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(Adnkronos) - Meghan Markle è tornata su Instagram dopo 5 anni di assenza dal social network e lo fa per lanciare la sua nuova serie Netflix. Dopo il primo post, più personale, un video in riva al mare, dove si vede la duchessa del Sussex vestita di bianco correre sulla spiaggia a piedi nudi e scrivere ''2025'' prima di allontanarsi dall'inquadratura, ecco apparire sulla pagina il trailer di 'With Love, Meghan', nuovo show Netflix in otto episodi tutti disponibili dal 15 gennaio. "Create la meraviglia in ogni momento", si legge sul poster della serie in cui la duchessa accompagnerà gli spettatori nella realizzazione dei suoi piatti preferiti. Le telecamere seguiranno Meghan in giardino, nell'alveare e poi in cucina per vederla prepararsi a ospitare "amici vecchi e nuovi". Tra gli ospiti che si rimboccheranno le maniche per aiutare Meghan in giardino e in cucina Roy Choi, Mindy Kaling, Alice Waters e alcuni "acclamati chef e amici speciali". "Condividendo alcuni dei suoi consigli e trucchi preferiti sul giardinaggio, il bricolage, la cucina e altro - spiega Netflix sul suo sito - Meghan rivela come anche i dettagli più piccoli possano aiutare ad aggiungere bellezza nelle nostre vite e, cosa più importante, a unire le persone. Che si tratti di preparare regali da portare a casa per gli ospiti o di aggiungere una spolverata di fiori commestibili alla colazione, è davvero il pensiero che conta". Semplicemente @meghan il nome utente da lei scelto. Al momento sono 800mila i suoi followers, erano milioni prima che abbandonasse Instagram. L'emittente Abc ritiene che il primo video postato da Meghan sia stato girato dal marito, il principe Harry, su una spiaggia pubblica vicino alla casa dove vive la coppia, a Montecito in California, insieme ai figli Archie e Lilibet. Cinque anni fa Meghan e Harry avevano chiuso anche il loro account Instagram @sussexroyal, dopo essersi dimessi dai ruoli reali. Quando i duchi di Sussex hanno lanciato il loro account @sussexroyal nel 2019, secondo il Guinness dei primati i due hanno rapidamente battuto il record mondiale per il tempo più rapido nel raggiungere un milione di follower su Instagram. Dopo aver lasciato i loro incarichi reali nel 2020, sia Harry sia Meghan hanno parlato pubblicamente dei pericoli dei social media, soprattutto per i giovani.
(Adnkronos) - L’assemblea del Cnel, nella seduta del 18 dicembre, ha approvato il documento 'Demografia e forza lavoro', curato dal consigliere Alessandro Rosina. “Per rispondere agli squilibri demografici in atto, continuando a garantire benessere e sviluppo - ha sottolineato il consigliere Rosina- non c’è altra strada che rafforzare attrattività e valorizzazione del capitale umano. La qualità della formazione e del lavoro, l’efficienza dei servizi di incontro tra domanda e offerta, oltre che la disponibilità e l’accessibilità degli strumenti per la conciliazione dei percorsi professionali con le scelte di vita, devono essere posti come punti chiave delle politiche di sviluppo. Si tratta dell’investimento migliore che l’Italia può fare per dare maggior solidità ad un futuro che oggi poggia su basi molto fragili". "Agire in tale direzione - ha spiegato - ha infatti ricadute positive anche sulla natalità, perché mette giovani e donne nelle condizioni di poter scegliere, se lo desiderano, di avere un figlio senza continuo rinvio che porta poi spesso a rinuncia. Aiuta a ridurre i divari territoriali perché gli svantaggi di genere e generazionali sono maggiormente presenti nel Mezzogiorno. Migliora l’immigrazione da domanda perché i contesti più attrattivi e con migliori possibilità di integrazione sono quelli che mettono a fattore comune le differenze senza trasformale in diseguaglianze; offrendo in particolare adeguate opportunità a giovani e donne, indipendentemente dalla provenienza sociale e territoriale”. Sono tre le principali evidenze. 