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(Adnkronos) - Ventidue anni dopo l’attentato di Nassiriya, l’Italia torna a onorare i militari e i civili che hanno perso la vita nelle missioni internazionali per la pace. Era il 12 novembre 2003 quando un camion carico di esplosivo travolse la base 'Maestrale' dei Carabinieri in Iraq, provocando la morte di 28 persone, di cui 19 italiani tra militari, carabinieri e civili. Nel giorno del Ricordo dei Caduti nelle missioni di pace, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rivolto un messaggio al ministro della Difesa Guido Crosetto, sottolineando la riconoscenza del Paese verso chi “ha sacrificato la vita al servizio dell’Italia e della comunità internazionale testimoniando con coraggio e dedizione il valore della solidarietà e dell’impegno per la pace tra i popoli". "Dalle vittime in Congo nel 1961 a Nassiriya e sino ai conflitti più recenti, hanno operato per la Patria e per la causa della solidarietà internazionale, portando aiuto e speranza a popolazioni oppresse da guerre, povertà e ingiustizie -sottolinea il capo dello Stato- . Oggi il mondo è attraversato da nuove e dolorose ferite: dall’area del Sahel al conflitto che coinvolge tutta l’area mediorientale, alla guerra che da oltre tre anni insanguina il suolo ucraino, continuano a cadere vittime civili innocenti". "Queste tragedie, alimentate da odio e contrapposizioni, rischiano di allargarsi, di rinfocolare conflitti sopiti e di travolgere intere regioni, generando instabilità, forme di neocolonialismo e nuovi pericoli per la sicurezza internazionale", dice il presidente della Repubblica. Anche la premier Giorgia Meloni ha ricordato su X l’attentato di Nassiriya: “In occasione di questa giornata, voglio ringraziare ancora una volta tutti coloro che operano nelle missioni internazionali di pace, mettendo a rischio la propria incolumità a difesa dei nostri valori e della sicurezza di tutti noi. Proprio come quei servitori dello Stato che a Nassiriya hanno dato la vita per l’Italia e per compiere fino alla fine il loro dovere. Figli della nostra Patria che sono partiti con coraggio, portando con sé valori di pace, onore e servizio. A tutti loro e alle loro famiglie va, ancora oggi e per sempre, il nostro pensiero commosso e grato. Non dimenticheremo mai il loro sacrificio''. “Perché li ricordiamo? Perché ricordiamo semplici persone ogni anno, ostinatamente? Non ricordiamo presidenti della Repubblica, statisti, ma soldati semplici, ufficiali, civili morti ogni anno. Perché non esiste uno Stato forte se non c’è nessuno disposto a servirlo. Noi oggi siamo e saremo qui ostinatamente a ricordare chi quello Stato lo ha servito e lo serve anche al costo della propria vita. Tutti i servitori dello Stato meritano il rispetto dello Stato. Chi giura di servirlo merita ancora di più, per questo siamo qui oggi, e il più bel monumento di Roma è dedicato a un soldato senza nome morto per servirlo. Da oggi in poi, per disposizione del Ministro della Difesa, ogni 4 e 12 novembre, in tutte le caserme di tutte le forze armate saranno ricordati i Caduti nominalmente, e alla fine ci sarà qualcuno che risponderà ‘presente’, per rispetto del loro sacrificio”, le parole del Ministro della Difesa Guido Crosetto nel corso della cerimonia nella basilica di Santa Maria in Aracoeli.
(Adnkronos) - "Siamo orgogliosi che l’Inail abbia scelto il porto di Ancona per avviare Si.in.pre.sa., un’iniziativa che valorizza la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro". E' quanto ha dichiarato Tiziano Consoli, assessore al Lavoro della Regione Marche. L’assessore ha ricordato che "per due anni, con 100 giornate di attività, la campagna offrirà momenti di sensibilizzazione, assistenza e formazione in tutta Italia". "Abbiamo una normativa molto stringente sulla sicurezza nei cantieri e nelle attività industriali", ha sottolineato. "Il rispetto delle regole è fondamentale per garantire non solo tutela dei lavoratori, ma anche maggiore efficienza e produttività. La Regione – ha aggiunto – sta lavorando a un piano pluriennale del lavoro che includerà azioni specifiche per incentivare la prevenzione e supportare le imprese in questa direzione", ha concluso.
