(Adnkronos) - La musica italiana e napoletana perde uno dei suoi più grandi innovatori. È morto oggi mercoledì 29 ottobre a Napoli James Senese , sassofonista, cantante e compositore: aveva 80 anni. Padre del Neapolitan Power, trasformò la rabbia e la poesia della sua città natale in suono universale. Lo scorso 25 settembre era stato ricoverato all'ospedale Cardarelli di Napoli per una grave infezione polmonare che aveva aggravato un quadro clinico già fragile. "Non bastano parole per un dolore così grande ma solo un GRAZIE! Grazie per il tuo talento, la dedizione, la passione, la ricerca. Sei stato un esempio di musica e di vita. Un amico per fratello, un fratello per amico. Per sempre", scrive sui social Enzo Avitabile, amico di una vita. Senese non era solo un artista, ma un modo di intendere la libertà: quella che passa per il ritmo, per il soffio nel sax, per la lingua di chi non ha mai accettato di essere messo ai margini. "Ho sempre creato d'istinto, cercando di trovare un mio personale linguaggio - diceva - Il mio sax racconta la gioia e il dolore di una vita vissuta a Napoli". Tra i sassofonisti italiani più acclamati a livello internazionale, la sua musica è stato un viaggio vibrante tra jazz, rock, soul e funky. Nel 1990, sul leggendario palco dell'Apollo Theater di New York, il pubblico americano lo consacrò come 'Brother in Soul', un titolo riservato solo ai veri giganti della musica. Negli anni Sessanta e Settanta Senese fu uno dei protagonisti assoluti del movimento Neapolitan Power, la rivoluzione musicale che fuse radici partenopee e sonorità afroamericane. In quegli anni fondò gruppi entrati nella storia come The Showmen, Showmen 2 e Napoli Centrale, band di cui era tuttora leader e anima creativa. La sua carriera, lunga e ricca di successi, è costellata da collaborazioni prestigiose: da Gil Evans a Bob Marley, da Ornette Coleman all’Art Ensemble of Chicago, passando per Lester Bowie, Don Moye, Steve Thorton, Roberto De Simone, Pino Daniele (a cui fu legato da un lungo sodalizio), Tullio De Piscopo ed Enzo Avitabile. Un artista che ha saputo far dialogare Napoli con il mondo, portando il suo sax e la sua anima ovunque la musica chiedesse libertà. Nato il 6 gennaio 1945 nel quartiere di Miano, Senese portava nel sangue due mondi: l'Africa e l'America di suo padre, soldato afroamericano sbarcato a Salerno nel 1943, e la Napoli popolare e ferita di sua madre, Anna. Cresciuto in una periferia napoletana difficile, tra povertà, pregiudizi e la voglia di riscatto, si definiva "figlio della guerra" come la Tammurriata nera: il giovane James trovò così nella musica una via di salvezza. A sette anni restò folgorato da una copertina del leggendario jazzista John Coltrane: "Mamma mi disse: guarda, è come tuo padre. In quell'uomo col sax ho riconosciuto la mia storia". A dodici anni ricevette il suo primo strumento e non se ne separò più. Da autodidatta, scoprì il jazz americano e lo mescolò con il ritmo viscerale della sua terra: "Ho imparato suonando per strada, tra i ragazzi che come me cercavano un suono per dire chi erano". Negli anni Sessanta, insieme all'amico Mario Musella, Senese fondò gli Showmen, una delle prime band italiane a reinterpretare il soul e il rhythm & blues con energia mediterranea. La loro voce calda e ribelle conquistò il pubblico con "Un'ora sola ti vorrei", ma la rivoluzione era solo all'inizio. Nel 1974 fondò Napoli Centrale, la sua creatura più compiuta, creata con il batterista Franco Del Prete. Con loro prese forma un'idea che cambiò per sempre la musica italiana: fondere il jazz elettrico con la lingua e la realtà napoletana, cantare le ingiustizie sociali con il groove di Miles Davis e la rabbia del Vesuvio. Era il seme del Neapolitan Power, un movimento che negli anni Settanta e Ottanta darà al mondo una Napoli diversa, internazionale e radicata al tempo stesso. "Campagna", "'A gente 'e Bucciano", "Simme iute e simme venute": canzoni che raccontano braccianti, emigrazione, dignità e fatica. Non liriche da salotto, ma veri manifesti sociali in dialetto. "La nostra musica era politica senza volerlo - spiegava Senese - perché parlava di chi non aveva voce". Il sax di James non imitava nessuno. Né jazz