1) Gli squilibri demografici che compromettono lo sviluppo del paese. L’Italia sta entrando in una nuova fase della sua storia che corrisponde a un inedito impoverimento del potenziale della forza lavoro. Questo indebolimento della componente più strategica dello sviluppo del paese si combina con l’aumento della popolazione anziana nelle età tradizionalmente inattive. Se questa trasformazione non viene gestita con approccio nuovo e strumenti efficaci, il rischio è quello di un avvitamento verso il basso delle possibilità di sviluppo, di competitività, di produzione di ricchezza, di sostenibilità del sistema sociale. L’Italia ha un indice di dipendenza degli anziani (rapporto tra 65 e più su popolazione tra i 20 e i 64 anni) che ha superato il 40% e si trova di circa 14 punti percentuali sopra la media Ue-27. Secondo le previsioni Eurostat potrebbe continuare a salire fin oltre il 65%. L’indice di dipendenza economica (inattivi di 65 anni e oltre su occupati tra i 20 e i 64 anni) ha superato il 60%, anch’esso circa 14 punti percentuali sopra la media europea). Il problema non è l’aumento del numeratore, legato all’aumento della longevità (sfida comune a tutte le economie mature avanzate), quanto la maggior riduzione del denominatore. In particolare, da dieci anni è entrata in fase di continua e sensibile riduzione la componente che tradizionalmente è stata al centro della crescita economica del paese. La popolazione maschile nella fascia 35-49 è, infatti, scesa da oltre 7 milioni nel 2014 a 5,7 milioni nel 2024 e continuerà inesorabilmente a ridursi nei prossimi decenni. Il tasso di occupazione degli uomini di tale età è attorno all’85%, valore molto vicino alla media europea. Il ridimensionamento demografico della componente maschile al centro della vita adulta lavorativa può essere considerato il processo principalmente responsabile dell’indebolimento del potenziale della forza lavoro italiana. Si tratta di una riduzione di entità inedita rispetto al passato e maggiore rispetto al resto d’Europa. Rischia, pertanto, di esporre l’Italia ad uno svantaggio competitivo rispetto alle capacità di sviluppo dei paesi con cui ci confrontiamo. Va, inoltre, a mettere in crisi la sostenibilità della spesa pubblica (essendo tale fascia quella che maggiormente contribuisce non solo alla crescita del Pil ma anche, attraverso contributi e tasse, alla fiscalità generale). 2) La debole presenza di giovani e donne nel mercato del lavoro. Il numero complessivo di occupati nella fascia 35-49 è sceso da circa 10,5 milioni nel 2014 a meno di 8,8 milioni del 2024. Il margine per controbilanciare tale declino sta nella misura dell’aumento dell’occupazione femminile, il cui valore è attualmente attorno al 65% in tale fascia (il più basso tra i paesi Ue-27, circa 13 punti sotto la media). Ampio margine di miglioramento può arrivare anche dall’occupazione degli under 35, anch’essa tra le più basse in Europa. In particolare, i residenti in Italia nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni sono circa 6,2 milioni. Negli ultimi vent’anni sono diminuiti di circa 2,3 milioni (erano oltre 8,5 milioni nel 2004). Nello stesso periodo gli occupati in tale fascia d’età sono scesi da 6 milioni a circa 4,2 milioni (quelli nella classe più ampia 15-34 da oltre 7,5 milioni a meno di 5,5 milioni). La popolazione nella fase di entrata in età adulta non è mai stata così demograficamente debole nella storia del nostro paese. Il tasso di occupazione nello stesso periodo è rimasto su livelli bassi, addirittura sceso nella fascia 15-24 (da circa il 27% del 2004 al 20% del 2023), mentre gli occupati sono poco più di 2 su 3 nella fascia 25-34 (erano il 70% nel 2004). Da segnalare però l’aumento in quest’ultima fascia dal 63% nell’anno precedente la pandemia di Covid-19 al 68% del 2023. Un segnale che la carenza di manodopera sta incentivando le aziende e le organizzazioni a cercare di essere più attrattive verso le nuove generazioni. Il divario rispetto alla media Eu-27 rimane però molto ampio: di quasi 15 punti percentuali per la fascia 15-24 e di oltre 10 punti percentuali per la fascia 25-34. In termini relativi l’incidenza degli under 35 sul totale degli occupati è scesa negli ultimi vent’anni da valori superiori al 33% (quindi oltre 1 su 3) al 23% (meno di 1 su 4). Al contrario l’incidenza degli occupati di 50 anni e oltre è aumentata (sia per le dinamiche demografiche sia per l’aumento dei tassi di occupazione, favoriti anche dallo spostamento in avanti dell’età alla pensione) passando da poco più del 20% a oltre il 40%. La fascia centrale tra i 35 e i 49 anni, come abbiamo detto, è entrata in diminuzione più recentemente, scendendo dal 47% al 37%. 