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Orgoglio & Storyboard

07 Lug 2020

Di tanto in tanto il Dir. Mktg Livio De Nutis provava a tracciare un bilancio “qualitativo” dei suoi 20 anni nella grande multinazionale automobilistica. In fin dei conti, commentava sfiduciato tra sé e sé, le cose non erano cambiate più di tanto, nonostante tutta la buona volontà messa in campo e qualche atto di vero e proprio “eroismo” aziendale dal quale oggi si sarebbe ben guardato.
Prendiamo il rapporto con la clientela. Quanto più si cianciava di centralità del cliente, si blaterava di delivery di eccellenza e di soluzioni personalizzate in funzione delle specifiche esigenze (addirittura!) del singolo cliente, tanto più il servizio era standardizzato,freddo ed impersonale.

La cultura del nuovo non aveva mai permeato di sé i muri ingrigite della sede centrale e delle strutture periferiche. Del resto, sarebbe stato ben sorprendente il contrario, stante lo stato bradipico da demotivazione acuta in cui erano irrimediabilmente sprofondati gli uomini del front line, disgustati da sistemi di incentivazione quanto meno opachi e pratiche nepotistiche sconosciute persino nella prima repubblica. La gestione della relazione con il cliente era deficitaria sin nei suoi fondamenti concettuali: dicendola con l’analisi tradizionale, il rapporto con il customer non era mai adulto-adulto, ma sempre sbilanciato, asimmetrico. Livio lo ricavava dal tono delle proposte di comunicazioni alla clientela che gli venivano sistematicamente sottoposte, vuoi per insicurezze ataviche vuoi per oggettivi deficit strutturali da semi-analfabetismo meno desueto di quanto si possa immaginare nelle strutture aziendali (ed anche nel top management), a tutte le latitudini. A comunicazioni che davano l’idea di una azienda “in ginocchio”, implorante e ormai rassegnata al “bacio della pantofola”, si affiancavano messaggi altezzosi, inutilmente ampollosi e barocchi, involuti in una prosa burocratica e ridondante tale da tramortire anche il lettore più resistente alla noia. Anche sul fronte della comunicazione interna, restavano le clamorose carenze di sempre. Circolarismo, direttivismo, monodirezionalità, ma soprattutto formalismo di timbro militaresco, deliberatamente adottato per alimentare il dorato isolamento dei vertici prevenendo qualunque forma di interazione con i pioli sottostanti della scala gerarchica. I dirigenti apicali della filiale italiana, imbevuti di questa visione autoreferenziale ed egocentrica, praticavano senza soluzione di continuità il culto della personalità,la propria, con bizzarre derive di ispirazione caligoliana. Parlavano di sé ormai in terza persona, come Giulio Cesare nel De bello Gallico, e tutto il ceto dipendente si era, volente o nolente, ormai rassegnato a questo andazzo. Vezzi e bizze da divi hollywoodiani, capricci da semidei, che facevano dimenticare alla ciurma dei sottoposti che si trattava pur sempre di bipedi, per quanto super pagati, chiamati ad espletare, con soggettiva frequenza, funzioni fisiologiche da comuni mortali. Di questa dimensione superomistica ed agiografica pornmobile.onlinenon poteva mancare traccia nel nuovo , imponente monumento elevato al narcisismo aziendale: la Corporate Television. Il progetto era stato avviato con le migliori intenzioni: omogeneizzare le culture e le diverse “anime” aziendali, diffondere il know-how, conferire ritmo e vivacità giornalistica ai fatti aziendali, dare spazio agli uomini e alle donne sulle cui gambe si regge l’edificio aziendale, bla bla bla. In realtà, nella prassi quotidiana, il nuovo medium si era trasformato in una passerella neo-machista per i super-capi, con giornalisti vassalli che ne esaltavano improbabili virtù e capacità visionarie, veri e propri giganti del pensiero aziendale, talenti straordinari e benemeriti che una sorte propizia aveva generosamente concesso in dote alle fortune del business. Quei poveriCristi della redazione erano dunque sotto pressione, con la mission impossibile di trovare continuamente nuovi spunti idonei a celebrare in modo degno le mirabolanti gesta aziendali dei soliti noti. Inutile dire che ne scaturiva una batteria pirotecnica di involontaria comicità, con incursioni imbarazzanti in un privato fatto di figli pestiferi sulle ginocchia e first ladies in evidente sovrappeso. E così, mentre il popolo aziendale si arrabattava con un salario mortificante, i vertici innamorati di se’ e consapevoli dell’importanza decisiva dei propri contributi audiovisivi, frequentavano corsi sempre più intensivi di public speaking alternati ad interminabili ore in sala make-up. “Direttore, mi scusi se la disturbo, siamo on air tra 5 minuti…”

Di Vittorio Correale
Responsabile Marketing Area Private Banking Gruppo Mps di Gruppo MPS- Area Private
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