di roaming all’estero offerto da tali operatori risulterà sospeso, per le chiamate destinate in Italia, fino alla realizzazione delle misure previste". Secondo i consumatori tuttavia, nonostante il nuovo blocco "le chiamate indesiderate diminuiranno, ma non scompariranno totalmente. Continueranno infatti ad arrivare a destinazione le chiamate provenienti da call center legali che operano dall’Italia, quelle provenienti dall’estero con numerazione non italiana, quelle che utilizzano finte numerazioni italiane ma che partono effettivamente dal territorio nazionale, e le telefonate da numeri fissi stranieri realmente esistenti. Infine, vanno considerate le contromisure che saranno adottate dai call center illegali, i quali utilizzano tecnologie sempre più sofisticate per aggirare blocchi e divieti e colpire gli utenti". Il blocco in vigore da oggi segue quello dello scorso 19 agosto, che aveva interessato le sole false numerazioni fisse. Secondo i primi risultati che l'Agcom aveva pubblicato l'11 settembre scorso, quindi dopo meno di un mese dall'introduzione del primo stop allo spoofing, erano state circa 43 milioni le chiamate filtrate, con una media di 1,3 milioni di telefonate al giorno. L'autorità l'aveva definita "cifra considerevole", calcolando ha rappresentato circa il 5,47% del totale delle chiamate ricevute dagli italiani nel periodo preso in esame. Il tasso di spoofing, aveva comunque rimarcato l'Agcom, "in un primo periodo aveva raggiunto soglie del 60%". L'autorità, nel pubblicare i dati, aveva messo anche in guardia dal'evoluzione "più probabile del fenomeno", ovvero "lo spostamento verso Cli mobili italiani o verso Cli internazionali di Paesi terzi". Ma tra pochi giorni, con il nuovo stop, anche passare ai numeri di cellulare finti sarà vietato. Dopo lo stop imposto dall'Agcom alle false numerazione nazionali fisse e mobili, arriva intanto un emendamento alla manovra a firma Fratelli d'Italia che prevede l'introduzione di un "prefisso numerico unico nazionale" che i call center dovranno adottare per le telefonate che avranno finalità "pubblicitaria, promozionale o di vendita diretta". Un numero "riconoscibile e richiamabile" che verrà definito l'autorità garante delle comunicazioni. Il prefisso sarà obbligatorio, indica l'emendamento, in quanto la norma introduce "il divieto di effettuare comunicazioni promozionali o commerciali utilizzando numerazioni prive del prefisso unico o numerazioni non riconducibili a soggetti registrati nel Registro degli operatori di comunicazione o nel Registro pubblico delle opposizioni". La proposta di modifica alla legge di Bilancio prevede che sia appunto l'Agcom a definire, con proprio regolamento, "la struttura del prefisso numerico unico nazionale; le modalità tecniche di assegnazione e utilizzo; le sanzioni amministrative per l’inosservanza degli obblighi". L’utilizzo di numerazioni diverse da quelle conformi al prefisso unico nazionale, prevede infine l'emendamento, "è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 500.000, nonché con la sospensione temporanea dell’attività di telemarketing fino alla regolarizzazione della posizione".
(Adnkronos) - "Oggi, alla luce dell’attuale formulazione del comma 7 dell’articolo 33 della Costituzione, si impone la necessità di radicare la disciplina dello sport nel tessuto sociale ed economico del Paese. Tale orientamento richiede un approccio non più meramente settoriale, ma assiologico, sistemico e multidisciplinare, capace di cogliere la complessità e la trasversalità del fenomeno sportivo". A dirlo all'Adnkronos/Labitalia, Lilla Laperuta, esperta di Diritto del lavoro e contratti pubblici, parlando del suo libro 'La gestione dell’impianto sportivo. Guida all’amministrazione e management dello sport' (Editoriale Scientifica). "In questo contesto - spiega - assume una rilevanza strategica il settore degli impianti sportivi, rilevanza peraltro già in passato sottolineata in più punti dalla Carta europea dello sport e, più di recente, avvalorata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza , che alla Missione numero 5 'Inclusione e coesione' ha previsto l’investimento numero 3.1 'Sport e inclusione sociale'. Gli impianti sportivi non devono essere intesi soltanto come infrastrutture fisiche, ma leve strategiche di 'valore pubblico', funzionali al perseguimento di obiettivi sociali, educativi, sanitari ed economici. Nella bidimensionale prospettiva di creare spazi civici per la comunità e assecondare il neocodificato paradigma dell’amministrazione di risultato (D.Lgs. 36/2023), diventa quindi fondamentale apprendere l’iter procedurale per la sostenibile gestione degli impianti sportivi e relativo ammodernamento (D.Lgs. 38/2021)". "Di qui - continua - la redazione di un manuale concepito come strumento guida e come riferimento per operatori del settore, enti pubblici, federazioni, gestori privati e professionisti. In particolare il manuale, redatto con taglio multidisciplinare e improntato all’operatività, si propone di: sistematizzare i principi giuridici, gestionali e tecnici alla base della moderna governance degli impianti sportivi (D. Lgs. 36/2023, D. Lgs. 81/2008, D. Lgs. 231/2001); analizzare modelli gestionali replicabili e adattabili a diversi contesti (pubblico, privato, misto), con un focus specifico sull’istituto del partenariato quale operazione economica; fornire le competenze necessarie per amministrare la gestione di strutture sportive di diversa tipologia e dimensione garantendo efficienza operativa e sostenibilità economica. L’analisi degli istituti è fluida e schematica e l’utilizzo di accorgimenti grafici agevola il percorso di apprendimento. Il volume è aggiornato al dl 30 giugno 2025, n. 96 (Decreto Sport)".
