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Il “Milleproroghe” proroga anche i termini del Collegato lavoro

15 Mar 2011

A distanza di poche settimane dalla pubblicazione del primo articolo sull’argomento, torniamo ancora una volta a parlare dei nuovi termini di impugnazione introdotti dal collegato lavoro, per dare conto dell’ultimo intervento normativo sul punto, il c.d. Milleproroghe.

Il D.L. 29 dicembre 29 dicembre 2010 n. 225, convertito in legge 26 febbraio 2011 n. 10, recante la proroga dei termini previsti da disposizioni legislative e interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese ed alle famiglie, ha rinviato, inter alia [1], al 2012 l’efficacia delle disposizioni di cui all’art. 6, co. 1 legge n. 604, in materia di impugnazione dei licenziamenti, così come modificato dal Collegato lavoro.

Il nuovo intervento prevede, infatti, una modifica diretta al Collegato Lavoro, aggiungendo all’art. 32, dopo il comma 1, il seguente comma: ‹‹1bis. In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui all’art. 6, co. 1, della legge 15 luglio 1966 n. 604, come modificato dal comma 1 dal presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011 [2]›. Viene così, di fatto, congelata fino al 31 dicembre 2011 la decorrenza dei termini per proporre impugnazione in materia di licenziamento.

Qui iniziano, però, le prime difficoltà interpretative: infatti, se in prima facie l’emendamento poteva far pensare alla volontà di avviare gradualmente l’applicazione dei nuovi termini di impugnazione (di 60 e 270 giorni), contenuti all’art. 6 della l. 604/1966 ed oggi “congelati”, alle altre fattispecie contemplate dal Collegato (ed in particolare per i contratti a termine), diverse dal recesso dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, allo scopo di “riaprire” i termini ormai scaduti il 23 gennaio scorso (ovvero 60 giorni dopo l’entrata in vigore del collegato lavoro), in realtà, sebbene giuridicamente ammissibile, la norma in commento nulla prevede riguardo la possibilità di sanare tale decadenza.

Invero, la modifica in commento, a dispetto della prima impressione, per come è formulata, pare riguardare l’ipotesi ordinaria di recesso dal rapporto di lavoro, ovvero di recesso dal contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, per la quale il termine di decadenza di 60 giorni è sempre stato applicato. [3]

L’effetto che se ne ricava è quello di una relativa confusione rispetto una effettiva sospensione dell’efficacia della previsione di cui all’art. 6 della l. 604/1966.

Ad aggiungere incertezza ad una situazione già molto dibattuta, si rileva come la Camera abbia approvato un ordine del giorno recante alcune precisazioni in ordine alla portata delle novità appena introdotte, con impegno per il Governo ad emanare disposizioni dirette ad esplicitare la permanenza dell’obbligo di impugnare, entro i termini di decadenza previsti, nelle fattispecie di cui all’articolo 32, commi 3 e 4, della L. 183/2010, cioè con riferimento ai rapporti flessibili.

A questo punto non resta che attendere le indicazioni del Governo per avere un qualche chiarimento sulla reale portata della modifica.


[1] Il provvedimento è davvero eterogeneo, a dir poco disorganico. Segnaliamo, per completezza espositiva ed a conferma di quanto anticipato nel precedente intervento, che il termine del 20 marzo 2011 di entrata in vigore dell’obbligo della conciliazione nelle controversie civili e commerciali è slittato di un anno in relazione alle controversie in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli natanti.

[2] T ale comma viene inserito nell’art. 32 del collegato lavoro nel seguente modo: «1. Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch'essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo».1-bis. In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui all'articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l'impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere 31 dicembre 2011.

2. Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento

3. Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre:

a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto;

b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile;

c) al trasferimento ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile, con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento;

d) all'azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, con termine decorrente dalla scadenza del medesimo.

4. Le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche:

a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine;

b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge;

c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile con termine decorrente dalla data del trasferimento;

d) in ogni altro caso in cui, compresa l'ipotesi prevista dall'articolo 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si chieda la costituzione o l'accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto.››

[3] Già l’originaria formulazione dell’art. 6 della legge 604 del 1966 prevedeva il termine di decadenza di 60 giorni per impugnare il licenziamento.

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