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I permessi per i familiari che assistono le persone disabili

07 Lug 2020

Già in passato abbiamo parlato, seppur incidentalmente, dell’argomento ma, oggi, il recente intervento normativo impone un maggiore approfondimento della materia.
La norma originaria e principale in materia di permessi lavorativi retribuiti è la Legge quadro sull'handicap (Legge 5 febbraio 1992, n. 104) che, all'articolo 33, prevede agevolazioni lavorative per i familiari che assistono persone con handicap e per gli stessi lavoratori con disabilità particolari permessi lavorativi (retribuiti).

Principalmente ad occuparsi dei permessi lavorativi previsti dall'articolo 33 della Legge 104/1992, sono stati gli enti previdenziali (INPS e INPDAP, solo per citare i principali) emanando circolari ora applicative ora esplicative.

La legge 183/2010 interviene in materia di permessi ricomponendo in modo sistematico le norme contenute nella legge 104/1992 e nel D.Lgs 151/2001, recante misure a sostegno della maternità e della paternità.

La legge 104/1992 riconosce al lavoratore dipendente che assista persone affette da handicap grave il diritto di godere di tre giorni di permesso retribuito per ciascun mese. Tale norme, in particolare, detta le condizioni a cui è subordinato il godimento del diritto e i soggetti che ne sono titolari; analoga previsione è contenuto dal D.lgs 26 marzo 2001 n. 151, tra le disposizioni a favore della paternità e della maternità.

Presupposto generale per la concessione dei permessi è che il soggetto sia affetto da handicap grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge n. 104, accertato dalla commissione istituita presso l’ASL, prevedendo un regime diverso a seconda che la persona disabile abbia o meno raggiunto l’età di tre anni. Nel primo caso, al padre o alla madre è riconosciuto, alternativamente, il diritto al prolungamento del congedo parentale o alla fruizione del permesso giornaliero di due ore; nel secondo caso, il familiare che lo assiste ha il diritto di godere di tre giorni di permesso retribuito per ogni mese di lavoro.

La legge 183/2010 è intervenuta su alcuni aspetti della norma.

Anzitutto, è confermata la necessità che il soggetto da assistere non sia ricoverato a tempo pieno in strutture quali ospedali o case di cura di altro genere giacché, in tali casi, verrebbe meno uno dei presupposti della fattispecie (ossia la necessità di fornire un’assistenza, già fornita dalla struttura che accoglie il disabile).

Soggetti aventi diritto -Quanto ai soggetti a cui può essere riconosciuto, previa richiesta, il diritto ai permessi, la nuova formulazione dell’art. 33, individua quali beneficiari: i genitori, i parenti e gli affini entro il secondo grado (e non entro il terzo, come nella precedente disciplina) e cioè:

- genitori, figli (parenti di primo grado);

- nonni, fratelli, sorelle, nipoti (parenti di secondo grado);

- suocero/a, nuora ,genero (affini di primo grado);

- cognati (affini di secondo grado).

Solo in particolari condizioni le agevolazioni possono essere estese ai parenti e affini di terzo grado delle persone da assistere. Si tratta delle ipotesi in cui il coniuge e/o i genitori della persone in situazione di disabilità grave: abbiano compiuto 65 anni di età; ovvero siano anche essi affetti da patologie invalidanti, ovvero deceduti o mancanti

Altro aspetto su cui interviene il Collegato è quello dei presupposti per la concessione dei permessi, aspetto disciplinato diversamente dalle normative di riferimento (legge 104/1992 e L. 53/2000) ed al centro isha bhabhi indian sexdi dubbi interpretativi.

Mentre l’art. 33 della legge n. 104 richiedeva la convivenza tra il lavoratore richiedente il permesso e il portatore di handicap, l’art. 20 della L. 53, di contro, non riteneva necessario al godimento la convivenza in presenza di una assistenza al disabile continuativa ed esclusiva.

La legge 183/2010 interviene sul punto eliminando i riferimenti della convivenza e della continuità ed esclusività dell’assistenza previsti dai menzionati articoli: unico requisito richiesto ora per il godimento dei premessi retribuiti, oltre a quello generale della mancanza di ricovero a tempo pieno del disabile, è quello dell’assistenza (rapporto di cura).

Quanto alla fruizione dei permessi, la circolare n. 45/2011 dell’Inps fornisce un quadro riepilogativo, chiarendo che i permessi fruiti dal familiare del disabile ha diritto alternativamente o ai giorni o alle ore mensili di permesso. L’INPS ricorda la necessità, da parte degli aventi diritto, di comunicare, per quanto possibile, la programmazione dei permessi.

Infine, il Collegato introduce un nuovo comma all’art. 33 che dispone il lavoratore decade dai diritti in parola, qualora il datore di lavoro o l’INPS accerti l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti.

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