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(Adnkronos) - Giornata clou per il Meeting degli Eroi Digitali, l'atteso appuntamento annuale organizzato dall’azienda di Pesaro Nethesis, dedicato alla sua community di partner e professionisti del mondo Ict. ‘La grande onda’, questo il titolo della 13a edizione, arriva per la prima volta a Rimini e fa il record di iscritti, con oltre 1000 presenze. “Ciascuno di noi si trova continuamente di fronte a grandi onde, circostanze inevitabili che non possiamo esimerci dall’affrontare”, ha detto Cristian Manoni Ceo di Nethesis spiegando il tema di quest’anno. “A far la differenza è il modo con cui ci stiamo di fronte: o cavalchiamo l’onda o ce ne facciamo travolgere”. Occasione unica per incontrarsi e rafforzare le relazioni, il meeting mette al centro le persone e la condivisione di esperienze rispetto ai numeri e ai piani economici, con l'obiettivo di ispirare, apprendere e fare networking su temi cruciali come Intelligenza Artificiale, Cybersecurity e Open Source. (Foto) Proprio la giornata di oggi ha visto una sessione plenaria mattutina dedicata a un confronto aperto sulle sfide e le opportunità che stanno trasformando il settore Ict. Sul palco, tra gli altri, sono saliti: Emanuele Frontoni, co-director del Vrai Lab, tra gli scienziati più citati al mondo secondo la lista ‘World’s top 2% scientists’ e Marco Misitano del Comitato Scientifico di Clusit (Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica). “Occorre sempre più consapevolezza per cavalcare l’onda dell’Intelligenza Artificiale”, ha detto Frontoni, con una sempre maggiore collaborazione tra esseri umani e macchine, che vanno trattate come tali e non come persone. C’è anche una sfida etica, soprattutto per l’Europa, ha poi sottolineato, e le aziende che già fanno uso di AI devono generare sempre più fiducia su questi temi. “È anche una bella occasione per chiederci cosa vuol dire essere umani”. Marco Misitano, che è anche Past President del Capitolo Italiano di ISC2 (International Information System Security Certification Consortium), ha fornito il quadro attuale delle minacce di Cyber Security nel mondo. “A riguardare l’Italia sono il 10% degli attacchi e questo deve far riflettere su quanto si tratti ormai di un tema culturale non più per addetti ai lavori, ma che riguarda tutti”. Misitano ha parlato anche dell’importanza della sovranità dei dati e ha evidenziato l’importanza di soluzioni open source come quelle sviluppate da Nethesis. E c’era grande attesa anche per lo show di Paolo Cevoli, che ha divertito la platea degli Eroi Digitali ripercorrendo alcune storie di ‘eroi analogici’, come il grande Enea. Tra aneddoti esilaranti e storie di marketing romagnolo, il comico riccionese ha anche fatto riflettere il pubblico sull’importanza del ‘servire’ nel proprio lavoro: “se non servi, non servi” e ha mostrato quanto sia importante la riscoperta creativa delle proprie origini per la rinascita della nostra società. Nethesis è un’Open Company, è il principale produttore italiano di soluzioni Open Source per il business. Dal 2003 prepara i propri partner e clienti al futuro dell’ICT, creando un ponte tra l’innovazione dell’Open Source e il business. I valori dell’Open Source, come la meritocrazia, la creazione di community e la trasparenza hanno trasformato il suo approccio al lavoro e alla vita. I numeri: 50 persone (+15 negli ultimi 3 anni, età media 39 anni); quasi 600 partner (+100 negli ultimi 2 anni); 35000 installazioni enterprise attive; 500000 utenti enterprise stimati; 40000 installazioni community attive in 122 Paesi.
