Quale cittadino per la comunicazione Pubblica
Quanti aggettivi e sostantivi hanno accompagnato la parola cittadino? Molti,
forse troppi. Si va dal cittadino elettore al cittadino consumatore, dal cittadino
cliente al cittadino utente e via di questo passo.
A scorrerli uno di seguito all’altro si potrebbe dire che l’aggettivo
che ha accompagnato la parola cittadino, dalla nascita della Repubblica ad oggi,
sia sempre stato correlato alle caratteristiche fondamentali richieste nei singoli
periodi. Un metodo di identificazione più vicino alle strategie di marketing
ma tutto sommato accettabile. Anche se a me sembra di poter dire che nel solo
termine cittadino si comprenda già una complessa realtà di diritti
e di doveri, di relazioni istituzionali e individuali sufficienti a definire
la “controparte” delle Pubbliche Amministrazioni.
Riflettevo su queste cose alcune sere fa mentre un attore comico che va per la maggiore raccontava, dallo schermo televisivo, le sensazioni di “déjà-vu” provate trovandosi ogni vent’anni circa a misurarsi con la stessa realtà, gli stessi problemi, le stesse persone.
In fondo, anche in questo modo, si riesce a raccontare e capire un sistema, quello pubblico, da sempre apparentemente interessato al cambiamento ma che poi non cambia mai.
Un sistema alle prese con problemi e questioni ormai cicliche e ripetitive.
Quasi sempre la “difficoltà” ha nomi banali (orari non funzionali, procedure obsolete, reti tecnologiche che cedono di schianto) ma le conseguenze non sono mia banali.
Si tratta di fare nuove file, altri documenti, attendere giorni in più. Questa sarebbe la complessità che andrebbe eliminata, altro che quella del linguaggio. Sino a che la Pubblica Amministrazione, dimostrando scarsa fiducia nei cittadini, imporrà nuove regole e ulteriori balzelli il sistema pubblico sarà gioco forza complesso, ripetitivo e farraginoso.
Questa è una delle questioni che produce fiere e congressi ma che pochi tentano davvero di risolvere. Certo, ricordiamo con piacere la motorizzazione civile, ma non è che si possa smarrire la patente ogni settimana per provare il piacevole brivido di riceverla nuova di zecca al nostro domicilio.
Dovremmo quindi rassegnarci a vivere di case-history che finiscono per essere i luoghi comuni del cambiamento quando non cipornmobile.online ricordano tutto quello che si potrebbe fare ma non si fa.
Altro che prosumer e stakeholders, qui si dovrebbe parlare di cittadino-criceto. Rassegnato e paziente che, come il simpatico roditore, è destinato a far girare la ruota del tempo sulle stesse tacche per le stesse cose.
E’ questo il futuro che ci aspetta? Forse.
E se invece i risultati dei referendum del 12 e 13 giugno scorso anziché essere visti con le consuete lenti della politica fossero un segnale alla politica? Fossero la prima risposta di milioni di normali cittadini che stanchi di girare a vuoto, pretendessero di essere non governati ma amministrati, non promesse ma fatti, non un futuro sempre radioso in cambio di un presente francamente discutibile?
Insomma una sorta di avviso ai naviganti: i cittadini-criceto (forse) intendono scendere definitivamente dalla ruota e chiedono di essere ascoltati quali titolari di diritti e di doveri e non più utilizzati come una semplice etichetta senza voce e senza ruolo.
Le crisi internazionali e il nuovo che ci attende vanno affrontati, come in tutti i Paesi moderni, guardando avanti e non continuando a rimpiangere il passato: il mondo, forse mai esistito, dei sapori della nonna e dei mulini bianchi.
Come cittadini ce lo auguriamo, come comunicatori pubblici ci impegneremo a favorirlo.