puro né rock, ma una sintesi nuova e coraggiosa, impastata di funk e dolore, sudore e spiritualità. Nei concerti, la sua presenza scenica era magnetica: occhi chiusi, corpo piegato sullo strumento, ogni nota un colpo di cuore. "James è stato il nostro Coltrane napoletano - dirà Enzo Avitabile, amico fraterno -. In lui c'era l'anima della città, quella che resiste e che sogna". E non è un caso se i suoi album con i Napoli Centrale sono diventati pietre miliari: "Napoli Centrale" (1975), "Mattanza" (1976), "Qualcosa ca nu' mmore" (1977). Lontani dalle mode, orgogliosamente indipendenti, suonavano come nessun altro in Italia. Sul finire degli anni Settanta, l'incontro decisivo: Pino Daniele, un ragazzo poco più che ventenne, bussò alla porta del suo studio a Miano. Nacque un sodalizio destinato a segnare un'epoca. Senese suonò nei primi dischi di Pino e, con lui, Tullio De Piscopo, Joe Amoruso, Rino Zurzolo ed Ernesto Vitolo formarono la leggendaria superband che diede vita a "Vai mo'" e alla nuova musica napoletana. Insieme costruirono un linguaggio unico: Napoli che dialogava col jazz, col blues, col Mediterraneo. "Con Pino eravamo sulla stessa onda - raccontava Senese -. Lui scriveva, noi dipingevamo la sua tela con i nostri strumenti". Nella sua lunga carriera James Senese ha collaborato con giganti internazionali come Gil Evans, Ornette Coleman, Art Ensemble of Chicago, Steve Thornton, Lester Bowie, ma è rimasto sempre fedele alla sua città. "Non ho mai cercato la carriera facile - diceva -. Napoli è la mia radice e la mia condanna. Da qui vengo, qui voglio restare". Negli anni Duemila, mentre molti artisti della sua generazione si ritiravano, Senese continuava a incidere e a suonare dal vivo con l'energia di un ventenne. Nel 2016 l'album "'O sanghe" gli valse la Targa Tenco come miglior disco in dialetto. Nel 2025, a ottant'anni, ha pubblicato "Chest nun è 'a terra mia": nove brani che sono un testamento civile e musicale. "La musica è fernuta - raccontava - i sentimenti non ci sono più. Ma io continuo a suonare per chi ha ancora un'anima". James Senese è stato l'architetto sonoro di un movimento che ha cambiato per sempre il modo di intendere la musica italiana. Il Neapolitan Power non è stato solo una corrente artistica: è stato un riscatto culturale, un'urgenza identitaria, un grido collettivo. Ha dato alla Napoli degli anni Settanta - quella delle periferie, della crisi, delle disuguaglianze - la consapevolezza di poter parlare al mondo con voce propria. Con la sua band e con artisti come Pino Daniele, Enzo Avitabile, Tullio De Piscopo, Lina Sastri, Eugenio Bennato, Senese ha contribuito a creare un linguaggio che oggi è parte integrante della storia della musica europea: un jazz 'meticcio', mediterraneo e politico, in cui il dialetto diventa ritmo e resistenza. "Non ci sono parole. Ciao Maestro James. Riposa in pace. Grazie per tutto quello che ci hai insegnato! Fai buon viaggio e salutami a Zio Pino". Con queste parole e una foto che li ritrae insieme, Clementino sui social rende omaggio a James Senese. (di Paolo Martini)
(Adnkronos) - “La nostra è la rete più vera e profonda dell’Italia. L’idea di questo incontro viene da Antonello Aurigemma e dal nostro segretario generale Massimiliano Monnanni. Mi misi in testa già quarant’anni fa il fatto che ogni Regione dovesse avere internamente il suo Cnel. Ne sono nati pochissimi, uno anche nel Lazio, purtroppo con poca fortuna. Questa dimensione di rappresentanza della società civile faceva fatica a trovare un suo insediamento. Grazie all’intuizione di un bravo ministro della Pubblica Istruzione, attorno al 2009/2010, siamo stati costretti dal Parlamento a redarre un rapporto sui servizi pubblici, che sono l’oggetto più importante per gli Stati sotto il profilo della spesa pubblica. Noi, ogni anno, produciamo questo rapporto sui servizi pubblici, con Marcella Mallen che con grande pazienza mette insieme le analisi dirette e indirette sui servizi pubblici italiani". Così Renato Brunetta, presidente del Cnel, intervenendo oggi a Roma all’incontro interistituzionale tra Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome e Cnel, che segna l’inizio di una collaborazione su alcune tematiche