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Cenone di Capodanno, ecco come evitare la trappola dell'ultima abbuffata

(Adnkronos) - Arriva Capodanno, arriva il cenone. L'ultima trappola (forse) a tavola, con eccessi quasi inevitabili tra dolci e alcol. Si possono limitare i danni, gestendo la cena con moderazione e preparandosi a riprendere una routine normale, senza eccessi opposti, da ...

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Infortuni, Di Bella (Anmil): "Anche nel 2025 nessuna tregua per i nostri operai"

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Premi, Vincenzo Onorato insignito del 'Gallura'

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Cenone di Capodanno, ecco come evitare la trappola dell'ultima abbuffata

(Adnkronos) - Arriva Capodanno, arriva il cenone. L'ultima trappola (forse) a tavola, con eccessi quasi inevitabili tra dolci e alcol. Si possono limitare i danni, gestendo la cena con moderazione e preparandosi a riprendere una routine normale, senza eccessi opposti, da gennaio 2026. Ecco i consigli per godersi Capodanno senza deragliare. "Psicologicamente, tendiamo a vedere il 31 dicembre come un confine magico, a partire dal quale la normalità può ricominciare a prender forma", dice all'Adnkronos Salute l'immunologo clinico Mauro Minelli, docente di Nutrizione umana alla Lum. "Questa mentalità del 'tutto o niente' è pericolosa perché mangiare enormi quantità in una volta sola scatena un rilascio massiccio di insulina, l'ormone che provvede allo 'stoccaggio' dei grassi. Più alto è il picco, più velocemente il corpo trasforma l'eccesso in tessuto adiposo", aggiunge evidenziando le insidie dell'ennessima abbuffata. "A Capodanno dunque va evitata la trappola del 'tanto è l'ultima volta', per farlo non serve la privazione assoluta ma serve la gestione del danno. Ci sono regole per muoversi correttamente tra i vassoi. Ma c’è di più: un eccesso calorico, lungo oramai più di due settimane, può non essere solo 'ciccia', ma un vero e proprio stato infiammatorio che sovraccarica fegato, reni, apparato cardio-vascolare", avverte. Ecco i consigli del medico-nutrizionista: "L'antipasto: iniziare con verdure o proteine magre. Funziona perché rallenta l'assorbimento degli zuccheri che arriveranno con i primi. Il brindisi: bere, semmai, un bicchiere d'acqua per ogni bicchiere di vino. Funziona perché l'alcol tende a disidratare; l'acqua aiuta il fegato a metabolizzare l'etanolo e riduce il senso di fame chimica. La regola dei 20 minuti: mangiare lentamente e masticare bene. Funziona perché la procedura lenta asseconda il tempo che impiega il segnale di sazietà a viaggiare dallo stomaco al cervello". Dopo due settimane di eccessi, "il corpo non ha bisogno di 'detox' miracolosi (il fegato lo fa già da solo, se lo lasciamo lavorare), ma di ordine - suggerisce Minelli - L'eccesso di sale e alcol causa ritenzione idrica. Bere 2 litri di acqua al giorno è il primo passo per drenare i residui metabolici. Cereali integrali e legumi aiutano a 'ripulire' l'intestino e a nutrire il microbiota, messo a dura prova da zuccheri raffinati e grassi saturi. Non serve correre una maratona il 2 gennaio. Basta una camminata veloce di 30-40 minuti. L'obiettivo è riattivare la sensibilità insulinica dei muscoli, 'bruciando' le scorte di glicogeno accumulate". Quanto tempo ci vuole? "Per smaltire gli effetti di una singola abbuffata bastano 48 ore di regime controllato. Per ripulirsi da due settimane di 'follia', il metabolismo richiede solitamente dai 7 ai 10 giorni di alimentazione regolare e attività fisica costante. Il segreto non è la punizione (digiuni estremi), ma la coerenza. Il corpo umano è una macchina straordinariamente resiliente. Un pasto abbondante non rovina una vita di salute, così come un'insalata non salva una vita di eccessi", conclude il medico.

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Infortuni, Di Bella (Anmil): "Anche nel 2025 nessuna tregua per i nostri operai"

