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(Adnkronos) - Woody Allen "devastato" dalla morte di Diane Keaton. A poche ore dalla notizia del decesso dell'attrice 79enne, una fonte vicina al regista e attore statunitense ha raccontato a 'People' lo stato d'animo dell'autore di 'Io e Annie', il film che li ha consacrati come una delle coppie artistiche più iconiche del cinema. "Allen è estremamente sconvolto e addolorato", ha riferito la fonte. "Non sapeva nulla del suo stato di salute, nessuno sembrava saperlo. La notizia lo ha sorpreso completamente. E lo ha portato a riflettere sulla propria mortalità". Allen e Keaton, protagonisti insieme del film cult 'Io e Annie' (1977), che valse a lei l'Oscar come miglior attrice e a lui quello per miglior film e miglior regia, si conobbero negli anni '60 e vissero anche una relazione sentimentale, durata poco, ma rimasta intensa sul piano umano e creativo per oltre mezzo secolo. "Sono rimasti amici per tutta la vita", ha aggiunto la fonte. "Lui la stimava moltissimo, la considerava unica". Il ruolo di Annie Hall era stato scritto da Allen pensando espressamente a lei, dopo aver già lavorato insieme in altri film. Quella commedia romantica non solo conquistò pubblico e critica, ma fu anche percepita come un ritratto, seppur romanzato, della loro relazione personale. "Non è vero, ma ci sono elementi di verità", disse Keaton al 'New York Times' all'epoca. Woody Allen, da parte sua, non ha mai nascosto la sua ammirazione: "È una delle più grandi comiche naturali che abbia mai incontrato", dichiarò nel 1975. E il leggendario Johnny Carson commentò: "Sembrano fratello e sorella: entrambi riservati, ma lei è uno spirito libero. È onesta nell’essere se stessa, ed è una cosa rara". Il legame fra i due non si interruppe mai: dopo 'Io e Annie', collaborarono ancora ad altri film tra i quali 'Manhattan' (1979) e 'Misterioso omicidio a Manhattan' (1993), dove Keaton sostituì Mia Farrow nel pieno del turbolento scandalo che travolse Allen. Ora, alla vigilia dei suoi 90 anni, il regista si confronta con la perdita della donna che ha ispirato uno dei suoi film più celebri e che, più di chiunque altra, ha incarnato la sua idea di femminilità cinematografica: eccentrica, fragile, brillante. (di Paolo Martini)
(Adnkronos) - E' stata la prima azienda in assoluto a livello mondiale a sottoporre nel 2021 una partita di bottiglie di liquore ad affinamento subacqueo. E l'anno scorso ha deciso di sperimentare questa pratica, finora utilizzata solo per il vino, anche con il limoncello. Così, Antica Distilleria Petrone di Mondragone (Caserta) ha portato avanti questo ambizioso progetto e proprio in questi giorni ha 'raccolto', o meglio fatto 'emergere', i suoi frutti. Venerdì scorso, a Napoli, al largo di Castel dell’Ovo, è stata infatti recuperata la cassa contenente le 450 bottiglie di limoncello che l’Antica Distilleria Petrone aveva posto in affinamento underwater il 25 settembre del 2024. L’operazione di recupero delle bottiglie dai fondali del porticciolo di Santa Lucia è stata effettuata in collaborazione con Sts-Servizi Tecnici Subacquei e ha visto il coinvolgimento dei ragazzi dell’Area Penale di Napoli partecipanti al progetto MareNostrum, che ha tra i suoi sostenitori l’azienda casertana capitanata da Andrea Petrone. Le bottiglie riportate in superficie, e per le quali la Distilleria Petrone sta creando un disciplinare ad hoc per la commercializzazione, verranno rivestite da un esclusivo packaging realizzato dai vincitori del contest 'One more pack', Vincenzo Volino e Sara Petrucci. A supportare la sperimentazione le analisi scientifiche effettuate dal Dipartimento di Agraria dell’Università degli studi di Napoli 'Federico II' sulle bottiglie di Elixir Falernum precedentemente emerse dalle acque di Mondragone, presentati presso il Real Yacht Club Canottieri Savoia, con la moderazione del giornalista Angelo Cerulo. Le bottiglie immerse nel 2023, in prossimità dell’antica città sommersa di Sinuessa e riportate in superficie nel 2024, sono state oggetto di un’approfondita attività di ricerca da parte dei professori Pasquale Ferranti e Alessandro Genovesi, dell’Università degli studi di Napoli 'Federico II', e Salvatore Velotto, dell’Università 'San Raffaele' di Roma. Lo studio, che si è svolto i due fasi, ha messo a confronto 17 bottiglie affinate sott'acqua con altrettante bottiglie di controllo sottoposte al normale affinamento in cantina, selezionate utilizzando uno schema a croce per garantire un campionamento rappresentativo. In pratica, sono state prese bottiglie sia nella