(Adnkronos) - L’Intelligenza artificiale può allargare le maglie di un tessuto sociale già debole, dividendo la popolazione in due profili sociali distinti: da un lato, coloro che avranno la possibilità di assicurarsi gli skill giusti per navigare nel mercato del lavoro; dall’altro, un segmento di popolazione incapace di orientarsi in un mondo sempre più complesso. E' soprattutto di questi ultimi che si occupano i centri per l’impiego italiani: un apparato composto da oltre 600 sportelli su tutto il territorio e in cui lavorano circa 20.000 dipendenti. Eppure, il nostro Paese continua a essere, in Europa, tra gli ultimi in termini di spesa sui servizi per l’impiego: nel 2023 l’Italia vi ha dedicato lo 0,051% del Pil, contro la media dello 0,18 europea e lo 0,3 di Germania e Danimarca. Emerge dalla ricerca realizzata dall’Eurispes che ha indagato i mercati del lavoro regionali e la sfida posta dall’Intelligenza artificiale. Lo scopo dell’analisi è di accorciare le distanze del mismatch tra la domanda e l’offerta in un Paese dove coesistono zone di carenza di manodopera con ampie sacche di disoccupazione. Risulta pressoché impossibile anticipare la domanda di competenze che saranno richieste nei prossimi anni dal mondo delle imprese. Così come risulta difficile capire quali professioni si salveranno e quali scompariranno di fronte ai nuovi scenari ipotizzati soprattutto dall’uso massiccio dell’Ia. La spinta alla digitalizzazione provoca profonde trasformazioni dei processi organizzativi, delle competenze professionali e dei modelli di business. I principi fondamentali delle trasformazioni digitali possono essere raggruppati in quattro grandi categorie: la grande accessibilità delle informazioni; l’utilizzo dei dati sensibili, soprattutto ad uso e consumo del sistema delle imprese; la condivisione e diffusione delle idee attraverso i social network; la cooperazione reticolare tra le realtà organizzative. La grande accessibilità delle informazioni non ha portato fin qui alla sua democratizzazione, e qualche istituzione regionale può assumerle come un vincolo più che come un’opportunità. Il cambiamento sotteso alla digitalizzazione richiede la presenza di inedite competenze professionali. Le figure professionali in fieri venute alla luce sono tante, e i loro contorni sono tutt’altro che nitidi, molte di loro nascono e scompaiono con una certa facilità. Dato che gli algoritmi sono una questione che attiene più alla logica che alle materie Stem, le imprese tecnologiche hanno bisogno di umanisti, che si richiamino alla psicologia, sociologia, antropologia, ma soprattutto alla filosofia. Il nuovo scenario è descritto come un passaggio dalla società industriale del lavoro alla società reticolare delle attività, nella quale il lavoro è concepito ed esercitato come attività relazionale; in questo caso bisogna pensare, coordinare, comunicare, il resto lo faranno le macchine. Per questo le soft skill segneranno il mercato del lavoro. Le competenze tecnico-professionali assumono un’importanza minore nell’ambito delle attività svolte in un contesto organizzato. Al contrario, le competenze trasversali hanno più rilevanza sui più recenti modi di lavorare. Le competenze tecnico-informatiche rappresentano solo una parte dei requisiti richiesti dalle imprese, mentre la componente relazionale occupa un ruolo sempre più determinante. Lo scopo della ricerca condotta dall’Eurispes è di fornire un quadro generale della situazione attuale dei servizi per l’impiego italiani, oggetto di importanti riforme e investimenti negli ultimi anni. Per fare ciò sono stati intervistati operatori e dirigenti secondo la metodologia della ricerca sociale al fine di condurre un’analisi qualitativa. Le interviste realizzate con Natale Forlani, presidente dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp), e Tiziano Treu, ex-ministro del Lavoro hanno permesso ai ricercatori di elaborare una prima bozza delle potenzialità e delle problematiche esistenti a livello nazionale e di stilare una traccia di intervista, semi strutturata, per le singole Regioni. Sono state proposte in videochiamata agli intervistati 9 domande, ognuna delle quali corrispondente a un ambito tematico, alle quali hanno risposto le seguenti Regioni: Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Sardegna e Veneto. Secondo l’analisi qualitativa prescelta per elaborare i dati, sono stati ipotizzati tre modelli sintetici di comportamento per le strutture analizzate: modello di galleggiamento, un set, di agenzie regionali che cercano di barcamenarsi tra vincoli normativi imposti dal contesto generale, modello