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(Adnkronos) - “Il progetto Generazione G nasce, ormai, un anno fa. È stato lanciato da Prénatal, in occasione del suo 60esimo anniversario. È stato un momento per scendere in campo con un progetto di attivismo sociale. Abbiamo deciso, infatti, di ricoprire un ruolo di responsabilità sociale verso l'intero Paese, in quanto al centro di questo progetto c'è il tema della denatalità. Pertanto, questo progetto voleva essere un contributo per cercare di invertire il trend di denatalità a cui stiamo assistendo ormai da diversi anni”. Lo afferma Alberto Rivolta, Ceo di PRG Retail Group, in occasione dell’evento organizzato a Milano per celebrare i risultati del primo anno di Generazione G, l’iniziativa lanciata da Prénatal con il supporto di Moige, Movimento italiano genitori. La collaborazione con il Moige e i partner di progetto ha permesso, infatti, di rendere concreta la mission iniziale ovvero contrastare il fenomeno per cui in Italia “non nascono più genitori”, più che “non nascono più bambini. Dal 2008 a oggi, infatti, è stato perso più del 35% di nuovi nati in Italia - aggiunge Rivolta - e addirittura più del 60% se si guarda al milione di nuovi nati presente negli anni ‘60. Di conseguenza, abbiamo pensato di dare vita a un progetto che fosse una piattaforma e l'abbiamo chiamata Generazione G, perché al centro del problema non è tanto il fatto che non nascono nuovi bambini, quanto il fatto che non nascono nuovi genitori. Il focus più importante di tutte le nostre attività è, quindi, sulla genitorialità”. “Il progetto di raccolta fondi ha coinvolto tutti i nostri clienti, di tutte le nostre insegne di PRG Retail Group - Prénatal, Toys Center, Bimbostore, Fao Schwarz - qui in Italia e grazie ai contributi dei clienti a molti partner quali Chicco, Clementoni, Fater, Mam, Mattel e Okbaby, abbiamo raccolto dei contributi economici, utilizzati per costruire una rete di supporto - illustra Rivolta - formata da genitori esperti che aiutano le famiglie italiane in attesa o che volessero avere dei bambini, soprattutto con un focus sulle genitorialità fragili o in difficoltà, che richiedono supporto per intraprendere questo percorso”. “Sono stati raccolti fondi oltre le nostre aspettative - commenta il Ceo - oltre 800mila euro, nel corso di un anno da quando abbiamo lanciato l'iniziativa. Un obiettivo andato oltre le nostre aspettative. Il valore generato è tutto sul territorio italiano in ottica di welfare di prossimità: abbiamo supportato 264 famiglie, in 29 città italiane e 14 regioni. Anche le forze messe in campo sono state notevoli, in quanto sono stati coinvolti nell’iniziativa più di 50 genitori esperti per fare rete su tutto il territorio. Infine, un dato che mi piace ricordare, forse il più importante è che in questo anno di progetto sono nati 42 nuovi bambini e altrettanti genitori”. Guardando al futuro, “innanzitutto c'è il progetto di raggiungere una soglia-obiettivo, che ci siamo dati durante l'estate - racconta Rivolta - toccare il milione di euro di raccolta fondi, in modo da raggiungere 500 famiglie supportate entro quest’anno. Parlando, invece, di PRG Group, che include le insegne di Toys Center, Bimbostore, Fao Schwarz, abbiamo una missione e un obiettivo molto importante: supportare e guidare le famiglie, accompagnandole nella fase molto delicata della nascita dei propri figli, nonché affiancarci a bambini di tutte le età per crescerli, formarli e supportarli, in modo che ci sia un'Italia migliore da questo punto di vista”.
