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(Adnkronos) - La cerimonia di intronizzazione del Papa che si svolge oggi, domenica 18 maggio, in piazza San Pietro con la messa di inizio pontificato di Leone XIV, rappresenta uno dei riti più solenni e carichi di significato della tradizione cristiana. Lontana dall'essere una semplice formalità liturgica, anche se rivista nelle sue modalità in tempi recenti, essa è il frutto di un lungo processo storico che ha intrecciato elementi religiosi, politici e simbolici, configurandosi nel tempo come un vero e proprio modello di "incoronazione sacra". L'uso di simboli imperiali nella cerimonia papale affonda le radici nella Donazione di Costantino, un documento apocrifo redatto probabilmente tra l'VIII e il IX secolo, in cui si affermava che l'imperatore Costantino avesse donato al Papa Silvestro I le insegne dell'Impero romano d'Occidente. Sebbene falso, come dimostrò nel XV secolo l'umanistta Lorenzo Valla, questo testo fu fondamentale per giustificare l’adozione, da parte del Pontefice, di abiti e simboli propri della regalità, come il manto di porpora (clamide), il phrygium (copricapo conico) e gli sceptri imperiali (bastoni cerimoniali decorati di solito d'oro o di metalli preziosi, talvolta sormontati da una croce o da un globo) che rappresentano il potere e la giurisdizione del sovrano. Nel 1048, con l'elezione di Leone IX, si ha la prima testimonianza del rito di 'immantatio': l'atto di ammantare il neoeletto Pontefice con la cappa purpurea subito dopo l'elezione. A Roma, il rito si consolidò con Gregorio VII (1073), venendo poi descritto anche per i suoi successori come Vittore III e Urbano II. Il teologo Guglielmo Durando, nel suo "Rationale divinorum officiorum" (1286), fornisce un'interpretazione completa dei colori papali: rosso per il sacrificio e il potere, bianco per la purezza e la carità. Il Papa è vestito esteriormente di rosso e interiormente di bianco, simboleggiando Cristo che versa il suo sangue per il popolo. Nel periodo avignonese (1309-1376) e al ritorno a Roma si consolidano le regole rituali attraverso cerimoniali come quello dello Stefaneschi e del Patriarca Pietro. Il primo cerimoniale organico fu redatto sotto Gregorio X, mentre la forma codificata moderna prese corpo con Agostino Patrizi Piccolomini e Giovanni Burcardo (fine Quattrocento). Con Clemente VII (1525) termina l'uso del manto e della tiara per la presa di possesso della Basilica Lateranense. Da allora il Papa compare in mozzetta e stola, consolidando un nuovo abito pubblico, meno imperiale e più pastorale. La cerimonia di intronizzazione papale ha sempre mantenuto un legame profondo con il modello delle incoronazioni imperiali. Entrambi i riti affondano le radici nel tardo Impero Romano e si rafforzano nell’epoca carolingia. L'incoronazione di Carlo Magno da parte di Leone III nel Natale dell'800 è il punto culminante di questa simbiosi: il potere spirituale del Papa consacra quello temporale dell’Imperatore. Nel medioevo, i simboli usati durante l’intronizzazione – la tiara, il manto rosso, il pallio e l’anello del pescatore – richiamano gli elementi delle incoronazioni regali, come la spada, la corona e il globo crucigero. Anche i gesti, come la consegna delle redini del cavallo papale da parte dell'imperatore (gesto di umiltà e sottomissione), richiamano riti antichi e profondamente simbolici che sottolineavano la supremazia morale del potere spirituale. Il rito di intronizzazione papale, lungi dall'essere solo una celebrazione religiosa, è una sintesi complessa di simboli teologici, tradizione imperiale e visione del potere. La sua evoluzione riflette la trasformazione della figura del Papa da capo spirituale della Chiesa a sovrano anche temporale, e poi - dopo il tramonto del potere temporale - a guida morale universale. Attraverso la ricchezza dei cerimoniali, la forza delle immagini e le affinità con le incoronazioni imperiali, la liturgia papale di intronizzazione resta uno dei più eloquenti testimoni della cristianità medievale e del suo immaginario politico e religioso. (di Paolo Martini)
(Adnkronos) - Smact competence center ha chiuso il 2024 con ricavi per 10 milioni di euro (di cui 1,4 di contributi erogati dal Mimit), triplicando il dato dei 3 milioni di euro registrato nel 2021, anno di subentro dell’attuale governance. Dati positivi anche sul fronte della redditività, con un ebitda caratteristico pari a 1,5 milioni. Nel business plan da poco approvato Smact punta ad una sostenibilità di medio termine, anche oltre la fine dell’attuale ciclo di finanziamento legato al Pnrr e prevede un’ulteriore crescita dei ricavi a 15 milioni di euro, e della redditività a 1,9 milioni, al termine dell’anno in corso. Il competence center del Nordest chiude dunque un anno con risultati che ne rafforzano la capacità di mettere a sistema le eccellenze 4.0-5.0 e di creare meccanismi virtuosi di 'contaminazione' tra provider di tecnologie, end user, atenei e centri di ricerca. "I risultati raggiunti sono il frutto di un modello di business orientato alla concretezza e alla sostenibilità" dichiara Massimo Guglielmi, presidente di Smact competence center. "Smact è cresciuta grazie all’opportunità del Pnrr, ma la solidità raggiunta ci consente di guardare ai prossimi anni con