normativo/burocratico, un sistema che segue alla lettera le norme prescritte dagli organi sovraordinati, modello liberale/creativo che si discosta di più dal reticolo di norme dettate dal contesto culturale, si concede spazi di autonomia e sceglie strade creative. Attraverso la lettura critica del mercato del lavoro si può tracciare uno scenario che lascia emergere una nuova cultura delle soft skill, che richiede capacità creative, di comunicazione, di apprendimento e di attenzione alla qualità, non solo per chi ricopre profili manageriali. I dipendenti moderni hanno competenze tecniche più avanzate di un lavoratore del Novecento ma, allo stesso tempo, assimilabili a quest’ultimo per l’assoluta secondarietà delle competenze trasversali. L’esito di questo scenario è la riproposizione delle piramidi professionali all’interno delle quali ai lavoratori manuali si richiedono solo competenze tecniche, spesso ignorando quanto quelle soft siano importanti per mantenere aggiornate le prime, e ai secondi si richiede una lunga lista di competenze manageriali all’interno delle quali le abilità socio-relazioni rivestono un posto di tutto rispetto. Rileva la ricerca Eurispes. La stratificazione insita nella piramide professionale è in buona parte all’origine del mismatch tra la domanda e l’offerta di lavoro. Per ragioni storiche e culturali il lavoro è sempre meno un privilegio e sempre più una necessità. Aumenta la distanza tra le richieste delle imprese e le aspettative di chi è dentro il mercato. Esso non è più il 'central life interest', come recita la letteratura sociologica del secolo scorso. Da qui le grandi trasformazioni sociali, economiche e tecnologiche impongono di ricostruire la gerarchia dei valori e sospingono verso nuove prospettive di vita. Per rispondere alla crisi economica e sociale generata dalla pandemia, ricorda la ricerca Eurispes sui centri per l'impiego, nel 2021 il Governo avvia il programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori), con un fondo di 4,4 miliardi e l’obiettivo di raggiungere 3 milioni di beneficiari entro il 2025. L’iniziativa si propone di riformare radicalmente le politiche attive del lavoro in Italia, facilitando l’inserimento e il reinserimento nel mercato del lavoro attraverso percorsi personalizzati di orientamento, aggiornamento (upskilling) e riqualificazione (reskilling). A distanza di tre anni, si osserva come il programma abbia inciso profondamente sull’operatività dei cpi in cui si è passati da un approccio passivo, basato sull’iscrizione volontaria, a uno proattivo, che prevede la convocazione diretta degli utenti, specialmente i percettori di sostegno al reddito. Sull’efficacia delle strategie di intervento si gioca una partita importante per i cpi e per il futuro del Paese: la priorità, oggi, è fornire forza-lavoro alle imprese che hanno difficoltà a reperire lavoratori e lavoratrici. Termini come 'servizio pubblico', 'sportello', 'profilo', 'competenze' e simili, sono in assoluto i più frequenti durante le interviste, a conferma della vocazione fortemente orientata ai bisogni degli utenti. Il cosiddetto mismatch è un punto focale in tutte le Regioni esaminate e le strategie per far fronte a questa crisi si dividono tra innovazione digitale e servizi sul territorio. Un’altra novità che ha contribuito ad avvicinare l’utenza allo sportello è la dichiarazione di immediata disponibilità (did), un documento diventato necessario per certificare lo stato di disoccupazione o ricevere sussidi, che spesso rappresenta il primo passo per portare l’utente dentro un cpi da dove inizia l’iter di profilazione. Analogamente allo spazio fisico, anche le piattaforme online sono diventate luoghi con una migliore user experience dove è possibile utilizzare alcuni servizi derivanti da tecnologia basata sulla gestione di Big Data o Ia. Alcuni sono già delle realtà consolidate, come i chatbot in Veneto, che fornisce informazioni tramite un’interfaccia familiare per l’utente, oppure la piattaforma OrientaCalabria, che consente di generare una lettera di presentazione utilizzando l’Ia dopo l’inserimento del proprio cv, e