3) I margini per contrastare il declino e riequilibrare l’offerta di lavoro. In che misura è ancora possibile contenere la riduzione dell’offerta di lavoro nei prossimi decenni a fronte delle trasformazioni demografiche in atto?Nella prima parte del Rapporto, oltre alla descrizione delle dinamiche della popolazione attiva degli ultimi vent’anni in ottica comparativa europea, viene presentato un esercizio di simulazione allo scopo di valutare quali margini l’Italia ancora ha di controbilanciare la riduzione quantitativa della popolazione in età lavorativa e del numero degli occupati. Lo scenario 'target' è quello di un percorso del Paese che nei prossimi 15 anni si allinea alle ipotesi più favorevoli delle previsioni Istat sulle dinamiche della natalità e dei flussi migratori (con un numero medio di figli per donna che entro il 2040 converge ai valori medi europei, ovvero attorno a 1,5, e un saldo migratorio con l’estero che oscilla attorno a 240 mila). In coerenza con tali dinamiche demografiche si ipotizza inoltre una convergenza dei tassi di occupazione giovanile (under 35) e femminile adulta (35-54) all’attuale media europea (mentre l’occupazione maschile adulta e quella degli over 55 è già vicina alla media Ue-27). Quello che si ottiene è un aumento di circa 1,3 milioni di occupati under 35 rispetto ai livelli attuali (che risulta tale da compensare la riduzione subita da tale componente negli ultimi 15 anni). E un numero di donne occupate in età 35-54 che anziché diminuire come effetto dell’azione demografica rimane di fatto costante (superiore ai 5 milioni, a tassi di occupazione fissi scenderebbe di circa 1 milione). Questo significa, anche, che senza favorire nei prossimi anni una convergenza verso la media europea dei tassi di occupazione di tali due gruppi, andrebbe ulteriormente a indebolirsi il peso relativo dei giovani nella forza lavoro e il peso relativo e assoluto delle donne, con conseguente ulteriore e progressivo sbilanciamento verso le età più mature. Come evidenziano i capitoli di approfondimento della Parte II del Rapporto, oltre a politiche pubbliche più incisive (sulla transizione scuola-lavoro, sulla conciliazione tra tempi di vita e lavoro, sull’integrazione) serve anche una maggiore capacità delle aziende e delle organizzazioni italiane di andar oltre l’idea di una forza lavoro tipica del XX secolo con al centro la figura del maschio adulto per valorizzare tutte le componenti della popolazione in età attiva, con attenzione alle loro specificità (nuove generazioni, donne, immigrati) e favorendo condizioni di una lunga vita attiva (attraverso le misure di Age management). Paradossalmente, proprio per il fatto di aver sottoutilizzato tali componenti l’Italia ha attualmente maggior margine di spinta positiva su occupazione e crescita economica. Una migliore valorizzazione da combinare anche con le opportunità, non scontate, offerte dalle nuove tecnologie.
(Adnkronos) - "Il Rapporto annuale sull'efficienza energetica è centrale per traguardare gli obiettivi di transizione ecologica: un tema che interessa diversi comparti, da quello industriale a quello civile, al residenziale. Il tutto va inquadrato in un contesto nazionale ed europeo: sono state emanate diverse direttive che gli Stati membri poi devono recepire e che determineranno poi delle azioni concrete. Un contesto nel quale è importante anche seguire dei processi di armonizzazione nella definizione poi degli standard da attuare e da applicare, tenendo conto anche delle specificità territoriali. Si pensi per esempio all’Italia e alle sue peculiarità geografiche, che impongono determinate scelte riguardo l'efficientamento degli edifici. Enea è un osservatore privilegiato di queste dinamiche, segue queste dinamiche e contribuisce a dare soluzioni, non soltanto alla politica e agli stakeholder, favorendo anche comportamenti più responsabili da parte dei cittadini”. Questo il commento di Giorgio Graditi, Direttore Generale Enea, nel corso della presentazione del 13° Rapporto annuale sull’efficienza energetica.