Rischio stress lavoro correlato nel sistema della sicurezza: assonanze e specificità.
Come noto tutte le aziende italiane, a partire dal 1° gennaio 2011, sono sottoposte all’obbligo di includere nella redazione del Documento di Valutazione dei Rischi, DVR, una apposita sezione dedicata al rischio stress lavoro correlato (slc).
Le aziende, che si trovano per la prima volta ad effettuare questa valutazione hanno incontrato difficoltà e manifestato la necessità di avere indicazioni semplici e chiare per procedere in modo corretto, sia per tutelare la salute dei lavoratori che per non incorrere nelle sanzioni che una mancata o scorretta valutazione implica. Questo intervento è finalizzato proprio a fornire un primo approfondimento sulle fasi in cui si sviluppa un efficace processo di valutazione Slc, dall'analisi degli indicatori aziendali alle azioni di miglioramento. Particolare attenzione sarà dedicata alle più importanti tecniche e metodologie ad oggi riconosciute come valide e attendibili per effettuare la valutazione degli indicatori soggettivi.
Ricordiamo che il datore di lavoro che non effettua la valutazione del rischio stress lavoro correlato, o la effettua in modo approssimativo e non soddisfacente, in violazione di quanto previsto dall’art. 28 del D.Lgs. 81/08, incorre in sanzioni che possono implicare l’arresto da quattro ad otto mesi e una multa dai 5000 ai 15000 euro. Ma procediamo con ordine.
Lo stress lavoro correlato (slc) è uno stato che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali e che consegue al fatto che le persone non si sentono in grado di superare il gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti.
Gli esperti dell’European Agency for Safety and Health ai Work hanno identificato 5 aree critiche di variabili:
- Ricorso a nuove forme contrattuali instabili
- Impiego forza lavoro anziana, poco adattabile ai cambiamenti organizzativi
- Alti carichi di lavoro
- Tensione emotiva elevata, per molestie e violenze sul lavoro
- Interferenze e squilibrio tra lavoro e vita privata
Lo stress interessa un lavoratore su quattro e una percentuale tra il 50 e il 60 di tutte le giornate lavorative perse.
Con il dlgs 81/2008 è la figura del preposto (capo squadra, capo reparto) ad essere centrale , con il riconoscimento di funzioni di vigilanza attiva e di reporting delle situazioni di pericolo, che lo contrappongono geneticamente al lavoratore, secondo una logica conflittuale.
Gli effetti di questo nuovo approccio alla sicurezza nei contesti organizzativi aziendali appaiono imprevedibili e potrebbero avere ricadute negative proprio sul piano dello slc per effetto dell’accentuazione dei conflitti interni, difficoltà di comprensione del ruolo organizzativo, abuso dei poteri gerarchici, accuse di condotte mobbizzanti ecc.
Assume quindi importanza vitale l’adozione di una precisa politica di benessere aziendale condivisa a tutti i livelli, sulla quale improntare anche il modello organizzativo e di gestione ex art.30 d.lgs 81/2008 (vedi infra).
Percorso di valutazione
La valutazione del rischio slc si articola in due fasi, una c.d. preliminare, obbligatoria per tutti, e una c.d. approfondita, che è soltanto eventuale.
La valutazione preliminare è effettuata per gruppi omogenei, definiti autonomamente dall’azienda, (es. per turni, settori, mansioni, ecc.), e attraverso indicatori oggettivi: eventi sentinella, fattori di contenuto (mansione), fattori di contesto (organizzazione).
La valutazione approfondita deve essere effettuata solo se la valutazione preliminare evidenzia un rischio slc apprezzabile, e utilizza una strumentazione più orientata alle persone (questionari, focus-group, interviste).
La programmazione temporale delle fasi e il termine finale devono essere riportati nel dvr.
Rischio da tipologia contrattuale
Mentre nel d.lgs 626 il riferimento era essenzialmente alla figura di lavoratore subordinato, nel d.lgs 81 è stata accolta una definizione svincolata da tale figura: il riferimento è infatti a tutti i prestatori di lavoro che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolgano un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione.
L’art.28 comma 1 (come modificato dal d.lgs 106/09) ha poi codificato il principio della maggiore attenzione ai rischi connessi alla specifica tipologia contrattuale.