(Adnkronos) - "Se il 2024 verrà ricordato come l’anno delle 'stragi sul lavoro' - Calenzano, Brandizzo, Esselunga di Firenze, Suviana, Casteldaccia, Toyota di Bologna - il 2025 non accenna a concedere tregua ai nostri operai". Lo dice, in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, il presidente nazionale Anmil Antonio Di Bella. "Lunedì 15 dicembre - spiega - un parlamentare presente alla discussione sul decreto Sicurezza alla Camera dei deputati ha letto i nomi dei morti sul lavoro del 2025: 896 vittime accertate. E' importante mettere l’accento sull’aggettivo 'accertate' perché, come non smetteremo mai di ricordare, si tratta di una strage che quotidianamente nasconde ulteriori morti, alle quali non viene concesso neanche quello scampolo di dignità che risiede nella parola pubblica. Parliamo delle vittime del lavoro irregolare che, nel nostro Paese, spazia dalla normalizzata mancanza di contratto sino ad arrivare a comprendere i cosiddetti 'schiavi del terzo millennio', sottomessi alle sempre più varie forme di caporalato che muoiono ogni giorno nel silenzio e, spesso, finanche nell’occultamento dei loro corpi". "Tengo fortemente a sottolineare - chiarisce - la 'specificità operaia' che contraddistingue le lunghe liste dei nomi che suscitano lo sdegno delle opposizioni nelle aule parlamentari perché, ad esclusione degli incidenti in itinere, chi perde la vita lo fa nei cantieri, nei capannoni e nei magazzini di fabbriche e aziende, nei campi agricoli, nei tratti autostradali del Paese e nelle strade dei centri abitati, volendo con quest’ultima specifica intendere come 'operai' anche le centinaia di migliaia di lavoratori su piattaforma digitale operanti in Italia". "Muoiono, in soldoni, coloro per i quali - ammette - è difficile pronunciare i famosi 'no che salvano la vita': coloro che accettano silenziosamente la mancanza di sicurezza per non rischiare di perdere il rinnovo del contratto o la certezza di un pagamento irregolare a fine mese o prestazione; tutti quei lavoratori costretti per tutta o gran parte della propria carriera al precariato e che hanno normalizzato nelle loro vite la sottomissione a regole grigie e patti di scorrettezza che continuano a non essere debellati dal nostro sistema lavorativo". "Il crollo della Torre dei Conti a Roma - fa notare il presidente nazionale Anmil Antonio Di Bella - durante i suoi lavori di restauro, che ha causato la morte dell’operaio 66enne Octav Stroici, rappresenta uno tra i più drammatici simboli di quest’anno che si appresta alla conclusione. Un incidente sul lavoro caratterizzato da una sovraesposizione mediatica in ragione della cornice dell’avvenimento, a due passi dal Colosseo. Per la nostra Associazione la morte di Stroici, così come la morte a Torino dell’operaio 69enne Yosif Gamal, precipitato dal cestello di una gru mentre affiggeva cartelloni pubblicitari, rappresentano la sempre più drammatica e diffusa presenza di lavoratori anziani nel mondo operaio". "Un nostro approfondimento disponibile sul sito www.anmil.it - ricorda - evidenziava a settembre come l’incremento dell’occupazione non derivi, in realtà, dall’immissione nel mercato di nuova forza lavoro, ma dipenda principalmente dal permanere in occupazione dei lavoratori più anziani, in ragione delle riforme pensionistiche che hanno innalzato l’età di pensionamento e nel tentativo di integrare importi di pensioni che non riescono a garantire, anche dopo decenni di lavoro, vite dignitose. Gli infortuni occorsi ad operai over 50 rappresentano una percentuale altissima che verrà resa disponibile con l’analisi degli Open data Inail di fine anno, ma che già oggi testimonia un sistema che complessivamente non gratifica in alcun modo il pilastro sul quale si regge la nostra Carta costituzionale". "Arrivando ad analizzare - sintetizza - questo drammatico andamento del fenomeno infortunistico riguardante i lavoratori in Italia nell’ottica delle rivendicazioni da mettere in atto, l’Anmil chiede da tempo l’istituzione di una procura nazionale del lavoro che sia in grado, come quelle antimafia e terrorismo, di portare avanti indagini preliminari tecniche e specializzate al fine di produrre processi celeri che possano rendere giustizia a queste morti ingiustificabili nonché fare scuola per una reale rivoluzione del sistema. Chiediamo un’omogeneizzazione dei controlli e un reale potenziamento dell’organico dedicato alla vigilanza dell’attuazione delle misure dedicate alla sicurezza nei luoghi di lavoro e non un continuo proliferare di norme delle quali il nostro ordinamento è ben provvisto". "Chiediamo un investimento reale - continua - nella formazione al diritto del lavoro e alla sicurezza, che inizi sin dai cicli di istruzione obbligatoria per intensificarsi, con cadenza regolare e normata all’interno delle realtà lavorative, tenendo conto della specificità di ogni settore. Chiediamo che le retribuzioni siano adeguate agli standard del salario minimo proposto dalla direttiva dell’Unione Europea, date le evidenti carenze nei risultati della contrattazione collettiva nazionale, nella certezza per la quale costruire una reale tutela della salute e sicurezza dei nostri lavoratori significhi, in prima istanza, metterli nelle condizioni di non sottostare a condizioni rischiose e imposizioni di irregolarità di qualsivoglia natura soggiogati dal timore di perdere il sostentamento per loro e le loro famiglie". "A confermare la portata strutturale di questa emergenza - insiste il presidente Anmil - non sono soltanto i dati sui decessi, ma anche quelli sugli infortuni e sulle malattie professionali: nei primi dieci mesi dell’anno sono stati denunciati quasi 500.000 infortuni sul lavoro e oltre 80.000 malattie professionali, numeri che restituiscono l’immagine di un sistema che espone quotidianamente centinaia di migliaia di lavoratori a rischi inaccettabili". "Chiediamo - afferma - una reale tutela delle vittime del lavoro e dei loro superstiti, categoria che rappresentiamo sia nella nostra composizione associativa che nel nostro impegno primario di azione, che riporti lo Stato nella sua veste di garante dei diritti inalienabili dei cittadini. Vogliamo, come ci troviamo purtroppo ad auspicare ogni anno, che il 2026 non consegni l’ennesimo racconto fatto di occasioni perse, slogan di commiato, inasprimenti burocratici e palliativi di facciata, ma che si lavori finalmente alla realizzazione concreta di istanze che da decenni tornano ciclicamente sugli stessi tavoli istituzionali - come l’istituzione della Procura nazionale del lavoro - oggi riproposte a nuovi interlocutori, ai quali ribadiamo la nostra piena disponibilità a collaborare per farsi, finalmente, promotori di un cambiamento reale".