(Adnkronos) - Le foreste europee coprono poco più del 30% del territorio continentale e sono considerate alleate fondamentali nella lotta al cambiamento climatico ma non sempre più alberi significano un clima più fresco. Uno studio pubblicato su Nature Communications, guidato dall’Eth di Zurigo e al quale ha partecipato, per l’Italia, l’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche di Perugia (Cnr-Isafom) all’interno del progetto Europeo Horizon Europe 'ForestNavigator', mostra che l’effetto delle foreste dipende anche dal tipo di specie e dalle caratteristiche locali. La gestione e la composizione delle foreste emergono così come fattori chiave per migliorare resilienza, biodiversità e capacità di mitigare il riscaldamento climatico. Il lavoro integra aspetti biogeochimici (assorbimento di carbonio) con quelli biofisici (riflettività, evaporazione e scambi di calore) in modo da disegnare strategie più efficaci per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico, ed evidenzia come in molte regioni europee, l’espansione forestale possa talvolta contribuire al riscaldamento locale invece che al raffreddamento - spiega il Cnr in una nota - È il caso, ad esempio, delle foreste di conifere che, avendo una chioma più scura, assorbono una quantità di energia solare maggiore rispetto a pascoli o campi coltivati. Questo minor riflesso della radiazione solare riduce l’effetto rinfrescante legato all’evaporazione. “Siamo abituati a pensare alle foreste come soli serbatoi di carbonio - spiega Alessio Collalti responsabile del Laboratorio modellistica forestale del Cnr-Isafom di Perugia, coautore dello studio e responsabile scientifico del Cnr all’interno del progetto - Ma il loro effetto sul clima è più complesso: oltre a catturare CO2 atmosferica, le foreste influenzano la temperatura dell’aria e la sua umidità così come la riflettività della superficie terrestre”. Per indagare queste dinamiche, il team di ricerca ha utilizzato il modello climatico regionale Cosmo-Clm2, simulando il clima europeo tra il 2015 e il 2059 in diversi scenari di gestione forestale. Confrontando l’afforestazione, cioè il processo con cui vengono piantati alberi in aree dove non era originariamente presente alcuna forma di foresta, e la riforestazione tradizionale con scenari di conversione delle conifere in latifoglie, il team di ricercatori ha scoperto che la scelta delle specie può modificare in modo significativo la risposta climatica del territorio. “I risultati sono chiari: sostituire le conifere, come pini e abeti, con latifoglie, come faggio o quercia, può ridurre la temperatura media massima giornaliera di luglio fino a 0,6 °C su larga scala - spiega Collalti - quando la conversione è combinata con nuove piantagioni, il riscaldamento previsto di +0,3 °C può trasformarsi in un raffreddamento di -0,7 °C. Una differenza di pochi decimi di grado può sembrare minima, ma durante le ondate di calore può fare la differenza in termini di salute pubblica, stress agricolo e domanda energetica”. Questi risultati - evidenzia il Cnr - hanno implicazioni dirette per le politiche climatiche europee ed evidenziano che strategie di forestazione (sia afforestazione che riforestazione), come l’iniziativa europea che prevede di piantare 3 miliardi di alberi in più nell'Ue entro il 2030, dovrebbero superare la logica puramente quantitativa e considerare quali specie piantare e dove, poiché non tutte le foreste apportano gli stessi benefici climatici. “Riconsiderare la composizione delle foreste europee non è semplice -prosegue il ricercatore - richiede pianificazione a lungo termine, nuovi approcci gestionali e un coordinamento tra politiche europee e nazionali. Ma i benefici potenziali, maggiore resilienza, biodiversità e capacità di raffreddamento, rendono questo cambiamento una priorità”. In un’Europa che si riscalda sempre di più, lo studio dimostra che la scelta delle specie giuste è fondamentale per una buona gestione. “Le foreste sono attori attivi del sistema climatico, capaci di amplificare o mitigare il riscaldamento a seconda di come vengono gestite”, conclude Collalti.