(Adnkronos) - Il ranking per l’anno 2025 di The Times Higher Education (The) riguardo le università di tutto il mondo è online e Roma Tor Vergata conferma il suo posizionamento generale, con un importante avanzamento riguardo l’indicatore International Outlook. L’ateneo, che lo scorso anno era passato dalla fascia 351-400 alla fascia 301-350, nonostante le 185 nuove università inserite in classifica (2.092 quest’anno contro le 1.907 della scorsa edizione) mantiene il proprio posizionamento, nonché il 9° posto ex-aequo tra gli atenei italiani (a pari merito con l’Università Cattolica, Milano, Pavia e Trento). Inoltre, complessivamente il numero delle unità censite, che comprendono sia quelle inserite nella classifica THE che quelle che non hanno raggiunto i requisiti minimi di classificazione, è passato da 2.673 a 2.875. L’Ateneo ottiene, secondo le stime dell’ufficio statistico di Roma Tor Vergata, performance superiori rispetto alla media mondiale in quattro aree su cinque, che sono: teaching, research environment, industry, international outlook. Per questo ultimo settore, l’internazionalizzazione, rispetto all’anno precedente Roma Tor Vergata passa dal terzo al secondo posto in Italia. Secondi solo all’università di Bolzano e, quindi, primi in questo settore tra le università romane statali. L’ateneo si mantiene nella media per l’area Research Quality. In Italia, intanto, la classifica generale Censis 2024/2025 tra i grandi atenei statali, ci posiziona all’ottavo posto con un punteggio di 84,5, subito dopo l’università di Salerno (85,8) e l’università di Milano Bicocca (85,7), rispettivamente sesta e settima. La classifica dei grandi atenei statali prende in considerazione le università che possono contare su un numero di iscritti che va da 20.000 a 40.000 unità. “Il mantenimento del nostro posizionamento nel The World University Rankings 2025 è motivo di grande soddisfazione, soprattutto considerando l’aumento del numero di università valutate”, afferma il rettore Nathan Levialdi Ghiron, che prosegue, “questo traguardo riflette l’impegno costante di Roma Tor Vergata nel campo della ricerca, della didattica e dell’internazionalizzazione. Continueremo a migliorare e a investire nelle nostre aree di forza, per offrire ai nostri studenti e ricercatori un ambiente competitivo e di alta qualità a livello internazionale”. Dal 2004 The Times Higher Education fornisce dati affidabili sulle prestazioni delle università agli studenti, agli accademici, ai dirigenti universitari, ai governi e all'industria. Stila World University Rankings sul mondo universitario per valutare le prestazioni a livello globale e per fornire ai lettori una risorsa per comprendere le diverse missioni e i successi degli istituti di istruzione superiore. Queste classifiche coprono le tre aree principali dell'attività universitaria: ricerca, impatto e insegnamento.
(Adnkronos) - In un mondo sempre più orientato verso l'e-commerce, molti si chiedono se fare acquisti online sia più o meno sostenibile rispetto allo shopping in negozio. Un’indagine Altroconsumo, condotta su oltre 1.000 partecipanti attraverso la piattaforma ACmakers e che rientra nel progetto 'Sceglilo Sfuso o Riciclabile', finanziato dal Mimit (D.M. 6/5/2022 art. 5), con l’obiettivo di promuovere l’informazione e la formazione dei consumatori e sensibilizzarli rispetto alla riduzione degli imballaggi attraverso il riutilizzo, il riciclo, la semplicità di smaltimento e la comprensione delle etichette, ha approfondito questa tematica, esplorando e quantificando i reali impatti ambientali degli acquisti digitali. Utilizzando un paio di auricolari bluetooth come esempio, è stato percorso l'intero ciclo di vita del prodotto, dalla fabbrica fino alla consegna, analizzando le emissioni di CO2 e gli imballaggi utilizzati. "Alla domanda 'con quanti imballaggi entra in contatto un paio di auricolari prima di essere venduto online?', solo 1 partecipante su 10 ha scelto, tra le quattro opzioni disponibili, quella giusta, cioè 'tra 9 e 11 imballaggi'. Oltre agli imballaggi necessari per il trasporto dalla fabbrica al magazzino di competenza, infatti, gli auricolari venduti online richiedono un packaging singolo o comunque personalizzato anche per la spedizione dal magazzino al destinatario finale. La vendita dello stesso prodotto in negozio richiede invece un numero di componenti di imballaggio inferiore, circa 6-8", spiega Altroconsumo in una nota. Restando all’esempio degli auricolari, alla domanda 'quale tipo di acquisto produce più CO2?', la maggior parte ha risposto che è l’acquisto online il più nocivo per l’ambiente. "Mentre - dice Altroconsumo - la risposta da indicare era un’altra, 'l’outlet fuori città'. Questo perché i grandi punti vendita extraurbani, oltre a essere causa di elevate emissioni di CO2 (dovute al riscaldamento, al raffrescamento e all’illuminazione dell’outlet), sono fonte di ulteriore inquinamento, dal momento che i clienti per raggiungerli devono percorrere lunghe distanze perlopiù col proprio mezzo privato". Alcuni recenti studi evidenziano il ruolo chiave che il comportamento dei consumatori gioca a favore o meno della sostenibilità ambientale, primo tra tutti il modo in cui avvengono gli spostamenti per raggiungere il negozio o il punto di ritiro del bene acquistato. "È emerso che i magazzini automatizzati che compongono la filiera degli acquisti online riescono a essere generalmente più efficienti in termini di energia per unità di prodotto. Sono sempre di più, infatti, le aziende di logistica che investono in flotte di consegna elettriche e magazzini a basse emissioni", osserva l'organizzazione dei consumatori. L’indagine Altroconsumo mette in evidenza che "anche i consumatori hanno un ruolo attivo nel ridurre il proprio impatto, ad esempio evitando resi, preferendo il ritiro in un punto fisico vicino a casa e differenziando correttamente gli imballaggi. Per ridurre l'impatto ambientale è essenziale, infatti, che i cittadini gestiscano correttamente il packaging tramite la raccolta differenziata. Ad esempio, le buste di carta imbottite vanno di solito nell'indifferenziato, ma se le parti di carta e plastica sono facilmente separabili, è possibile differenziarle. Inoltre, per un riciclo ottimale, è consigliabile rimuovere le etichette adesive e altri elementi come nastri e graffette dalle scatole di carta prima di smaltirle".