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Premi, Vincenzo Onorato insignito del 'Gallura'

(Adnkronos) - La consegna degli attestati 2025 del Premio Gallura, assegnati dalla giuria a Loiri il 6 aprile, si è svolta sabato scorso a bordo della nave Moby Fantasy, il traghetto più grande ed ecologicamente sostenibile del Mediterraneo insieme alla gemella Moby Legacy. La consegna dei premi è stata preceduta da alcuni interventi sul Premio Gallura che, oltre ad aver svolto un ruolo sociale in tutti questi anni, ha stimolato la nascita di numerose aziende; ultime due in ordine di tempo la Cantina Gian Mario Uggias di Olbia e la Cantina Tonino Cosseddu di Benetutti, che ha fatto il suo esordio proprio in questa occasione. Ha aperto il convegno Giuliano Lenzini e il suo intervento è stato seguito da quelli del responsabile commerciale di Moby Alessandro Onorato, del sindaco di Loiri Porto San Paolo Francesco Lai, del consigliere regionale Angelo Cocciu, del dirigente Moby Pierre Canu, del comandante della Moby Fantasy, di Fabio Fiori, presidente albergatori Olbia, e di Nicola Pandolfi in rappresentanza dell'A.I.S. regionale e della sezione Gallura. Presenti anche Li Femini di Gaddura e il circolo gallurese Veicoli d'Epoca di Olbia. Una targa è stata consegnata alla cantina Alba di Ossi, che ha iniziato l'attività proprio dopo aver partecipato al Premio Gallura, per il suo Cagnulari che quest'anno ha ricevuto numerosi riconoscimenti e inoltre produce un formato speciale “Rombo di Tuono”, un vino nato dall'incontro tra Bastiano e Gigi Riva, che ha voluto ricordare, con molta emozione. Il Premio Gallura di cui è stato insignito Vincenzo Onorato, armatore di Moby, è stato ritirato dal figlio Alessandro, responsabile commerciale della compagnia. La motivazione del riconoscimento è parte dei ricordi di Giuliano Lenzini, che rappresentano un pezzo di storia della Sardegna: “La prima nave su cui sono salito nel 1962 si chiamava 'Città di Napoli' e insieme alla gemella 'Città di Nuoro', collegava Olbia a Civitavecchia e poteva trasportare 1200 passeggeri e 32 auto e aveva 182 cabine. In quel momento storico, nonostante la riforma agraria fortemente voluta dal ministro e poi presidente della Repubblica Antonio Segni, che mise la prima pietra alla cantina del Vermentino di Monti, la Sardegna viveva un momento molto difficile, e solo con l'arrivo dell'Aga Khan e la nascita della Costa Smeralda è cominciata una rinascita che riflette l'attuale sviluppo economico dell'isola legato al turismo”. Continua Lenzini: “Da qui l'esigenza degli armatori di modernizzare i mezzi di trasporto da e per la Sardegna. Con il varo delle navi gemelle Moby Legacy e Moby Fantasy, i due più grandi traghetti del Mediterraneo, con 441 cabine e la possibilità di trasportare 2370 passeggeri e 1300 auto, la Moby raggiunge un primato che insieme alla modernità dei servizi permette di viaggiare in maniera piacevole”.

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