di personalizzarla in base all’annuncio di lavoro a cui si vuole rispondere. Altri servizi sono in via di sviluppo, come gli assistenti virtuali che si stanno sperimentando nel Lazio o in Sardegna. La digitalizzazione, i Big Data e l’Ia stanno portando anche a un efficientamento delle attività di back-office, come accade nelle Marche con l’utilizzo di Copilot o in Emilia Romagna con il progetto Amartya. Le applicazioni basate su Ia, laddove non sono già operative, fanno sempre parte dei progetti futuri in ogni Regione. Nelle interviste il termine 'Intelligenza artificiale' appare con la stessa frequenza delle altre parole-chiave più diffuse. La digitalizzazione ha dato un sostanziale contributo nella capacità di misurare le prestazioni dei centri per l'impiego. Rileva l'Eurispoes spiegando che "le attività di monitoraggio regionali fanno riferimento ai cosiddetti lep, livelli essenziali delle prestazionil che, benché non siano dei veri e propri indicatori, costituiscono il presupposto normativo e concettuale per condurre diversi tipi di analisi, stabilire obiettivi e confrontare l’efficienza tra i cpi di uno stesso ambito territoriale". Le Regioni, in particolare gli Osservatori, hanno applicato i principi dei lep in diversi ambiti: nella Regione Lazio, per esempio, è stato stabilito uno standard regionale dei primi cinque livelli essenziali, mentre in Veneto o Emilia-Romagna, per misurare l’efficienza dei propri presidi o delle iniziative sul territorio, si fa riferimento alla percentuale di persone collocate, o ricollocate, tra tutte quelle che hanno fatto domanda. Avere a disposizione dei dati pressoché in tempo reale, viene indicato come un beneficio anche per la comunicazione interna tra i diversi comparti dell’amministrazione, offrendo la possibilità di pianificare le attività basandosi su dati affidabili e sperimentando anche la produzione di cruscotti interattivi pubblicati nei siti ufficiali, come in Sardegna e Calabria. Non mancano, tuttavia, alcuni aspetti critici, come la scarsità di personale adeguatamente preparato a svolgere analisi dei dati. Quest’ultimo tema si incrocia con un quesito: se nuove assunzioni o corsi di formazione mirati possano migliorare l’efficienza organizzativa e l’efficacia delle azioni sul territorio e sull’utenza Esempi di collaborazione tra il mondo dei servizi pubblici per l’impiego (spi) e le università, o gli istituti di ricerca, rileva l'Eurispes, entrano sempre più frequentemente nello scenario del mercato del lavoro in tutta Europa e anche in Italia. Nonostante lo scambio tra questi due mondi sia riconosciuto come una pratica indispensabile per cercare di gestire la complessità degli scenari attuali, le collaborazioni sistematiche sono rare, la maggior parte dei rispondenti racconta di pratiche di scambio inesistenti o sporadiche. In merito al rapporto con le Università spiccano le Regioni Liguria ed Emilia Romagna: la prima ha attivato un master con l’Università di Genova destinato alla formazione dei funzionari, mentre l’Osservatorio è attivo nella collaborazione con tesisti e dottorandi della stessa Università; la seconda ha all’attivo collaborazioni con l’Università di Bologna con un progetto che mira a combinare diverse banche dati per misurare l’effetto delle misure adottate. L’Emilia Romagna è anche protagonista di un progetto innovativo che prende il nome di Amartya: si tratta di un algoritmo complesso che raccoglie i dati territoriali ed è in grado di analizzare e prevedere l’efficacia delle politiche del lavoro sul territorio. Diversamente, il rapporto con le imprese è molto intenso, sia in termini di affidamento dei servizi, tra cui le piattaforme informatiche, sia per quanto riguarda le partnership per la ricerca di personale. Dalla prospettiva degli spi il rapporto con le agenzie private è sostanzialmente di tipo collaborativo, per esempio alcune agenzie private eseguono una profilazione preventiva che poi servirà a inviare le persone nei diversi sportelli per inserirle in progetti di formazione. L’efficienza degli SPI si presenta come l’esito di un insieme di condizioni locali