INFORMAZIONISocietà Sportiva Dilettantistica Gabeca Pallavolo spa Sport, Intrattenimento e Benessere Ruolo: Presidente Area: Top Management Marcello Gabana |
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(Adnkronos) - A poche ore dall'approdo in Consiglio dei Ministri, la manovra finanziaria 2026 ancora non è chiusa. Ad assicurarlo alle imprese è stato proprio il titolare del Mef, Giancarlo Giorgetti, nel corso degli incontri che hanno impegnato il governo e le associazioni datoriali ieri mattina a Palazzo Chigi. Quattro ore, due round, oltre trenta sigle ascoltate da una fitta pattuglia dell’esecutivo, con il sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano e, oltre a Giorgetti, i ministri degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani, del Lavoro Marina Calderone, degli Affari europei Tommaso Foti e dell’Industria, Adolfo Urso, insieme al sottosegretario per le Politiche e il Sud, Luigi Sbarra, e il consulente per i rapporti con le parti sociali, Stefano Caledoro. Al centro, le richieste del mondo imprenditoriale, tutte rivolte a stimolare i consumi e rinvigorire la produzione: una soglia più alta per il taglio dell’Irpef, la parziale defiscalizzazione degli aumenti contrattuali e delle tredicesime, più incentivi all’industria per sostenere la competitività, il nodo scorsoio del costo dell’energia. Le risorse stimate per questa finanziaria, come prospettato nel documento programmatico di finanza pubblica, partono da un conto di circa 16 miliardi di euro (lo 0,7% del pil): tra le possibili voci di copertura non si esclude un contributo anche dalle banche con cui, a quanto si apprende, sembra proseguano i contatti bilaterali, continuando a ragionare su misure concordate che non abbiamo effetti negativi sui mercati. L’esecutivo resta abbottonato, almeno per ora. “Giorgetti non ha dato numeri, ha parlato pochissimo e ascoltato, ci ha ribadito le linee generali che sono già nel documento e ci ha detto che la manovra non è chiusa”, spiega il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa. Ma questo non basta a rassicurare le aziende. ''Da gennaio terminano tutti gli incentivi e l'industria italiana è nuda, senza strumenti per competere in uno scenario dominato da incertezza, dazi e rischio delocalizzazione'', è il monito di Confindustria, che ''alla luce delle indicazioni fornite dal governo sul quadro generale della prossima manovra”, torna a esprimere “preoccupazione per la mancanza, al momento, di misure forti a sostegno degli investimenti”. Viale dell'Astronomia incalza sulla “necessità” di attuare il piano straordinario da 8 miliardi l’anno proposto all’assemblea annuale di Bologna e mette in guardia dal “rischio stagnazione”. Bisogna puntare su “interventi concreti per rilanciare gli investimenti, rafforzare l'accesso al credito e valorizzare ed estendere il modello delle Zes” e rendere strutturale il Fondo di Garanzia con una dotazione finanziaria “adeguata”, prevedere “un'Ires premiale 2.0 realmente efficace, senza vincoli che ne limitino l'impatto". Accanto, i temi condivisi con i sindacati: la sterilizzazione del fiscal drag e il contrasto al dumping nella contrattazione, che “incidono direttamente sulla competitività del sistema produttivo''. Insomma, nello scheletro attuale della legge di bilancio “manca la parola crescita”, ha riassunto il numero uno degli industriali, Emanuele Orsini, dall’assemblea di Assolombarda. Quello dell’Ires è un tema caro anche a Confcommercio, che infatti propone di renderla “strutturale” per quelle società “che investono in innovazione e creano nuova occupazione” e contestualmente “di avanzare nel processo di abolizione dell'Irap a cui sono ancora sottoposte le società di persone e quelle di capitali”. Sul fronte fiscale le associazioni chiedono di fare di più sul taglio dell’Irpef: “La pressione fiscale è troppo alta, lo stesso Dfp stima, per il 2025, 342 miliardi di gettito delle imposte dirette”, meno rispetto all’anno scorso, ma ancora “su livelli record”, fa presente Confesercenti. Per questo, la sforbiciata dell’aliquota dal 35 al 33% deve essere allargata anche ai redditi fino a 60mila euro, altrimenti “rischia di non avere effetti percepibili sul potere d'acquisto e quindi sulla domanda interna per consumi” (su questo punto, il governo, nell’incontro di venerdì scorso con i sindacati, aveva ipotizzato qualche ‘margine’, di cui però non sono ancora chiari i contorni). Allo stesso modo, anche detassare i primi mille euro di 13esima potrebbe rivelarsi “un importante sostegno per le famiglie”. Anche Legacoop chiede “un deciso cambio di passo nelle politiche di crescita”, a partire dalla parziale defiscalizzazione degli aumenti contrattuali su cui potrebbe esserci “una possibilità reale: abbiamo iniziato a interloquire con il ministro del Lavoro già da tempo”, sostiene il presidente Simone Gamberini. Ci sono poi le richieste di ‘categoria: gli edili, che da un lato apprezzano la conferma del bonus ristrutturazione al 50% per la prima casa, dall’altra chiedono “una rivisitazione di tutti gli incentivi” e “la cedolare secca sugli affitti commerciali” per evitare il fenomeno della desertificazione commerciale, l’Ance insiste per mettere subito a terra interventi sulle emergenze casa, rischio idrogeologico e costo dei materiali, gli agricoltori invocano il rafforzamento del credito agricolo e agevolazioni per l'ammodernamento delle aziende, insieme a misure per l'internazionalizzazione del settore.
