Aspettativa e sospensione del comporto
Torniamo in argomento per completare il quadro di riferimento analizzando la
diversa questione dell’aspettativa (non retribuita).
Come abbiamo già avuto modo di precisare, in caso d’infortunio o
malattia il datore di lavoro ha diritto di recedere dal contratto di lavoro
decorso il periodo stabilito dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi
o secondo equità, concedendo il periodo di preavvisopornmobile.online (art. 2110 c.c.).
In questa fase delicata può inserirsi la possibilità che il lavoratore chieda al datore di lavoro la fruizione di un’aspettativa non retribuita che gli permetterebbe di allungare la durata del rapporto, in attesa di riprendere l’idoneità fisica e evitare così di incappare nel licenziamento.
L’aspettativa è un’ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro, volta a conciliare la posizione di lavoratore subordinato e la sussistenza di impegni di rilevanza pubblica o il verificarsi di situazioni di natura personale o familiare. Tale facoltà può essere concessa al lavoratore per un periodo di tempo più o meno lungo, con diritto alla conservazione del posto di lavoro e, nella maggior parte dei casi, con sospensione della retribuzione. La legge garantisce la sospensione del rapporto in ipotesi ben precise: nel caso in cui il lavoratore sia chiamato a ricoprire cariche pubbliche elettive o sindacali; nei casi di cure termali e tossicodipendenza; per lo svolgimento del servizio militare e di funzioni presso seggi elettorali (la prima ormai inutilizzata a seguito dell’abolizione della leva obbligatoria, la seconda desueta); altre ipotesi particolari.
Sulle modalità di concessione e sulla durata massima la materia è disciplinata dai diversi CCNL di settore, con riferimento, in particolare, ai periodi di aspettativi successivi a malattia e/o infortunio concessi per la conservazione del posto di lavoro a seguito del superamento del periodo di comporto. Di norma è richiesta un'anzianità aziendale minima e vi può accedere una percentuale massima di dipendenti rispetto al totale degli impiegati presso la società. In questi casi il periodo in genere non supera i 12 mesi.
Se il ccnl non lo prevede espressamente, il datore di lavoro non ha l’obbligo di avvertire il lavoratore circa la possibilità di avvalersi di un periodo di aspettativa per evitare il licenziamento (Cass. 22.12.2007 n. 1333).
Al contrario però il datore di lavoro non ha il potere di collocare in aspettativa di sua iniziativa il lavoratore; lo ha stabilito recentemente il Supremo Collegio.
La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza n. 9346 del 26 aprile 2011, accogliendo il ricorso di un dipendente a cui era stato sospeso lo stipendio a causa del superamento del periodo di comporto, afferma che "a prescindere dalla computabilità o meno di talune assenze ai fini del computo del periodo di comporto (...), risulta precluso al datore di lavoro di collocare unilateralmente il dipendente in aspettativa non retribuita, essendo ciò in contrasto sia col principio della immodificabilità unilaterale delle condizioni del contratto di lavoro, con sospensione da parte del datore di lavoro dell'obbligazione retributiva (Cass. 16 aprile 2004 n. 7300), sia, nel caso di specie, con la norma contrattuale collettiva di cui all'art. 18, comma 3, che espressamente prevede che l'aspettativa non retribuita può essere concessa solo su richiesta del lavoratore interessato".
In altre parole, il datore di lavoro non può mai sospendere la retribuzione in attesa della richiesta di aspettativa da parte del dipendente, anche in assenza di una previsione del ccnl che subordini l’aspettativa alla domanda del lavoratore, poiché ciò rappresenterebbe una scelta unilaterale, al contrario è sempre necessario il consenso del lavoratore.
Per mutare il titolo dell’assenza in definitiva (da malattia a aspettativa) sarà necessaria un’esplicita richiesta del lavoratore (Cass. 17.2.2000 n. 1774) e tale richiesta va necessariamente formulata prima della scadenza del periodo di comporto e dovrà contenere l’indicazione del momento a decorrere dal quale decorrerà tale conversione.
Nulla vieta che, in assenza di previsione contrattuale, il lavoratore avanzi la richiesta; in tale caso sarà necessario il consenso del datore di lavoro che potrà opporre un rifiuto senza alcuna necessità di motivarlo.