o, talvolta, frutto dell’iniziativa del singolo funzionario, subendo l’assenza di strutture normative e organizzative nazionali. La gestione regionalizzata dei centri per l'impiego offre la possibilità di adattare norme e prassi al contesto locale e aumentare l’efficienza delle risorse, ma presenta criticità in merito al divario operativo e alle prassi di scambio tra diverse Regioni che, allo stato attuale, non sono promosse da norme o istituzioni statali in modo sistematico. Lo rileva una ricerca di Eurispes, evidenziando come "altresì le parole 'scambio', 'condivisione' e simili sono tra le meno citate nelle interviste". Nello scenario intra-regionale spicca la condivisione di esperienze e pratiche che avviene attraverso il Sil, la piattaforma dedicata alla gestione delle pratiche inerenti alle politiche del lavoro. Un altro esempio sono le 'scrivanie virtuali', nate durante la pandemia e ancora in uso per incentivare lo scambio di esperienze tra i diversi cpi. In merito alla digitalizzazione, il 'Tavolo del riuso' ha permesso la condivisione, gratuita, di software open source a beneficio delle Regioni e che ha favorito la costituzione spontanea di una rete di costante collaborazione tra Emilia-Romagna, Province autonome di Trento e Bolzano, Liguria, Puglia e Calabria. Con l’avvio dell’ultima legislatura, il Ministero del Lavoro ha promosso Siisl, un progetto di unificazione digitale con la funzione di convogliare gli annunci di lavoro provenienti da tutta la Penisola e facilitare l’incontro tra domanda e offerta grazie all’utilizzo dell’Ia. Il Siisl (sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa) è la piattaforma, realizzata e gestita da Inps, che oltre a usare algoritmi basati su Ia per creare compatibilità tra annuncio e candidato, serve a uniformare il processo di raccolta dei dati proveniente dalle CO e a gestire le richieste di assegno di inclusione (Adi) e nuova Assicurazione sociale per l’impiego (Naspi). La questione dell’adattamento all’utenza è un punto cruciale nella corsa all’innovazione tecnologica. Tutte le Regioni, infatti, dichiarano di avere un’utenza per il 50% affetta da grave povertà educativa, incapace di interfacciarsi con il mondo digitale e quindi con piattaforme come il Siisl. Le Regioni, comunque, si dichiarano favorevoli a collaborare con il Ministero per l’implementazione della piattaforma affinché diventi uno strumento che impatti significativamente sul mercato del lavoro. Si ribadisce che l’innovazione tecnologica aiuta l’organizzazione degli spi dall’interno, ma la capacità di trovare un lavoro dell’utente medio è fortemente legata ai rapporti con gli operatori. Nonostante un evidente miglioramento nella capacità di collocare le persone disoccupate il mondo dei servizi per l'impiego si ritrova a dover recuperare il pregiudizio diffuso che lo vede come un’istituzione lenta, farraginosa e poco capace di trovare un lavoro a chi non ce l’ha.Rileva Eurispes nella ricerca, in cui si spiega che "se è vero, come dicono i rispondenti, che la percentuale di persone che trovano un lavoro attraverso i centri per l'impiego sia inferiore al 20% sul totale degli occupati, è altrettanto vero che la capacità di collocare un disoccupato che entra in un cpi arriva fino all’80%". In merito alla comunicazione digitale, tutte le Regioni hanno del personale che gestisce i canali social, inviano sistematicamente delle newsletter, e hanno investito nella semplificazione dell’esperienza attivando dei chatbot che rendono agevole la ricerca di informazioni e orientano l’utente all’interno del sito, oppure creando una vera e propria app gemella del sito ufficiale. Analogamente, molti investimenti e iniziative riguardano le campagne informative sul territorio. Le Regioni si sono efficacemente e creativamente organizzate per raggiungere il proprio target, si possono trovare stand dei cpi nelle fiere, nelle università e nei grandi eventi, così come abbondano gli incontri nelle scuole superiori. Circa il 50% degli utenti che entra in un cpi non è in grado di orientarsi con gli strumenti digitali e ciò è un dato che consolida la centralità