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Curiosando tra gli spot

07 Lug 2020

Circola sui canali televisivi nazionali uno spot dell’Agenzia delle Entrate che merita una qualche riflessione. In linea di massima gli spot sulla pubblica amministrazione sono monotoni e ripetitivi perché raccontano di un mondo perfetto dove intere famiglie trascorrono il loro tempo facendo certificati, dialogando con le proprie amministrazioni in un’atmosfera idilliaca tipica della domenica mattina.

Ovviamente la realtà è molto diversa, ma sino a che gli addetti ai lavori tratteranno il sistema pubblico come un qualsiasi prodotto facile da usare e da vendere, dovremmo abituarci a vivere in universi paralleli.

Da una parte tutto è semplice, anzi friendly, mentre, dall’altra, trionfa la peggior burocrazia locale e nazionale.

Ma esaminiamo un attimo lo spot. Sullo schermo passano una serie di immagini che riproducono, ingranditi, alcuni parassiti del mondo animale e vegetale. Poi, all’improvviso, appare il volto di un uomo indicato come evasore fiscale.

Inutile richiamarsi a Lombroso, poiché la persona in questione è, come ogni vero parassita, assolutamente anonima nell’aspetto e nell’espressione. Uno dei tanti che incontriamo in ascensore, al lavoro, nei luoghi di svago. Uno per cui nulla è troppo di sinistra né troppo di destra, uno che inveisce contro le caste perché l’evasore fiscale, come tutti i veri parassiti, si mimetizza e si annulla nella massa, non esprime né pensieri né parole. Un uomo qualsiasi che si intuisce pieno di luoghi comuni trasformati in idee.

Lo spot non demonizza né inveisce ma mette in guardia i cittadini. Il messaggio che ci consegna è che è possibile migliorare ad una condizione: che tutti paghino i servizi pubblici. Una sorta di filo spinato dell’indignazione civile nel tentativo di isolare i tanti furbetti di questo nostro Paese.

Lo spot è bello, ma è anche efficace?

Premetto che non ho mai conosciuto nessuno che di fronte ad un manifesto, un opuscolo, un dibattito abbia cambiato idea. Ma molti, però, hanno cominciato a ragionare da soli, a chiedere e a voler sapere. Forse chi ci ricorda che ogni giorno nel mondo oltre un miliardo di persone non possono accedere all’acqua potabile avrà nei salotti un minor appeal di chi racconta gli amorazzi estivi di veline e calciatori.

Ma, ripetuta molte volte, l’idea che una così rilevante parte di umanità soffra, mentre noi possiamo scegliere tra centinaia di marche di acqua minerale, finirà alla lunga per produrre un qualche risultato.

Nello specifico, la campagna dell’Agenzia delle Entrate, risulterà inefficace solo se alle immagini non seguiranno i fatti. Se la Guardia di Finanza non verrà dotata delle più moderne tecnologie, se la caccia agli evasori non diventerà una componente fondamentale del modo di governare. Ed ecco allora un’altra verità.

La comunicazione pubblica non è solo la comunicazione delle parole, ma delle parole e dei fatti conseguenti. Cosa non richiesta né alla comunicazione commerciale, né alla comunicazione politica.

Questa sintesi è decisiva per il successo di una comunicazione che non ti invita in crociera, ma ti ricorda le scadenze delle tasse, che non ti porta nella valle degli orti, ma ti dice che devi pagare l’autobus. Solo così si distingue la comunicazione pubblica dalla pubblicità e dalla propaganda. Strade in discesa queste ultime, strada in salita la prima. Ma non esistono cose importanti e facili. Essere un Paese moderno significa anche conoscere la differenza tra sogno e realtà ed affrontare big cock indian xxxquest’ultima con gli strumenti della verità e del civismo.

In conclusione, ecco uno spot che non ci promette l’ennesima gita premio a Paperopoli, ma che denuncia i nostri veri nemici. Anche noi abbiamo fatto nostro l’obbiettivo che negli Stati Uniti ha guidato la grande riforma della pubblica amministrazione durante la presidenza Clinton: “Siamo impegnati a creare una pubblica amministrazione che lavori meglio e costi meno”. Obbiettivo questo che non significa solo modernizzare un sistema che presenta molti aspetti pleonastici e superati, ma soprattutto, e questo è il ruolo dei comunicatori pubblici, non stancarsi di spiegare alla gente che un nuovo senso civico non può nascere che da una nuova assunzione di responsabilità. Che la cosa pubblica è di tutti e proprio per questo tutti hanno il compito di rispettarla e salvaguardarla.

Solo così un Paese può davvero dirsi moderno e europeo.


Commenti (3)
Andrea Cerino "La comunicazione pubblica non è solo la comunicazione delle parole, ma delle parole e dei fatti conseguenti. Cosa non richiesta né alla comunicazione commerciale, né alla comunicazione politica."

E' davvero così, dr. Rovinetti? Mi sembra un'affermazione un po' forte...
16 set 2011 alle 12:23
Alessandro Rovinetti Ciascuno di noi è libero di tenere l'asticella della comunicazione all'altezza che desidera. Ma faccio fatica a credere che qualcuno acquisti un dentifricio perché gli garantisce denti bianchissimi. Ancora più fatica a credere che la comunicazione politica mantenga le cose che promette.
Peraltro, far seguire le parole ai fatti è fondamentale per acquisire credibilità e per evitare di trasformarsi in cantore del potere.
16 set 2011 alle 13:47
Andrea Cerino Quindi se voto un politico che promette di abbassare le tasse o compro uno yogurt che decanta un contenuto basso di grassi, non devo pretendere che abbiano detto la verità?
Non sono d'accordo, bisogna distinguere poi il principio sacrosanto (alle parole devono seguire i fatti) che per me vale sempre e comunque, dall'applicazione che ne viene fatta dai singoli.
In fondo questo è anche il criterio per distinguere 'i buoni' dai 'cattivi', no?
16 set 2011 alle 14:01
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