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Per una mappa aggiornata della Comunicazione Pubblica

07 Lug 2020

In un mio precedente intervento mi ero occupato di come oggi, i cittadini con i quali i comunicatori pubblici debbono misurarsi, siano molto diversi rispetto al passato.
Proseguendo in questo mini-percorso di aggiornamento, cerchiamo di individuare i confini che la comunicazione pubblica sta definendo e i nuovi territori in cui si sta collocando.
Diamo per scontato, una volta tanto, che il “villaggio globale” ipotizzato da McLuhan si sia stato realizzato. Anche se il mass-mediologo canadese aveva pensato più ai problemi che si risolvevano che a quelli (forse maggiori) che “il villaggio” avrebbe creato.

In questi anni abbiamo potuto scoprire che avere più notizie non vuol dire essere più informati, così come non è vero che il moltiplicarsi esponenziale dei mezzi di comunicazione produca una migliore comunicazione.
Abbiamo quindi imparato che si è davvero informati quando si ricevono le notizie che ci servono, si comunica meglio quando si è capaci di razionalizzare e non moltiplicare i diversi strumenti e le nuove tecnologie. Che il comunicatore pubblico deve fare continua attenzione ai repentini cambiamenti del “cliente” che ha scelto di servire, che la gente è diventata il cittadino, l’informazione è traslata nella comunicazione, la comunicazione, divenuta disciplina, cerca professioni da affermare, territori da occupare e pubblici a cui rivolgersi.
Questa è, nel 2011, la matassa da sbrogliare e riorganizzare.
In origine, trent’anni fa o poco più, la comunicazione pubblica confinava con l’autoreferenzialità, la propaganda, la pubblicità e la comunicazione politica.
E’ stata quella la stagione di tutte le rigidità culturali e ideologiche che ha cercato di affermare l’idea, solo da poco e non da tutti dismessa, della comunicazione come consenso.
Sono passati molti anni e, grazie all'impegno teorico delle Università e pratico dei comunicatori pubblici, i nuovi confini si chiamano semplificazione, conoscenza, innovazione e partecipazione. Questi confini sono cambiati rispetto alle origini e vanno difesi e ampliati per isha bhabhi indian sexfare della comunicazione una costante del cambiamento. A questo fine occorrono professionisti, cioè persone in grado di sapere sempre cosa fai, perché lo fai, come lo fai. Non si tratta solo di conoscere e controllare il “cassetto degli attrezzi”, ma saper utilizzare al meglio tecniche e strumenti soprattutto in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo.
Essere un professionista non significa solo essere un impiegato capace, ma una persona a cui la laurea garantisce la competenza e il servizio affina la professionalità. Un protagonista indiscusso di un'idea più complessa di ciò che debba intendersi per pubblico e come sia possibile, praticandola coerentemente, fare della comunicazione pubblica una professione libera ed autonoma da condizionamenti politici.
Ecco perché i comunicatori pubblici si sentono e sono non una nuova lobby ma la punta di lancia del movimento degli innovatori.
Ed è per questo che coloro che, alla vigilia del diluvio finanziario che sta per abbattersi sul settore pubblico, continuano a dissertare di nuove leggi 150 o tecniche innovative, assomigliano sempre più a quelli che pensano di vuotare il mare con un cucchiaino da caffè.
Alla comunicazione pubblica, almeno a quella che noi da sempre studiamo e applichiamo, non esistono alternative. Come non ne esistono per la realizzazione di pubbliche amministrazioni efficienti e semplificate.
Il tempo delle parole sta esaurendosi. Forse ritorna la stagione del fare.
In questa nuova sfida la comunicazione pubblica si gioca non solo la propria credibilità, ma gran parte della propria ragion d’essere.

Con questo numero saluto i miei lettori.
L’arrivederci è a settembre. Per adesso buon riposo e buone vacanze a tutti.

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