del rapporto umano. Il 'posto fisso' è una realtà che non solo sta scomparendo dall’orizzonte delle possibilità dei giovani italiani, ma che sta diventando un’opzione sempre meno appetibile. Lo si legge nella ricerca Eurispes. Il lavoro diventa sempre di più un mezzo di mero sostentamento piuttosto che un pilastro identitario, e questo avviene anche perché, per molte persone, oggi un solo lavoro non basta e spesso è anche precario in termini di stabilità temporale, nonché poco remunerativo. Questo vale soprattutto per la maggior parte degli utenti che si rivolgono ai centri per l'impiego e che, come è stato riferito nel corso delle interviste, a volte considerano lo sportello come 'ultima spiaggia'. Non è un caso se nel mondo degli servizi per l'impiego si dedichi sempre più tempo alla formazione e il concetto di occupazione lasci sempre più spazio a quello di occupabilità.
(Adnkronos) - Digitalizzazione, Internet of Things, blockchain e intelligenza artificiale. Sono questi i principali strumenti che potranno migliorare l'efficienza ambientale, ridurre i costi e i rischi operativi, rendendo al tempo stesso i sistemi produttivi più resilienti e meno dipendenti da quelle materie prime ritenute critiche; il tutto promuovendo economia circolare e sostenibilità. È questo quanto emerge da una ricerca condotta dal Sustainability Lab del Sda Bocconi School of Management in collaborazione con Omnisyst, azienda attiva nella gestione dei rifiuti industriali. I risultati della ricerca sono stati presentati al convegno “Creare valore economico sostenibile attraverso la gestione circolare dei residui industriali” tenutosi presso Sda Bocconi School of Management. Dalla ricerca è emerso che l’economia circolare "non solo può contribuire a migliorare la salute e la temperatura del pianeta, ma soprattutto porta una serie di benefici in termini economici per le imprese" ha affermato Francesco Perrini, Head of Sustainability di Sda Bocconi School of Management e uno dei professori coinvolti nel paper. La circolarità "contribuisce a creare valore riducendo i costi, aumentando la produttività e aumentando i ricavi, trasformando i rifiuti in materie prime. Benefici a 360 gradi per tutte le tipologie di impresa". Ciò che tradizionalmente veniva considerato come scarto o un costo in più, oggi può essere monetizzato, trasformandosi in risorsa utile o perfino in una fonte di ricavo aggiuntiva. Si tratta di un approccio innovativo che contribuisce anche a rafforzare la resilienza della supply chain. La circolarità consente di diversificare le fonti di approvvigionamento, ridurre la dipendenza da materiali vergini e ottimizzare la gestione delle scorte, rendendo le imprese più preparate a fronteggiare eventuali shock o interruzioni. Diminuiscono anche i rischi, sia dal punto di vista operativo che reputazionale, e viene al contempo creato nuovo valore lungo tutta l'intera filiera produttiva. Supply chain che gioca un ruolo nell'adozione dell'economia circolare: "Riveste un'importanza straordinaria nella struttura di costo e nella performance delle grandi aziende di tutti i settori industriali" ha affermato Pierluigi Serlenga, Managing Partner di Bain & Company Italia. Attenzione però, per il Bel Paese va tenuto in considerazione il livello di frammentazione che esiste nei settori industriali: "È molto forte e spesso impedisce l'adozione di strategie innovative come la circolarità in modo veloce ed efficace" ha spiegato Serlenga. Per fare in modo che l'economia circolare venga implementata in modo più efficace "è fondamentale che le aziende della filiera facciano sistema tra di loro su materie non competitive, con i cosiddetti capi filiera, ovvero le grandi aziende che guidano i diversi settori e con gli stakeholder istituzionali, incluso il governo". Le strategie circolari impattano direttamente e in maniera misurabile il bilancio ambientale. Vengono ridotte le emissioni di Co2, con un miglioramento degli indicatori ambientali complessivi. Questo si traduce anche in un vantaggio competitivo tangibile: le aziende che adottano tali pratiche si distinguono rispetto ai loro