Anno nuovo, impegno diverso
Si conclude un anno particolarmente negativo non solo per l'economia e il lavoro
italiani. Immersi ma anche dispersi nella ricerca di un futuro diverso, i nostri
decisori politici hanno colpevolmente tralasciato molte delle cose iniziate
negli anni passati.
Una qualche responsabilità è anche di quei movimenti e di quelle
associazioni che hanno lasciato passare, senza dare particolari segnali, un
tempo tanto lungo quanto inutile.
Non mi compete fare un elenco di questi ignavi del ventunesimo secolo, ma non
posso tacere che, per quanto riguarda i comunicatori pubblici, un altro anno
inutile o quasi si aggiunge ad un recente passato fatto di attese e speranze
deluse.
Accoccolati nel tepore di un antico status quo e regolarmente delusi da una
costante impotenza che ha fatto prevalere un'atmosfera fatta di ritardi e silenzi.
Adesso è tempo di brindisi e auguri. Non mi voglio sottrarre a questi
riti sempre più vuoti, ma voglio ricordare a tutti che sprecare il tempo
è uno dei lussi che questo Paese non può più permettersi.
E siccome, assieme agli auguri, si è soliti fare promesse importanti
vorrei chiedere a chi può e a chi deve occuparsi della modernizzazione
della pubblica amministrazione di assumere impegni solenni per definire, una
volta per tutte, quante leggi e norme approvate e non applicate si intende rimettere
in movimento o considerare definitivamente superate.
Per i comunicatori pubblici, dopo la legge 142 del 1990, il Dlgs 29 del 1993
e la legge 150 del 2000 è giunto il momento di cercare non di vincere
una battaglia, ma la guerra. Il nostro obiettivo non può che riguardare
la definizione e il riconoscimento professionale.
O vinciamo questa guerra o la comunicazione pubblica, già afflitta da
ritardi e rinvii, finirà per tornare nel recinto in cui è stata
rinchiusa per troppo tempo e dal quale molti anni fa venne tolta da chi pensava
ad una pubblica amministrazione diversa.
La mancanza di un profilo professionale toglie certezze agli oltre cinquantamila
addetti alla comunicazione pubblica e alle migliaia di neo laureati in scienze
della comunicazione. La stessa comunicazione pubblica si ridurrà ad una
sorta di case history.
Torneremo agli anni '60 quando dominava la teoriahttps://pornmobile.online che la comunicazione pubblica
dovesse essere un fiore all'occhiello di qualche dirigente e di pochi amministratori?
Se non vogliamo che tutto si riduca ad una bella favola su come eravamo né
ad un viaggio fantastico su come avremmo potuto essere i nostro impegno deve
concentrarsi sul presente. Ad un mediocre futuro che, complice la crisi economica,
si sta già realizzando occorre reagire con coerenza ed impegno.
Non è sufficiente ricordare i maestri della nostra disciplina ma è
giunto il momento di trasformarci in una forza responsabile e coesa. Non vogliamo
essere i primi piagnoni, ma nemmeno gli ultimi iscritti a qualche gruppo di
esagitati che compatti marciano verso il nulla. Chi, come il sottoscritto, ha
dedicato l'intera vita alla valorizzazione della comunicazione pubblica e al
riconoscimento dei comunicatori è pronto per questo nuovo confronto.
E voi?
P.S. Comunque auguri di pace e serenità a tutti.