specifiche come salute, imprese e lavoro. "Abbiamo scoperto che a Roma e nel Lazio - ha sottolineato - esiste un ente che è preposto all’analisi dell’efficienza dei servizi pubblici, dipendendo dal Consiglio comunale della Capitale. Ho pensato che, qualora dovessimo coinvolgere tutti i consiglieri, avendo per ogni Consiglio regionale il giusto numero di interlocutori, avremmo una rete operativa straordinaria. Immaginate la valenza a livello regionale di un rapporto sui servizi pubblici redatto direttamente dai consiglieri regionali della data regione. Se riuscissimo a parlare pure di sanità, che a livello regionale non è un tema casuale, di lavoro e di imprese, noi potremmo avere un sistema di monitoraggio straordinario". "Questa è l’idea di base: siamo un organo di rilevanza costituzionale così come voi (Regioni, ndr); allo stesso modo siamo entrambi dei legislatori, pure se noi al Cnel non abbiamo la prerogativa di approvare le modifiche legislative. Un giorno mi ha chiamato un presidente di Regione dell’Italia centrale, chiedendomi dell’algoritmo di distribuzione del fondo sanitario regionale e segnalandomi di come penalizzasse le regioni italiane con minor densità di popolazione e con orografia complicata sotto il profilo territoriale", ha ribadito. "Se su questi argomenti - ha proseguito Brunetta - riuscissimo a mettere in piedi un algoritmo diverso, con un bel disegno di legge da presentare in Parlamento con l’appoggio delle Regioni, forse riusciremmo a riaprire il dibattito sull’efficacia degli attuali algoritmi di distribuzione dei fondi sanitari su base regionale. Questo è solo un piccolo esempio delle decine dei problemi che abbiamo da risolvere, partendo proprio dalla sottoscrizione dell’accordo odierno, col quale potremo veramente cambiare l’Italia”. “Noi, lato Cnel, abbiamo necessità di avere rilevanza e impatto regionale; voi, lato Consigli regionali, avete l’esigenza di un coordinamento e di una verticalizzazione. Dobbiamo far confluire i bisogni comuni nel protocollo d’intesa che firmeremo alla fine del nostro incontro: abbiamo già messo in piedi tre gruppi di lavoro con focus specifici su Sanità, Lavoro e Imprese. Alla fine del nostro incontro, stilato il protocollo d’intesa, metteremo in piedi subito la tabella di marcia", ha detto. "Sono solito dire due cose, che sono sempre le stesse. In lingua italiana la parola ospite ha due significati distinti, riferiti a chi ospita e a chi viene ospitato. Oggi, come Cnel, sto ospitando qui le Regioni. Il Cnel è ospitato parimenti da voi Regioni e ho la netta sensazione di essere dentro i Consigli regionali sia dal punto di vista contenutistico sia dal punto di vista delle prerogative istituzionali. Questo è l’atteggiamento più fecondo che possiamo avere. Oggi, con quel che sta succedendo in demografia, nel mondo delle energie e della geopolitica, chi ha una rete ha un tesoro e voi siete una straordinaria rete territoriale fatta di popolazione, imprese e welfare. Voglio approfittare della vostra straordinaria rete democratica e rappresentativa”, ha concluso il presidente del Cnel.
(Adnkronos) - "Se c'è un mercato che è fortemente in salute è proprio quello della second hand, il mercato dell'usato. Da 11 anni collaboriamo con Bva Doxa per un osservatorio sulla second hand che ogni anno ci fa scoprire un mondo che è in continua espansione ed evoluzione. Solo l'anno scorso, nel 2024, ben il 63% degli italiani si sono dati alla second hand per comprare o per vendere. Il settore ha rappresentato ben 27 miliardi di giro d'affari". Così Giuseppe Pasceri, Ceo Subito.it, intervenendo all’appuntamento Adnkronos Q&A, 'Sostenibilità al bivio', questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma. Tra l'altro "questi 27 miliardi per la prima volta hanno visto l'online superare l'offline. Siamo passati dal 30% circa dell'online nel 2014 fino al 54% dell'online sull'offline". "Se poi pensiamo alle motivazioni che spingono gli italiani a fare questa scelta, sicuramente in primis c'è il risparmio ma è molto interessante vedere come la riduzione degli sprechi diventi un fattore motivante di primissimo piano e poi c'è il guadagno, che è comunque visto come un aspetto importante", aggiunge.