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La riforma nel Collegato Lavoro: istruzioni per l’uso

07 Lug 2020

Comunicazione Italiana è lieta di annunciare l’avvio di una speciale rubrica, denominata “IUS LABORIS”, che accompagnerà con professionalità ed esperienza i lettori offrendo loro un utile aggiornamento della materia giuslavorista. Questa speciale pubblicazione, a cura dallo Studio legale Vitali & associati, si propone di essere uno strumento informativo, completo e versatile, sulle principali novità del panorama normativo e giurisprudenziale.
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Questa prima edizione si apre con un breve spaccato sull’intervento riformatore che, dopo un lungo iter parlamentare, è entrato in vigore il 24 novembre 2010".

Ciò che brevemente chiamiamo “Collegato Lavoro” è in realtà la Legge 4.11.2010 n. 183 collegato alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2011, in materia di lavoro.

Il provvedimento, che nasce come stralcio di un disegno di legge collegato alla legge finanziaria 2009 (Camera n.1441-quater), ha avuto un percorso lento e tortuoso nel corso del quale il testo, che all'origine constava di 9 articoli e 39 commi e già interveniva in settori tra loro diversi, si è trasformato in una legge molto complessa, composta da 50 articoli e 140 commi riferiti alle materie più disparate.

Questa configurazione marcatamente eterogenea dell'atto normativo è resa ancora più evidente da una sia pur sintetica e parziale elencazione delle principali materie oggetto di disciplina: impiego pubblico e privato, prepensionamento, permessi, aspettative e congedi, apprendistato e arbitrato e controversie di lavoro, certificazione.

Nella sostanza, il provvedimento contiene diverse deleghe al Governo in materia di:

  • lavori usuranti;
  • riorganizzazione enti;
  • congedi;
  • aspettative e permessi;
  • ammortizzatori sociali;
  • servizi per l’impiego;
  • incentivi all’occupazione;
  • apprendistato;
  • occupazione femminile
  • misure contro il lavoro sommerso;
  • disposizioni in tema di lavoro pubblico
  • controversie di lavoro.

Vediamo, anzitutto, gli adempimenti a carico dell’amministrazione pubblica:

1) collocamento: le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare, entro il 20° giorno del mese successivo alla data di assunzione, di proroga, di trasformazione e di cessazione, al servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro, l’assunzione, la proroga, la trasformazione e la cessazione dei rapporti di lavoro relativi al mese precedente (art. 5 Collegato);

2) informazione al lavoratore: il datore di lavoro pubblico può assolvere all’obbligo di informazione di cui al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, con la consegna al lavoratore, entro il 20° giorno del mese successivo alla data di assunzione, della copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero con la consegna della copia del contratto individuale di lavoro (art. 5 Collegato);

3) permessi handicap: le amministrazioni pubbliche devono comunicare al Dipartimento della funzione pubblica entro il 31 marzo di ogni anno: i nominativi dei lavoratori beneficiari dei permessi handicap e dei familiari destinatari dell’assistenza; il tipo di rapporto familiare tra lavoratore richiedente e soggetti con handicap; il numero di giorni o di ore complessivamente fruiti nel corso dell’anno precedente (art. 24 Collegato);

4) mobilità nella Pa: entro il 23 gennaio 2011 le pubbliche amministrazioni possono rideterminare le assegnazioni temporanee in corso in base a quanto previsto dal comma 2sexies dell’articolo 30 del Dlgs n. 165/2001. In caso di mancata rideterminazione, i rapporti in corso continuano ad essere disciplinati dalle originarie fonti (art. 13 Collegato);

5) part-time: le amministrazioni pubbliche entro il 23 maggio 2011 possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati prima del 25 giugno 2008 (art. 16 Collegato).

Diverse sono le novità introdotte dal Collegato nel settore privato: al suo interno, spiccano senz’altro le norme in materia di conciliazione e arbitrato, volte a limitare e semplificare l’accesso alla giurisdizione, favorendo la risoluzione stragiudiziale delle liti.

Cominciamo la nostra analisi attraverso un breve excursus delle più significative innovazioni:

La conciliazione.

La prima novità di rilevo è costituita dell’abolizione del tentativo obbligatorio di conciliazione (ora divenuto facoltativo), eccezion fatta per i contratti certificati, la cui impugnazione va rivolta alla commissione che ha emesso la certificazione. Vengono inoltre ampliate le possibili forme conciliative e modificata la procedura dinnanzi alla Direzione Provinciale del Lavoro (DPL), che diventa molto più formale e complessa:

- Richiesta alla DPL ed alla controparte.
- Se la controparte accetta: 20 giorni per il deposito della memoria con eventuali riconvenzionali;
- Entro i 10 giorni successivi la commissione fissa l’udienza per la conciliazione che dovrà essere tenuta entro 30 giorni.

Da ultimo, va segnalato che la nuova Commissione di conciliazione presso le Direzione Provinciale del lavoro avrà una composizione diversa dalle attuali: dalla rappresentatività nazionale dei suoi componenti oggi prevista, si passa ad un livello territoriale.

La via arbitrale. Nel corso del tentativo di conciliazione, le parti possono affidare alla commissione conciliativa il mandato a risolvere la lite in via arbitrale, indicando il termine per l’emanazione del lodo, le norme invocate a sostengo delle rispettive posizioni e l’eventuale richiesta di decidere secondo equità. Pur nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento.

Il collegato introduce, poi, altre forme di arbitrato: a) l’arbitrato previsto dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente gujarati bhabhi sexrappresentative, i quali possono decidere le sedi e le modalità di svolgimento della procedura; b) l’arbitrato presso le camere arbitrali costituite dagli organismi di certificazione; c) l’arbitrato che si svolge innanzi a un collegio di conciliazione ed arbitrato irrituale costituito, a iniziativa delle parti individuali del rapporto di lavoro, per risolvere una specifica controversia.

I termini e modalità per l’impugnazione.

Il licenziamento deve essere impugnato entro 60 gg dalla comunicazione con qualsiasi atto scritto anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore.
Il ricorso al tribunale del lavoro o la richiesta di conciliazione vanno depositati entro i successivi 270 giorni. Lo stesso termine di decadenza si applica ad altre e diverse ipotesi, tra le quali:

- licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine;
- recesso del committente nei contratti a progetto e di collaborazione continuativa e coordinata, al trasferimento del lavoratore da una sede all’altra;
- azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro anche per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore di questa legge.

Tale disposizione si applica non solo ai nuovi contratti a termine, ma anche a quelli in corso dalla data del 24 novembre 2010 e perfino ai contratti di lavoro a termine stipulati, anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al D.lgs 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data del 24 novembre 2010, con decorrenza dei termini di impugnazione, dalla data di entrata in vigore della legge in commento.

Per un ulteriore approfondimento delle singole criticità, rinviamo ai prossimi articoli, in attesa dei primi effetti applicativi.

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