(Adnkronos) - I dazi lanciati dal presidente Usa Donald Trump non frenano, almeno per il momento, la crescita dell'export di tecnologie elettrotecniche ed elettroniche da parte delle imprese italiane. E' quanto emerge dall'intervista di Adnkronos/Labitalia a Filippo Girardi, presidente Federazione Anie Confindustria. Come stanno impattando i dazi Usa sull’export italiano di tecnologie elettrotecniche ed elettroniche e quindi sul vostro settore di competenza? L'industria delle tecnologie elettrotecniche ed elettroniche non sembra avere risentito finora dei dazi Usa: nei primi 6 mesi del 2025 l'export italiano verso gli Usa è cresciuto di circa 12 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2024. Questa crescita fa seguito ad un quinquennio 2020-2024 con incrementi medi annui del 16% circa. A quanto è ammontato nel 2024 l'export e qual è l'andamento per questa prima parte del 2025? Nel 2024 le esportazioni italiane di elettrotecnica ed elettronica si sono attestate sui 27 miliardi di euro. Nella prima metà del 2025 si è registrato un indebolimento della dinamica esportativa, con un trend tendenziale negativo di circa tre punti percentuali. Si tratta di una fase di raffreddamento fisiologico, dopo anni di espansione sostenuta, che riflette anche il contesto di maggiore incertezza sui mercati globali e il rallentamento della domanda sui principali mercati di destinazione. Quali sono i prodotti che stanno soffrendo di più e che riscontrando un maggiore calo di export? All’interno del settore si osservano alcune differenze tra comparti nelle dinamiche esportative. Nel primo semestre dell’anno, nel confronto con il corrispondente periodo del 2024, si registrano delle flessioni più ampie per le tecnologie che si rivolgono al mercato delle infrastrutture di trasporto e alla generazione di energia elettrica da fonti tradizionali. Per l’Elettronica è la componentistica a mostrare maggiore sofferenza. Ci sono distretti in particolare difficoltà e quali? L’industria elettrotecnica ed elettronica non vede una presenza prevalente nel nostro Paese in veri e propri distretti produttivi. Tuttavia, la distribuzione delle imprese sul territorio nazionale evidenzia una maggiore concentrazione di unità produttive nelle regioni settentrionali, che sono poi quelle che, in questa fase, stanno mostrando i segnali di maggiore sofferenza. Con più dettaglio, le analisi ci mostrano che nel primo semestre del 2025 i maggiori cali tendenziali dell’export di elettrotecnica ed elettronica si registrano in Lombardia (-516 milioni di euro rispetto al primo semestre 2024), Trentino-Alto Adige (-306 milioni) e Friuli-Venezia Giulia (-242 milioni), territori fortemente orientati all’export e, quindi, più esposti al rallentamento della domanda internazionale. Come stanno reagendo le aziende? Le imprese di Anie stanno dimostrando una forte capacità di adattamento. Nonostante il quadro globale incerto, le tensioni legate ai dazi e il rallentamento di alcuni mercati, la crescita del settore resta sostenuta dai grandi processi di transizione in corso, energetica e digitale, che stanno generando una domanda strutturale di tecnologie avanzate. Gli investimenti in innovazione continuano ad essere i principali motori della competitività delle nostre imprese, che stanno rispondendo alle difficoltà globali puntando su efficienza, qualità e soluzioni ad alto contenuto tecnologico. Le aziende stanno cercando mercati alternativi? La diversificazione dei mercati rappresenta da sempre una leva strategica per le imprese del settore che, anche in un contesto complesso come quello attuale, mantengono alta l’attenzione verso nuove opportunità di sviluppo ed espansione. Le aziende del comparto hanno storicamente una forte vocazione internazionale e continuano a guardare con interesse a nuove aree di crescita, come il Medio Oriente, l’Asia e l’America Latina, dove si stanno sviluppando importanti programmi di investimento in infrastrutture energetiche, industriali e di mobilità sostenibile. In questo percorso, risultano ancora più strategiche le attività di promozione e di supporto all’internazionalizzazione che la Federazione porta avanti per accompagnare le imprese nella ricerca di nuove opportunità e nel consolidamento della loro presenza globale. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - La crescente esposizione del patrimonio storico e monumentale a fattori di rischio naturali, antropici e climatici impone una riflessione critica e multidisciplinare sull’evoluzione delle pratiche di conservazione, restauro e gestione strutturale. La tutela dei centri storici è chiamata a misurarsi con rischi sovrapposti, sismici, idrogeologici, ambientali e climatici, che richiedono approcci integrati e decisioni basate su dati. In questo contesto, il convegno internazionale 'Centri storici a rischio: prevenzione, restauro e adattamento climatico', co-organizzato da Fondazione Return e Fondazione Changes, tenutosi lunedì 6 ottobre 2025 a Firenze, ha avuto l’obiettivo di consolidare una cultura della prevenzione e accelerare il trasferimento di ricerca e innovazione verso pratiche operative di conservazione. L’iniziativa si inserisce nel percorso di Fondazione Return, orientato a rafforzare le filiere della ricerca sui rischi ambientali, naturali e antropici e a integrare dati, tecnologie e competenze per migliorare previsione, monitoraggio e gestione del rischio. In questo quadro, Return promuove un approccio multirischio, che valuta in modo integrato la compresenza e l’interazione di diversi pericoli, per trasformare conoscenza e innovazione in servizi operativi utili a istituzioni, imprese e comunità. In partnership con Fondazione Changes, che promuove didattica, ricerca e trasferimento tecnologico per i beni culturali, il convegno ha applicato questi obiettivi al tema dei centri storici, puntando su standard e strumenti condivisi e su un dialogo intersettoriale finalizzato a rafforzare prevenzione, resilienza e qualità degli interventi. Quattro gli assi tematici al centro del dibattito: documentazione e conservazione del patrimonio nell’era digitale (Hbim, Gis, rilievi 3D e archivi intelligenti per una gestione integrata del ciclo di vita dei beni culturali); principi del restauro e innovazione nei materiali e nelle tecniche per gli interventi strutturali (dall’evoluzione teorica alle applicazioni, con focus su materiali compatibili, sistemi di rinforzo avanzati e tecniche reversibili e sostenibili); gestione integrata multirischio, dalla scala di edificio a quella di sito (metodologie e strumenti per valutare e ridurre i rischi sismici, idrogeologici e ambientali, con particolare attenzione all’adattamento climatico); nuove tecnologie non invasive per il monitoraggio dei beni culturali (soluzioni diagnostiche e sistemi di osservazione continua che riducono l’impatto sugli edifici storici e migliorano l’efficacia degli interventi). “Nei centri storici la sfida è passare da analisi frammentate a decisioni basate su dati. Con Return mettiamo a sistema ricerca e dati per migliorare la previsione dei rischi e trasformarla in servizi operativi per istituzioni e comunità. Questo convegno ha mostrato come lo standard condiviso e l’approccio multirischio possano guidare prevenzione, adattamento climatico e una governance della resilienza più efficacie”, afferma Andrea Prota, presidente fondazione Return. Tra i casi studio presentati, la costruzione del Digital Twin di un tratto dell’Arno nel centro storico di Firenze ha offerto un banco di prova concreto: un modello dinamico che integra rilievi 3D, Hbim, Gis e dati storici per supportare valutazioni multirischio e decisioni operative nella tutela del patrimonio. “Return e lo Spoke 7 di Changes condividono una missione: affrontare il rischio nei centri storici con dati affidabili, standard condivisi e modelli interdisciplinari. Il Digital Twin diventa una piattaforma di sintesi tra ricerca, tecnologia e tutela, capace di rendere misurabile la complessità e di orientare prevenzione, restauro e adattamento climatico”, dichiara Grazia Tucci, professore ordinario di Geomatica presso l'Università degli Studi di Firenze.