(Adnkronos) - Giorgio Locatelli spegne oggi, lunedì 7 aprile, 62 candeline. A celebrare il compleanno del noto personaggio televisivo, anche Bruno Barbieri che ha pubblicato un tenero scatto che li ritrae insieme, lontano dagli studi di Masterchef Italia. "Happy Birthday George. Ragaz, come on, facciamo tutti insieme gli auguri al mio grande compagno di viaggio Giorgio Locatelli", ha scritto Bruno Barbieri a corredo dello scatto che ritrae i due giudici di MasterChef Italia in una località boschiva mentre si scambiano un tenero abbraccio con delle cascate sullo sfondo. Un gesto che conferma, ancora una volta, il rapporto speciale che si è creato tra i tre giudici di Masterchef (Giorgio Locatelli, Bruno Barbieri e Antonino Cannavacciuolo): “La nostra forza è sentirci anche fuori da MasterChef. È una sinergia fondata sul rispetto”, aveva detto Bruno Barbieri in una recente intervista. Il post dedicato al compleanno di Locatelli ha fatto il pieno di like e commenti, tanti i fan del cooking show Sky Original hanno voluto fare gli auguri al giudice Locatelli: "Un augurio speciale per uno chef speciale", ha commentato un utente.
(Adnkronos) - I dazi imposti da Donald Trump stanno rendendo necessario rivedere le strategie commerciali globali. E fermo restano l'obiettivo di negoziare con gli Stati Uniti per limitare gli effetti negativi, la Cina, con la sua crescente classe media, offre opportunità in alcuni settori dove le imprese italiane potrebbero diversificare le loro esportazioni, tanto che la maggioranza delle aziende italiane nel Paese considera la Cina un mercato di primaria importanza nelle strategie di sviluppo globale di gruppo. Ne è convinto Lorenzo Riccardi, presidente Camera di commercio Italiana in Cina, intervistato da Adnkronos/Labitalia. In che modo crede che cambieranno i rapporti tra Cina e Italia, e l’Ue, dopo i dazi di Trump? I dazi imposti da Trump hanno reso necessario rivedere le strategie commerciali globali. Queste misure impattano sulle esportazioni dall’Europa verso il resto del mondo e per questo l'Italia e l'UE, cercano di diversificare i propri mercati. L'Italia guarda ai paesi emergenti extra-UE e con una presenza solida nei propri settori strategici può mitigare gli effetti negativi dei dazi, promuovendo mercati come la Cina. La situazione richiede una gestione attenta delle politiche commerciali, con l'obiettivo di negoziare con gli Stati Uniti per limitare gli effetti negativi ma anche di rafforzare i legami con Pechino, motore dell’Asia che è la più grande regione per demografia, valore economico e rapidità di crescita. Quali sono oggi i numeri dell'interscambio tra Italia e Cina? Nel 2024, le statistiche delle dogane cinesi mostrano un volume di scambi pari a 72 miliardi di dollari statunitensi, con esportazioni italiane che ammontano a 26 miliardi di dollari e importazioni pari a 46 miliardi di dollari, con una crescita del commercio aggregato e una riduzione dell’export. L'interscambio tra Italia e Cina continua a mantenere una dinamica positiva, nonostante alcune fluttuazioni. Secondo i dati Istat di febbraio 2025, il commercio bilaterale nei primi due mesi ha raggiunto un valore di 11,5 miliardi di euro, con un incremento del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Quali sono i settori in cui le imprese italiane operano maggiormente in Cina e come sta andando il loro business? Le imprese italiane operano prevalentemente in settori ad alta qualità e contenuto tecnologico, come meccanica e ingegneria, automotive, moda e design, alimentare e sanità. Questi settori, in particolare, sono ben accolti nel mercato cinese, grazie alla crescente domanda di prodotti di alta gamma e al prestigio associato al Made in Italy. Le aziende italiane promuovono le