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(Adnkronos) - "Deve vendere il piano all'Ucraina, deve venderlo alla Russia. E' quello che fa un dealmaker". Donald Trump difende l'arte di fare gli affari, e gli accordi, di Steve Witkoff, liquidando come "negoziati standard" le rivelazioni sui consigli che il suo amico e inviato speciale ha dato al Cremlino per corteggiare la Casa Bianca, e in particolare il presidente. Le dichiarazioni di Trump ai giornalisti a bordo di Air Force One sono arrivate dopo che i media americani hanno dato ampio spazio alle trascrizioni, riportate da Bloomberg, di una telefonata che ad ottobre Witkoff ha avuto con Yuri Ushakov, consigliere di politica estera di Vladimir Putin, durante la quale l'immobiliarista newyorkese, diventato il negoziatore plenipotenziario di Trump, proponeva di lavorare insieme ad un piano per l'Ucraina. Le parole di Witkoff hanno provocato le critiche degli esponenti repubblicani mentre con l'accusa di essere un "traditore" alcuni deputati americani ne hanno chiesto le dimissioni. Le richieste in atto negli Stati Uniti per le dimissioni di Witkoff "deragliano il fragile processo per un accordo di pace in Ucraina", ha commentato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Quanto al contenuto della telefonata trascritto su Bloomberg, "non c'è nulla di allarmante", che sia vero o falso. "Le richieste di dimissioni hanno come obiettivo principale quello di sabotare gli sforzi in corso per una soluzione di pace. In molti non si fermeranno di fronte a nulla per distruggere questo processo", ha aggiunto. Peskov ha assicurato che i colloqui in corso per mettere fine alla guerra in Ucraina sono "seri". "Un processo è in corso ed è serio", ha detto, lamentando che ci sono "molte persone" che vogliono cercare di "ostacolare" i colloqui. Due telefonate, fra Yuri Ushakov e Steve Witkoff, il 14 ottobre, e fra Ushakov e Kirill Dmitriev, il 29 del mese scorso, sul piano di pace per l'Ucraina in 28 punti. Un piano 'suggerito' da Mosca alla Casa Bianca, su proposta proprio della Casa Bianca, come emerge dalle trascrizioni. Chiamate che potrebbero essere state fatte su Whatsapp, come ha lasciato intendere in un'intervista a Kommersant Ushakov. Le trascrizioni sono state pubblicate da Bloomberg e non è chiaro chi possa aver fornito gli audio: i sospetti si concentrano su Cia e Nsa, anche se non si escludono servizi di un Paese europeo, come la Gran Bretagna, 'disgustata' dalle posizioni dell'inviato speciale della Casa Bianca. Difficile pensare alle agenzie di intelligence russe, che tuttavia hanno un lungo pedigree nell'intercettazione e pubblicazione di estratti di telefonate. L'ipotesi potrebbe essere sostenuta solo dalla spaccatura in corso fra i 'falchi' come Sergei Lavrov, e l'ala più aperta al negoziato con gli Stati Uniti, guidata da Dmitriev. Anche se alcuni sostengono che la pubblicazione del contenuto delle telefonate fa saltare il piano di pace, liberando Mosca dalla responsabilità di averlo affossato, sottolinea il Guardian in una ricostruzione. L'Ucraina avrebbe avuto più motivi per rendere pubblico l'audio, dato il ruolo 'filo russo' di Witkoff. Ma il rischio di una rottura con gli Stati Uniti rende questa possibilità remota. L'ipotesi più solida è quella che il 'leak' sia avvenuto negli Stati Uniti. "Ci sono diversi modi per intercettare telefonate, fra cui i metodi tradizionali di signal intelligence, cyber attacchi, accesso all'apparecchio. Qualunque ipotesi è teoricamente possibile, ma il mio forte sospetto è che siano stati gli americani e se questo è il caso hai due entità che sono in grado di farlo, la Cia e l'Nsa", ha spiegato al Guardian una fonte legata all'intelligence. Sono in molti nelle due agenzie a patire le politiche dell'amministrazione nei confronti della Russia, ma un leak di un audio delle chiamate sarebbe molto pericoloso per chi se ne è reso responsabile. Il fatto che Bloomberg abbia ricevuto l'audio vero e proprio e non una trascrizione suggerisce che la fonte sia direttamente coinvolta nella raccolta di intelligence o abbastanza di alto grado per ottenere gli audio integrali. "Non è sorprendente che diverse agenzie possano aver avuto accesso all'audio, ma è estremamente sorprendente che qualcuno abbia deciso di farlo trapelare", ha aggiunto una fonte, parlando della prima conseguenza della pubblicazione: Ushakov, il cui telefono è stato intercettato, si è liberato del device. "Qualcuno ascolta, qualcuno fa trapelare. Non siamo noi", ha detto il Consigliere per la politica estera del Cremlino, ammettendo la verità della maggior parte dei contenuti pubblicati.