Per effetto di questa previsione si è finalmente realizzato un corretto coordinamento tra il d.lgs 81 e i d.lgs 381/2001 e 276/2003, che disciplinano le varie forme di lavoro flessibile.
I dati statistici dell’ Inail dicono che sono i lavoratori a tempo determinato, in somministrazione e negli appalti a subire più infortuni, ma al tempo stesso sono più soggetti al rischio stress (tab. 3.13 ).
Occorre, infatti, considerare che la prestazione lavorativa è temporanea e viene svolta in ambienti di lavoro poco conosciuti, con conseguenti maggiori rischi nell’uso delle macchine e attrezzature, delle vie di transito e fuga, delle procedure di emergenza,ecc
Inoltre, appare diverso il grado di percezione dei rischi del lavoratore temporaneo e ciò può determinare una situazione di stress. Infatti il lavoratore tende a dare scarsa importanza ai rischi presenti nell’ambiente in cui agisce e alle misure di sicurezza e su tale atteggiamento influisce molto la preoccupazione di perdere il lavoro. In altri termini, si dà più importanza alla sicurezza del posto anziché alla sicurezza sul posto.
Non di secondaria importanza appare, poi, l’assoggettamento a frequenti cambi di unità produttiva: la capacità di percezione del rischio matura infatti nel tempo, con l’esperienza, e si completa anche grazie alla costante frequenza di un determinato luogo di lavoro.
Altro elemento da non trascurare sono le difficoltà di adattamento organizzativo che possono condurre ad un possibile isolamento del lavoratore temporaneo da parte di quelli stabili che potrebbero vedere lo stesso come un intruso e portatore di un sistema – per es. la somministrazione – che può far perdere il posto, con l’attuazione di possibili azioni mobbizzanti, quali isolamento, assoggettamento a critiche, il comportarsi come se l’altro non esistesse, l’ imposizione di lavori aggiuntivi.
Pertanto, si può ritenere che il nuovo obbligo consista essenzialmente nell’inquadrare le diverse tipologie di lavoro flessibile, applicate in un determinato momento all’interno dell’unità produttiva, stabilendo la dimensione – ossia il numero di occupati distinto per tipologia – e identificando i rischi potenziali da flessibilità, cioè quelli generati direttamente o indirettamente dall’architettura di ciascuno schema.(tab. 3.14 e 3.15 ).
Direttive pratiche:
- Non è ammissibile una formazione uguale per tutti (Cass.1238/2005)
- Indicazione del rla (referente lavoratori atipici), che potrebbe anche coincidere col Rspp, ma si tratta di un ruolo organizzativo diverso: è uno specialista nella gestione operativa della sicurezza nel lavoro flessibile, che ha frequentato un corso integrativo su queste tematiche.
- Classificazione delle collaborazioni, in base alle caratteristiche della prestazione (interna all’unità produttiva, esterna mista, esclusività indian after drink porno meno della committenza, modalità di determinazione del compenso, ecc).
Modelli organizzativi
Il nuovo testo dell’art.27 d.lgs 81/2008, relativo al sistema di qualificazione delle imprese, parla espressamente della “applicazione di determinati standard contrattuali e organizzativi nell’impiego della manodopera, con particolare riferimento agli appalti e alle tipologie flessibili certificati ex d.lgs 276/03.
Residua ampio spazio, quindi, alla Commissione consultiva permanente ex art. 6 per introdurre eventuali forme di raccordo con i modelli organizzativi e di gestione di cui all’art. 30 e i relativi sistemi di registrazione idonei ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa.
Così come la possibilità di valorizzare appieno, nell’ambito del sistema di qualificazione delle imprese, gli organismi bilaterali soprattutto per la piccola e media impresa: “asseverazione della adozione e della efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza ex art.30”: art. 51 comma 3bis.
Certo l’asseverazione è cosa diversa dalla certificazione, che rappresenta un vero e proprio procedimento amministrativo, motivato e ricorribile in via giurisdizionale.
Per quanto riguarda i modelli organizzativi ex art. 30, lo stress è certo una precondizione aggravante rispetto al rischio di commissione dei reati per cui il modello prefigura l’esonero di responsabilità.
Per i rapporti flessibili (non subordinati) il profilo gerarchico nel modello organizzativo andrà debitamente supportato con strumenti a livello contrattuale, non essendo applicabile la consueta strumentazione (procedura disciplinare) del rapporto subordinato.
