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Lifeed Gestione Risorse Umane e Formazione Aziendale Ruolo: Digital Marketing Manager Area: Marketing Management Mario Bello |
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(Adnkronos) - Fratelli d'Italia stabile, il Pd scende e il gap aumenta. E' il quadro delineato dal sondaggio dell'Istituto Noto Sondaggi per "Porta a Porta" sulle intenzioni di voto degli italiani. Il partito di Giorgia Meloni rimane al 30,5% seguito dal Pd al 23,5%, che cala dello 0,5%. Il Movimento 5 Stelle, invece, guadagna l'1% e va all'12,5%. Forza Italia all'8% perde mezzo punto (-0,5%) mentre la Lega resta all'8,5%. Alleanza Verdi e Sinistra è stabile al 5,5%, come Azione e Italia Viva, entrambi al 2,5%. Nessuna variazione anche per quanto riguarda +Europa all'1,5% e Noi moderati al 2%. In generale il centrodestra perde lo 0,5% e va al 49% mentre il centrosinistra è fermo al 30,5% come nella scorsa rilevazione. Il 'campo largo' salirebbe dello 0,5% attestandosi al 48%. Gli astenuti-indecisi, infine, si attesterebbero al 46,2%.
(Adnkronos) - Buone performance produttive, ma crescenti problemi di redditività in ragione soprattutto del costo molto elevato della materia prima, oltre che del boom dei costi energetici. La filiera delle carni suine e dei salumi made in Italy 'tiene', ma non mancano le nubi all'orizzonte, a partire dalla minaccia di dazi paventata fin dall'inizio del suo mandato da Donald Trump. E' in sintesi il quadro sullo stato di salute di una delle filiere di punta del made in Italy, con 30mila addetti e 900 aziende di trasformazione, che traccia con Adnkronos/Labitalia Davide Calderone, direttore di Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) aderente a Confindustria. "In linea generale -spiega Calderone- è un settore che ha buone performance produttive. Di contro, ci sono evidenti problemi di redditività in ragione soprattutto del costo molto elevato della materia prima, cioè la carne di suino, per trasformarla appunto in salumi. Questo incremento del costo è anche legato alla presenza in Italia della malattia veterinaria Peste suina africana, che sta provocando una serie di problematiche agli allevamenti e anche a noi che ci occupiamo della trasformazione. Diciamo che i volumi produttivi sono buoni ma c'è un'allarme di redditività". Secondo gli ultimi dati economici del settore disponibili, quelli per l’anno 2023, si è registrata una contenuta crescita dello 0,7% in quantità nella produzione dei salumi, dopo la flessione registrata nel 2022, attestandosi a 1,151 milioni di tonnellate da 1,143 dell’anno precedente 2022.In crescita del 7,2% il valore della produzione, salito a circa 9.168 milioni di euro da 8.553 milioni del 2022, spinto dall’alta inflazione e dagli ingenti aumenti dei costi aziendali, in particolare, appunto, della materia prima carne. L’insieme delle produzioni del settore (comprese le lavorazioni dei grassi e delle carni bovine in scatola) ha presentato un fatturato di 9.498 milioni di euro, superiore (+6,6%) a quello del 2022 (8.907 milioni di euro). E la Peste suina africana continua a colpire pesantemente il comparto: "abbiamo stimato -spiega Calderone- un danno di 20 milioni di euro al mese di mancate esportazioni di salumi realizzati con carni suine italiane, per l'impossibilità di venderli nei Paesi che hanno chiuso i loro mercati; ad oggi, siamo già oltre il mezzo miliardo di danni per mancata esportazione", continua. "La situazione oggi -sottolinea Calderone- riteniamo sia gestita in modo corretto dal commissario attuale Filippini, quantomeno dal punto di vista formale. Sappiamo che ci vorrà del tempo per eradicare la malattia e ci atteniamo alle normative europee che sono le più avanzate in materia. Sicuramente stiamo scontando ormai dal 2022 appunto delle problematiche pesanti legate all'esportazione verso paesi europei e Paesi terzi. Alcuni paesi, in particolare quelli asiatici, non riconoscono il principio di 'regionalizzazione' dell'Unione europea, che prevede che si creino delle limitazioni al commercio di animali e carni dalle zone che sono interessate al problema" della Psa "ma al contrario chiudono il commercio con il Paese intero in cui si trova la regione interessata". Ad esempio, spiega Calderone, "il giorno successivo al primo ritrovamento di un suino selvatico infetto la Cina e il Giappone hanno chiuso completamente le loro frontiere indipendentemente dalla zona di provenienza del prodotto e indipendentemente dal processo produttivo, non tenendo conto per esempio che la cottura inattiva il virus". Secondo Calderone, "precauzioni sanitarie eccessive bloccano e chiudono i mercati e quindi c'è un problema da questo punto di vista". Nonostante ciò, la filiera dei salumi made in Italy non si arrende. "Le aziende continuano a cercare nuovi mercati, continuano a investire per i mercati che sono rimasti aperti, e con un buon successo. Perché i nostri prodotti sono unici nel panorama mondiale e quindi quando arrivano vengono apprezzati", aggiunge. Ma non mancano altre nubi all'orizzonte. Con dei dazi imposti dagli Usa ai prodotti europei e quindi anche ai prodotti italiani, infatti "il problema per la filiera delle carni suine e dei salumi made in Italy sarebbe sicuramente molto pesante, siamo preoccupati da questo punto di vista; gli Stati Uniti infatti sono un mercato estremamente importante e in crescita, da più di 10 anni è possibile esportarvi tutti i prodotti della salumeria". Secondo gli ultimi dati Assica disponibili, relativi al 2023, le esportazioni verso gli Stati Uniti, si sono attestate a quota 16.844 ton per un valore di 220,3 milioni di euro. Calderone ricorda che "già con la precedente Amministrazione statunitense vi era stato un dazio del 25% su salami e su mortadelle, mentre non era stato interessato il prosciutto crudo stagionato, e quindi i nostri prosciutti Dop, in particolare Parma e San Daniele, che di fatto non avevano dazi e sono tuttora il prodotto maggiormente esportato". "È chiaro che un aumento del dazio, di qualsiasi entità esso sia, provoca un problema perché si ripercuote in un aumento dei prezzi e quindi facilmente è pensabile che possano poi calare le esportazioni. E sicuramente noi siamo preoccupati da questo punto di vista", sottolinea. Altro tema scottante è quello del boom dei costi energetici. "Siamo consapevoli delle difficoltà che ci sono che ci sono in tanti altri settori economici, ma avere un'azione che possa dare certezze e calmierare il prezzo dell'energia sarebbe importante per il nostro settore, in cui ci sono aziende fortemente energivore tra forni e frigoriferi di tipo industriale", conclude. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano. In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine. Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche. Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri. Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.