(Adnkronos) - "L'intelligenza artificiale è molto pervasiva e può essere vista sotto diverse angolature. Da un certo punto di vista, il 90% dei lavoratori dell'Unione Europea utilizza dei dispositivi digitali e il 30% ne utilizza anche di avanzati, tipo i chatbox eccetera. Molti segnalano effetti positivi, per esempio nell'aiuto nella redazione di un testo, nella traduzione o compiti relativi ai testi, ai calcoli, con risparmio di tempo e aumento di produttività. Altri lavoratori segnalano il timore che possa essere utilizzato per monitorare l'orario di lavoro o che il loro calendario di lavoro possa essere fissato in maniera più o meno autonoma o automatica da parte degli algoritmi. In generale, un tratto abbastanza comune è che l'opinione pubblica sembra essere convinta che l'intelligenza artificiale debba essere gestita, al fine di garantire la trasparenza, e tutelare la privacy sul luogo di lavoro". E' lo scenario sul ruolo crescente dell'intelligenza artificiale nel mondo del lavoro europeo, che, intervistato da Adnkronos/Labitalia, traccia Mario Nava, direttore generale della Dg occupazione, affari sociali e inclusione (Dg Empl) della Commissione Europea. I rischi percepiti dai cittadini Tra i cittadini dell'Unione Europea "c'è chiaramente la preoccupazione che un eccesso di uso di intelligenza artificiale, o meglio dei compiti che vengono fissati autonomamente da una gestione algoritmica, porti a un sovraccarico di lavoro, porti a decisioni non perfettamente leggibili, e a una perdita di autonomia. Ed è per questo che un altro punto su cui c'è abbastanza consenso è che le parti sociali sono degli attori fondamentali per promuovere l'uso degli strumenti di intelligenza artificiale. Non per nulla, il nuovo Patto per il dialogo sociale europeo, rinnovato a marzo del 2025, a marzo, sottolinea che il dialogo sociale e una contrattazione collettiva aiutano le politiche sul luogo del lavoro ad adattarsi ai cambiamenti. Quindi il legame tra intelligenza artificiale, contrattazione collettiva, ruolo delle parti sociali è abbastanza messo in evidenza", sottolinea Nava. L'arrivo della Quality Jobs Roadmap' "C'è un principio fondamentale -spiega Nava- che io sottolineo sempre, ed è il principio fondamentale dell'Unione Europea: la tecnologia deve essere messa a servizio delle persone e non viceversa. Non sono le persone a servizio della tecnologia e quindi in questo senso la 'Quality Jobs Roadmap' che pubblichiamo fra qualche settimana ha appunto l'obiettivo di assicurare che vengano garantite buone condizioni di lavoro, e una forte protezione dei lavoratori in presenza di nuove tecnologie". Il ruolo delle skills digitali "C'è uno studio abbastanza recente del Fondo monetario -ricorda Nava- che dice che il 60% dei posti di lavoro nelle economie avanzate può essere influenzato dall'intelligenza artificiale. Quindi diciamo che l'intelligenza artificiale 'entra' nei lavori più o meno di tutti, non solo dei più fragili o di coloro che beneficiano del salario minimo, ma anche per esempio nel lavoro di voi giornalisti, nel lavoro di noi policy makers, nel lavoro dei traduttori, quindi entra nel lavoro di tutti. Quindi la questione non è se l'intelligenza artificiale entra o non entra nel nostro lavoro, ma piuttosto come ci si adatta. E la questione dell'adattamento all'intelligenza artificiale è legato a filo doppio con la questione delle skills. E cioè se un lavoratore ha, o ha potuto nel passato acquisire, buone skills digitali, avrà più facilità ad adattarsi e tenderà a vedere l'intelligenza artificiale come un aiuto, uno strumento. Se invece un lavoratore più anziano, o semplicemente meno che ha beneficiato di minore formazione, allora farà più fatica", sottolinea il direttore generale della DG Emply. "Detto tutto ciò, l'intelligenza artificiale ovviamente crea anche delle nuove opportunità", sottolinea Nava. E sulle competenze Nava aggiunge: "Chi paga per lo skilling e reskilling? Nella nostra comunicazione di Union of Skills abbiamo dato atti del fatto che l'Unione Europea ha investito oltre 150 miliardi nell'ultimo periodo finanziario nello sviluppo