Per una mappa aggiornata della Comunicazione Pubblica
In un mio precedente intervento mi ero occupato di come oggi, i cittadini con
i quali i comunicatori pubblici debbono misurarsi, siano molto diversi rispetto
al passato.
Proseguendo in questo mini-percorso di aggiornamento, cerchiamo di individuare
i confini che la comunicazione pubblica sta definendo e i nuovi territori in
cui si sta collocando.
Diamo per scontato, una volta tanto, che il “villaggio globale” ipotizzato
da McLuhan si sia stato realizzato. Anche se il mass-mediologo canadese aveva
pensato più ai problemi che si risolvevano che a quelli (forse maggiori)
che “il villaggio” avrebbe creato.
In questi anni abbiamo potuto scoprire che avere più notizie non vuol
dire essere più informati, così come non è vero che il moltiplicarsi
esponenziale dei mezzi di comunicazione produca una migliore comunicazione.
Abbiamo quindi imparato che si è davvero informati quando si ricevono
le notizie che ci servono, si comunica meglio quando si è capaci di razionalizzare
e non moltiplicare i diversi strumenti e le nuove tecnologie. Che il comunicatore
pubblico deve fare continua attenzione ai repentini cambiamenti del “cliente” che
ha scelto di servire, che la gente è diventata il cittadino, l’informazione è traslata
nella comunicazione, la comunicazione, divenuta disciplina, cerca professioni
da affermare, territori da occupare e pubblici a cui rivolgersi.
Questa è, nel 2011, la matassa da sbrogliare e riorganizzare.
In origine, trent’anni fa o poco più, la comunicazione pubblica
confinava con l’autoreferenzialità, la propaganda, la pubblicità e
la comunicazione politica.
E’ stata quella la stagione di tutte le rigidità culturali e ideologiche
che ha cercato di affermare l’idea, solo da poco e non da tutti dismessa,
della comunicazione come consenso.
Sono passati molti anni e, grazie all'impegno teorico delle Università e
pratico dei comunicatori pubblici, i nuovi confini si chiamano semplificazione,
conoscenza, innovazione e partecipazione. Questi confini sono cambiati rispetto
alle origini e vanno difesi e ampliati per isha bhabhi indian sexfare della comunicazione una costante
del cambiamento. A questo fine occorrono professionisti, cioè persone
in grado di sapere sempre cosa fai, perché lo fai, come lo fai. Non si
tratta solo di conoscere e controllare il “cassetto degli attrezzi”,
ma saper utilizzare al meglio tecniche e strumenti soprattutto in tempi difficili
come quelli che stiamo vivendo.
Essere un professionista non significa solo essere un impiegato capace, ma una
persona a cui la laurea garantisce la competenza e il servizio affina la professionalità.
Un protagonista indiscusso di un'idea più complessa di ciò che
debba intendersi per pubblico e come sia possibile, praticandola coerentemente,
fare della comunicazione pubblica una professione libera ed autonoma da condizionamenti
politici.
Ecco perché i comunicatori pubblici si sentono e sono non una nuova lobby
ma la punta di lancia del movimento degli innovatori.
Ed è per questo che coloro che, alla vigilia del diluvio finanziario che
sta per abbattersi sul settore pubblico, continuano a dissertare di nuove leggi
150 o tecniche innovative, assomigliano sempre più a quelli che pensano
di vuotare il mare con un cucchiaino da caffè.
Alla comunicazione pubblica, almeno a quella che noi da sempre studiamo e applichiamo,
non esistono alternative. Come non ne esistono per la realizzazione di pubbliche
amministrazioni efficienti e semplificate.
Il tempo delle parole sta esaurendosi. Forse ritorna la stagione del fare.
In questa nuova sfida la comunicazione pubblica si gioca non solo la propria
credibilità, ma gran parte della propria ragion d’essere.
Con questo numero saluto i miei lettori.
L’arrivederci è a settembre. Per adesso buon riposo e buone vacanze
a tutti.









