L’influenza nascosta delle reti sociali – Parte 3
Quando
ho visto per la prima volta l’intervento del Prof. Nicholas Christakis, cattedra di sociologia e sociologia
medica alla Università di Harvard, nell’edizione 2010 di T.E.D.,
ho deciso di trascriverlo interamente e immediatamente per condividerlo con
voi tutti. Troverete degli spunti molto interessanti per capire meglio le reti
sociali e il loro possibile utilizzo, approfondendo le dinamiche del
sistema limbico o emotivo-relazionale.
Una rete sociale è una sorta di rete neuronale espansa, un macro-aggregato in cui siamo immersi come un semplice e piccolo “nodo”. Quest’ultimo può essere visto come un puntino indistinto e insignificante,così come una stella si perde in una immensa galassia, o come un punto di luce visto a grandissima distanza. Preferiamo all’ombra, il valore dato dal riflettere la luce. Proprio questo concetto emerge con forza da questa trattazione, che l’uomo possa darsi presto un nuovo valore di auto-definizione sociale, un valore che nasca dallo scoprirsi irrinunciabilmente interconesso agli altri, a tutto e a ogni cosa.
Prof. Christakis: “…la gente può morire, ma la rete non muore,
resta. E ha un tipo di resilienza che le permette di perpetuarsi nel tempo. Giunsi
così a considerare questi tipi di reti sociali come organismi “viventi”,
che avremmo potuto mettere sotto un microscopio per studiarli, analizzarli e
comprenderli. Per farlo, siamo ricorsi a diverse tecniche. Abbiamo cominciato
ad esplorare ogni tipo di altro fenomeno. Abbiamo osservato il comportamento
dei fumatori e bevitori, i comportamenti di voto, i divorzi – che possono
diffondersi – e l’altruismo. E infine ci interessammo alle emozioni.
Quando proviamo le emozioni, le mostriamo. Perché mostriamo le nostre
emozioni? Sarebbe vantaggioso sentire le nostre emozione interiormente, rabbia
o felicità che siano. Ma noi non ci limitiamo a sentirle, le esibiamo. E
non solo noi le mostriamo, ma gli altri possono leggerle. E non solo possono
leggerle, ma le imitiamo. Avviene un contagio emotivo, nei gruppi umani. E questa
funzione delle emozioni suggerisce che, qualunque altro scopo assolvano, sono
anche una forma “primitiva” di comunicazione. E se vogliamo davvero
comprendere le emozioni umane, è così che dobbiamo pensarle. Ora,
siamo abituati a considerare le emozioni come limitate a brevi periodi di tempo.
Per fare un esempio, tenni una conferenza a New York di recente, e dissi: “È come
quando siete in metropolitana, il passeggero di fronte a voi vi sorride e voi
d’istinto ricambiate il sorriso”. Mi hanno guardato e han detto: “Non
sorridiamo ai passegeri, a New York” (Risate).
E io dissi: “In ogni altro posto si, è un normale comportamento
umano”. C’è dunque un modo molto istintivo di diffondere rapidamente
le emozioni. E il contagio emotivo può essere ancora più esteso:
possiamo osservare espressioni di intensa rabbia, come avviene nelle rivolte.
La domanda che volevamo porci era: possono le emozioni diffondersi per un tempo
più lungo delle rivolte, nel tempo e coinvolgere un vasto numero di persone,
non solo queste coppie che si sorridono nel metrò? Forse, sotto la cenere,
una specie di guerra silenziosa ci anima in continuazione. Forse ci sono tempeste
emotive che si scatenano grazie alle reti sociali. Forse le emozioni hanno un’esistenza
collettiva, e non solo personale. Questa è una delle prime immagini che
abbiamo elaborato per studiare questo fenomeno. Anche questa è una rete
sociale, ma ora coloriamo le persone felici in giallo, in blu le tristi e in
verde nel caso intermedio. Se osservate questa immagine, potete vedere immediatamente
raggruppamenti di persone felici ed infelici, che si diffondono fino a tre gradi
di separazione. E potreste farvi l’idea chepornmobile.online le persone infelici occupino
posti diversi, nella struttura della rete. Questa rete possiede un “centro” e
dei “margini”, e le persone infelici sembrano collocarsi ai margini.
Per ricorrere ad un’altra metafora, potete immaginare i legami sociali
come una specie di grande tessuto umano: io sono connesso a te, tu a lei, e così via,
all’infinito. In realta, questo tessuto assomiglia ad un tradizionale quilt
americano, con pezze felici e pezze infelici. E che tu diventi felice o meno
dipende, in parte, dalla felicità della tua pezza (Risate). Questo lavoro
con le emozioni, dunque, che sono così profonde, ci ha portato a pensare
che forse le cause fondamentali delle reti sociali umane siano in qualche modo
codificate nei nostri geni…” (continua)
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della categoria “Relazioni” e/o “Società”