delle competenze, nell'unione delle competenze mettiamo in chiaro come appunto upskilling e reskilling sono fondamentali per l'adattamento al mercato del lavoro e in particolar modo per coloro che hanno davanti a se stessi tanti anni di attività, quindi i giovani". "Anche nel rapporto Draghi, dove si dice che la competitività dell'Europa non deriva da un'eventuale riduzione dei salari, e quindi competitività attraverso i salari, ma al contrario deriva da un miglioramento delle skills e quindi la capacità di guardare a prodotti e servizi che 'comandano' più valore aggiunto, perché necessitano di più skills, e in questo ovviamente l'intelligenza artificiale può aiutare", aggiunge Nava. Il ruolo della direttiva Ue sul salario minimo Secondo Nava "un attore cruciale dell'introduzione dell'intelligenza artificiale nel mercato del lavoro sono le parti sociali. E l'articolo 4 della direttiva Ue sul salario minimo -spiega- rafforza la contrattazione collettiva, facendo in modo che tutti i Paesi abbiano un piano per avere una contrattazione collettiva di buon livello. E quindi sostanzialmente c'è un legame molto forte tra la direttiva sul salario minimo che rinforza la contrattazione collettiva e il dialogo tra le parti sociali e appunto il fatto che l'intelligenza artificiale ha bisogno delle parti sociali per un'introduzione equa, giusta e corretta nel mercato del lavoro". Gli algoritmi e gli strumenti legislativi a disposizione Rischi dagli algoritmi? Si, ma gli strumenti legislativi per fronteggiarli ci sono. "Sul fatto che i lavoratori possano percepire di essere comandati da un algoritmo abbiamo già tre strumenti legislativi -spiega Nava- abbastanza forti. Uno: il regolamento sull'intelligenza artificiale che istituisce un quadro giuridico abbastanza globale per un'intelligenza artificiale trasparente con i rischi attenuati eccetera. Due: la 'platform work directive', la direttiva sul lavoro tramite piattaforme digitali che contiene norme chiare sulla gestione algoritmica e sul tipo di lavoro, tipo di rapporto di lavoro che una persona che è comandata da un algoritmo ha. E poi ovviamente c'è il famoso Gdpr, il regolamento generale sulla protezione dei dati e su come i dati che vengono recuperati possono essere utilizzati. Quindi diciamo che c'è una base giuridica abbastanza forte sulla quale si innesca quello la consultazione, il lavoro delle parti sociali. C'è quindi -ribadisce Nava- una base normativa su cui si può innescare il lavoro delle parti sociali al fine di verificare se c'è bisogno di avere un'altra base, o di aggiungere una base. Che poi è più o meno quello che stiamo facendo, perché entreremo nella prima fase della consultazione delle parti sociali in vista della preparazione del 'Quality Jobs Act' nel 2026 e quindi quello proprio sarà il punto dove si troverà l'equilibrio. Quello che voglio dire è che non si parte da zero, si parte da almeno tre strumenti legislativi, il Gdpr ha dieci anni e gli altri due hanno uno quattro e l'altro due anni", sottolinea il dirigente della Commissione Europea. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - “La sfida è produrre nuovi materiali e tecnologie, quindi puntare sull'innovazione, che significa dare spazio ai giovani, elemento che forse spesso viene sottovalutato, nei campi della ricerca, nella gestione delle aziende e nelle scelte produttive più importanti. Costa poco ed è elemento chiave con cui si può aprire una nuova pagina”. Lo spiega Guido Tonelli, fisico Cern, all’evento organizzato da Conai, in collaborazione con il Corriere della Sera, presso la Borsa di Milano, dal titolo ‘Il futuro della sostenibilità tra sfide emergenti e transizione competitiva’. “La fisica produce leggi generali, studia le proprietà dei materiali. Di per sé non dà una soluzione, ma nel momento in cui si sono trovate le simmetrie profonde nascoste in alcuni materiali, se ne possono inventare di nuovi, ingegnerizzandoli. È già avvenuto spesso nel passato, ma siamo solo all'inizio. Oggi abbiamo strumenti come l'intelligenza artificiale, che ci permette di fare simulazioni di nuovi materiali prima ancora di produrli e guadagnare così un'enorme quantità di tempo, scartando le soluzioni poco promettenti e concentrando, invece, gli esperimenti materiali e fisici su quelle che, sulla base delle simulazioni, si presentano come le soluzioni più significative”, conclude.