Orgoglio & Storyboard
Il Dir. Mktg Livio De Nutis fu convocato improvvisamente in Presidenza. Il tono
della segretaria era algido, perentorio. Un rapidissimo esame di coscienza
consentì a
Livio di escludere la sussistenza di proprie condotte dolose o gravemente colpose:
nessuna distrazione di danaro, nessuna malversazione, nessun sexual harrassment
(al più qualche ammiccamento di troppo, qualche becero doppio senso
ampiamente risparmiabile, qualche espressione troppo colorita ed evocativa…).
Beh, a ben pensarci, qualcosa c’era: nella lettura ed esegesi delle cose aziendali Livio non riusciva proprio ad evitare di processare e sistematicamente condannare la “macchina” ed i suoi sbrindellati driver. Coi il tempo non solo aveva smarrito qualunque capacità assolutoria, ma - allineandosi ad un pensiero critico di scuola iperrealista -associava anzi sistematicamente agli acta ed ai facta un pre-giudizio di mediocrità, farraginosità, insipienza. I nuovi modelli? Cloni e varianti in peius. Il top management? Inadeguato (eufemismo pietistico). L’organizzazione? Entropica. Il mood interno? Ormai alla deriva. Che fosse arrivata ai piani altissimi, e per di più maliziosamente romanzata, la storia triste del denigratore aprioristico? Che la caccia all’uomo, al fantomatico Nemico Interno n°1, si fosse finalmente conclusa con la cattura del capro espiatorio? Livio sapeva che in un caso come questo non si sarebbero fatti “prigionieri”. Occorreva sbattere il mostro in prima pagina, dare in pasto alle cronache aziendali il nome e cognome del traditore, dare assoluta certezza al vacillante edificio dell’Ordine aziendale.
Con questo stato d’animo De Nutis si accostò alla porta della Presidenza.
Nessun suono dall’interno,(neppure un latrato ferino, pensò con
sollievo). Entrò. Nessun plotone di esecuzione, niente lettura dei propri
diritti. Di fronte a sé solo una espressione ed un’atmosfera di
sconfinato cazzeggio. Desertificata di ogni carta l’enorme scrivania, quasi
a comprovare visivamente la distanza tra la una dimensione privilegiata e la
vile quotidianità del comune homo aziendalis. Siafter drink porn indian accomodi, De Nutis. Una chiacchierata
surreale, improbabile. Che bella cravatta, lei sembra un ragazzino, De
Nutis…, deve venirmi a trovare più spesso…, mi parlano tutti
molto bene di lei…. Io mi fido solo della vecchia guardia, in giro c’è un
sacco di palloni gonfiati… Embè? Ma come, io ho due fornitori in
anticamera, il BBerry mi esplode di mail sui temi più biecamente insulsi
quanto imprescindibili, devo completare il Piano di Comunicazione entro il pomeriggio
e gestire i postumi di un alterco tra 2 collaboratrici (a comprova della ritrovata
serenità del clima aziendale) e quest’uomo indefinibile, con calma
serafica ed espressione allucinata, mi lusinga da più di mezz’ora
in bilico tra l’inconsistente ed il vano? Trattasi di un semplice
processo neurodegenerativo da spensieratezza endogena o ci sono meta-messaggi
ermetici, impalpabili allusioni subliminali dense di significati che sfuggono
alla comprensione del semplice passante? La spiegazione potrebbe forse risiedere
in una inopinata deriva omosessuale, confortata da quello sguardo vagamente mellifluo?
Ma come, il soggetto non era considerato un instancabile puttaniere? No, la tesi
non stava in piedi. In fondo più probabile una ratio più banale,
un significato meramente ludico. Quando non sai che minchia fare tutto il santo
giorno ed utilizzi la delega non come strumento di ottimizzazione ed efficientamento
ma solo per tenerti alla larga da qualunque pensiero e problema, in fondo torni
a interpretare la vita in una prospettiva giocosamente infantile. Oppure
c’era dell’altro. Forse quel gesto, quel tono andavano riconsiderati,
apprezzati, goduti. Forse anche un uomo potente, circondato da lacchè interessati
e da uomini grigi, ingessati dalla seriosità di numeri e procedure, poteva
sentirsi solo. In Lidio, probabilmente, così lontano dai giochi
di ruolo e di potere, così intrinsecamente libero e irreversibilmente
incompatibile con la “gabbia” aziendale, aveva cercato un amico.
Nè più, nè meno. Grazie, Presidente.