loro specializzazioni e brand noti, come nel caso delle auto di lusso o delle eccellenze agroalimentari. Il mercato cinese rimane strategico per molte imprese italiane, soprattutto per chi ha investimenti di lungo periodo e conosce a fondo il mercato domestico. Ci sono dei settori in cui il mercato cinese potrà sostituire quello statunitense per le imprese italiane? La Cina, con la sua crescente classe media, offre opportunità in alcuni settori dove le imprese italiane potrebbero diversificare le loro esportazioni. Tra i principali prodotti esportati dall’Italia verso la Cina troviamo i prodotti tessili e dell’abbigliamento, che rappresentano una quota importante dell’export, i macchinari e apparecchiature di vario genere, un settore strategico che riflette l’eccellenza tecnologica italiana. Anche le sostanze e i prodotti chimici rivestono un ruolo significativo, fornendo materiali essenziali per diversi comparti industriali. Infine, gli articoli farmaceutici, chimico-medicinali completano il quadro, rappresentando un segmento di crescente rilevanza per la salute e la cosmetica. Se paragoniamo l’export italiano verso gli Usa e verso la Cina questi flussi hanno caratteristiche analoghe in ambito merceologico; in base ai dati Istat 2024, nelle esportazioni dall’Italia verso gli Stati Uniti prevale il settore dei macchinari (19,8%), farmaceutica (15,5%), mezzi di trasporto (12,3%), alimentare (12%), tessile (8,6%) mentre le esportazioni verso la Cina vedono abbigliamento (26,4%) macchinari (23,3%), farmaceutica (13,8%), altre attività manifatturiere (6%) e mezzi di trasporto (5,7%). Avete già sentore di aziende italiane che si stanno muovendo in tal senso? In base ad un sondaggio di marzo 2025 condotto dalla Camera di Commercio Italiana in Cina, la maggioranza delle aziende italiane nel Paese considera la Cina un mercato di primaria importanza nelle strategie di sviluppo globale di gruppo. Il 31% pianifica investimenti in ricerca e sviluppo, con un focus su trasformazione digitale e sostenibilità, mentre il 30% intende consolidare le catene di approvvigionamento locali e il 45% punta a potenziare i canali di distribuzione, includendo piattaforme e-commerce. Questi elementi indicano che le società italiane in Cina promuovono un consolidamento della propria presenza attraendo nuovi progetti nella filiera domestica. I vantaggi evidenziati sono legati alla dimensione del mercato, alle prospettive di crescita e all’interesse per prodotti Made in Italy. Le visite ufficiali che si sono susseguite negli ultimi mesi con il ministro Uso, la premier Meloni, il presidente Mattarella e il presidente del Senato La Russa potrebbero aumentare le opportunità per le aziende italiane in un paese come la Cina dove politica ed economia sono strettamente correlate. Invece quali saranno gli effetti della replica cinese ai dazi Usa? La Cina ha risposto ai dazi statunitensi con l’imposizione di tariffe del 34% su beni americani, a partire dal 10 aprile, colpendo in particolare il comparto agricolo. Parallelamente, ha avviato un ricorso all’Organizzazione mondiale per il commercio, contestando la legittimità delle misure USA. La reazione cinese punta a difendere il proprio ruolo nel commercio multilaterale e a mantenere margini negoziali aperti; Pechino è il primo esportatore al mondo, mentre Washington è il primo importatore. A fronte di una contrazione delle relazioni economiche UE-Usa e Cina-USA, potrebbe aumentare il volume di scambi e dei rapporti negli investimenti tra Bruxelles e Pechino e in questo contesto va menzionato il rinnovo del partneriato strategico che la Cina ha da poco siglato con l’Italia mediante un piano d’azione che promuove diverse aree di cooperazione, tra cui commercio, sanità, innovazione, e finanza. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - Non solo la Marmolada, il ghiacciaio simbolo delle Dolomiti. Nei prossimi decenni potrebbero ridursi, fino a sparire, anche gli altri ghiacciai di queste montagne. A sostenerlo uno studio realizzato dall'Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e dall'Università Ca' Foscari Venezia, appena pubblicato sulla rivista The Cryosphere. Hanno collaborato alla ricerca il Comitato Glaciologico Italiano, la Società Meteorologica Alpino-Adriatica, l'Arpa Veneto, il Servizio geologico di Danimarca e Groenlandia, l'Università tecnica della Danimarca, l'Università Roma Tre e l'Università del Quèbec a Montreal. "Le Dolomiti sono state oggetto di numerosi studi in ambito geologico, geomorfologico e sulla biodiversità. Tuttavia, i ghiacciai di questa regione sono spesso rimasti ai margini dell'esplorazione scientifica, ad eccezione del ghiacciaio della Marmolada, il più esteso della zona - spiega Renato R. Colucci, ricercatore del Cnr-Isp e coautore del paper - Nonostante le informazioni sui ghiacciai delle Dolomiti fornite dalle due edizioni dei catasti dei ghiacciai italiani del 1962 e del 2015, i dati disponibili in merito alla loro evoluzione nel corso del tempo sono stati finora estremamente frammentari, e spesso sono stati solo qualitativi, soprattutto per quanto riguarda le loro variazioni di volume. Il nostro è il primo lavoro a presentare una stima pluridecennale (dagli anni '80 al 2023) della variazione topografica e del bilancio di massa degli attuali ghiacciai montani presenti nelle Dolomiti". Un risultato raggiunto in due step: per il periodo dagli anni '80 al 2010 è stata impiegata la tecnica Structure from Motion (Sfm) applicata ad immagini aeree storiche; dal 2010 al 2023 invece si è fatto uso anche di immagini con droni (Uav) e acquisizioni Light Detection and Ranging (Lidar) da elicottero, che hanno permesso un'elevata risoluzione e accuratezza. Al 2023, ultimo anno preso in esame dallo studio, si contavano 9 ghiacciai, anche se la frammentazione del ghiacciaio della Marmolada in 4 corpi glaciali distinti, porta il numero totale a 12. "L'area totale di questi ultimi 12 ghiacciai è passata da poco più di 4 km quadrati negli anni '80 a poco meno di 2 km quadrati oggi, con una perdita del 56%, di cui il 33% dal 2010 - precisa Andrea Securo, dottorando dell'Università Ca' Foscari Venezia e coautore dello studio - Complessivamente abbiamo riscontrato una diminuzione della superficie topografica media dei ghiacciai di 28,7 metri dal 1980 al 2023, di cui il 33% tra il 2010 e il 2023. Il ghiacciaio che ha subito la riduzione maggiore è quello della Fradusta, che ha visto una diminuzione di spessore medio di 50 metri ed una riduzione areale del 90%". I dati sulle temperature sono stati elaborati per lo studio assieme ad Arpa Veneto che ha quantificato un aumento di +2.0°C, circa +0.5°C per decade negli ultimi 40 anni. Al contempo i dati mostrano anche un certo aumento delle precipitazioni nevose ma solo in alta quota, fenomeno che, avvertono i ricercatori, non è stato sufficiente a colmare la maggiore fusione dovuta a estati sempre più lunghe e più calde. In conclusione, lo studio mette in luce che in tutta l'area, il 66% dell'intera perdita di volume è attribuibile al solo ghiacciaio della Marmolada. "Oggi le aree di accumulo dei ghiacciai delle Dolomiti si trovano al di sotto della linea di equilibrio glaciale alpina, un indicatore del fatto che, nel giro di pochi decenni, questi ghiacciai scompariranno o si frammenteranno in piccoli corpi glaciali senza dinamica. Il loro destino appare purtroppo inevitabile anche assumendo una stabilizzazione del clima sui valori medi degli ultimi 30 anni (1991-2020)", concludono gli autori.