parte esterna della gabbia sia al centro seguendo la diagonale. Nella prima fase, è stato impiegato un naso elettronico dotato di 10 sensori, mentre nella seconda fase si è passati alle analisi chimico-fisiche. Lo studio ha portato a concludere che “l’ambiente subacqueo, caratterizzato dalla presenza di luce blu-verde e vibrazioni marine, ha contribuito alla maggiore formazione di furani e furanoni nei liquori invecchiati sott’acqua: questi composti sono noti per arricchire il profilo aromatico con note di caramello, fragola, tostato e mandorla”. I campioni affinati in cantina, al contrario, hanno subìto un processo di invecchiamento più rapido rispetto ai campioni sottomarini. Le bottiglie di limoncello appena riportate in superficie, dopo un anno di affinamento a 13 metri di profondità cullate dalle correnti marine, a temperatura costante, al completo riparo dalle fasi lunari e in assenza di luce e ossigeno, verranno sottoposte allo stesso programma di ricerca per studiare in modo scientifico gli effetti della permanenza subacquea sulla maturazione dei distillati. "Per un liquore affinato sott'acqua - afferma Andrea Petrone - non ci sono vantaggi o svantaggi, ci sono dei cambiamenti: nell'Elixir Falernum sono stati riscontrati aromi e profumi superiori rispetto al prodotto non sottomarino, sono prodotti completamente diversi. Ora speriamo che anche con le bottiglie di limoncello che abbiamo appena fatto riemergere ci siano gli stessi risultati".
(Adnkronos) - Dal cuore dell’Alto Molise, tra le creste appenniniche, alla Valle del Belice, in Sicilia, passando all’entroterra lucano e pugliese: è l’Italia dei 'Parchi del Vento'. Qui, fuori dai circuiti turistici più frequentati, si possono scoprire territori dove gli impianti eolici non solo sono laboratori di transizione ecologica ma anche attrattori di turismo. A raccontarlo sono i 29 impianti selezionati da Legambiente, di cui 7 nel 2025, al centro della quarta edizione della guida turistica 'Parchi del Vento', realizzata dall’associazione ambientalista con il contributo di Agsm Aim, Rwe, Winderg, il patrocinio di Anev, e presentata oggi alla Fiera Internazionale del Turismo a Rimini. “Per contrastare l’emergenza climatica e migliorare le condizioni sociali del nostro Paese - commenta Katiuscia Eroe responsabile energia di Legambiente - è fondamentale non solo far crescere la produzione da rinnovabili e rendere finalmente il nostro sistema energetico libero da carbone, petrolio e gas, escludendo l’inutile e costoso ritorno al nucleare, ma anche fare in modo che queste tecnologie portino sempre più vantaggi ai territori e alle comunità. Con la nostra guida turistica Parchi del Vento, grazie alla collaborazione di diversi partner, raccontiamo a cittadini, turisti, curiosi ma anche imprese e amministrazioni come ciò sia possibile perché un parco eolico, se ben integrato con il territorio, può essere un volano per attirare curiosità verso i territori in cui sono ospitati, valorizzando le attività esistenti”. “Intorno ai parchi eolici che raccontiamo all’interno della Guida Parchi del Vento - aggiunge Sebastiano Venneri, responsabile turismo di Legambiente - stanno nascendo sempre di più opportunità interessanti, come percorsi ciclopedonali, passeggiate a cavallo, il passaggio del Giro d’Italia. Ma anche impianti perfettamente integrati con vitigni e uliveti e che permettono di riscoprire tradizioni e culture storiche, ormai dimenticati da molti. Questi impianti sono la dimostrazione che integrare nuovi impianti nel paesaggio è non solo possibile ma anche una sfida che può essere affrontata solo con il consenso delle comunità attraverso forme innovative e affascinanti di valorizzazione delle risorse locali”. Legambiente ricorda che in Italia l’eolico svolge un ruolo sempre più rilevante, arrivando ad agosto 2025 a quota 13.356 MW di potenza installata, di cui 685 realizzati nel 2024 e 337 nel 2025, in grado di produrre, nel 2024, complessivamente 22.068 GWh/a di energia elettrica, pari al fabbisogno di circa 8,1 milioni di famiglie. Un numero che negli ultimi vent’anni è cresciuto passando da 1.131 MW del 2004 ai numeri attuali, permettendo a questa tecnologia di produrre il 17,2% del totale prodotto da fonti rinnovabili e di fornire un contributo rispetto ai consumi complessivi italiani pari al 7%. "Per accelerare la diffusione dell’eolico, sia a terra sia a mare, occorre però snellire e velocizzare gli iter autorizzativi coinvolgendo sempre più comunità e territori, semplificando anche la normativa per il repowering degli impianti esistenti", avverte l'associazione.