Anonima Facebook
Ampi dibattiti si sviluppano, nell’era del commento on line, sul dilemma:
censura o non censura? Il 2.0 infatti ha sortito l’effetto che fa un grande
parete bianca su di un egocentrico armato di bomboletta: un irrefrenabile bisogno
di imbrattarla. Ma la libertà di espressione è il peperoncino
della rete.
Sessant’anni di televisione ci hanno abituati, in maniera quasi antropologica, ad assister zitti e buoni allo spettacolo adesso in onda. Di colpo invece, “vuoi essere il primo a commentare”? Ma siamo pazzi? ‘Azz.. SI’! E giù a rispondere di pancia, in maiuscolo, liberando il vandaletto che ciascuno cova dentro in questi periodi di rabbia e crisi: si ricopre l’adolescente che c’è in noi, e zàcchete! si sfregia.
La splendida protezione offerta dal mondo digitale, la distanza fisica, può essere potenziata e in questo caso aggravata, dal vile espediente dell’anonimato. Tanta gente ancora si vergogna, o semplicemente non osa, presentarsi al mondo digitale in maniera trasparente: nome cognome falsi, nickname, avatar fasulli vengono utilizzati in maniera massiccia, rendendo (quasi) immune l’attore
Aggiungiamo poi un punto complesso: l’anonimato “collettivo” esalta il fenomeno. Il gruppo diventa branco, ed esorta il vile https://pornmobile.onlinealla veemenza, al volersi distinguere e superare limiti che, in autonomia e solitudine, non avrebbe superato. Ma perché complesso? Perché l’anonimato non è solo non avere nome: il gruppo in sé rende anonimi. La collettività spersonalizza. E spersonalizzare significa perdere responsabilità individuale.
Questo accade, beninteso, anche nella vita analogica, anche per la strada o al bar. Ma la rete coi suoi grandi numeri rende l’anonimato più semplice.
Prima ancora di censurare allora sarebbe il caso di vietare l’anonimato in rete? Non saprei, ma ci rifletterei
Credits Bruno
Ballardini; Simone
Cosimi
Immagine tratta dal blog di Francesco
Falconi