concorrenti, non solo per capacità di innovazione, ma anche per reputazione, fattori di cui il mercato e gli stakeholder tengono conto. Non solo, la ricerca evidenzia come la circolarità influisca positivamente sulla valutazione del rischio creditizio e bancario grazie a una maggiore solidità e affidabilità percepita. Contribuisce a rafforzare la brand loyalty, valorizzando l’identità sostenibile dell’impresa, e migliora il posizionamento nelle gare pubbliche, dove gli indicatori Esg (Environment, social and corporate governance) assumono un ruolo sempre più centrale nelle decisioni di selezione. L'Italia in questo “è un paese leader" secondo il vicepresidente di Assolombarda, Massimo Di Amato. A livello europeo, l'Italia si posiziona in seconda posizione, dietro ai Paesi Bassi. "Circa il 20% dei prodotti già contiene prodotto da riciclo - ha illustrato il vicepresidente dell'associazione -. La Lombardia in questo è un'eccellenza". Il livello di raccolta differenziata nella Regione supera il 73%, contro una media europea inferiore al 40%: "Abbiamo un modello tale per cui siamo autosufficiente nella gestione del ciclo dei rifiuti. E questa è una delle grandi tematiche da affrontare, soprattutto se guardiamo al panorama italiano”. Secondo Di Amato le istituzioni "devono sforzarsi per far sì che questo modello sia replicato, possibilmente a livello italiano ma anche a livello europeo. È evidente come questa sia una delle leve per far sì che si crei quell’ecosistema che non è solo fatto di norme, ma anche di strumenti finanziari atti a incentivare un cambiamento”. Le imprese italiane vanno accompagnate sul sentiero della circolarità così da "generare competitività e indipendenza verso l'estero". La ricerca evidenzia inoltre diversi casi di successo in molteplici settori quali il manifatturiero, l’agroalimentare e la chimica. Tra questi, spiccano esperienze come l’uso della blockchain per la tracciabilità e l’adozione di nuovi modelli di business nell’automotive circolare, il suo impiego per la semplificazione delle dichiarazioni ambientali nel tessile, e l’applicazione della simbiosi industriale e digitale per valorizzare sottoprodotti, garantendo anche conformità normativa. Nella moda di lusso il digitale viene utilizzato per la logistica inversa e il monitoraggio delle emissioni, mentre in altri settori ha permesso una gestione multisito efficace e il raggiungimento dell’obiettivo zero rifiuti in discarica. Nel medicale, le tecnologie digitali abilitano un approccio che coniuga sostenibilità ambientale e risparmio economico, mentre nel farmaceutico il recupero integrale dei fanghi, guidato da analisi data-driven, supporta investimenti strategici mirati. “Per anni abbiamo ripetuto come i rifiuti potessero essere una risorsa, ora lo sono diventati veramente grazie a tecnologie di riciclaggi sempre più precise ed efficienti. Siamo entrati in una nuova era” ha commentato Chicco Testa, presidente di Omnisyst e di Assoambiente, intervenendo al convegno. Le implicazioni che emergono da questa ricerca assumono quindi un’importanza cruciale per manager, policy maker e investitori. Per le imprese, integrare decarbonizzazione ed economia circolare va ben oltre un semplice obbligo etico o normativo: si tratta di una scelta strategica capace di influenzare in modo significativo costi, reputazione e capacità competitiva. Non manca il lavoro per le istituzioni, per le quali si apre la necessità di definire un quadro normativo e fiscale che premi chi adotta pratiche circolari e incentivi la diffusione su larga scala delle tecnologie innovative. Sebbene la Strategia Nazionale per l’Economia Circolare stilata dal Mase abbia segnato un passo avanti, sono necessari strumenti più efficaci soprattutto per sostenere le piccole e medie imprese nel percorso di trasformazione. La gestione circolare dei residui industriali non appare più soltanto come una risposta alle sfide ambientali, ma come una strategia capace di generare valore a lungo termine. E le aziende che sapranno anticipare e cogliere questa sfida saranno le protagoniste della transizione sostenibile di domani.