(Adnkronos) - "Con una media di 24 alberi ogni 100 abitanti, calcolata sui capoluoghi italiani, l’Italia mostra nel 2024 una presenza di verde urbano ancora insufficiente. Anche i dati nel dettaglio indicano che occorre migliorare: solo otto su 93 capoluoghi, di cui si hanno dati aggiornati, superano la soglia dei 50 alberi ogni 100 abitanti e, tra questi, tre superano i 100 alberi ogni 100 residenti. All’opposto, 27 capoluoghi contano meno di 20 alberi ogni 100 abitanti e più della metà di questi non raggiunge nemmeno i 10". A scattare questa fotografia è Legambiente sulla base dei dati Ecosistema Urbano 2025, sottolineando "la distribuzione disomogenea del verde urbano nel Paese" e "l’importanza di attuare interventi mirati di forestazione nelle aree cittadine". "Un’importante opportunità arriva dalla legge n. 10/2013, che disciplina lo sviluppo degli spazi verdi urbani", osserva l'associazione in occasione del trentennale della Festa dell’Albero, la storica campagna dedicata alla messa a dimora di piante e arbusti, che quest’anno si terrà dal 21 al 23 novembre, in partnership con AzzeroCO2, Frosta, Inwit e Biorepack come partner tecnico. Nei giorni della Festa dell’Albero, che cade in concomitanza con la Giornata nazionale degli alberi (istituita proprio dalla legge n. 10/2013 e celebrata ogni anno il 21 novembre), si terranno in 14 regioni oltre 120 iniziative di forestazione urbana organizzate da Legambiente insieme a cittadini, scuole, aziende e amministrazioni uniti dallo slogan 'Gli alberi ci danno tanto, ora tocca a noi'. Sulla base delle informazioni raccolte attraverso i questionari di Ecosistema Urbano 2025 di Legambiente, elaborate su dati comunali relativi al 2024, l’associazione traccia un quadro complessivo sullo stato di attuazione della legge n. 10/2013, valutando l’applicazione delle principali misure previste: la pianificazione e regolamentazione del verde urbano, la redazione del bilancio arboreo alla fine di ogni mandato amministrativo e il censimento del verde urbano. Tra i 93 capoluoghi analizzati, 30 città (32%) dichiarano di aver adottato un Piano del Verde, mentre in 26 casi (28%) risulta attivo un Regolamento del Verde Urbano. La misura più diffusa è il censimento del verde urbano, realizzato in 75 capoluoghi su 93 (80%). Meno diffusa invece la pubblicazione del Bilancio Arboreo comunale: solo 44 città (47%) lo hanno reso disponibile al termine del mandato del sindaco uscente. “Un dato significativo emerso dall’analisi di Legambiente sull’applicazione della legge n. 10/2013 riguarda la Giornata nazionale degli alberi, promossa da quasi l’80% dei capoluoghi italiani, ben 74 su 93 - commenta Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente - Si tratta di una percentuale incoraggiante ma che rischia di rimanere un impegno simbolico se la gestione strutturale del verde urbano è marginale. Lo dimostrano, ad esempio, le percentuali relative al numero di città che non hanno ancora adottato un regolamento o un piano formale per la gestione del verde. Anche sul fronte della trasparenza, i dati mostrano come la diffusione del Bilancio Arboreo rimanga ancora limitata, ostacolando una visione chiara e condivisa delle politiche verdi messe in atto dalle amministrazioni comunali. Per questo motivo lanciamo un appello ai Comuni, invitandoli a un impegno più deciso e concreto nell’attuazione della legge n.10/2013”.