ottimismo e di puntare a generare ancora più valore per i nostri partner. Smact sta sempre più trovando un suo ruolo come aggregatore di un ampio ecosistema di innovazione che in esso trova le opportunità di collaborare sia dal punto di vista tecnologico che nella costruzione di proposte a valore aggiunto per il mercato". "Il 2024 - spiega dichiara Matteo Faggin, direttore generale di Smact - ha rappresentato un anno di significativa crescita per Smact, non solo in termini di solidità finanziaria, ma soprattutto per l'impatto concreto che stiamo generando sul tessuto imprenditoriale. Il numero crescente di progetti di innovazione e di servizi di consulenza dimostra quanto sia sentita da parte delle imprese, soprattutto le pmi, l'esigenza di rivolgersi ad una realtà super-partes per avviare percorsi di transizione digitale e ambientale. Smact, insieme ai suoi partner accademici e tecnologici, è in grado di rispondere a queste necessità con competenza e proponendo soluzioni efficaci, assistendo le imprese nel proprio percorso di evoluzione tecnologica, ciascuno necessariamente unico". Le attività e i servizi offerti da Smact alle imprese crescono di pari passo con i risultati che ne certificano la solidità finanziaria. Le aziende partner dell’ecosistema Smact hanno superato quota 100. Nel solo 2024 sono stati avviati progetti di ricerca, sviluppo e innovazione, che hanno coinvolto università e partner tecnologici, per un valore di 4,5 milioni di euro, mentre i servizi di consulenza hanno generato 2,8 milioni di euro, servendo più di 200 imprese. A questo si affianca l’offerta formativa: nell’anno a bilancio sono stati erogati 50 corsi del valore di 800mila euro, per un totale di 1.800 ore di formazione. Il tutto grazie ad un team cresciuto nel tempo fino a toccare le 27 unità, con 14 nuovi ingressi nel 2024. Sul fronte del cofinanziamento di progetti di ricerca e sviluppo sperimentale con fondi Pnrr Smact ha avviato nell’ultimo triennio un totale di 98 progetti, di cui 39 nel 2024, coinvolgendo 111 aziende (55 grandi, 17 medie, 39 piccole o micro) e 10 diverse università e centri di ricerca, attivando collaborazioni con 77 gruppi di ricerca. In totale sono stati erogati 14,6 milioni di euro di cofinanziamento, di cui 12,7 negli anni 2023-24. Nel 2024, inoltre, Smact si è attivata su tre progetti europei, Guardians e Teapots, dedicato alle imprese dell’agrifood, e Friend Europe, focalizzato sull’internazionalizzazione delle imprese. Proprio l’ecosistema Smact, e la sua capacità di generare valore per le imprese italiane, è stato al centro dell’evento che il competence center ha organizzato martedì 13 maggio al centro culturale Altinate San Gaetano di Padova dal titolo 'Open innovation: la sfida per l’evoluzione delle imprese'. Un incontro pubblico e istituzionale pensato per mettere attorno allo stesso tavolo stakeholder nazionali, imprese, enti di ricerca e istituzioni per discutere insieme il futuro dell’innovazione. L’appuntamento è stato un momento di confronto strategico su sfide, opportunità e visioni condivise per potenziare il ruolo delle tecnologie innovative come leva di sviluppo aziendale. All’evento sono intervenuti, tra gli altri, Valentino Valentini, viceministro del Mimit, Daniela Mapelli, Rettrice dell’Università di Padova, Elena Donazzan, vicepresidente commissione per l’Industria, la ricerca e l’energia del Parlamento Europeo, Gianluigi Rozza, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Smact, e Antonio Santocono, presidente Unioncamere del Veneto. L’incontro è stato moderato da Luca Barbieri, giornalista e co-founder di Blum.
(Adnkronos) - "Il contributo dell’industria è fondamentale per costruire best practices sostenibili. Le grandi aziende, e in particolare la grande distribuzione, hanno le risorse per investire in innovazione e la forza per orientare scelte sostenibili sia a monte che a valle della filiera". Lo ha dichiarato Carlo Alberto Pratesi, presidente dell’European Institute of Innovation for Sustainability, intervenendo all’Eiis Summit 2025, l’appuntamento internazionale dedicato alla sostenibilità a 360°, in corso a Roma. Pratesi ha sottolineato la necessità di ripensare anche il linguaggio della transizione ecologica: “Serve uno storytelling efficace, che motivi i cittadini al cambiamento invece di colpevolizzarli. Uno dei problemi grandi e delle grandi sfide della sostenibilità è riuscire a raccontarla in modo comprensibile, coinvolgente e non angosciante. Non è un argomento sul quale è facile raccogliere l'interesse delle persone, e invece tutti devono contribuire.” Sul fronte della disinformazione, il presidente Eiis ha aggiunto: “L'unico modo per neutralizzare le fake news è indurre le persone a studiare, a informarsi e a selezionare bene le fonti informative. Oggi non è facile, anche i più giovani che sono interessati agli argomenti purtroppo hanno canali di comunicazione e di informazione che non sono quelli tradizionali e quindi spesso non sono controllati e non si basano su dati scientifici. Quindi l'unica strada è quella di aiutare chi racconta la storia in maniera corretta a farlo in modo più convincente e interessante. Quindi sono i grandi media, i grandi attori del mercato che devono imparare a comunicare in maniera convincente e in maniera anche coinvolgente”.